*Ecco
un altro capitolo. Torniamo nel mondo di Jiggy, così criptico, di cui
non si sa molto. Sappiamo che Jiggy deve il suo essere Bee a Largo
Lloyd, ma non è mai stato specificato nulla a tal proposito. Anche
sulla sua infanzia si sa poco se non che ha una sorella ed un
fratello, di cui in certe occasioni li definisce sorellastra e
fratellastro, perciò ho spaziato un po'. In questo capitolo ho creato
un idolo nell'infanzia di Jiggy collegato alla sua passione per il
cavallo di ferro ed hai suoi modi da tenebroso. Di Largo ce ne
occuperemo più avanti. Buona lettura. Baci Akane*
3. HO TE
"Seduti fuori in attesa che le
parole arrivino Vivo la mia vita Cercando di fare ciò che è giusto E
spero in un giorno migliore Sai quelle parole che mi hai scritto mi
hanno portato in ginocchio E tutto ciò che sto dicendo è che... Sei a
casa Non sarai mai solo"
/Active Child - Silhouette (Feat Ellie Goulding)/
Un’altra giornata di lavoro finì
nel migliore dei modi. Quel giorno erano andati da soli a consegnare
lettere, alcune vicine, altre un po’ più lontane. Entrambi avevano
affrontato alcuni gaichu ma se l’erano cavata bene.
Una volta concluso il turno di quel
giorno, Gauche e Jiggy salutarono ed uscirono insieme di nuovo,
lasciando Aria e Largo a guardare perplessi.
Giusto in tempo per sentire parte del dialogo.
- Sai, oggi sono andato a
consegnare in un erboristeria. Ho provato a chiedere se avevano qualche
rimedio per il tuo problema… - Ma la porta si chiuse e Largo rimase con
la curiosità, nonché lo shock, per la realizzazione del fatto che Jiggy
avesse un problema e che Gauche lo stava aiutando a risolverlo.
- Non capisco cosa c’è di male se sono amici. - Disse Aria fissando male Largo che faceva l’aria esterrefatta.
- Nulla! - Esclamò lui allora. - Sono loro che lo nascondono! - Aria sospirò e scosse il capo andandosene a sua volta.
- Ecco, mi hanno dato questa erba
da sciogliere nel the prima di usare un mezzo, attenua i sintomi della
nausea! - Gli diede un sacchetto con le erbe, un sacchetto abbastanza
consistente. - Se funziona e te ne serve ancora, possiamo andare
insieme a prenderne!- Jiggy lo guardò e glielo riconsegnò.
- Non posso accettare anche questo. - Gauche però glielo infilò in borsa.
- Il mio ospitarti è qualcosa per
cui mi ripagherai. Non è gratis. Questo invece è un regalo, voglio
fartene uno! - Jiggy sospirò lasciandosi andare di nuovo, suo malgrado
accettò.
- Allora ricambierò. - Gauche alzò gli occhi al cielo.
- I regali non si ricambiano,
altrimenti non sono regali! - Jiggy si strinse nelle spalle rispondendo
indifferente, sebbene fosse colpito dai modi di quel ragazzo.
- Non sono abituato ad avere debiti. - Gauche gli diede un pugno sulla spalla, il primo gesto di stizza e rimprovero.
- I regali non sono debiti! Mi dai
la gioia di potertene fare uno? - Con questo Jiggy strinse le labbra e
lo guardò trovandolo di nuovo carino, come l’aveva trovato quella
mattina. Aveva dei momenti in cui si sentiva strano, accanto a lui.
Sorprendentemente bene. Non si era mai sentito così.
A quel punto si guardò intorno e
vedendo che lì nei pressi non c’era nessuno, gli tolse il cappello, gli
sistemò i capelli e rimase con la mano sulla sua nuca in quella che era
a tutti gli effetti una carezza.
Aveva seguito il suo istinto.
- Ti ringrazio. - Si decise, pur
senza sorridere. Gauche si bloccò e avvampò, rimase ebete a sentire
quelle mille sensazioni che lo invadevano da quello strano, bellissimo
gesto per nulla da lui. Così bello. Così intimo.
Jiggy, però, vedendolo così
imbarazzato e trovandolo ancora più carino, realizzò quale era quella
sensazione che provava da quando l’aveva visto la prima volta, dai loro
primi contatti.
La notò, la capì, la tradusse e l’accettò senza perdere tempo.
E sorrise.
Con questo demolì definitivamente
Gauche che rimase imbambolato, fermo lì nell’angolo, rossissimo in
viso, senza la capacità di muoversi.
Jiggy gli rimise il cappellino da Bee e riprese a camminare facendo finta di nulla.
“Ok, mi piace. Mi piace parecchio. Ma posso gestirla, posso conviverci e gestirla.”
Con questo Jiggy si illuse che sarebbe riuscito a non superare quei limiti che, ne era convinto, l’avrebbero indebolito.
Si illuse, appunto.
Gauche rimase un attimo indietro,
inebetito da quel bel gesto inatteso, poi realizzando che si stava
allontanando, avanzò di corsa per riaffiancarlo, ricordandosi quello
che voleva fare prima che lo interrompesse…
- Senti, ti va di venire con me da quell’amico di mio padre a vedere se ha un cavallo di ferro? -
Jiggy lo guardò mentre lo affiancava trafelato, ancora un po’ deliziosamente rosso in quel suo viso sempre pallido, poi annuì.
I due arrivarono insieme
nell’officina poco fuori città. L’officina era un garage di medie
dimensioni situato accanto ad una casa, Gauche entrò nel garage per
primo, seguito dal solito silenzioso e discreto Jiggy.
Il garage era pieno di
cianfrusaglie, come un vecchio antiquariato, con la differenza che
erano tutte cianfrusaglie da aggiustare. Di ogni tipo. Soprammobili,
materiale, strumenti.
Jiggy rimase impressionato dalla
quantità di roba che c’era e per poco pensò che qualcosa potesse
cadergli in testa e soffocarlo.
- Signor Ogure? - Chiamò Gauche
senza vederlo. Lo richiamò una seconda volta e a quel punto un rumore
da un punto imprecisato li fece girare. Il rumore divenne una piccola
frana che i due ragazzi seguirono, quando lo raggiunsero, l’alzarono
fino a trovare un piccolo signore intorno ai cinquant’anni, basso e
mingherlino, gli occhiali spessi e tondi, pochi capelli brizzolati
sulla testa, tutto sporco.
Quando Gauche lo rimise in piedi sorridendo, il signore lo guardò e lo riconobbe.
- Oh, Suede! Che piacere rivederti! Cosa ti porta in questo disastro? -
Gauche continuando a sorridere, si raddrizzò e gli indicò Jiggy.
- Lui è il mio amico Jiggy Pepper.
Ha un lavoro da commissionarti. - Jiggy sentì del calore sentendo che
lo chiamava ‘amico’, ma come sempre non fece pieghe.
Ogure allora spostò lo sguardo su di lui e notandolo lo salutò gentile.
- Piacere Pepper! Dimmi tutto! Come posso esserti utile? -
Jiggy a quel punto spiegò quello
che cercava, specificando che non poteva acquistarla subito e che se
costava troppo, l’avrebbe pagata a rate.
Appena spiegò quel che voleva, cioè
un cavallo di ferro che funzionava col cuore, il signor Ogure si
illuminò tutto e come se tornasse bambino, cominciò a scavare nel mezzo
delle mille cianfrusaglie del suo garage, buttando all’aria, alla
ricerca di qualcosa.
- Ecco qua, vieni, vieni da questa
parte! Non avrei mai immaginato di trovare una persona con questa
passione in grado di usarla! L’ho costruita perché mi piaceva, ma
pensavo l’avrei esposta e basta, sapere che può essere usata mi riempie
di gioia, così tanta gioia che non immagini. -
Ogure mostrò loro un cavallo di
ferro già pronto, solo da ritoccare. Era grande, coi manubri alti, il
sedile lungo, imbottito e comodo dove ci si poteva salire in due. Nel
serbatoio lo spazio per l’ambra spirituale.
Jiggy, quando la vide, rimase di
sasso e per una delle rare volte mostrò sorpresa e meraviglia. Gauche
vide chiaramente i suoi occhi brillare, accendersi e diventare vivi.
- Ma questa… - Ogure capì dalla sua reazione.
- L’hai già vista? - Chiese sapendo che poteva essere possibile. Jiggy annuì.
- Quando ero piccolo un Bee è
venuto su questo stesso cavallo di ferro, tutto nero. Era un Corriere
Espresso. Sembrava così forte su questo gigantesco cavallo! - Gauche
rimase shoccato da quella sua condivisione, ma anche dal modo in cui
l’aveva raccontata. Poi proseguì dispiaciuto, toccando il manubrio
impolverato.
- Purtroppo quando sono venuto a
fare l’esame da Bee, mi hanno detto che lui era morto in un attacco di
gaichu. - Gauche si riempì di tristezza, ma Ogure rimase sorridente,
come colpito da un’apparizione.
- Quel ragazzo adorava questo
posto. Ha costruito lui il cavallo di ferro, con me. È una sua idea,
non ce ne sono molti in giro, perché devi essere in grado di gestire il
tuo cuore. Era un mio caro amico. - Il silenzio calò, nessuno parlò di
come era morto, di qualche triste dettaglio. La malinconia li avvolse
nostalgica. Poi il signor Ogure si riprese carezzando il mezzo. -
Sarebbe felice di vedere che qualcuno lo usa. Ed io sarei orgoglioso di
aggiustarlo per te. - Gauche sorrise anche per Jiggy, commosso, mentre
lui dopo aver guardato con morbidezza quello che sarebbe stato il suo
grande compagno per sempre, tornò a guardare Ogure e chinando il capo,
accettò.
- Sarei onorato di avere proprio il
suo. - Disse con formalità. - tornerò a prenderlo quando avrò il primo
stipendio, così parleremo anche di prezzi… - Ogure scosse il capo.
- Lo prenderai domani, non mi ci vorrà molto per rimetterlo in sesto! - Jiggy si irrigidì.
- Ma non posso ancora pagare… - Ogure allora mise entrambe le mani sul cavallo di ferro.
- Non importa, lo farai con calma
quando potrai. Intanto voglio che lo usi, mi dai la gioia più grande.
Torna domani e l’avrai! - Con questo Ogure si mise a lavorare sul
mezzo, senza ammettere repliche.
Jiggy non trovò modo di rifiutarsi
e sorpreso di tutta la gentilezza che stava ricevendo da quando era lì,
capì che valeva la pena tenere duro e resistere e provare le strade
difficili. Perché poi ricompensavano.
Una volta fuori Gauche sembrava volare.
- Pensa te il destino! Dovevi avere
proprio il suo! Che bella storia! - Era molto entusiasta della cosa e
questo calmava Jiggy, che comunque era sorpreso delle coincidenze che
si erano verificate.
- Farai il secondo giro con me. - Concluse deciso come se questo non fosse in discussione.
Gauche però lo guardò dubbioso spegnendo il suo sorriso raggiante.
- Ma lo sai usare? La prima volta
non sarà mica facile… - Jiggy così lo fissò storto lasciandolo solo più
inquieto di prima, ed in risposta avanzò verso casa. - E quello cosa
significherebbe? - Chiese Gauche convinto che non sapesse guidare un
cavallo di ferro.
Ovviamente non ne cavò un ragno dal buco.
- È per questo che hai quest’aria
da bel tenebroso? - Chiese Gauche in camera, dopo aver cenato ed
essersi preparati per dormire.
Jiggy lo guardò ironico, seduto per
terra nel proprio letto di fortuna. Gauche, in quello più sollevato,
arrossì. - Intendevo che hai un certo stile… parli poco, non sorridi
mai… hai modi da… beh, tenebroso… ti dai un tono, non mostri debolezze
perché vuoi apparire forte e… ti ispiri a quel Bee? - Jiggy capendo
cosa intendeva smise di guardarlo e annuì, poi decise di parlargliene.
- È venuto una volta sola nella mia
città dimenticata da tutti. Io non sapevo cosa fossero i Bee… mi ha
detto che consegna lettere per conto della gente. Era gentile e forte
al tempo stesso. Mi ha fatto fare un giro sul cavallo di ferro con lui.
Credo fosse originario di quel posto. - spiegò. - E così mi sono messo
a sognare di diventare come lui. Aveva un lavoro che lo portava a
viaggiare per tutto il mondo, aveva un mezzo meraviglioso ed era una
persona carismatica! Mi piaceva. - Gauche si chiese se il senso del suo
piacergli fosse ammirazione o altro, ma non osò chiederglielo.
- Credo che tutti abbiamo dei miti
che ci ispirano. È bello quando ci riusciamo, non trovi? - Jiggy tornò
ad osservarlo preso da quel discorso idealista e si ricordò di quanto,
idealista, lo era anche lui. Ed aveva deciso di diventare un Bee.
- L’importante è riuscire negli
obiettivi che ci poniamo. Non importa a quale costo. - Disse di nuovo
pragmatico e deciso. Gauche si toccò la nuca ricordando di quando
l’aveva fatto lui prima ed arrossì sperando in qualche altro gesto del
genere.
- Sei felice di guidare il suo? - Chiese riferendosi alla moto del suo idolo. Jiggy annuì rimanendo però serio.
- E perché non sorridi? Prima per
un momento ti sei emozionato. Quando l’hai riconosciuto. - Jiggy lo
guardò pensieroso, poi si alzò e si sedette sul letto con lui, gli
sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi si limitò a
guardarlo da vicino, sfiorandolo col proprio corpo, con l’aria così
intensa ed intrigante da turbarlo e togliergli il respiro.
- Non è più un gesto automatico. Il
sorridere è automatico per chi lo fa. Per me no. - Gauche, colpito dal
suo discorso che mostrava un infanzia davvero difficile, dispiaciuto
per lui, ma emozionato da quella vicinanza, mormorò con un filo di
voce:
- E cosa è automatico, per te, invece? -
Jiggy ci pensò un po’, poi tornando a sistemargli i capelli, come un istinto indomabile, rispose malinconico:
- Tenere le emozioni lontane da me. Ma ultimamente non ci sto riuscendo benissimo. - Gauche si aggrottò.
- Perché? -
- Perché le emozioni sono segno di
debolezza, io devo diventare forte se voglio aiutare la mia famiglia e
la mia città. - Gauche si riscosse e batté le palpebre un paio di
volte.
- Io intendevo perché non ci stai
riuscendo bene ultimamente… - Jiggy scivolò con la mano sulla sua
schiena, avvolta solo da una canottiera intima bianca, i brividi lo
ricoprirono.
- Perché ho qualcosa che non avevo
mai avuto. - Gauche lo guardò interrogativo, mentre dentro di sé aveva
mille accelerazioni e si sentiva male. - Ho te. - Non fu meno criptico,
ma trattandosi di uno che non diceva nemmeno se aveva fame, era una
grande cosa.
Gauche arrossì felice di essere ‘qualcosa’ per lui. Non aveva importanza di cosa. Era felice così.
- E ti dispiace? - Chiese
ritornando al discorso, mentre la mano di Jiggy indugiava sulla sua
schiena scivolando di lato, sul suo fianco permettendogli di avvolgerlo
con il braccio.
Gauche si sentiva morire.
- È molto bello. Spero non lo sia troppo. - Gauche senza capire si aggrottò di nuovo.
- In che senso? -
- Che non mi distolga dai miei
obiettivi, dal mio lavoro, da quello che sono venuto a fare. Voglio
guadagnare molto per aiutare la mia città, la mia famiglia. -
- Ma io non potrei mai farti venire
meno ai suoi doveri… so che per te è importante e… - Gauche con un
pizzico di sana e vera ingenuità, fece di nuovo sorridere Jiggy in quel
modo per nulla automatico e per questo ancora più incredibile.
- Non tu di proposito. Ma potrebbe
essere una tua dote innata! - Gauche non capì subito cosa intendeva e
Jiggy così si avvicinò e gli sfiorò la tempia con le labbra, seguendo
l’ennesimo istinto indomabile. Pensando che, nonostante si fosse detto
di non fare nulla, una volta che stava provando cosa significavano le
emozioni, era difficile gestirle. Gauche era difficile da gestire.
“Spero che non mi deconcentri davvero.”
E con questo, indeciso sull’essere
pronti o meno, decise di prendersi ancora un po’ di tempo prima di
arrendersi a quel che provava.
- Buonanotte. - Mormorò senza
spiegare nulla, tornando più criptico di prima. Jiggy si rimise nel suo
letto a terra e si girò dall’altra parte per dormire. Ovviamente non
riuscì ad addormentarsi. E non lo fece nemmeno Gauche, troppo eccitato
ed emozionato per riuscirci.
Confuso, felice, pieno di un turbinio interiore, inebetito.
Incapace di capire se gli piaceva o se aveva frainteso quelle parole dette e non confermate.
I sentimenti erano più complicati dei gaichu!