*Ecco
un altro capitolo. Il rapporto fra Jiggy e Gauche progredisce molto
velocemente ed entrambi se ne rendono conto, ma se nello scorso
capitolo Jiggy era convinto di poterlo gestire, adesso comincia a
capire che gestire dei sentimenti come quelli che sta iniziando a
provare per lui, non sono facili. Vediamo in questo capitolo anche un
po' di Largo Lloyd: nel manga sappiamo che Jiggy gli deve il suo essere
Bee e che un certo rapporto c'è. Capiamoci un po'. Buona lettura. Baci
Akane*
4. UN ERRORE DI VALUTAZIONE
"Posso resistere a tutto tranne alla tua tentazione ma preferisco
camminare da solo piuttosto che cercarti qua attorno. Cadrei da solo
piuttosto che farmi trascinare da te Non avrebbe funzionato in ogni
modo quindi adesso è solo un altro giorno di solitudine"
/Another lonely day - Ben Harper/
Salire sul famoso cavallo di ferro
fu un’emozione senza pari, per Jiggy. Tale da riportarlo bruscamente
alla vita, più di quello che Gauche in quei due giorni era riuscito a
fare. Un brusco risveglio in quella che sembrava una bella vita, degna
di essere vissuta non solo per i doveri verso la propria famiglia, ma
anche perché si potevano provare emozioni e sensazioni fine a sé stesse
e stare bene.
Il vento fra i capelli, la sciarpa
bianca che volava dietro, il paesaggio che si mescolava diventando una
macchia violacea e poi su, il cielo al crepuscolo, le stelle
invisibili.
Una dura giornata di lavoro, un gaichu difficile da uccidere ed alla fine quella ricompensa.
Ne valeva la pena, si disse. Si
poteva vivere di sacrifici, ma si poteva anche fare il proprio dovere
togliendosi delle piccole soddisfazioni, cercando in qualche cosa un
angolo di felicità.
Jiggy cominciò a sorridere da solo, sapendo che nessuno lo stava vedendo e che non sarebbe apparso debole.
La sua vita stava cambiando e non avrebbe mai immaginato che potesse essere anche bella, oltre che difficile.
Quando tornò indietro da Ogure e
Gauche, guardò quest’ultimo e tendendogli la mano come con una
fanciulla, gli disse di salire, serio e composto.
- Ma ti piace? Pensi che sia
fattibile? Sei già caduto? - Chiese Gauche ignorando la sua mano,
eccitato e ansioso al tempo stesso.
Jiggy si alzò gli occhialini per il vento che gli aveva dato il signor Ogure e lo guardò penetrante, convincente.
- Sono nato per questo! - E alla
risata di Gauche, tornò a tendergli la mano. - Vieni, ti piacerà! -
Così Gauche la prese, provò il consueto brivido e salì a cavallo,
stringendo le braccia intorno alla sua vita stretta. Gauche sentì
subito la sensazione di forza provenire da lui, una forza che indicava
sicurezza in quel che faceva. Sentì i suoi muscoli rigidi per il dover
gestire un mezzo così grande, gli addominali tesi.
- Tieniti stretto. - E dopo di
questo, l’ambra posta sul serbatoio brillò. Un secondo dopo i due
stavano girando per le stradine sterrate fuori città.
La sensazione di Gauche fu
immediata. Strinse ulteriormente le braccia intorno a Jiggy e per
questo provò un forte calore espandersi ovunque. Il vento fra i
capelli, la sciarpa svolazzante, il paesaggio sfumato, le stelle
invisibili, colori che si mescolavano. Era tutto bello, ma ancora di
più lo era poter abbracciare così Jiggy senza inventarsi qualche scusa.
Stringerlo, appoggiare il mento alla sua spalla, il petto alla sua
schiena. Essere lì con lui.
- Ti piace? - Chiese Jiggy girando
il capo verso il suo, i visi più vicini per questo, gli sguardi ad un
soffio uno dall’altro, separati solo dagli occhiali da guida.
- È bellissimo! - Esclamò entusiasta, senza capire bene se era bellissimo la corsa o Jiggy.
Lui a quel punto sorrise di nuovo, felice che a Gauche piacesse anche perché era merito suo.
Girò ancora un po’, prima di tornare indietro, afferrando un’idea, un sentimento, una sensazione.
- Sai, forse essere un po’ felici
non ti impedisce di adempiere ai tuoi doveri. - Disse più tardi, in
camera insieme. Entrambi stesi nei rispettivi letti, senza guardarsi.
Gli occhi rivolti al soffitto, l’aria sognante di Gauche, quella piena
di ideali di Jiggy.
- Lo penso anche io. - rispose sorpreso Gauche di sentirgli dire questo.
- E penso anche che aiuti più gli
altri dando a loro i mezzi per aiutarsi da soli. - Gauche ci mise un
po’ a tradursi quella frase, si mise sul fianco senza guardare giù dal
letto e poco dopo spuntò il viso di Jiggy, più acceso che mai e per
questo strano. Particolarmente bello in quella luce negli occhi azzurri
e sottili. I capelli rossicci spettinati. - Potrei dare alla mia
famiglia una somma di denaro mensilmente per aiutarli, ma non
risolverei davvero i loro problemi e se dovessi morire facendo questo
lavoro pericoloso, tornerebbero al punto di partenza, non devono
dipendere da me. Ma devo aiutarli in qualche modo. -
- E come pensi di fare? - Chiese Gauche che si sorprendeva ogni volta che parlava di sé e di cose personali.
- Come loro, ci sono moltissime
persone senza casa, senza soldi… io vorrei dare loro un lavoro, a tutti
loro. Perché è questo che può aiutarli sul serio! Un rifugio. -
A quel punto Gauche capì.
- È un’idea fantastica, ma come
puoi fare? Ti serve una somma di denaro cospicua per aprire un’impresa
che… che dia lavoro a tante persone! -
- Voglio risolvere due problemi in
uno. - Riprese Jiggy deciso con le idee chiare. - Darò loro lavoro ed
anche un rifugio. - Gauche si era completamente perso, ma lui continuò
sicuro: - Farò costruire una cattedrale con un enorme campanile. Quello
diventerà il punto di riferimento di tutti i cittadini, il rifugio di
quelli senza casa. E per costruirla, loro avranno lavoro! - Gauche capì
che bella idea era.
- Potranno rifugiarsi lì e poi
trovare lavoro anche dopo, per mantenerla, per la gestione. Un posto
del genere nasce per aiutare i poveracci che non hanno cibo, un tetto…
- Cominciò Gauche abbracciando la sua idea sorpreso.
- In quel paese manca la speranza,
la speranza di avere un futuro migliore, di risolvere i propri
problemi, che le cose andranno meglio un giorno. Manca un luogo dove
rifugiarsi per regalare preghiere e prendere speranze e sentirsi
meglio. Darò quella speranza. Un luogo dove raccogliersi e pregare e
sentir suonare una grande campana che ti dica ‘un giorno le tue
preghiere si realizzeranno’. -
Gauche rimase ad ascoltare la sua
idea a lungo, colpito dalla sua voglia di parlare, dalle sue
confidenze, dal cuore che gli stava consegnando.
Rimasero a parlare insieme gran parte della notte, finché il sonno li prese dolcemente.
Piano piano le cose stavano andando in una bella direzione. Una direzione sorprendentemente meravigliosa.
- Manca da tre giorni, deve
essergli successo qualcosa! Non è possibile che manchi da così tanto
tempo! - Esclamò Gauche preoccupato, camminando su e giù. Aria lo
guardò sorpresa, sconvolta quasi da quella sua reazione ansiosa. Gauche
era famoso per rimanere sempre calmo e composto.
- Capita spesso che i Bee stiano
via per più giorni per delle consegne. Hai detto che ne ha chieste
tante, giusto? - Gauche sospirò capendo che lei aveva ragione, così si
sedette e cercò di calmarsi.
- Sì, ha detto che voleva lavorare
di più perché ha bisogno di soldi. Siccome oltre ad un fisso mensile,
ci corrispondono le approvvigioni, lui ne vuole consegnare tante… con
il cavallo di ferro, poi… - Aria era sorpresa di quel che sapeva di
lui, ma ancora di più della sua preoccupazione. Sentendolo un po’ più
calmo, gli chiese:
- Siete diventati tanto amici,
vedo… - Gauche abbassò le spalle tese fino a quel momento. - Non avevo
nemmeno idea che lo ospitassi. Per questo non ci vedevamo dopo il
lavoro? Stavi con lui? - Gauche si rese conto solo in quel momento
della sua mancanza di tatto, d’aver trascurato la sua migliore amica.
- Mi dispiace… - Disse con la sensibilità che lo caratterizzava.
Aria arrossì e sorrise.
- Ma non importa, va bene lo
stesso… è bello se uno solitario come Jiggy si fa degli amici. - Gauche
a quel punto si chiese se fosse il caso di confidarsi con lei, ma
proprio in quel momento dall’orizzonte si sentì il rumore di un motore
e Gauche alzò la testa per guardare attento come spesso faceva Lode che
percepiva qualcosa. Infatti anche lei fece altrettanto. Poco dopo, dal
cielo apparve Harry, il falco di Jiggy. Gauche si rilassò
immediatamente, sorridendo sollevato.
- È tornato! - Esclamò felice. Aria
rimase colpita, ma sapeva che poteva prendersi molto a cuore i propri
amici e le persone a cui teneva, perciò non ne fece una questione di
stato.
Quando Jiggy giunse all’Alveare,
davanti cui i due erano seduti in attesa di andare a casa, lasciò il
cavallo di ferro e fece loro un cenno. Gauche si alzò in piedi ansioso
e lo guardò, era molto sciupato e sporco, ma fortunatamente integro.
Jiggy fece un cenno semplice e avanzò per entrare, ma lui ovviamente lo
fermò aprendo le braccia.
- Ma cosa è successo? Perché sei
stato così tanto via? Ero preoccupato! - Jiggy lo fulminò con lo
sguardo. Definire ‘fulmine’ i suoi occhi era il termine più
appropriato.
Gauche si immobilizzò capendo che non voleva scene del genere specie davanti ad Aria o altre persone.
- Ho preso molto lavoro, sai
perché. - Disse a denti stretti, come se lo rimproverasse per averlo
esposto in quel modo davanti ad un’altra persona. Poi entrò. Gauche ci
rimase male, guardò Aria che aveva un’aria di scuse, come se sapesse
che era colpa sua la reazione di Jiggy, infine entrò a seguirlo.
- Senti, Aria è una mia cara amica, perché non può sapere che lo siamo anche noi? -
Jiggy non rispose, continuò ad avanzare verso la segreteria.
- Ok, comunque il fatto che lavori
tanto perché hai bisogno di soldi per l’impresa, non significa che non
hai bisogno anche di riposare! Guidi un mezzo col tuo cuore, poi
affronti gaichu sempre sparando con il tuo cuore, poi fai viaggi
infiniti e consegni lettere… devi anche riposare! Io ero preoccupato,
pensavo ti avesse mangiato un gaichu! Non avevo più tue notizie! -
Gauche era partito, colpa dell’agitazione che lo stava uccidendo. Non
ragionava, non capiva che non era proprio quello il luogo.
Jiggy alzò gli occhi al cielo, poi si voltò di scatto e lo fermò freddamente:
- Suede, sto lavorando. E lavorerò
così tanto sempre. Ed il motivo lo sai. Adesso lasciami in pace! - Non
avrebbe voluto bloccarlo in quel modo, ma sentitosi messo alle strette
dopo che bene o male aveva sempre deciso da solo per sé stesso e fatto
le sue scelte liberamente, dover rendere conto a qualcuno lo fece
rivoltare.
Gauche si zittì e smise di seguirlo, il cuore per un momento fermo.
Jiggy si rese subito conto d’aver
esagerato, ma non aveva nemmeno idea di come si metteva a posto
qualcuno a cui teneva senza mortificarlo. Era la prima volta che gli
capitava.
Poi scosse il capo ed andò a lasciare le ricevute delle consegne.
La segretaria rimase sorpresa di tutto il lavoro portato a termine con successo.
- Se continui così potrai prendere
in consegna il ruolo di corriere espresso. È un ruolo vacante e molto
remunerativo! - Disse la donna gratificandolo proprio nel modo in cui
Jiggy aveva sperato. Lì vicino, Largo fischiò nel sentire e nel vedere.
Solo allora si resero conto della sua presenza e Jiggy lo guardò male poiché doveva aver chiaramente sentito troppo.
- Sei in gamba, eh? Come ci si
aspettava! - Jiggy non rispose a Largo, ringraziò la segretaria e se ne
andò. Largo lo seguì ed i due passarono davanti ad un Gauche ancora
tramortito dalla brutale reazione di Jiggy. Non avevano mai litigato,
anche se definirlo litigio era una parola grossa.
Decise di non seguirlo, non aveva
nemmeno idea se voleva tornare a casa sua. Una volta fuori, vide lui
seguito da Largo e scuotendo il capo con le lacrime sulla soglia degli
occhi, si avviò così demoralizzato che ad Aria si strinse il cuore.
Evidentemente essere amico di uno come Jiggy non era facile. Proprio
come sembrava.
- Lasciami in pace. -
- E perché? - Largo tormentava
Jiggy senza parlargli, si limitava a stargli vicino mentre lui andava a
scaricare i nervi che gli erano saltati per via di Gauche. L’intenzione
era quella di trovare un alloggio alternativo, ma piuttosto che
chiedere a Largo dormiva all’aperto.
- Perché voglio stare solo e
riposare. - Jiggy era grato per quel che aveva fatto Largo per lui
prima di arrivare a Central per l’esame da Bee, però adesso era
diverso.
- Dove alloggi? - Nessuno sapeva
che i due vivevano insieme per quel periodo. Jiggy scrollò le spalle
andando verso l’esterno della città.
- Sono affari miei. - Largo rise e non si perse d’animo.
- Voglio farti una domanda, poi ti lascerò in pace. -
Jiggy alzò gli occhi al cielo esasperato, perché non lo lasciavano stare? Cosa avevano tutti con lui?
- Perché devi farti gli affari
miei? Cosa ti interessa? Mi hai aiutato a trovare la mia strada come
Bee e ti ringrazio, ma mi chiedo perché l’hai fatto. Così come mi
chiedo cosa vuoi ora? - Esclamò secco, fermandosi improvvisamente.
Largo allargò le braccia senza turbarsi.
- Perché sei un tipo interessante, spicchi subito. - Jiggy non capiva.
- Questo non spiega perché ti devi fare gli affari miei! - Largo decise di fare la sua domanda.
- Perché se non vuoi amici, e non
voglio sapere perché non ne vuoi sebbene la cosa susciti la mia
curiosità, hai accettato l’amicizia di Suede? Si capisce che siete
diventati amici, anche se ti sforzi di nasconderlo! E non ti chiedo
nemmeno perché ti sforzi di nasconderlo, anche se vorrei sapere anche
questo. - Largo gli aveva fatto tre domande in una volta, spacciandola
per una. Jiggy lo fissò torvo, gelido e furioso.
- Vorrei sapere cosa avete tutti
con me. Io devo fare la mia vita, devo fare le mie cose, ho i miei
obiettivi e intendo raggiungerli a qualunque costo!Ti sono grato per
l’aiuto che mi hai dato per arrivare ad essere Bee, ma questo non ti
permette di farti gli affari miei. Se avrai bisogno di favori chiedi
pure, altrimenti lasciami in pace! - Questa non era una risposta, ma un
piccolo sfogo. I nervi tesi pronti a saltare.
Largo si accese una sigaretta e
attese enigmatico la sua risposta. Jiggy capì che se non gli diceva
qualcosa, non ne usciva, così si decise a rispondere:
- Non voglio amici perché mi
distraggono dal mio dovere. Per me è importante lavorare il più
possibile, guadagnare quanto più posso. Suede… - Esitò senza saper cosa
dire a proposito, poi scosse il capo e si voltò a guardare da un’altra
parte, quasi vergognandosi. - Suede è un errore di valutazione! -
Pensando d’aver risposto, se ne andò. Doveva riposare, per questo aveva
lasciato il cavallo di ferro in consegna in Alveare, perché altrimenti
non si sarebbe più ripreso se avesse continuato ad usarla.
Largo, mani in tasca, sigaretta fra le labbra, sorrisino curioso, aggiunse:
- Credevi di poterlo gestire e non
ci riesci? I sentimenti stanno prendendo il sopravvento? - Jiggy si
fermò di spalle, strinse i pugni e si morse il labbro. Ci aveva
perfettamente preso. Ma odiava l’idea di parlarne con un altro. -
Ascolta, non voglio diventare tuo amico, non voglio rubarti tempo e
distrarti dal tuo compito. - Aggiunse capendo che si frenava per
questo. Jiggy si voltò duro.
- E allora cosa vuoi? - Largo si strinse nelle spalle.
- Sono un ficcanaso di natura! - Jiggy concordava, ma ancora non capiva cosa volesse.
Abbassò il capo rimanendo di lato, pugni sempre stretti.
- Non ho previsto Suede. È
capitato. Pensavo di poterlo gestire, ma mi sta sfuggendo di mano. Non
voglio ferirlo, ma io non posso fermarmi ora. Ho un progetto importante
da realizzare, e lui lo sa. - Alla fine si stava confidando con lui per
cui non provava nulla, forse era per questo che lo faceva. I due si
misero finalmente a camminare insieme uscendo dalla città.
Largo offrì un tiro della sigaretta quasi finita a Jiggy il quale rifiutò.
- Pensi di riuscire ad escluderlo, ora? - Era proprio il problema di Jiggy.
- Sì. Posso escluderlo. So tagliare
fuori le persone. - Disse freddamente. Poi aggiunse stanco. - Però non
so se voglio farlo con lui… - Largo sorrise.
- Parlagli, apriti, spiega i tuoi
dubbi e le tue motivazioni, vedrai che capirà e ti verrà incontro. -
Non serviva parlare nel dettaglio di quel che Jiggy provava per Gauche
e viceversa. Era evidente, a Largo.
- Perché ti stai interessando, sul
serio? - Chiese Jiggy senza negare che forse parlare con Gauche
piuttosto che escluderlo era la cosa migliore.
Largo buttò il mozzicone consumato e sorrise.
- Aria. - Jiggy lo guardò senza
capire. - Mi piace. Ma a lei piace Gauche. E a Gauche, a quanto pare,
piaci tu. A te chi piace? Non dire me, perché la cosa farebbe
complicata! - Scherzò per sdrammatizzare, ma Jiggy capì.
- Vuoi farci mettere insieme perché
così tu hai campo libero con Aria? - Chiese trovando la cosa meschina e
contorta. Largo rise ma sventolò le mani per frenarlo.
- Sebbene sarebbe una cosa degna di
me perché mi piacciono i raggiri e gli intrighi, non è questo il caso.
- Poi si mise a spiegare, mentre intanto erano arrivati nella radura
dove Jiggy si era rifugiato la prima settimana. - Mi piace Aria,
cercando di capire se avessi campo, ho capito che a lei piace Gauche.
Cercando di capire se stessero insieme, se anche a lui piaceva lei, ho
notato questo vostro strano rapporto che tentate di nascondere.
Apparentemente è solo amicizia, ma non si nasconde l’amicizia. - Jiggy
però lo fermò con un gesto della mano.
- Non stiamo insieme. - Largo annuì ed alzò le spalle.
- Non cambia molto. - Poi continuò:
- Perciò una volta che noto qualcosa mi sale la curiosità e divento
impiccione. Comunque sono amico di Gauche, al di là di Aria sarei
felice se anche lui fosse felice. - Jiggy lo guardò penetrante cercando
di capire quanto sincero fosse e dietro le lenti dei suoi occhiali vide
due occhi enigmatici che sicuramente nascondevano delle cose, ma non
certo cattiveria. Era più simile a sé, si disse.
“Ha dei motivi suoi per fare quel
che fa e sicuramente è disposto a tutto per riuscirci, come me. Ma non
è una cattiva persona, tanto meno meschina. Ci somigliamo più di quel
che sembra. Io sono scostante con gli altri, lui ride e scherza, ma è
una forma di allontanamento anche questa.”
Per questo, Jiggy accettò quel rapporto. Perché non si sarebbero disturbati a vicenda.
- Non sono convinto che parlare con
Gauche l’aiuterebbe a stare meglio quando me ne vado per giorni di fila
a fare consegne. Se mi detesta, però, smetterebbe di preoccuparsi. -
Espresse il suo pensiero e Largo alzò le mani.
- Lungi da me dal convincerti ad
aprirti con qualcuno, però farsi odiare da qualcuno non è facile come
sembra, credimi. - Con questo Largo sentendo la campana diciannovesima,
si ricordò di un impegno e salutandolo, si allontanò in fretta senza
aggiungere altro.
Jiggy sospirò e si sporse
verso il lago a guardare sulla superficie che rifletteva le stelle ed
il cielo al crepuscolo che si vedeva a Yusari.
- Io sono bravo a farmi odiare. In
questo modo le persone fanno la loro vita senza preoccuparsi per me e
stanno molto meglio. Lloyd questo non lo sa. - E di questo Jiggy ne era
convinto, ma non aveva idea che avrebbe finito per ricredersi.