CAPITOLO VII:
TUTTO E SUBITO
 
Noi non siamo mai tristi perchè non ci è permesso di esserlo
Pioggia pioggia vai via,
Vieni ancora un altro giorno,
Tutto il mondo sta aspettando il sole.
Sdraiarsi qui sotto di te
E' tutto quello che io potrei mai fare
Sdraiarsi qui sotto di te è tutto”

- Rain – Breaking Benjamin -


Il periodo delle piogge era iniziato con il giorno stesso in cui Mihawk e Zoro avevano avuto il loro primo dialogo serio che esulava dai soliti discorsi sulla spada che facevano per la maggior parte del tempo.
Non erano dei grandi conversatori, anzi, per niente, di conseguenza andavano d’accordo quando decidevano di stare in silenzio pur se insieme nella stessa stanza.
Non avevano avuto altri dialoghi come quello ma l’unico che era stato, aveva segnato una sorta di tregua circa il comportamento supponente di Mihawk per il quale si sentiva in diritto di avere ogni tipo di potere sul suo allievo. Ma l’allievo in questione era anche convinto che fosse una tregua momentanea e quindi era sempre attento, pronto a piazzargli una lama in mezzo alla fronte.
Al di là di questo si trovava bene con lui, non era fastidioso per il resto del tempo che passavano insieme, specie se non lo trattava come un oggetto di sua proprietà ma come un allievo o un semplice essere vivente.
Non poteva sapere che già solo il fatto che Mihawk considerasse qualcuno come un essere vivente era una cosa sensazionale, se poi lo vedeva pure come un allievo era davvero una rarità. Nel momento in cui accadevano entrambe le cose il minimo era che il suo interesse fosse talmente vivo e acceso che poi volesse impadronirsi dell’essere raro in questione.
Era quasi un meccanismo automatico, era successa una cosa simile con Shanks che dapprima l’aveva considerato, poi considerato una persona, poi un avversario ed infine addirittura un avversario degno!
Una volta giunto a quella fase, l’interesse fisico era scattato quasi in automatico.
Zoro non poteva sapere che più il loro rapporto si stabilizzava e migliorava, più poi sarebbe stato peggio.
I giorni di pioggia si susseguivano uno dopo l’altro e Zoro li passava quasi completamente fuori a lavorare sulle gocce che cadevano.
Cercava di ripetere quella specie di danza magica che Mihawk aveva fatto con la sua spada quando gli aveva mostrato l’esercizio, ma non era facile.
Inizialmente era stato un disastro.
Si era seccato, aveva creduto di essere messo meglio di così. Sapeva di essere veloce ma evidentemente si era sopravvalutato e la cosa lo mandava ancor più in bestia, infatti mano a mano che si rendeva conto di essere ancora lontano dal traguardo, si innervosiva e più si innervosiva e meno riusciva a compiere l’esercizio.
Separare le gocce di pioggia non era facile di suo ma essere veloci nel farlo con quante più possibili era anche peggio.
Mihawk le aveva tagliate tutte e quel giorno l’intensità di quelle gocce era stata impressionante. Non intendeva essere meno di lui ma cominciava a credere che gli ci sarebbe voluto molto più tempo di quel che avrebbe immaginato.
Voleva impadronirsi di quella tecnica ora che c’erano i temporali per poi poter occuparsi del mare, era curioso di vedersi all’opera anche in quel campo. Aveva vissuto tantissimo su di esso e non l’aveva mai usato per allenarsi. Rendersi conto che invece era un elemento prezioso per il suo scopo l’aveva fatto sentire idiota.
Mihawk dentro al suo castello gotico, rimaneva ore alla finestra ad osservarlo.
Bagnato fradicio sembrava non sentire il fastidio per il freddo e per la pioggia. A torso nudo, i muscoli tesi, l’aria nervosa, cercava di concentrarsi per tagliarne quante più poteva.
Il suo problema non era la velocità, il suo problema era che pensava a prenderne il più possibile, questo lo rendeva inefficace. Pensava troppo alla velocità.
Fosse stato per lui avrebbe passato i giorni ad osservarlo senza dirgli niente e dargli indicazioni ma quando Perona gli ricordò petulante che lui era il suo maestro e che come minimo doveva dargli qualche dritta per renderlo meno imbarazzante da vedere, Mihawk -con non poco fastidio- convenne con lei.
Aveva anche ragione, dopotutto.
Fu così che dopo un paio di settimane dove non era riuscito ancora a separare definitivamente nemmeno una goccia di pioggia, che Mihawk uscì sotto di essa ed in poco si ritrovò fradicio con ancora i vestiti addosso.
Era come se non se ne accorgesse nemmeno.
Era la sua caratteristica, non si accorgeva di niente di ciò che lo circondava perché niente attirava la sua attenzione, niente era interessante, niente era degno, per lui. Nemmeno la natura che si scatenava furiosa o la stessa in tutta la sua bellezza.
Niente.
Solo un avversario degno lo destava.
O un allievo interessante.
Zoro si fermò stupito di vederlo lì con lui, in tutto quel tempo, dopo avergli dato le indicazioni, non si era più fatto vivo se non ai pasti ed anche in quei momenti non avevano parlato molto, gli aveva dato alcuni ordini per gli allenamenti dell’indomani e basta.
Ma ora aveva tutta l’aria di essere tornato il suo maestro e incredulo si fermò con le due spade in mano dalle cui punte scendevano dei piccoli fiumi che finivano poi sul terreno fangoso.
- Intanto comincia con una spada e concentrati su di essa. - Iniziò con fermezza e supponenza.
Zoro non replicò, aveva giurato di non ribattere mai al suo maestro e così avrebbe fatto.
Rinfoderò infatti entrambe e prese solo quella bianca di Kuina.
Mihawk allora si avvicinò vedendolo ben disposto ad ascoltare.
- Sei troppo nervoso, devi fare più esercizi di meditazioni. Li hai lasciati un po’ perdere per questo ma non va bene. Non pensare che sei più indietro di quel che pensavi. - Zoro però si stizzì di essere letto così bene, non credeva di essere un libro aperto. Poi si corresse, forse lo era solo per lui.
Mihawk guardando le sue spalle ancora alte e tese gli andò dietro e gliele prese, quindi stringendo lo costrinse ad abbassarle. Rimasero ancora un fascio di nervi e quindi per scioglierlo gliele massaggiò appena. Zoro si rilassò istantaneamente, sarebbe stato impossibile il contrario.
- L’arte della spada non la puoi raggiungere con una tempesta interiore di emozioni, devi padroneggiare tutto te stesso a partire dai sentimenti che provi e dai pensieri che regnano nella tua mente. Devi riuscire a rilassarti nei momenti più impensati. Se ora sei così teso cosa farai quando sarai davanti ad un avversario fortissimo impossibile da battere? - Era quasi sottinteso che parlasse di sé ma Zoro capì che era nei panni del suo maestro e per questo sarebbe stato ore ad ascoltarlo, gli piaceva quando lo faceva, non era più distante seppure rimanesse altero e pieno di sé. Aveva una fermezza regale e il fatto che perdesse tempo con lui a spiegargli dei segreti che probabilmente non avrebbe mai voluto condividere con nessuno, lo rendeva speciale ed era questo un allievo per il suo maestro.
Speciale.
Specie considerando il fatto specifico che Zoro per Mihawk era l’unico.
Quando sentì i suoi muscoli abbastanza sciolti sotto le dita, smise di massaggiarlo e senza separarsi dalla sua pelle bagnata, scivolò fin troppo facilmente sulle braccia forti del ragazzo.
Le trovò possenti e prestanti ma comunque malleabili al punto giusto. Arrivò ai polsi.
Zoro tratteneva il fiato, aveva un tocco davvero incredibile, suggestivo.
Aveva sempre pensato che di lui fossero gli occhi la parte ammaliante ma dopotutto lo erano di più i modi.
Quando arrivò alle mani che stringevano l’impugnatura della katana, ormai Mihawk praticamente l’abbracciava da dietro e rabbrividì quando gli parlò all’orecchio, il suo tono era basso e penetrante e visto che la sua voce era di natura sensuale, si trovò in seria difficoltà a capire cosa gli stesse dicendo.
Si chiese se fosse uno dei suoi soliti modi per prendere possesso del suo nuovo giocattolino ma capì che stava ancora effettivamente insegnando e che doveva ad ogni modo capire quello che gli stava dicendo, sicuramente suggerimenti preziosi.
Poi poteva mandarlo a quel paese.
- Vuoi fare tutto e subito ma devi andare per gradi. Cerca intanto di separare come si deve una goccia, poi cerca di farlo con tante. Dopo di che cerca di farlo con tutte. Quando ci riuscirai, potrai pensare al modo di eseguire l’esercizio usando la tua tecnica delle tre spade. - Era estremamente chiaro il senso delle sue parole, non lo era il motivo per cui glielo stava dicendo in quel modo.
I brividi lo percorsero e la pioggia che li ricopriva di certo non li aiutava. Sentiva il suo torace contro la schiena e si disse perché dovesse vestirsi con una giacca lunga senza maniche e slacciata con nulla sotto.
- Alza la testa. - Gli disse infine. Zoro lo fece automaticamente ma naturalmente nella posizione in cui era finì per appoggiare la nuca sulla sua spalla, erano come due innamorati, si disse. Una situazione talmente assurda da essere irreale. Le gocce lo schiaffeggiavano aiutandolo un po’ a riprendersi la sua lucidità, poi Mihawk che aveva fatto altrettanto e che stava guardando in alto a sua volta, continuò piano, come se non volesse farsi sentire dalla natura circostante. - Fissane una, segui quella più alta che puoi. - Zoro lo fece senza pensarci, cercò di individuarne una fra le tante e quando l’ebbe a vista, Mihawk proseguì. - Ora chiudi gli occhi e cerca di percepirla. - Era uno dei suoi incantesimi. Era sicuro che sarebbe finita male ma non riusciva proprio a capire il modo. Il problema era che ora ci stava così bene fra le sue braccia che non era normale. Quando chiuse gli occhi e tornò ad abbassare la testa, cercò comunque di concentrarsi su quella goccia, se la visualizzò nella mente ricordando dove l’aveva lasciata e come se una fotografia si muovesse nella propria testa, immaginò il suo percorso fino a terra. A quel punto Mihawk si mosse.
Zoro trattenne di nuovo il respiro quando sentì una leggera pressione nelle sue mani, segno che a breve avrebbero affondato il colpo.
Fu un lampo, mentre si vedeva la goccia arrivargli quasi davanti gli parve che le altre che lo ricoprivano gli entrassero invece dentro e fu come se diventasse per un istante acqua lui stesso. Non aveva idea di come fosse possibile, non gli era ancora successo.
Poi fu un istante.
Un flash.
Un attimo più breve di un battito di ciglia.
Mihawk, portandosi Zoro, roteò le braccia con la sua spada ed in un istante tornò fermo.
Zoro aprì automaticamente gli occhi nel momento in cui accadde e quando vide le sue braccia muoversi da sole, vide la lama tagliare di netto la goccia che poi si divideva in due cadendo in direzioni diverse sul terreno.
Sgranò gli occhi con quella sorta di euforia che non pensava di poter provare per una sciocchezza simile, quindi si girò automaticamente verso il suo maestro che lo mollò poco dopo quasi con crudeltà, ben sapendo il senso di smarrimento che avrebbe lasciato sul ragazzo.
Zoro infatti si sentì nudo e bagnato solo in quel momento e quando si sgonfiò senza rendersene conto, Mihawk sorrise con quel suo fare enigmatico che sapeva di maligno.
Tutto il fascino esercitato su di lui poco prima in versione di maestro, era andata insieme alla pioggia sul terreno e con una non celata delusione chinò il capo in segno reverenziale.
- Ora ho capito, ti ringrazio. - Stava di nuovo innalzando un muro di cemento armato fra di loro per impedirgli in anticipo ogni possibile mossa da non maestro.
Mihawk lo capì e accentuò il suo sorriso inquietante che all’altro non piaceva, quindi senza dire nient’altro rientrò.
Sarebbe stato facile, in quel momento, prendersi la sua bocca od un’altra sua parte del corpo, però non sarebbe stato completamente spontaneo o forse non proprio divertente.
Zoro era tutto il suo attuale diletto, voleva goderselo per tutti i due anni in cui sarebbe stato suo senza bruciarselo in alcun modo.
Quelle torture erano la fine del mondo, per lui.
Non sapeva proprio rinunciarci.
 
Una volta capito il meccanismo, per Zoro non fu molto difficile ripeterlo da solo e dopo averlo rifatto quasi subito, cominciò lentamente a tagliare sempre più gocce.
Dall’interno del suo castello, Mihawk appena uscito dalla doccia e avvolto in un accappatoio, lo guardava destreggiarsi sempre meglio.
Non poté nascondere a sé stesso il proprio orgoglio e con una previsione precisa, capì che entro l’arrivo dell’inverno avrebbe quasi completato la tecnica.
Al di là dell’osso duro che era come uomo che si ostinava in quella posizione e non voleva cedergli assolutamente, era il suo allievo e doveva ammettere che riusciva sempre a sorprenderlo per la velocità con cui apprendeva i suoi insegnamenti. Beveva tutto come fosse assetato, il bisogno che aveva di imparare e crescere non l’aveva visto in nessuno anche se, naturalmente, era comunque il suo primo e unico allievo.
E probabilmente l’ultimo.
 
Quella notte, Zoro crollò nel letto subito dopo essere rientrato ed essersi lavato e asciugato. Era molto tardi, l’ora di cena era superata e nonostante non avesse fatto un esercizio in sé massacrante, alla fine si sentiva allo stesso modo.
Senza curarsi dei vestiti e fregandosene completamente delle mire che i suoi due inquilini avevano su di lui, si tirò su le coperte e si addormentò ignorando i morsi della fame.
Aveva molto più sonno, se non riposava non sarebbe riuscito nemmeno ad arrivare alla cucina per mangiare. Più tardi ci avrebbe pensato se si fosse svegliato per i crampi.
Però la soddisfazione con cui si addormentò non la provava più da tempo.
Ci era riuscito.
Non aveva raggiunto la velocità e la quantità giusta di gocce tagliate, però era a buon punto, comunque le separava come gli aveva detto Mihawk ed adesso poteva ritenersi più che contento.
Non si sarebbe mai accorto di Perona che svolazzante per il soffitto se lo guardava incuriosita, non riusciva a capacitarsi di come una persona potesse crollare in quel modo sembrando morto. Senza nemmeno mangiare prima, fra l’altro.
L’ora di cena era passata da un pezzo e lui aveva mangiato solo a pranzo.
Quando sentì arrivare Mihawk se ne andò svelta intenzionata a non farsi vedere da quell’uomo odioso, poi l’avrebbe solo presa in giro.
Che poi lui faceva la sua stessa cosa ma se lo faceva lui andava bene, se lo faceva lei era solo ridicola, no?
Che andasse al diavolo!
 
Quando Mihawk entrò in camera sua, naturalmente senza penarsi a bussare -in fondo quella era casa sua, e che diamine!- per vedere come mai non andasse a mangiare, lo trovò addormentato ed in realtà non se ne stupì.
Si fermò vicino al letto, Zoro dormiva della grossa a pancia in su e le braccia erano intrecciate sopra la testa, le coperte erano fino alla vita; ci mise poco a capire che era completamente nudo.
Attirato dalla cicatrice lunga che lo percorreva in diagonale sul petto, quella che gli aveva inferto lui quando l’aveva incontrato la prima volta, gliela sfiorò con la punta delle dita. Era in rilievo rispetto al resto della pelle, doveva averlo quasi ucciso quella volta, com’era sopravvissuto era anche un mistero. Ammirato dalla sua enorme forza di volontà, sorrise con un ghigno dei suoi, sempre altero ma contento in un certo senso.
Quando la mano scese, gli prese le coperte e gliele abbassò. Aveva la faccia tosta di fare queste cose, Zoro era di sua proprietà finché era il suo allievo e viveva nel suo castello.
Ne era piuttosto convinto.
Suo malgrado dopo aver ammirato il suo bel corpo nella sua totalità e averlo appena sfiorato sulle parti intime, senza fare una sola piega lo ricoprì e se ne andò senza fare nient’altro.
Sarebbero stati due anni davvero interessanti, finalmente!