ALLIEVO E MAESTRO
CAPITOLO
I:
IL PRIMO PASSO
"Di' addio
mentre balliamo con il diavolo stanotte
Non osare guardarlo negli occhi
mentre balliamo con il diavolo stanotte
Tieni duro
Tieni duro
Io credo in te"
Gli
bastò il suo sì e come se avesse vissuto fino a quel momento solo
per quello e non per il suo opposto, ovvero per batterlo, si accasciò
e si lasciò finalmente andare vinto dalle proprie ferite profonde.
Mihawk
lo guardò con lo stupore dietro l’impassibilità, le iridi dorate
percorsero il ragazzo stremato e interamente coperto di ferite e
sangue, respirava a fatica ed ormai era completamente privo di
difese, svenuto ed alla sua mercede.
Se
quello era il suo primo allievo, l’impatto iniziale era quanto di
più contraddittorio avesse provato in vita sua.
Da
un lato il suo unico allievo osava svenire come primo approccio;
dall’altro sapendo tutto quello che aveva fatto in quei giorni dove
non si era mai dato per vinto nemmeno quando lui stesso gli aveva
detto di non combattere inutilmente battaglie perse in partenza, non
poteva che capire quanto al limite fosse.
Alla
fine vinse questo secondo sentimento e senza la capacità di
sorridere, pensò freddamente:
“Almeno
finalmente si deciderà a riposare!”
Poi
sospirò e si guardò intorno. In quel vecchio castello isolato
viveva praticamente da solo con l’unica ospite auto invitata che
svolazzava di continuo intorno a loro.
Perona,
una specie di fantasma, era ancora lì sopra di loro a guardare
stupita la scena. Fino a quel momento aveva sperato se ne andasse ma
capì che tutto sommato da ora sarebbe potuta essere utile.
-
Ehi ragazza fantasma, curalo che poi quando sarà rimesso
cominceremo. - Disse in una sorta di ordine. In realtà non si
sprecava nemmeno a farne, il tono bastava a far capire che gli altri
dovevano eseguire. Dare ordini presupponeva un impiego di tempo e
forze per imporsi e far capire che lui aveva l’autorità per darne,
cosa che lo snervava ampiamente, per cui tendeva sempre a dare per
scontato che quando diceva qualcosa con tale fermezza era perché gli
altri dovevano farlo e basta.
Naturalmente
dipendeva da chi si trovava davanti, con certi elementi sapeva che
non funzionava, con altri invece era loro obbligo sottostare a lui e
questo per un motivo principalmente.
Lui
era più forte.
Perona
capendo che gli stava ordinando di curarlo alzò l’ombrellino viola
a cui stava sempre appesa e fece per tirarglielo addosso, pareva non
gradire il tono:
-
Curalo tu, se ci tieni! Per chi mi prendi, la tua serva? E poi non ho
la minima idea di come si curi, cosa credi! -
Così
con fare isterico la ragazza che sembrava un fantasma-bambolina in
perfetto stile gotico nei toni del rosa e del viola, se ne andò via
lasciando i due uomini da soli.
Uno
completamente svenuto e l’altro in piedi davanti a lui che lo
fissava distante cercando a sua volta di capire cosa mai dovesse
fargli.
Senza
dire niente e scomporsi di un pelo, si abbassò e unendo i polsi di
Zoro, se li alzò sopra la testa, quindi tirò e si passò l’intero
busto del peso morto intorno alle spalle, infine se lo issò con una
certa facilità alzandolo dal pavimento.
Il
sangue gocciolò e se lo sentì colare addosso sui vestiti e sulla
pelle.
Giunto
in una delle molte stanze del castello deserto a sua disposizione,
l’adagiò sul letto matrimoniale e si tirò di nuovo su ad
osservarlo cercando di capire quale potesse mai essere la parte
successiva.
Era
ferito e sporco di sangue ma anche di terra e chissà cos’altro.
Oltre a delle cure pratiche gli serviva un bel bagno e dei vestiti
nuovi, visto che quelli che aveva erano ormai a brandelli.
Se
voleva stare con lui ed essere il suo allievo doveva essere ordinato
e pulito come minimo ma anche disposto a distruggersi pur di ottenere
il giusto livello.
Gli
sembrava strano doversi occupare di qualcuno in quel modo, non
l’aveva mai fatto per anima viva, anzi, tendenzialmente li riduceva
in quello stato e li abbandonava senza preoccuparsi minimamente della
fine che potevano fare.
Nonostante
non l’avesse mai fatto, decise che se Zoro avrebbe dovuto imparare
ad essere un vero spadaccino -e doveva ammettere che dopotutto era a
buon punto-, lui doveva come minimo imparare a trattare un essere
umano da… bè, umano. Almeno il suo allievo.
Il
primo e unico.
Poi
c’era Shanks ma lui era un’altra cosa… lo diceva sempre.
Non
lo trattava da umano ma da pari, il che era anche diverso ed ancora
più raro.
Zoro,
comunque, non sarebbe ad ogni caso mai stato trattato da Mihawk da
essere umano ma bensì da allievo, anche questo era molto diverso.
Con
il coltello a forma di croce appeso al collo gli tagliò le bende che
rimanevano appese e che si era messo alla buona appena approdato
nella sua isola. Ricordava com’era giunto giorni prima. Anche
allora era ferito e stremato e ci aveva messo un po’ a riprendersi.
“Questo
ragazzo ha più sangue in giro per il mondo che in sé!”
Commentò
al volo ricordando che anche la prima volta che l’aveva incontrato,
nel Baratie, per sua mano aveva perso almeno una quantità
industriale di sangue; poi quando gli era giunta la notizia che aveva
battuto quello che tutti conoscevano come Mister One e che in realtà
era un rinomato criminale molto forte dal corpo di acciaio, non aveva
potuto che immaginare a quale prezzo.
Tolte
le bende residue e scoperte le vecchie ferite per niente rimarginate
e le nuove di quei giorni di lotte continue coi mostri che vivevano
su quell’isola, si occupò dei vestiti che tolse con lo stesso
metodo, senza il minimo interesse per qualcosa di così lercio e
malridotto e che soprattutto non era suo.
Una
volta completamente nudo, optò per un bagno caldo ristoratore dove
avrebbe potuto continuare a dormire e nel frattempo si sarebbe lavato
e curato da sé senza che nessuno avesse avuto bisogno di alzare un
dito.
Lo
lasciò per riempire la vasca.
Era
un bagno termale molto ampio ed esagerato, le vasche erano
spropositate e con ogni comodità sebbene ancora più comodo sarebbe
stato avere degli addetti che si occupavano di quelle seccature al
posto suo.
Nessuno
aveva il coraggio di vivere lì e del resto lui l’aveva scelto
proprio per quello. Perché sarebbe potuto essere di certo solo,
specie considerando l’esterno…
Quando
la vasca fu piena di acqua bollente e sali curativi e rigeneranti,
tornò da Zoro e per un istante contemplò il suo corpo. Si vedevano
molte cicatrici ma sopra tutte c’era quella che gli aveva fatto lui
al petto. Era stata ricucita bene ma non sarebbe mai andata via,
sarebbe rimasta per sempre a testimoniare gli errori e le sconfitte.
Probabilmente un giorno sarebbe stata anche la più preziosa, per
quel ragazzo, oltre che la più odiata.
Ancora
profondamente imperturbabile, tornò a prenderlo sulle spalle come
aveva fatto prima ed in breve raggiunse le terme dove l’adagiò
nella vasca più grande. L’appoggiò a peso morto e lo vide andare
giù come un sasso, sotto la superficie che ribolliva.
Mihawk
sospirò vagamente seccato capendo che gli sarebbe toccato anche il
bagno fuori programma.
Cos’era,
un baby sitter?
Non
si era mai chiesto cosa dovesse poi essere un maestro, in realtà.
Aveva accettato senza porsi quella domanda ma davanti a tanta
convinzione e volontà non aveva saputo rifiutare.
Capendo
che sarebbe annegato se l’avesse lasciato a sé stesso, si tolse i
vestiti e completamente nudo a sua volta si immerse nella vasca
spaziosa, lo prese per le ascelle, da dietro, e lo tirò su facendolo
riemergere, poi si adagiò all’estremità rendendosi conto che
comunque finché quel peso morto non si sarebbe svegliato non avrebbe
potuto mollarlo.
“E
dunque devo stare così ancora per quanto?”
Si
chiese realizzando che comunque era una posizione non solo equivoca
ma anche molto evocativa.
Così
come il corpo di quel ragazzo.
Zoro
era forte e prestante, molto muscoloso e ricordava decisamente il
corpo dell’unico uomo che aveva avuto modo di accarezzare invece
che ferire.
Shanks
il rosso, di nuovo, tornò ai suoi pensieri e allo stesso modo in cui
gli venne ci rimase. Rinunciò all’idea di sistemare Zoro in altro
modo che non fosse fra le proprie braccia, contro il petto, e
lasciando che la schiena si adagiasse comodamente sul torace e che
l’acqua cominciasse la propria parte sia curativa che lavativa,
ricordò quante volte aveva fatto il bagno con il suo unico compagno
-sporadico- che aveva mai avuto.
Non
poteva dire di avere con lui una relazione fissa, con uno come Shanks
di certo nessuno poteva averla, ma era sicuramente quello con cui
aveva maggiore rapporto.
Anche
perché era poi l’unico con cui oltre a combattere e misurarsi con
la spada senza mai aver prevalso nettamente, finiva anche
sistematicamente a letto.
Questo
non da subito, un paio di lotte le avevano fatte, poi l’altro aveva
preso in mano la situazione dimostrandogli che non c’era solo il
dolore e la noia nella vita ma anche la gioia. Un tipo di gioia che
lui non solo non aveva mai provato ma nemmeno contemplato.
Sempre
che quella fosse la definizione appropriata.
Più
che altro piacere carnale, quello era il suo nome.
Il
corpo di Shanks era decisamente stato il solo capace di dargli dolore
e piacere in ugual misura. Prima sul terreno di battaglia e poi in
camera da letto. O in un bagno termale per curarsi e rilassarsi.
Mihawk
la mania della pulizia e dell’igiene l’aveva sempre avuta e dopo
ogni allenamento non aveva mai rinunciato al bagno, mai.
Una
di quelle volte si era portato dietro Shanks che non aveva dimostrato
la saggia intenzione di darsi una rinfrescata. Grave misfatto.
Bè,
poi la lavata se l’erano fatta. Una lavata molto profonda.
Al
ricordo un vago sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso marmoreo,
cosa rara e che accadeva solo in ciò che riguardava il suo compagno,
poi svanì subito quando sentì Zoro finalmente rinvenire. A quel
punto lo mollò sapendo perfettamente quale sarebbe stata la sua
reazione.
-
Ma che diavolo… - Mugugnò il giovane che si ritrovò immerso in
una vasca termale appoggiato a qualcosa di caldo, morbido e forte.
Quando
mise a fuoco Mihawk e soprattutto mise a fuoco la loro nudità, alzò
immediato un sopracciglio incenerendolo con una tale espressività da
dover essere premiato.
Mihawk
si chiese come una faccia potesse parlare tanto e minacciare qualcuno
senza l’uso di una sola parola.
Di
suo non ne era capace, lo riconosceva, sebbene non si rendesse conto
di quanto intimidisse e soggiogasse le persone coi suoi sguardi
magnetici da falco.
Le
espressioni di Shanks erano generalmente buffe e comunque allegre,
mentre quelle di ogni altra creatura che affrontava non erano mai
degne di nota. Non le aveva mai calcolate, nemmeno viste, come se
chiunque altro non avesse viso.
Quella
di Zoro era la prima che la notava e si chiese se tutti fossero così
bravi a minacciare con l’espressione.
-
Non ti ho fatto niente di male, eri lurido e ferito e siccome non
avevo intenzione di tenere una persona così sporca in casa mia, ho
deciso di renderti decente. - Lo disse tirando fuori tutto il suo
lato snob che possedeva e Zoro cominciò ad odiarlo profondamente.
Come se fosse possibile odiarlo più di prima.
Prima
era stato solo lo spadaccino più forte del mondo da battere, ora era
una persona odiosa, snob e pedante. Era peggio.
Alla
fine optò per un grugnito che Mihawk tradusse con una certa nota di
divertimento -seppure nascosta dalla sua solita aria fredda e
distaccata-
-
Non ti toccherei mai con un dito. Con una spada magari, ma con un
dito mai. - Anche se poi l’aveva preso sulle spalle e trascinato
per il castello, ma quello era un altro paio di maniche.
Zoro
non rise di quella che qualcuno avrebbe interpretato come una
battuta, il punto era che entrambi privi del senso dell’umorismo -e
Zoro specie in quel momento- non prendevano in considerazione il lato
divertente di nulla di ciò che accadeva.
Mihawk
stesso aveva detto quella cosa seriamente convinto.
-
Per stanotte ti curi, ti riposi e ti nutri, domani parleremo delle
regole, poi quando starai bene cominceremo le lezioni. -
Non
attese risposte ovvie, dopo l’informazione tagliente Mihawk si alzò
ed uscì dalla vasca senza il minimo senso del pudore.
Il
suo fisico marmoreo e ben modellato era sempre piuttosto visibile per
i vestiti poco coprenti che indossava, ma vederlo tutto nudo era
diverso, specie se bagnato.
Era
come una statua scolpita sul ghiaccio, ne rimase impressionato ma non
fece la minima piega e con quell’aria imbronciata distolse seccato
gli occhi dal suo piacente fondoschiena per rivolgerli al viso,
agganciato il suo sguardo severo lo sentì dire:
-
Stai quanto vuoi, ti faccio trovare la cena pronta. La camera è
quella in fondo a questo stesso corridoio. -
Così
dicendo, dopo essersi avvolto nell’asciugamano ed essersi ripreso i
vestiti di prima, uscì senza dire altro o mostrare imbarazzo. Come
fosse normale tutto quello.
Del
resto più chiaro non sarebbe potuto essere.
Fino
al giorno successivo non si sarebbero rivisti ed anzi sarebbero stati
insieme il minimo indispensabile, probabilmente.
“Meglio
così!” Si
disse Zoro. “Non
lo sopporto, l’ho sempre odiato ma ora che lo scopro così snob è
anche peggio! Potrei morire e lo preferirei, ma non posso lasciare
Rufy. Già questo tempo sarà tremendo. Sapere cosa ha passato,
sapere come soffre, sapere come si distrugge… sapere tutto, non è
per niente bello. Doverlo sopportare, non poter andare da lui e
dargli ciò che gli servirebbe. Però seguire la sua volontà è ciò
che non smetterò mai di fare, in nessun caso. Perché se mi dice
qualcosa da fidanzato è un conto, ma se me lo dice da capitano è
diverso. E lui da capitano ha detto che dovremo stare separati due
anni. Sapere il perché però non lo rende più facile. Immagino sia
giusto così ed anche se non lo fosse, è lui che lo vuole ed è
questo che va bene. Farò tutto ciò che serve e quando ci
ritroveremo non sarò più nell’impossibilità di non riuscire a
proteggerlo. Mai più. Per questo starò qua e farò tutto ciò che
serve, ogni cosa e oltre. Per lui. Per Rufy. Perché lo amo più
della mia vita, altrimenti ormai mi sarei lasciato morire tante di
quelle volte che non le so contare. La mia vita non mi appartiene più
ormai e visto che è sua farò di tutto per impedirgli ogni
sofferenza e pericolo futuro. E so che ci ritroveremo. Lo so.”
Con
queste promesse granitiche nel cuore, Zoro riuscì finalmente a
rilassarsi, seppure il suo tormento per non esserci potuto essere nel
momento di maggior dolore del suo compagno e capitano non sarebbe mai
andato via. Mai.