7. LA MIA VITA E LA TUA CICATRICE
/Aria sulla IV corda - Bach/
Non ripartirono prima di essersi ripresi, le bende su Jiggy erano
diminuite di molto, la divisa era stata ricucita da una gentile sarta
del paese dopo aver ricevuto alcune lettere importanti.
L’ultimo giorno, il dottore tolse la benda dal viso e constatando che
ormai si stava rimarginando e gli avrebbe fatto bene ossigenarsi, gli
permise di rimanere senza.
- Ti rimarrà una bella cicatrice a forma di croce sotto l’occhio, ma
non dovresti mai avere problemi alla vista. - Concluse dandogli il
nullaosta per muoversi.
Jiggy era stato diligente, aveva seguito tutte le terapie imposte per
recuperare le forze e le energie ed ora poteva riprendere la sua vita,
rimasta in sospeso anche per troppo.
- Ti dona! - Commentò allegro Gauche felice di poter tornare a casa. Gli mancava sua madre, Aria, gli amici, l’Alveare…
Jiggy non disse nulla, si mise gli occhiali da motociclista per vedere
se gli facevano male, constatando che erano sopportabili annuì, se li
tolse e ringraziò il medico tendendogli la mano.
- La ringrazio infinitamente. Mi ha salvato la vita. - Il dottore sorrise e gli strinse la mano.
- È il tuo amico che te l’ha salvata, io ho solo fatto il mio dovere… - Gauche sorrise e l’abbracciò di slancio.
- È lui che ha salvato me, senza il suo arrivo sarei sul fondo del burrone, pasto per gaichu! -
- Tutti si sono salvati a vicenda. Anche voi dandomi quella lettera, mi
avete salvato. Mi avete ridato la vita, pensavo che mio figlio fosse
morto, non ricevevo sue notizie da anni… sapere che è vivo e sta bene
ed è felice, è la salvezza, per me. -
La vita era strana, la vita era difficile, ma poi poteva anche
diventare bella. La vita poteva essere molte cose, una più diversa
dall’altra.
Erano saluti, erano addii, erano rivelazioni, erano sorprese, erano lacrime, erano sorrisi, erano felicità, erano dolori.
La vita era anche amori e amicizie.
Tornarono sul ponte con circospezione, a pistole spianate, ma
constatarono che, fortunatamente, all’orizzonte non se ne vedevano più.
Tutti i gaichu della zona dovevano essersi concentrati quel giorno e
chiaramente avendo fatto piazza pulita, ce ne sarebbe voluto un bel po’
prima di rivederne.
- Se non altro dovrebbero poter essere più collegati col resto del mondo, ora. - Disse Gauche felice per loro.
- Finchè non ne arriveranno altri. - Poi indicò il fondo del burrone
che stavano sorvolando sul ponte. - Qua ne restano comunque molti! -
Jiggy lo riportò bruscamente alla realtà, ma Gauche ormai era nella
fase della gioia per quel che aveva ottenuto da quella potenzialmente
disastrosa esperienza.
Arrivarono al cavallo di ferro nascosto poco distante, sollevato nel
vederlo intatta, Jiggy l’carezzò e Gauche scoppiò a ridere.
- Sembra tuo figlio! - Il compagno lo fulminò con lo sguardo.
- Lasceresti mai Lode da sola in un posto simile? - Chiese severo, mentre la muoveva e la spolverava.
- Io non lascerei mai Lode da nessuna parte! - Rispose subito Gauche
rabbrividendo all’idea di separarsi dal suo lupo. - Ma Lode è un
animale vivo, questo è un oggetto inanimato! - Gli
fece notare divertito Gauche, sorpreso di quel suo attaccamento a
qualcosa, dopo che aveva passato i giorni a star distante da tutto e
tutti.
Jiggy lo ignorò e salì sopra al mezzo.
- Ma basta soffiarci un po’ di cuore dentro e trova la vita! - Così
dicendo, l’attivò ed il grande cavallo di ferro ruggì come un toro
pronto alla carica.
Gauche sorrise a quel suo bizzarro lato sentimentale.
- Sei insensibile su tutto, ma non tocchiamoti questo coso! - Commentò
divertito, schernendolo. Jiggy accelerò controllando che fosse sempre
tutto a posto.
- Lo vuoi un passaggio da questo oggetto inanimato? - Chiese polemico.
Gauche ridendo gli mise una mano sulla spalla e salì a cavalcioni come
lui, stringendogli poi le braccia intorno alla vita, appoggiando il
petto alla sua schiena. I brividi percorsero entrambi, così come una
sana eccitazione che li riscaldò subito.
- Non farmi cadere! - Disse trovando imbarazzante la posizione del bacino contro il suo.
Jiggy capendo che era una delle prime volte che faceva qualcosa di
tanto audace, fece un sorrisino malizioso, ma non disse nulla e
semplicemente partì.
Il paesaggio cominciò presto a mescolarsi davanti a loro, il vento li
carezzò dolcemente, facendo alzare le loro sciarpe bianche.
Gauche alzò gli occhi in alto, il cielo era ancora nero, ma non si
vedevano le stelle perché si muovevano ad una velocità costante, non
troppo sostenuta. Jiggy si stava risparmiando, non gli interessava
arrivare prima. Guardò la sua sciarpa e seguì i lembi che poi si
univano ai propri, intrecciandosi. Sorrise.
Era una bella sensazione.
Si sentiva al sicuro, si sentiva bene. Era così bello essere lì con
lui, appoggiato alla sua schiena, lasciarsi trasportare come se
avessero le ali. Gauche chiuse gli occhi e si immerse ancor più
vividamente in quella sensazione specifica.
- Sembra di volare, se chiudi gli occhi. - Disse.
- È meglio che io non provi l’esperimento. - Rispose Jiggy serio.
Gauche aggrottò la fronte e li aprì sollevando la testa per guardare
una piccola parte del suo viso.
- Questa era ironia? - Chiese incerto. Jiggy continuò su quel tono apparentemente serio.
- Ironico io?! Mai stato! Ma se vuoi provo a chiudere gli occhi. - A
quel punto Jiggy si raddrizzò, alzò la testa e chiuse gli occhi, Gauche
se ne rese conto ed impallidendo saltò sul sedile in ginocchio per
arrivare ai manubri e tenere dritta la moto che già cominciava a
traballare paurosamente. Per farlo si issò su Jiggy ricoprendolo col
suo busto sopra la sua testa, spuntò di lato ed arrivò schiacciandolo
brutalmente ai manubri che afferrò sopra le sue stesse mani.
- Sei pazzo? I gaichu ti hanno mangiato il cervello? - Gridò isterico per la prima volta nella sua vita.
- I gaichu mangiano il cuore, non il cervello! - Lo corresse Jiggy
aprendo gli occhi, tuttavia continuò a lasciarlo fare, guardò il suo
viso così vicino al suo, appiccicato in effetti, contratto in
un’espressione di paura, infine scoppiò a ridere.
Gauche si mise ad imprecare.
- E questo ride! Non ha mai riso in vita sua e lo fa mentre cerca di suicidarsi con me! -
- Dici che non sono mai romantico! - Rispose sempre con ironia, questa volta marcata.
Gauche sarebbe rimasto shoccato e felice di sentire questi suoi lati
nascosti emergere, ma al momento era più invogliato a dargli un colpo
in testa per la paura che gli stava facendo provare.
- Ma puoi fare il romantico mentre siamo giù da questo affare! -
Commentò acido, tirando anche lui fuori un lato che nemmeno sapeva di
avere.
Jiggy continuò a stare piegato in avanti, con Gauche tutto appoggiato
alla sua schiena, alto sulle ginocchia per arrivare con le mani sulle
sue e guidare, sentiva la propria nuca appoggiata sul suo petto ed il
suo viso a portata di labbra.
Jiggy realizzò che c’era anche un’altra cosa che sentiva oltre a tutto il resto.
- Mi pare che una parte di te non sia tanto spaventata! - Gauche
spalancò gli occhi e lo fissò dimenticando la guida, in quello si
ritrovarono a due centimetri di distanza, Gauche arrossì violentemente
e Jiggy tornò a ridere e vedendolo, l’arrabbiatura e la paura scemarono
finendo anche lui per ridere e rilassarsi inspiegabilmente.
- Credo sia l’adrenalina, pensavo ci schiantassimo! - si giustificò imbarazzato, tornando a guardare avanti.
- Oppure semplicemente ti piace guidare! - Gauche si zittì e ci fece
caso, rimanendo in quella particolare posizione dietro di lui, tutto
coricato sopra.
Guardò davanti, il paesaggio roccioso, il punto focale davanti a sé,
quella strada sterrata, il cielo che si faceva via via sempre più
chiaro.
- È bello vero? - Disse Jiggy senza forzargli la guida e lasciandolo
fare docile. Gauche tradusse in sé quella sensazione di brivido che
l’attraversava dalla testa ai piedi, quell’energia che sentiva
rigenerarsi pur stesse usando anche il proprio cuore per guidare,
tenendo le mani sui manubri.
- Ora ho capito. - Disse Gauche senza tornare a sedersi dietro.
- Cosa? - Chiese Jiggy senza spingerlo.
- Come ci riesci, perché ci tieni tanto, perché lo fai. - Jiggy rimase
in silenzio e aspettò che completasse la frase. - L’energia che dai per
guidare, la prendi da questa meravigliosa sensazione che hai guidando.
Il vento in faccia, il potere di decidere una direzione, di raggiungere
velocemente o lentamente un posto, controllare il tempo, quasi. È
talmente bello, che questo ti carica mano a mano che tu carichi questo
affare gigantesco. -
Jiggy sorrise.
- Segreto svelato! - Gauche decise di lasciarglielo fare, seppure
rimase un attimo lì ad imprimersi quella sensazione particolare, mentre
l’abbracciava e guidava la sua moto. Poi gli lasciò un dolce bacio
sulla guancia e tornò a sedersi dietro, questa volta a cavalcioni e
cingendolo per bene, aderendo alla sua schiena ed al suo bacino, le
braccia intorno alla sua vita, il mento che spuntava sulla sua spalla.
- È bellissimo. - Disse Gauche. Jiggy rispose come spesso faceva alle sue affermazioni su quanto qualcosa fosse bellissimo.
- Sì, lo è. - E mai si capiva se si riferisse alla stessa cosa che intendeva lui, oppure a Gauche stesso.
Al loro arrivo, furono guardati come si potevano guardare dei fantasmi.
Gauche sorrideva, Jiggy era serio come sempre. Solo con un segno in più sul viso.
- E non avete visto il corpo com’è ridotto! - Rispose scherzando
Gauche, mentre indicava Jiggy accanto a lui che avanzava verso la
segreteria in mezzo a un sacco di gente sorpresa e shoccata.
- Vi abbiamo dato per dispersi! - Disse Largo, il primo a riprendersi
dallo shock. Gauche consegnò le ricevute e disse che avevano avuto
successo.
- Abbiamo avuto qualche intoppo, ma ce l’abbiamo fatta. - Disse Jiggy incolore.
- Qualche? - Fece ironico Largo. - Il tuo viso sembra un quadro cubista! -
Gauche si girò verso di lui.
- Se non fosse venuto a cercarmi, non mi avreste più rivisto! - Disse
sorridendo pacato. Non finì di dirlo che Aria gli piombò al collo
abbracciandolo forte.
- Oh Dio ero così preoccupata, volevo venire a cercarti ma me lo
impedivano, dicendo che poi dovevano venire a cercare anche me! Stavo
impazzendo dall’angoscia! - Aria solitamente era una ragazza abbastanza
timida che stava al suo posto, anche se amava profondamente Gauche ed
era sua amica d’infanzia.
Però in certi casi era difficile trattenersi persino per lei.
Gauche l’abbracciò a sua volta guardando di sfuggita Jiggy che li fissava con quel suo tipico sguardo sottile inquietante.
- Sto bene, sto bene. Grazie a Jiggy. Ce la siamo vista bruttissima, ma
abbiamo portato a termine la missione e abbiamo recuperato le forze. -
Gli diede due pacche sulla schiena e si sciolse dal suo abbraccio.
- Serve un proiettile curativo? - Chiese Aria ansiosa, i due si guardarono allettati dall’idea.
- Beh, il viaggio è stato lungo e lui ha ancora diverse cicatrici da rimarginare, non sarebbe male. -
Il proiettile di Aria lavorava sulle energie, rigenerandole. Queste,
poi, permettevano una guarigione più veloce al corpo esterno.
- Accettiamo volentieri… - Disse grato Gauche.
Jiggy non ribatté e decise di lasciarlo fare.
- Quanti gaichu erano? - Chiese Largo volendo sapere i dettagli, mentre
andavano in un luogo più appartato, all’interno dell’Alveare.
- Un paio. - Disse vago Jiggy.
- In fondo alla gola c’erano almeno un centinaio, un nido intero, però
non potevano volare o arrampicarsi per fortuna. Poi nella sponda da
dove venivamo noi, io ne ho visti 3 che mi hanno quasi fatto cadere dal
ponte. Due sono riuscito a gestirli, il terzo non ce l’ho fatta, ma è
arrivato lui. Poi è venuto fuori che ne aveva fatti fuori 5 o 6… ma
quando siamo tornati indietro, ne ho visti almeno una decina di corpi
morti! - Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Esagerato. -
- No no, ho contato! Erano di più! -
- Beh, anche 5 o 6 sono molti… - Commentò impressionato Largo.
- E non sai che ferite profonde aveva! Sanguinava molto! - Aria era
molto preoccupata e colpita dal racconto, i quattro si fermarono in una
stanza di riposo, i tre ragazzi si sedettero, Gauche e Jiggy vicini,
per ricevere il proiettile, Largo dietro di Aria, in piedi davanti ai
due.
- Come vi siete curati? - Chiese conscia che dovevano aver avuto bisogno di un dottore vero.
- Sono riuscito a trascinarci al villaggio da quell’altra parte della sponda e per fortuna il primo caseggiato era un medico. -
Aria sospirò di sollievo.
- Grazie a Dio! - Largo sorrise enigmatico.
- Evidentemente non era la vostra ora. - Lui era più fatalista, lei era più credente.
Gauche e Jiggy non avevano una particolare tipologia di pensiero,
vivevano il momento senza farsi domande o giungere a conclusioni
particolari.
- Siete pronti? - Chiese Aria, che a sua volta lo era.
Aveva tolto il violino dalla custodia, l’aveva preparato ed ora, in posizione, aspettava di poter cominciare.
Gauche guardò Jiggy inespressivo ed annuì.
A quel punto, la musica del violino di Aria, cominciò a suonare la musica rigenerativa.
Aria sulla quarta corda, la malinconica e bellissima sonata che riservava per le cure.
La pietra sul violino brillò e dopo poco il proiettile risuonò
prendendo forma in un lungo serpente luminoso che volteggiò nell’aria
fino ad arrivare ai due ragazzi che, appoggiando le teste all’indietro,
chiusero gli occhi abbandonandosi a quella meravigliosa sensazione.
Sentirono l’energia fluire in loro, ricoprirli di brividi e scaldarli.
Lentamente le teste scivolarono di lato una verso l’altra, le spalle si
incontrarono, i capi si incastrarono e tutto divenne sfumato, ogni cosa
assunse un’importanza diversa, ogni cosa venne messa da parte per
lasciare spazio a quel momento, quell’istante. Qualcosa di bello, così
bello da dover essere vissuto con abbandono. La mano di Gauche trovò le
dita di Jiggy il quale, troppo stanco, non la ritrasse. Largo uscì
dalla stanza, lieto che Aria suonando con gli occhi chiusi non li
vedesse.
Alla fine, per quanto rischioso era stato, era andato tutto a buon fine.
“Direi che ne è valsa la pena!”
Gauche guardò Jiggy dal proprio letto, mentre sistemava il materasso
per dormire per terra. Era da molti giorni che mancavano, la madre
dalla preoccupazione aveva quasi partorito.
Si mordicchiò il labbro, poi indeciso ed imbarazzato, Gauche disse:
- Vuoi dormire qua per stanotte? - Jiggy per un primo momento pensò lo dicesse perché era ancora un po’ provato dalle ferite.
- No, non preoccuparti, dormi pure tu. Aria ha fatto un ottimo lavoro
con quella sonata. - Perché mai nella sua vita avrebbe immaginato che
lui non intendesse separati.
- Ma io non intendevo scambiarci di posto. - Lo disse rossissimo in
viso, non sapendo dove avesse trovato il coraggio per dirlo.
Quando Jiggy capì, lo fissò subito, in piedi, sorpreso.
Chiuse la bocca dimenticata aperta e lo guardò stranito.
- Oh. - A quello Gauche si traumatizzò e cominciò a ritrattare come se gli avessero pestato un piede.
- Scusa, era fuori luogo, sono stato precipitoso, dimentica, cancella,
io… - Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo, il cuore gli batteva
fortissimo. Specie perché aveva tirato fuori un bel coraggio per dire
una cosa così poco da lui.
Jiggy realizzò quanto doveva averci messo a dire una cosa simile e
sorridendo si sfilò la maglia, rimase in canottiera e si sedette nel
letto con lui. Poi senza dire nulla chiuse la luce e si stese.
- Beh? - Chiese come se fosse normale, per non fargli pesare nulla più di quanto già fatto.
Gauche lo guardò rossissimo, senza respirare. Era lì nel suo letto,
steso, in pantaloncini e canottiera intima, sotto le coperte che teneva
aperte per farlo stendere.
- Su! - Lo incitò ancora vedendolo imbamolato. A quel punto si decise e si stese con lui.
Infilò le gambe sotto e si mise in un primo momento sulla schiena, poi
non sapendo come fosse il caso di posizionarsi, con Jiggy che lo
ricopriva con la coperta, lo guardò. Sorrideva dolcemente. Quei rari
sorrisi che non gli aveva mai visto che di rado e solo in quell’ultima
settimana insieme.
Fu lì che decise di non lasciar cadere quel dolce sorriso nel nulla. Si
girò sul fianco, verso di lui, nella posizione di Jiggy, solo a
specchio, e si accoccolò contro di lui che l’abbracciò dolcemente e gli
baciò la fronte. Poi gli prese il mento, gli alzò il volto verso il suo
e senza esitare lo baciò sulle labbra.
Non avevano esagerato con baci e manifestazioni d’affetto. Gauche non
aveva voluto fare troppi passi, pensando che Jiggy non fosse per quelle
cose.
Ed ora veniva ricompensato per la sua audacia e per avergli lasciato tempi e spazi di manovra.
Le sue labbra coprirono dolcemente le sue, poi delicatamente si fece
largo la lingua calda e bagnata, il suo sapore di dentifricio, forse lo
stesso che aveva anche lui.
Piano piano il bacio divenne sempre più naturale ed audace, fino a che
Gauche perse completamente la ragione e si lasciò trasportare da lui e
da quel calore che gli stava facendo girare la testa.
Si baciarono per un tempo interminabile, poi senza andare oltre, senza
nemmeno fare mezzo cenno, Jiggy si sistemò sulla schiena e se lo tirò
sopra facendolo accoccolare sul suo petto. Gauche, mite, non oppose
resistenza mettendo il capo sull’incavo del suo collo, respirando il
suo profumo. La mano sul suo petto scivolò sulla spalla non più
fasciata, sotto i polpastrelli i segni delle cicatrici ancora fresche.
- Ti fa male? - Chiese riferendosi ai vari segni che aveva. Jiggy gli
prese la mano e se la portò al viso, Gauche alzò il capo e lo guardò
mentre si faceva toccare di proposito la cicatrice sotto l’occhio,
quella più evidente, che non aveva mai osato sfiorare.
- Ogni volta che la toccherò e la guarderò ricorderò di te e di quello
che provo per te. Che era tale da ottenere questo senza alcun
rimpianto. - Jiggy era sempre molto deciso, aveva le idee chiare e
quando parlava era molto sicuro di sé. Gauche a volte era un po’
insicuro, ma dopo di quello decise che non avrebbe più avuto dubbi su
di sé, su di lui e sulla propria vita. Che, come lui, sarebbe andato
avanti senza esitazione, seguendo il proprio cuore in ogni caso.
Sorrise, lo baciò per primo di nuovo, poi disse scivolando a baciargli proprio la cicatrice sotto l’occhio.
- Ed io vivrò felice per te. Perché sono vivo grazie a quel che ci
lega. La mia vita sarà il segno del nostro legame. La mia vita e la tua
cicatrice. -
Perché niente avrebbe potuto separarli finché uno avrebbe avuto quella cicatrice e l’altro la sua vita.
Eppure qual è la condizione che ci rende vivi? Cos’è che ci fa capire
che lo siamo? Svegliarsi ogni giorno, muoversi, respirare? O c’è
qualcosa in particolare che rende la vita tale?
Né Gauche né Jiggy avrebbero potuto capire, in quel momento, che non
era la vita in sé la questione, quanto ciò che li rendeva loro stessi.
Non la vita, ma il cuore.
L’anima.
Perché si vive in tanti modi, ma come?