*Eccoci
con un altro capitolo, questo è l'ultimo sulle avventure di Gauche,
Jiggy, Lode e la sorella di Niche nel mondo oltre oceano. Concludiamo
le vicende dell'isola Hunkrast e della faida fra i residenti ed i
pirati ed immergiamoci in un'altra reatlà dove, per uscirne, dovranno
essere pronti a sacrificare di più che qualche ora del loro tempo. Mi
sono divertita molto a creare situazioni e scenari nuovi incrociandoli
con il mondo di Letter Bee, in un ipotetico oltre oceano peggiore di
Amberground per certi versi, per altri più fantasioso. Avrei una mezza
idea di tornare con un'altra fic a scrivere ancora di questi posti e di
queste avventure, ma vedremo. Buona lettura. Baci Akane*
41. QUEL PEZZO CHE RIMANE DI LUI
"Una
gara La vita è una gara Ma io vincerò Sì, vincerò Ed accenderò la
miccia E non perderò mai E scelgo di sopravvivere A qualunque costo"
/Muse - Survival/
Jiggy guardava Gauche esterrefatto,
scuotendo la testa mentre il capo del villaggio stringeva la mano al
capo dei pirati in una sorprendente tregua che non aveva portato ad
alcun spargimento di sangue, non più di quello che era stato prima, in
città.
- Che c’è? - Chiese Gauche notando che Jiggy lo guardava senza crederci.
- Riesci a fare qualunque cosa. Non
importa cosa. Tu riesci. - Disse incredulo. Gauche sorrise dolcemente e
si avvicinò al compagno piegando la testa di lato.
- Stai bene con la bandana, ora che ti vedo fuori dalla caverna. - Rispose come se fosse normale.
Jiggy prese una ciocca incrostata dei suoi capelli con aria schifata.
- Tu invece fai schifo coi capelli sporchi! -
- Perciò significa che non mi toccherai finché non mi lavo? - Chiese malizioso. Jiggy annuì convinto.
- Matematico! - Con questo tornò a controllare i due uomini rappresentanti di due fazioni opposte da generazioni.
- Il male comune crea alleanze? -
Lode intervenne raggiungendoli dopo aver avvertito di corsa il gruppo
di residenti radunati in mare, pronti a sbarcare e attaccare.
Gauche si strinse nelle spalle e Jiggy li indicò col mento.
- Hanno visto coi loro occhi quel
che succede ad Amberground… si sono cagati sotto! - Gauche ridacchiò al
modo in cui l’aveva detto e aggiunse un po’ del suo:
- Hanno capito che se c’è speranza
di salvarsi, è solo unendo le forze di tutti. E poi ho usato il trucco
dei proiettili del cuore con loro. - Lode lo guardò senza capire come
avesse potuto.
- Gli ha dato la sparacuore ad uno
e poi all’altro, nel faccia a faccia. Naturalmente quei due imbecilli
si sono sparati pensando che potessero farsi del male, anche se non
come i proiettili di piombo. -
- E poi il proiettili del cuore hanno fatto il resto. - Concluse lei.
- Hanno visto e sentito che ognuno
era in buona fede e che non avevano la minima idea del perché dovessero
odiarsi. L’hanno semplicemente fatto. - Continuò Gauche calmo mentre i
prigionieri uscivano scortati dai pirati con le armi abbandonate.
- I pirati rubavano perché non
avevano scelta. I residenti li respingevano perché loro li derubavano.
Ed in pochi anni si è perso il senso di tutto questo. - Riassunse Jiggy
amaro, con aria di disapprovazione e rimprovero.
- Odiare è più facile che amare. - Disse Lode con la stessa durezza.
- La verità è che erano così
stanchi anche loro di uccidersi a vicenda, che appena qualcuno ha
mostrato loro la verità, l’hanno abbracciata. - Gauche rimase ad
osservare le due diverse popolazioni che cominciavano ad interagire fra
di loro, andando verso le navi per spostarsi nell’isola più grande di
Hunkrast, dove il resto della popolazione li aspettava per ricominciare
e ricostruire, increduli che davvero fosse finito tutto.
- La paura fa miracoli. Questa pace
la dobbiamo all’imminente Apocalisse. Se dobbiamo trovare qualcosa di
buono da questo scempio è questo. - Disse infine Jiggy osservando i due
capi parlare di piani e programmi, in quando i pirati erano molto più
capaci nel combattere, mentre i residenti nel costruire. Gauche e Lode
lo guardarono incuriositi e lui continuò: - Nessuno vuole morire
davvero ed il mondo sta finendo. Si stanno creando alleanze inaudite
ovunque, le faide crollano, si collabora a vicenda. Reverse e i Bee
alleati? Ma ci credete, voi? - Con questo Jiggy si voltò e se ne andò
alla ricerca di un posto in una della navi di salvataggio, voleva solo
tornare in quell’albergo e aspettare che Gauche si disincrostasse per
poi scaldarsi con lui nel letto, mangiare, riposare.
Ogni momento poteva essere l’ultimo, lui lo viveva così.
Gauche sorrise dolcemente mentre Lode lo seguiva indicandogli una piccola scialuppa che stava già per partire.
“Se sopravviveremo tutti, il mondo
non sarà mai stato così unito! Forse per avere la pace, bisogna avere
la guerra. Ha senso?” Al richiamo di Jiggy, Gauche si affrettò e li
raggiunse. Un’altro passo per completare la sua missione, era stato
fatto.
E Jiggy e Lode stavano bene.
C’era ancora speranza dopotutto.
I polsi stretti nelle corde che
tiravano le braccia allargandole. Ogni muscolo era indolenzito, mentre
i brividi di freddo li percorrevano.
Anche le caviglie erano legate in modo da tenere le gambe larghe. Bloccati come appesi in una croce.
- Se riusciamo a liberarci da qui, questa volta rinunciamo alle lettere! - Grugnì a denti stretti Jiggy esasperato.
A volte gli sembrava di essere in
una giostra dove quando ti fermavi, scendevi in una casella a caso e
dovevi avere fortuna, una maledetta fortuna.
- Se ci liberiamo li facciamo ragionare! - Commentò Gauche calmo guardando Jiggy nella sua stessa posizione a croce.
- Auguri per quello! - Sbottò
seccato. - Non è che ci fanno un favore dandoci retta, lo fanno a loro
stessi! Sembra che ci venga qualcosa in tasca venendo ad avvertirli! -
Continuò arrabbiato cercando di non abbandonarsi al freddo che lo
intorpidiva.
- Beh, gli chiediamo delle lettere…
- Lo fece ragionare Gauche ancora una volta, sempre mantenendo la
tranquillità. Jiggy scosse il capo incredulo.
- Vorrei sapere come fai! - Gauche sorrise.
- Presto Lode arriverà. - Commentò calmo.
- Bene, nel frattempo pensa a come
convincere quegli idioti a farti sparare un proiettile per mostrare
quello a cui non credono! -
Nell’isola successiva i due ragazzi
erano stati catturati e disarmati, creduti delle spie venute dall’altro
mondo per sovvertire le sorti del Paese. Non potendo sparare con la
sparacuore, non avevano avuto l’occasione di mostrare la loro buona
fede. Li avevano subito imprigionati.
Almeno erano insieme!
Un movimento fluido e leggero
attirò la loro attenzione, i due si girarono e videro con sollievo Lode
ed il suo coltello saltare giù dal soffitto.
- Siamo finiti all’inferno! - Commentò Lode liberando prima Gauche e poi Jiggy.
- Quanto ottimismo! - Commentò acido Jiggy.
- Beh dai, non sarà così grave… -
Cercò di alleggerire Gauche massaggiandosi i polsi liberi. Jiggy si
avvicinò per vedere le sue effettive condizioni, poi gli mise la giacca
che gli avevano tolto, recuperatala da una sedia nell’angolo della
stanza in cui erano tenuti prigionieri.
- Lasciate che vi spieghi! -
Rispose secca Lode mentre cercava in giro delle armi senza successo,
ripiegando perciò su dei tubi in ferro che consegnò a Gauche e Jiggy.
- Siamo nei sotterranei. La
struttura è scavata nel terreno, è come una torre al contrario, noi
siamo nel livello più basso. I livelli sono 6. Il sesto è il piano
terra, da cui si può uscire. Su ogni piano c’è un laboratorio
sperimentale. Credo che siamo finiti negli scarti del governo. Se il
governo è il cattivo perché hanno fatto sperimenti e hanno dei segreti
atroci, questi sono i cattivi dei cattivi, sono quelli che il governo
ha reputato eccessivi ed hanno esiliato. Perciò le cose che vedrete nei
piani superiori fanno schifo, ma se vogliamo salvarci e continuare con
la missione, non possiamo fermarci e porre fine a tutto. Dobbiamo
salire silenziosi come dei fantasmi e salpare da quest’isola! Qua non
troveremo lettere, solo orrori. -
- Come dicevi, l’inferno. - Concluse di nuovo Jiggy concordando con Lode.
Gauche, sistemato nella sua calda
giacca da Bee, si avvolse la sciarpa intorno al collo, mentre Jiggy si
allacciava la propria stringendo meglio l’asta di ferro che sarebbe
stata l’arma.
- Proprio per questo non ce ne andremo senza fare nulla. - Disse Gauche sicuro.
- Hai sentito che ho detto? Non troveremo lettere! - Gauche scosse ancora la testa.
- Non lasciamo indietro nessuno,
non chiuderemo mai più gli occhi. Siamo scappati da un ambiente uguale
a questo. E non faremo finta di nulla. - Gauche era molto serio e
chiaramente non sembrava ammettere repliche.
Jiggy e Lode lo guardarono risoluto e sospirarono in perfetta sincronia, scuotendo i capi rassegnati.
- Siamo in tre, siamo disarmati e non conosciamo niente di questo posto. - Tentò infine Jiggy sapendo la sua risposta.
- Allora come prima cosa ci
armeremo. Devo essere io a ricordarvi che siamo fra i tre più forti nel
combattimento e nelle strategie? - Rispose sempre calmo e padrone di sé
e della situazione Gauche. Jiggy sospirò mentre Lode alzava gli occhi
al cielo.
- Se dobbiamo farlo è meglio
sbrigarci, parlavano di un grande evento fra non molto. - Con questo i
tre si guardarono e d’accordo per cominciare, si avviarono alla porta
che separava i sotterranei dalle scale e quindi dal piano superiore.
Il caos dirompeva intorno a loro,
l’ultimo piano divenne palco di una battaglia molto più sanguinosa di
quel che avrebbero voluto od immaginato.
Guidati dai tre stranieri, i
prigionieri liberati, cavie delle iene del governo, così li aveva
soprannominati Jiggy durante la conquista dei vari piani, ognuno stava
dando il proprio contributo, ma chiaramente incattiviti da quello che
avevano subito, presto divennero praticamente ingestibili.
Gauche andava dritto senza fermarsi, sparava ad uno e proseguiva, sparava all’altro e proseguiva.
Nella mente i ricordi di quello che
aveva trovato nei piani appena superati, ricordi che si sovrapponevano
coi propri, quando era finito nella discarica del governo insieme a
migliaia di corpi morti.
Non poteva, non voleva fermarsi.
Uno ad uno cadevano. Jiggy, vicino
a lui, faceva piazza pulita preciso e senza esitare. Non guardava
intorno, non cercava alcun capo o membro importante. Lui si limitava a
fare spazio intorno a Gauche e a controllare che nessuno arrivasse a
lui una volta che andava avanti.
E fece in tempo ad alzare gli occhi
oltre la sua testa per vedere il fucile di precisione nell’angolo alto
del piano che stavano conquistando.
Fu una frazione di secondo, più un riflesso che altro.
Come se il suo corpo fosse programmato per muoversi in quel modo in una situazione del genere.
Il luccichio, un rumore secco
provenire dall’alto e prima ancora di pensare, Jiggy si stava buttando
su Gauche, trascinandolo a terra.
Gauche non avendo visto il cecchino, si sentì spingere a terra improvvisamente e senza capire si sgrovigliò da Jiggy.
Rimase seduto e appena lo vide, impallidì.
Jiggy non si mosse subito.
Gauche lo prese per le spalle e lo girò supino, guardandolo in viso.
- Jiggy! Jiggy! - Chiamò agitato,
improvvisamente quella guerra era dimenticata, era uno sfondo lontano.
Improvvisamente il caos intorno non esisteva.
Per un momento Gauche riconobbe la
disperazione, strisciante, avvolgerlo. Riconobbe perfettamente quella
sensazione di paura raggelante che gli impediva di ragionare e capire.
Le sue mani sporche di sangue, il sangue del ragazzo che amava, che
Gauche amava, un Gauche non del tutto tornato ma che in quel momento
sembrava esplodere dentro di lui, come se fosse lì, sempre lì, pronto
ad uscire.
Il mondo sbiadì e gli occhi si
offuscarono, poi bruciarono e le lacrime scesero mentre prendeva il suo
viso privo di sensi, lo stringeva a sé, lo abbracciava gridando senza
la forza di urlare, di usare la voce.
Gridò disperato dentro di sé stringendo forte gli occhi.
- Dai, è solo una ferita… - Disse
tossicchiando, la voce flebile contro il suo collo, dove aveva nascosto
il suo viso. Gauche lo scostò e lo guardò sospendendo lacrime, fiato e
reazioni.
Jiggy lo guardava con un’aria sorridente, divertita, maliziosa. Poi alzò la mano e lo carezzò.
- Quanto sei apprensivo, sembravi
molto più distaccato! - Disse cercando di scherzare, sia pure lo
facesse con fatica visto il dolore alla schiena.
- Come… come stai? Dove ti ha colpito? - Jiggy si mise faticosamente sul fianco.
- La schiena… ma penso verso la
spalla… - Il dolore era espanso ovunque e non era facile capire, in un
momento simile, quando sentivi un calore bruciare ovunque.
Il sangue era caldo, ma Jiggy conosceva la sensazione fin troppo bene.
- Andiamo, devo portarti via di qua, devo curarti! - Disse cercando di alzarsi con lui, tenendolo dalla parte più sana.
- Ehi, adesso che la battaglia è al
culmine vuoi filartela? - Lo prese in giro. Gauche appoggiò la fronte
alla sua chiudendo gli occhi, ritrovando un po’ della calma persa.
- Ho delle priorità, fra le quali c’è salvarti. - Ammise di nuovo calmo e diretto. Jiggy sorrise e gli rubò un bacio veloce.
- Sistemami nell’angolo e vai dal
capo di questi sciroccati. Fatto fuori lui, finirà tutto… - Disse Jiggy
alzandosi aiutato da Gauche, preoccupato.
- Ma tu… -
- Non morirò se ti sbrighi! - Alla
fine Gauche tornò lucido ed in sé e capì che Jiggy aveva ragione,
arrivati a quel punto non solo non potevano fermarsi, ma avevano la
responsabilità di farlo finire.
Riluttante lo mise in un angolo,
coperto da un’impalcatura che gli permetteva non essere visto. Gli
lasciò la pistola carica e dopo un ultimo sguardo apprensivo che
ricordava tanto i tipici sguardi di Gauche, andò di nuovo nella
mischia. Jiggy strinse le labbra in una smorfia, chiuse gli occhi,
prese respiri profondi, poi riaprì gli occhi, impugnò bene la pistola,
sollevò il braccio e appoggiandolo all’impalcatura davanti, seguì
Gauche puntando a tutti quelli che gli stavano intorno, pronto a
sparare all’occorrenza.
Nessuno, nessuno glielo avrebbe mai portato via.
Nessuno.
Steso a pancia in giù in uno dei
letti del laboratorio che avevano appena conquistato, le dita sottili
ed esperte di uno dei medici che vi lavoravano, stava richiudendo la
ferita di Jiggy.
Lui gli occhi aperti posati su un concentrato Gauche che guardava con cura quel che il dottore faceva.
Avevano prosciugato quel posto, la
torre degli orrori, avevano liberato ed aiutato tutte le vittime e
quelle in condizioni instabili, ora erano in cura dagli stessi medici e
scienziati che li avevano ridotti in quelle condizioni.
Uno di loro ora stava curando Jiggy.
Nessuno di loro si era messo a fare
cose simili intenzionalmente, si erano limitati a lavorare sotto le
direttive costrittive delle iene del governo, perciò non avevano avuto
scelta che eseguire. L’unico da cui si erano dovuti guardare era stato
il direttore scientifico, colui che aveva progettato i vari livelli e
che controllava che i suoi sottoposti eseguissero gli ordini, nessuno
era lì di propria spontanea volontà, nessuno godeva nel trasformare
quella gente o nel vivisezionarla.
Dopo aver fatto fuori il direttore
scientifico e quello esecutivo di quel posto, in poco tempo la
battaglia era stata sedata con un annuncio e la dimostrazione che i
responsabili di quel posto erano morti. Così ogni soldato, ogni
scienziato, chiunque combattesse costretto dagli eventi, si era fermato
ed arreso.
Lode aveva aperto le porte esterne
per far andare via chiunque volesse andarsene, mentre aveva obbligato
gli scienziati a sistemare quel che si poteva sistemare sulle povere
vittime.
- Stai facendo grandi cose per
essere Noir. - Disse Jiggy il quale ogni tanto cercava di ricordare a
sé stesso che non era completamente il suo Gauche.
Gauche lo guardò sorpreso:
- L’istinto di una persona,
l’essere profondo e recondito, non muore finché un briciolo di cuore
resiste. - Spiegò calmo il compagno. Jiggy sorrise da steso, con la
faccia schiacciata sul lettino, mentre il dottore chiudeva la ferita
curata. L’ennesima cicatrice di guerra in un corpo non certo liscio e
perfetto.
Allungò il braccio verso di lui e Gauche gli prese la mano.
- Lo so che lì c’è ancora un pizzico di Gauche. - Rispose più calmo. - Ogni tanto ho bisogno di sentirlo. - Sorrise.
- Perché non mi senti ancora
completamente lui? - Chiese l’altro, sapendo perché Jiggy di tanto in
tanto lo testava. Lui spense il sorriso, ma tirò a sé la sua mano
facendolo avvicinare al lettino, se la portò alle labbra e la baciò.
- Perché so che un giorno tornerai tu al cento percento. Fino ad allora mi tengo quel pezzetto di lui che mi è rimasto. -
“Perché pur di stare senza, anche un piccolo pezzo va bene.”
Eppure era strano, eppure era quasi
come tradire l’autentico Gauche. A volte gli sembrava di stare facendo
un torto alla sua memoria, altre sapeva di non avere scelta, che quella
era la realtà, ora. Quello era il Gauche più Gauche che avrebbe mai
avuto e non aveva i suoi ricordi, ma c’era il suo carattere, i suoi
comportamenti. Lui li vedeva, come li aveva visti Lag. Quel modo di
salvare chi incontrava, quel rivedersi in ogni vittima, quel non
lasciare indietro nessuno.
Ed il preoccuparsi fino allo stremo per le persone che amava.
Lì c’era sempre Gauche.
Eppure… eppure quel pezzo mancante,
di tanto in tanto, mentre lo guardava assente nei propri pensieri, in
un ricordo che non tornava, in un cuore martoriato… quando Gauche aveva
lo sguardo di Noir, a Jiggy in quei momenti si sentiva stonato e si
chiedeva se mai, alla fine di tutto quello, avrebbe ritrovato quella
nota. La nota che mancava, che stonava.
“Qualunque cosa succeda lo seguirò
ovunque. Perché in ogni caso lui è lì. E sarà comunque per sempre il
mio Gauche. In ogni caso.”
Con questo giuramento, lo attirò a
sé e gli rubò un bacio suggellando a sé stesso quella promessa. Aveva
smesso di sperare nella vita da tempo, adesso si limitava ad accettarla
così com’era. Semplicemente.
La nave d’oro composta dai capelli
della ragazza maka, trasformata nel corpo in ragazza uccello con delle
splendide ali per volare e sorvolare il mare, salpò sollevata nelle
oscure acque. Metà del ponte era pieno di sacchi di lettere, il viaggio
era ancora lungo e di isole da scoprire, isole da conquistare, isole da
salvare ce ne erano molte.
Gauche, Jiggy e Lode, aiutati dalla
sorella di Niche, non si sarebbero fermati fino a che non avrebbero
scovato ogni forma di vita, fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo
secondo disponibile.
Per Lag, per la speranza di un
futuro migliore in cui forse solo Gauche credeva ancora, ma per cui
valeva la pena dare fondo ad ogni istante delle loro vite.
Perché per gente come loro, la resa
non era mai stata un’opzione, né mai lo sarebbe stato. E se per salvare
il mondo Lag aveva bisogno di lettere, loro gli avrebbero raccolto
tutte le lettere del mondo. Tutte.
Ad ogni costo. Nella speranza che il sacrificio che stava compiendo il loro piccolo amico, non fosse vano. Mai.