CAPITOLO VI:
CIO’ CHE VOGLIAMO ESSERE
 
Perchè mollare, prechè darci dentro
non è abbastanza, non lo è mai
allora andrò avanti fino alla fine
siamo diventati solitari
non è abbastanza, non lo è mai
ma andrò avanti fino alla fine

- Until the end – Breakin Benjamin -

L’acqua che scorreva sulla propria pelle fu presto rigenerante. Era il calore che lo permetteva, gli donava come una nuova energia.
Sospirò carezzandosi sui punti particolarmente dolenti. Spalle, collo e schiena.
Non era la fatica fisica che lo preoccupava, se stava male significava che stava lavorando bene e ne era contento. Non era nemmeno la fatica mentale, sapeva che Mihawk lo stava mettendo alla prova anche in quel senso poiché per uno spadaccino erano importanti entrambi gli aspetti.
Quello che lo impensieriva era la pressione che di giorno in giorno sentiva sempre più potente sulle spalle, forse era una delle tante prove di quell’uomo insopportabile però in ogni caso doveva sopportare e basta.
Non poteva mandare tutto a monte perché non gli piacevano i suoi atteggiamenti. Doveva imparare ad annullarsi, se voleva stare lì e lui lì ci voleva stare per crescere e rafforzarsi.
Per Rufy.
Ripensò alle parole di Mihawk sulla forza.
Era tanto importante distinguerla e sceglierne una?
Cosa lo motivava?
Nel giro degli anni aveva effettivamente cambiato spesso. Da piccolo voleva diventare forte per il gusto di esserlo, dopo Kuina voleva esserlo per lei e dopo Rufy per proteggerlo ed essere alla sua altezza. Ed ora?
Per poterlo rivedere, no? Per impedire che il prossimo pazzo incontrato lo ammazzasse. Sempre per lui.
Per lui doveva resistere.
Per lui con Orso Bartolomew aveva quasi dato la vita.
Per lui poi si era salvato.
Era sempre stato tutto per lui e sebbene nell’arco della sua vita aveva cambiato spesso idea, ora era sempre più forte quel fatto.
Prima aveva cercato Mihawk per batterlo e diventare l’uomo più forte del mondo, per sé stesso, per Kuina, per un sacco di motivi. Ma ora per Rufy si era piegato ed umiliato, in un certo senso, per chiedere proprio a lui, l’odiato Occhi di Falco, di insegnargli.
Lui veniva dopo il ragazzo che amava, a quel punto come poteva definire la propria forza?
Uscito dalla doccia si asciugò in fretta ed indossò dei pantaloni in stoffa leggera e comoda che Mihawk gli aveva messo a disposizione dal momento che era approdato lì senza praticamente nulla se non ciò che indossava.
Rimase scalzo e si affacciò alla camera sbuffò nel trovarsi Perona ad aspettarlo probabilmente per le solite cure giornaliere. Sembrava aver preso a cuore il suo ruolo di unica donna di casa. Bè, in tutta l’isola c’erano solo loro tre…
Virò prima di mettere piede dentro e tirò dritto, non aveva voglia di sentirla lamentarsi della loro ingratitudine, era davvero pesante e al momento aveva troppi pensieri per la testa. Preferiva tenersi il male mille volte piuttosto che sopportarla!
Raggiunse l’ampio salotto di quel castello, era una stanza molto alta e larga ben arredata con un gusto da antichi signori feudali o qualcosa del genere, però in ogni dove si poteva ammirare un tocco prettamente gotico. Del resto il proprietario non era certo uno dall’aria angelica… sembrava uscito da un libro per vampiri!
Vide il fuoco acceso e ne approfittò, avendo i capelli ancora umidi e preferendo il caldo, entrò e si accucciò davanti al caminetto mettendo le mani fin quasi dentro alle fiamme crepitanti.
Adorava il rumore del fuoco che bruciava e l’odore del legno ma soprattutto quella sensazione di calore fisica che sembrava quasi un abbraccio naturale.
In vita aveva imparato a sopportare tutte le condizioni della natura, da quelle fredde a quelle calde però potendo scegliere queste ultime erano sempre le sue preferite.
Sospirando rilassato, percepì solo all’ultimo la presenza alle sue spalle ma non si girò, sapeva chi era e grugnendo ancora arrabbiato con lui, borbottò un quasi incomprensibile saluto giusto di circostanza.
Mihawk ghignò appena, lo divertiva troppo quel ragazzo, aveva dei modi unici. Unici in quanto nessuno osava di solito porsi così nei suoi confronti ma doveva ammettere che cercava anche di trattenersi, anche se poi i risultati erano pessimi.
Si sedette nella sua solita poltrona personale, era comoda e lo schienale era alto, stoffa rosso molto scura. Rivolta per metà verso il camino e metà verso lo stanzone ampio, si concentrò sulla schiena ricurva del ragazzo che stava accucciato praticamente davanti ai suoi piedi a guardare il fuoco.
Non si sarebbe mai giustificato circa le proprie intenzioni ma Zoro volle comunque chiarire prima di trovarsi in situazioni ancor più equivoche.
- Io sono qua solo per allenarmi e diventare più forte. Non voglio niente altro da te. Ti porgo il mio rispetto come un allievo lo porge al suo maestro, ma al di là di questo non ti darò mai niente altro se non sarò io stesso a volerlo. - Discorso che non escludeva categoricamente che forse un giorno avrebbe anche potuto volerlo, Mihawk lo colse fra le righe e se ne compiacque. Sembrava molto più maturo di quanto non apparisse o di quanto non fosse stato all’inizio. Del resto non c’era nemmeno paragone con il Rolona Zoro di anni indietro.
- Capito il messaggio. - Fece allora calmo Mihawk. Non si sarebbe sbilanciato oltre, non avrebbe certo fatto promesse a sua volta ma qualcosa gliela voleva dire comunque, visto che era stato tanto onesto con lui e soprattutto coraggioso dal rivolgersi a lui in quel modo. - Io comunque faccio solo quello che voglio e come ti ho già detto il primo giorno che sei stato qua come mio allievo, odio annoiarmi, tutto qua. Se trovo qualcosa che mi sembra interessante, me la prendo. - Discorso che non escludeva il fatto che avrebbe potuto riprovarci con Zoro quando avrebbe voluto. Ciò che non aveva detto al ragazzo era che gli piaceva prendersi le cose quando non erano facili da ottenere. Per questo cominciava a fissarsi tanto su di lui.
All’allievo gli bastò, aveva solo voluto dirgli che non ci sarebbe mai stato in quel modo, doveva cambiare registro.
Rimasero ancora un po’ in silenzio e Mihawk ebbe modo di notare sulla sua schiena i segni del loro ultimo incontro, alcune ferite erano ancora aperte e appena sanguinanti, fortunatamente non ad un livello grave ma sarebbero dovute essere bendate. Non gliene sarebbe mai importato se di giorno in giorno Mihawk non si fosse avvicinato sempre più a lui, lentamente.
- Non ti piace farti curare da Perona? - Chiese sogghignando consapevole che il problema era quello. Zoro fece un verso di disprezzo molto eloquente, quindi mormorò:
- Non mi piacciono i fantasmi! -
Mihawk rise con quel suo fare sornione e vagamente insopportabile, quindi prendendo da un armadio delle bende e del disinfettante, si sentì ridicolo ad accucciarsi dietro al ragazzo per medicarlo, ma lo fece perché poi quella sensazione sciocca fu sovrastata da quella piacevole di intimità.
Zoro si tese e si sorprese raddrizzandosi ma non si ribellò, quindi nel silenzio completo si lasciò fare.
Il cotone passato sulle ferite più profonde lo fece sussultare ma non era un dolore insopportabile e lo lasciò fare. Non era poi male, gli piaceva quando gli toccavano la schiena. Rufy lo faceva in un modo che poi impazziva se non poteva averlo subito.
Aveva quella innocenza di superficie che poi affondando in lui si rivelava per quel che era, ovvero malizia e curiosità al contempo.
Sembrava un ingenuo e per certi versi lo era, ma in realtà vedeva molto più lontano di loro per questo semplicemente saltava dei pezzi per strada, cose che non considerava se non alla stregua di dettagli.
L’aveva visto comportarsi apparentemente da stupido suicida oppure insensibile e crudele più volte ma dietro aveva sempre avuto un motivo preciso che coincideva con l’obiettivo finale. Rufy guardava molto oltre il loro sguardo che arrivava nel futuro prossimo, il passo successivo al presente. Rufy guardava almeno dieci passi più in là se non più, perciò si perdeva certe cose nel frattempo risultando forse sciocco, forse precipitoso, forse insensibile o chissà cosa.
Immerso nei pensieri rivolti a Rufy, si riscosse quando sentì Mihawk avvolgergli le fasce intorno al torace. Si stupì anche di quel gesto ma l’accettò di buon grado sperando che non andasse di nuovo oltre.
Non lo fece ma nei molti quasi abbracci che gli diede per far passare le bende intorno al busto, percepì chiara la sua voglia di andare oltre. Si chiese se l’avesse fatto, era pronto a mandarlo di nuovo via ma sperò in un po’ di tregua, era stanco.
Mihawk pensò che fosse troppo facile, Zoro se l’aspettava, fu per questo che finita l’operazione si staccò e si risedette nella poltrona intrecciando le dita sullo stomaco. Mise i gomiti sui braccioli, le gambe accavallate in una posa aristocratica e il capo leggermente inclinato di lato a scrutare il suo allievo.
Zoro si girò e si sedette a terra in modo da avere su un lato il fuoco e poter guardare il maestro. In quel momento riuscì finalmente a vederlo per quel che era e con un gesto del capo lo ringraziò non per le cure ma per il non aver oltrepassato la linea che non voleva venisse calpestata. Mihawk capì il senso di quella gratitudine e addolcì appena lo sguardo in segno di ricezione.
Oltre che a vederci un maestro ci vide anche un signore aristocratico e seguendo l’istinto glielo chiese senza ritenerlo un problema:
- Sei un aristocratico? - Chiese in quella che poi sarebbe stata la prima vera conversazione fra i due che non comprendeva spade e allenamenti.
Mihawk si sorprese della domanda diretta e fuori luogo ma la raccolse di buon grado e rispose senza distogliere lo sguardo dal suo. Era difficile da sostenere il proprio ma vide Zoro non cedere alla tentazione di guardare altrove, quindi parlò con meno durezza e stizza di quanto avesse immaginato nell’affrontare un argomento simile, seppure non nei dettagli.
- Una cosa del genere. Una volta, comunque. - Zoro raddrizzò la testa non capendo.
- O lo sei o non lo sei, non è che smetti di esserlo. Cos’è la tua famiglia è andata in disgrazia? - Capitava alle famiglia per bene di un tempo di crollare economicamente nel corso degli anni ma il titolo rimaneva. Perdevano il loro potere politico però rimanevano comunque qualcuno.
Mihawk avrebbe voluto dirgli di farsi gli affari suoi ma trovandolo coraggioso decise di premiarlo rispondendogli.
- Una cosa del genere. - Fece con un sorrisino sbieco sapendo di infastidire Zoro.
Infatti, come previsto, sbuffò seccato:
- Sei davvero insopportabile! - Per una volta che si era interessato a qualcosa che non riguardava l’allenamento, quell’altro faceva il prezioso… e che mai poteva essere successo di tanto ignobile da tenerlo nascosto? - Li hai mandati tu in disgrazia? -
Sbottò senza pensarci seriamente. Dall’espressione strana di Mihawk capì di averci preso. Non sorrideva più strafottente ma non era nemmeno sorpreso, forse in cuor suo si era aspettato che ci arrivasse. Zoro si fece serio senza voler violar ulteriormente la sua espressione nel tentativo di decifrarla, quindi voltandosi verso il fuoco fece un passo metaforico all’indietro.
- Lascia perdere. - Disse sentendosi strano nel pronunciare parole che non aveva mai espresso in vita sua. Ma lui non era paragonabile ad altre persone fin’ora incontrate. Era il primo maestro che lui stesso avesse voluto espressamente, questo cambiava tutto. O forse lo cambiava il fatto che fosse il suo più grande nemico?
Mihawk apprezzò la sua dimostrazione di maturità e complice quella strana atmosfera che si era instaurata, si dimenticò di tutti i propri obiettivi più o meno nobili e dei rispettivi ruoli. Per un momento tutto fu cancellato e rimase solo una conversazione fra due uomini dalle forte personalità che sembravano semplicemente -e miracolosamente- ben disposti l’uno verso l’altro. Tutto lì.
- Non sono mai stato una brava persona. - Disse solo facendo intendere tutto e niente. Zoro non si sarebbe più intromesso, quindi penetrando le fiamme arancione intenso che coloravano la sua stessa pelle ormai calda, disse la sua come se fosse una somma di riflessioni raggiunte dopo una vita intera:
- Non è una questione di ciò che siamo, è solo una questione di ciò che vogliamo essere. - Gli venne inevitabilmente in mente Kuina che si lamentava di essere una donna e quindi limitata come spadaccina, si ricordò del grande litigio che avevano avuto da bambini su quell’argomento e di quello che le aveva gridato dicendole che non poteva campare scuse tanto stupide perché uno diventava solo ciò che voleva. Peccato che dopo averlo capito lei fosse morta.
Sospirò. Ed un ricordo positivo riguardo quell’argomento?
Se lo richiamò a forza e si sentì meglio quando gli tornò in mente Rufy la prima volta che l’aveva incontrato.
Era legato ad una croce e additato come criminale senza scrupoli. Lui era arrivato, l’aveva guardato e l’aveva liberato facendolo entrare -a forza quasi- nella sua ciurma che all’epoca rispondeva solo a loro due.
Non aveva dato retta a quello che avevano detto gli altri, alle apparenze e nemmeno ai crimini effettivi precedenti -di gente ne aveva già uccisa, ma tutti pirati che comunque se l’erano meritata.- Gli aveva chiesto se voleva diventare forte con lui e la sua risposta gli era bastata.
C’era gente che di possibilità per essere chi si voleva, ne dava.
Sorrise appena alla memoria appena raggiunta e si riscosse guardando Mihawk, sentendolo silenzioso si chiese se l’avesse presa male. Non che poi gli sarebbe importato molto…
L’uomo si era altrettanto perso a guardare il fuoco con uno sguardo molto simile a quello di Zoro, questi infatti capì subito che stava ricordando qualcosa e non lo invase ma rimase ad osservarlo dalla propria bassa posizione. Aveva un’aria talmente tenebrosa e suggestiva da sembrare quasi un principe delle tenebre. Si chiese se fosse diventato così o se fosse nato con quel buio dentro.
- Me l’hanno detto una volta. Io gli ho riso in faccia dicendo che la natura era la cosa più potente che esista. - Disse come se ricordasse ad alta voce e non parlasse veramente con lui. Zoro lo capì ma alimentò l’attimo chiedendo piano:
- E lui cosa ti ha detto? -
Mihawk nel ricordarlo sorrise appena nello stesso identico modo che aveva fatto Zoro nel pensare a Rufy e al loro primo incontro.
- Di vivere la mia vita come voglio senza campare ridicole scuse. - Gli avrebbe applaudito se l’autore di tale verità fosse stato presente, ma si tenne per sé il pensiero sentendo stranamente di nuovo molto forte il pensiero di Rufy, come se fosse stato lui a pronunciare quelle parole. Erano da lui, pensò.
- Ben fatta! - Disse allora Zoro ghignando acceso ritrovando nel maestro un’espressione simile sulla propria. Mihawk era tornato.
Si ritrovarono a fissarsi rilassati come se si conoscessero da anni e non avessero dei precedenti tremendi, come se non ci fossero mai stati sentimenti di odio da parte di nessuno. Come se fosse tutto a posto fra loro.
Fu strano ma a distrarli arrivò lo scroscio lontano della pioggia. Le mura del castello erano spesse ed era difficile sentire quando pioveva all’esterno, doveva essere forte, ora.
Mihawk sciolse le gambe e le mani e facendo cenno di alzarsi, disse:
- Vieni, c’è una cosa che ti devo far vedere e mi serviva la pioggia per questo. -
Zoro sorpreso capì che doveva trattarsi di un allenamento speciale e alzandosi non esitò.
- Non ti farai male. - Fece Mihawk precedendolo fuori dalla stanza.
Aveva un portamento eretto e fiero, si capiva che comunque aveva sangue nobile. Qualunque cosa fosse poi successa.
Una volta fuori Mihawk andò oltre il portone dell’ingresso e una volta immerso completamente nella pioggia che scendeva fitta e forte, si ritrovò in breve completamente bagnato. Aveva preso la sua enorme spada a croce ed estratta, Zoro rimase di pietra poco distante ad osservarlo.
Di suo aveva molta presenza fisica ma con la spada in mano si trasformava ulteriormente. Quando la estraeva, cioè.
Gli mancò il fiato e sgranò gli occhi emozionato nell’osservare quello che stava per fare.
Mihawk sembrò concentrarsi, come se non sentisse la pioggia ed il vento su di sé, quindi quando uomo e spada furono attorniati da un’unica aura scura e suggestiva dalla potenza sicuramente devastante, aprì gli occhi dorati penetranti e alzando le braccia che impugnavano l’arma si mosse di un passo che parve per un momento quasi una danza. Il momento successivo furono affondi letali ma non ad alcun essere vivente.
Mihawk stava fendendo la pioggia.
Non la pioggia in quanto massa quasi uniforme che scendeva furiosa giù dal cielo.
Goccia per goccia e da ognuna ne creava due.
Si mosse ad una velocità quasi invisibile all’occhio umano, un movimento dietro l’altro senza spostare i piedi, rimanendo fisso sul posto e roteando solo il busto alla necessità.
Zoro si sentì lontano da lui anni luce poiché sapeva bene che se non avevi una bravura assoluta non riuscivi a dividere in due le gocce poiché tendevano a riunirsi una volta passate con la lama, specie ad una velocità simile. Il fatto che poi diventassero entità diverse e che riuscisse a farlo con così tante, gli fece capire quanto lungo sarebbe stato il suo cammino.
Al termine, Mihawk rinfoderò la spada, rimase un istante fermo, dritto e attento con gli occhi chiusi, tirò un respiro profondo e riaprì gli occhi.
- Tagliare l’acqua non è facile come sembra. Dividerla veramente. Puoi passarla momentaneamente ma poi si riunisce. Con la pioggia è anche più facile ma è l’ideale per apprendere una velocità senza pari. - Zoro capì perfettamente le sue parole e capì che d’ora in poi quello sarebbe stato uno dei suoi allenamenti. - Quando non pioverà farai un altro tipo di allenamento. Sul mare. - Qua Mihawk gli si avvicinò e guardandolo più penetrante di prima e quasi con una luce di sadismo in viso, concluse: - Dovrai dividere l’acqua del mare. Tagliarla di netto. - Aveva provato Zoro cosa significava provarci con l’onda più enorme mai esistita, quando sul treno di riserva lui, Rufy e gli altri erano scappati da Water Seven alla volta di Einas Lobby. Per far passare il treno attraverso quell’onda incredibile lui, Rufy e tutti gli altri che avevano delle armi utili avevano faticato non poco per creare una piccola breccia in grado di farli passare. Era stata una delle cose più difficili ed il punto era che ci erano riusciti insieme, lui e Rufy. Da solo dubitava.
- E non parlo di qualcosa di breve e momentaneo. Tu devi separare l’acqua. Lei sarà il tuo nemico per questi mesi. - Dopo di questo, Zoro annuì con onore, capendo che quello era un ordine da maestro e vedendo che finalmente si comportava da allievo lo lasciò.
“Sprà stupirmi.”
Pensò rientrando nel castello e vedendo con la coda dell’occhio che si preparava a cominciare.
Un sorriso indecifrabile gli si formò sulle labbra. Gli era venuta voglia di vedere Shanks.