CAPITOLO VIII:
BUONA
PROVA
“Bhè,
io so che non sai la ragioneEd
è freddo, un segno di stagionePerchè
il tuo è vecchio, e migliora e colpisceE
cresceremo, finchè non raggiungiamo il massimo, yeah!Bhè,
io sarò migliore “
-
Skin – Breaking Benjamin -
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Così
grigio e basso quel cielo non l’aveva mai visto. Non era mai stato
sereno ma quella cupezza era carica e gonfia ed ora finalmente era
chiaro il motivo per cui lo fosse.
Con
la testa rivolta verso le nuvole in alto, seccato fissava i fiocchi
di neve cadere giù lenti e pacati.
Dapprima
piccoli e poi via via sempre più grandi e fitti fino a creare uno
spettacolo da togliere il fiato.
O
meglio, il fiato l’avrebbe di certo tolto a molte persone ma di
sicuro non a lui che riteneva quella nevicata solo una seccatura.
Ricoperto
di un leggero strato di neve, si riscosse con stizza rinfoderando le
spade ed in quello la voce del suo maestro lo raggiunse da dietro.
Come sempre sicuro, come sempre altezzoso.
-
Il tempo delle piogge è finito, ora arriva la neve. Quando comincia
non smette finchè l’inverno non cessa. Avremo un paio di mesi da
passare. -
-
Ma non padroneggio pienamente la tecnica come dovrei. - Replicò Zoro
riferendosi a quella della pioggia.
Mihawk
non fece una piega e come se fosse una cosa di poca importanza,
rispose:
-
Riprenderai con la primavera, ci sarà un altro mese a disposizione
fra il disgelo e la primavera vera e propria. Non sei messo poi tanto
male, ci metterai poco a ritornare a questo e a superarti. - Lo disse
con sicurezza senza ammettere repliche. Era così e basta.
Quando
si rivolse verso il proprio stesso castello per rientrare, anche
Mihawk aveva degli strati di neve sui capelli e sulle spalle e Zoro
notandolo ridacchiò. Aveva sempre quell’aria da principe annoiato
ed ora che lo vedeva così gli sembrava addirittura buffo!
Mihawk
sentendolo si girò per vedere quale fosse l’evento che l’aveva
fatto sorridere e vedendo che rideva di lui se ne seccò ovviamente.
Suo malgrado dopo il primo momento di fastidio, vedendo il viso del
ragazzo finalmente rilassato si sentì istintivamente -e stranamente-
contento. Almeno era merito suo.
-
Vieni, in quest’inverno ci concentreremo sulla padronanza di te
stesso. - Nel momento in cui lo disse sembrò una minaccia e Zoro
smise di ridere sebbene non fosse effettivamente preoccupato.
-
Quando potrò occuparmi del mare? - Chiese seguendolo dentro.
-
Quando si scongelerà! - Rispose logico Mihawk senza voltarsi e
continuando a camminargli davanti.
-
E quando tornerò ad affrontarti in duello? - La cosa che decisamente
lo interessava di più. Cominciava ad essere di nuovo impaziente e
Mihawk ghignò. Proprio per quello ora l’avrebbe massacrato. O la
smetteva con quelle manie o lo sotterrava a pezzi!
-
Quando sarai ad un livello migliore. Non sei ancora alla mia altezza.
Ti massacrerei e non servirebbe a niente ai fini del tuo allenamento.
- Ragionava sempre per utilità, non pensava mai che comunque ci
potesse anche essere del divertimento, ogni tanto.
Zoro
tendenzialmente era d’accordo con questo modo di essere, lo era
anche lui, però con Rufy e gli altri aveva imparato l’arte del
divertimento ed aveva capito quanto fosse importante per poter
migliorare. Qualcosa di difficile da spiegare a qualcuno che per non
annoiarsi distruggeva navi!
Sbuffando
ci rinunciò in partenza e provocando un altro sorrisino in Mihawk,
arrivarono al terzo piano.
Il
terzo piano era un’unica enorme stanza gigantesca che prendeva
tutto lo spazio a disposizione.
Non
c’erano porte, le scale arrivavano direttamente in questo salone
immenso ed altre poi proseguivano sopra.
Il
pavimento era in marmo grezzo ed era scuro, le pareti erano invece
ricoperte di un tessuto rosso scuro che incupiva ulteriormente
l’ambiente. Alte e strette finestre lungo le pareti dalle vetrate
rettangolari e con le grate fuori. Spade di ogni genere erano appese
ai muri e disposte con un certo ordine, per tipo, grandezza, anno e
fatturazione. Era tutto talmente curato da avere l’idea di essere
in un museo, quello più prezioso del mondo.
Zoro
per un momento perse il fiato e guardandosi intorno capì che quella
era la sala di Mihawk, dove lui probabilmente si allenava. O si era
allenato quando ne aveva avuto bisogno, dubitava che ora ne avesse,
ma del resto uno spadaccino non smetteva mai di fare esercizio.
Perso
nei suoi giri mentali, si avvicinò ammaliato alle pareti, era tutto
così curato, seppure buio, che provò un forte senso di rispetto e
intimidazione, ma non se lo spiegò.
-
E’ la collezione di famiglia. Non ho raccolto niente di tutto
questo. La sala era come l’hanno composta i miei avi. Io mi alleno
e basta. - Spiegò Mihawk.
Zoro
non si girò ma lo sentì vicino, alle sue spalle. Stava anch’egli
guardando la collezione e non osava vedere lo sguardo con cui lo
faceva, però lo sentì così disposto che senza pensarci, gli fece
altre domande.
Proprio
come un allievo interessato umanamente al suo maestro.
Qualcosa
che fin’ora era avvenuto raramente.
-
Era un’arte di famiglia, allora… -
Mihawk
annuì e allora Zoro dovette girarsi a guardarlo. Lì vi rimase. I
suoi occhi dorati di norma molto suggestivi, ora erano sottili e
accusatori ma c’era una specie di sofferenza di fondo, molto
lontana e strana, in realtà. Non sapeva proprio definire quello che
vi vedeva e nel cercare di farlo, vi rimase incantato. Non si accorse
della propria domanda successiva…
-
Erano come te? - Domanda molto furba.
Mihawk
continuò a fissare le spade come se fossero i suoi genitori e con
dell’amarezza che non gli aveva mai visto, rispose come parlasse da
solo.
-
Dipende da cosa intendi. Se parli di talento nella spada sì, se
parli di personalità direi proprio di no. Ma se è la natura che
intendi… bè, buon sangue non mente. - E lì scorse tanto di quel
rancore che Zoro capì quasi precisamente la storia che doveva
esserci dietro.
Sicuramente
non erano delle brave persone e sicuramente crescendolo in un certo
modo l’avevano spinto a diventare la persona che era oggi che li
aveva mandati consapevolmente e volontariamente in disgrazia.
Probabilmente
la sua era stata una vendetta per qualcosa di atroce che doveva aver
subito e sicuramente erano stati tutti eventi che l’avevano segnato
portandolo ad essere così odioso ed insopportabile.
Sapeva
che ad ogni reazione corrispondeva prima un’azione, ma spesso non
gli importava perché comunque le decisioni finali le si prendeva
sempre con coscienza, c’era una scelta finale prima del proprio
agire e arrendersi a quel che si poteva definire comodamente natura,
era davvero un facilitarsi l’esistenza.
-
Non proprio delle brave persone, mm? - Disse spontaneo senza pensare
che in questo modo intendeva che nemmeno lui lo era. Mihawk a questo
sorrise sardonico spostando gli occhi dorati su di lui, non erano più
tanto amari.
-
Apprezzo che non fai l’ipocrita. - Rispose infatti senza dire
niente a proposito dei suoi genitori se non un finale e conclusivo: -
No, non proprio delle brave persone. - che fu quanto mai laconico.
Zoro
capì che non avrebbe saputo di più per il momento e girandosi per
dare le spalle alla parete che in qualche modo rappresentava il
misterioso passato di quell’uomo a tratti insopportabile e ad altri
affascinante, cambiò drasticamente tono e argomento.
-
Io sono pronto, possiamo cominciare quando vuoi. -
Mihawk
si riscosse con un impercettibile sospiro, quindi portando su di lui
l’attenzione cambiò espressione tornando saccente e altezzoso;
intrecciò le braccia sull’addome, nascose le mani sotto la giacca
lunga e senza maniche dalla fattura pregiata. L’inverno l’aveva
portato ad indossare la camicia e il ragazzo non poteva che
apprezzarlo, così si sarebbe distratto di meno. Camminò fino al
centro della sala e gli indicò un punto dove mettersi. Zoro lo fece,
non aveva idea delle sue intenzioni, sembrava stesse prendendo
qualcosa da sotto l’indumento ma non aveva idea di che cosa fosse
né di quale esercizio si sarebbe trattato.
Aveva
detto che avrebbero lavorato sulla padronanza di sé ma era
estremamente curioso di vedere di cosa si trattava.
-
Togliti la maglia. - Disse con fermezza. Zoro alzò un sopracciglio
scettico ma allo sguardo risoluto del suo maestro eseguì e buttando
l’indumento poco più in là, rimase in attesa. A quel punto Mihawk
continuò sullo stesso tono: - Comincia a contare da quattrocento
milioni all’indietro. -
Zoro
notò immediatamente che quella era la taglia sulla testa di Rufy e
si chiese a che diavolo servisse, esitando dunque Mihawk chiese
duramente.
-
Che c’è, sei analfabeta? Non sai contare? - Il ragazzo ovviamente
offeso rispose piccato:
-
Certo che so contare, mi chiedevo solo a che diavolo servisse! -
-
Ora lo scoprirai! - Disse l’altro sicuro di sé, con uno strano
odioso luccichio nello sguardo. Le mani ancora nascoste.
Scrollando
le spalle cominciò a contare da quattrocento milioni all’indietro
cercando di fare attenzione per non impappinarsi.
-
Cammina in circolo intorno a me e mantieni la distanza. - Fece poi
l’altro.
Zoro
seccato di dover anche camminare, lo fece. Già non era proprio
facilissimo contare da quella cifra all’indietro senza perdersene
una per strada, se poi doveva anche camminare facendo attenzione a
non diminuire la distanza… ma con un po’ di concentrazione in più
lo fece rendendosi conto di quanto una cosa stupida potesse tenerlo
occupato.
Quando
ormai aveva cominciato da un po’, più veloce della sua stessa
vista uno schiocco partì immediatamente e si levò nell’aria
frusciando e sfiorandolo.
Zoro
sussultò e si fermò rendendosi conto che si trattava dello schianto
di una frusta e quando vide che le fruste erano due e che le aveva
fatte vibrare Mihawk, capì cosa aveva stretto da sotto la giacca.
-
Dico, sei matto? - Chiese iroso.
Mihawk
sorrise ironico.
-
Cosa pensavi, che l’esercizio fosse contare? -
-
Mi chiedevo a che diavolo servisse ma ora mi sembra ancora più
assurdo! - Mihawk brillava ancora divertito e proseguì.
-
Lo capirai da solo. Riprendi. Non devi fermarti, io ti distrarrò in
vari modi, tu devi proseguire come se niente fosse, continua a
contare all’indietro senza saltare un numero e perdere il filo, ma
soprattutto senza esitare né nella voce né nei passi. Cerchi
perfetti intorno a me. Questo è solo l’inizio. - Capì che ne
avrebbe avute altre di diavolerie del genere e capì anche che per
quanto ridicolo fosse, doveva sicuramente avere un senso per cui solo
per il fatto che comunque fosse il suo maestro, fece per ripartire se
non che si rese conto di essersi dimenticato la conta. Imprecando
ricominciò da capo sotto le risate insopportabili dell’altro uomo.
Ricominciò
e poco dopo altri schiocchi lo fecero saltare, nonostante se li fosse
aspettato questi l’avevano quasi toccato e di nuovo perse il filo
fermandosi, dicendo che poi non sarebbe più successo!
-
Mi hai fatto togliere la maglia per vedere se mi becchi? - Chiese
seccato volendo dirgli che la tortura non era contemplata
nell’allenamento.
Mihawk
senza spegnere quell’aria compiaciuta e per nulla annoiata,
rispose:
-
Proprio così! -
-
E se mi prendi? - Perché sapeva che comunque non era per scusarsi od
evitare…
-
Mi diverto di più! - Ci avrebbe giurato.
-
Sei un sadico. - Grugnì fulminandolo feroce con lo sguardo.
-
L’hai capito con un po’ di ritardo ma ci sei. - Lo prese in giro
Mihawk che schioccò di nuovo una delle due fruste per farlo
ricominciare. - Avanti, non fermarti, ti ho detto! Finchè non arrivi
a zero senza sbagliare di un soffio l’esercizio non finisce! -
Sarebbero andati avanti settimane, si disse Zoro capendo i tempi.
-
Mi fai sentire una tigre che viene ammaestrata! - Brontolò capendo
che doveva ricominciare da quattrocento milioni.
Mihawk
convenne con una non celata soddisfazione:
-
Abbinamento appropriato, direi… - Solo allora Zoro, guardandolo un
istante prima di ricominciare, lo vide come un ammaestratore dalle
sembianze di un falco e sogghignò a sua volta trovandolo stranamente
divertente. Un falco che addestra una tigre.
“Chissà
chi la spunterà, poi… “ si chiese riprendendo.
Per
tutta la giornata non ci fu verso di arrivare fino oltre ad un numero
accettabile, però riuscì per lo meno a non interrompersi ad ogni
schiocco, solo a quelli che lo toccavano.
Era
consapevole che quando avrebbe superato la soglia della decenza
avrebbe cominciato ad andarci giù pesantemente e capì perché
voleva vedere tutti i segni che gli infliggeva, per capire quanto
duro fosse a concentrarsi come si doveva e a concludere l’esercizio
correttamente. Per la fine probabilmente sarebbe stato ricoperto di
frustate dalla testa ai piedi.
I
giorni proseguirono uno dopo l’altro, Mihawk aveva trovato un nuovo
modo per non annoiarsi, frustare Zoro trattandolo come una tigre da
ammaestrare, di conseguenza aveva calato nettamente le sue mire su di
lui. Zoro preferiva così di gran lunga ed anche se ogni volta che si
avvicinava al traguardo diventando sempre più concentrato ed
impassibile, lui poi ci andava giù particolarmente pesante con le
fruste, il ragazzo prendeva tutto sempre come un prezioso allenamento
e basta, di conseguenza l’accettava di gran lunga.
Quando
arrivò in sala quel giorno, Mihawk era già li ad aspettarlo con le
fruste attorcigliate intorno al torace, intrecciate diagonalmente fra
loro. Era anche lui a torso nudo e Zoro pensò che gli era sembrato
strano vederlo tanto vestito in quei giorni. Del resto ormai il
castello era ben riscaldato e per quel genere di attività più si
era scoperti e meglio era, lo sapeva.
Si
tolse a sua volta la maglia come sempre, i fisici di entrambi erano
asciutti solo che uno appariva molto più liscio dell’altro per un
semplice discorso di cicatrici, sia recenti che vecchie.
Mihawk
aveva le mani ai fianchi ed una posa elegante tipica di uno
spadaccino di corte e lo stava contemplando con insistenza
penetrandolo dalla testa ai piedi, sembrava particolarmente
soddisfatto, come se fosse un’opera d’arte scolpita da lui.
Zoro
che non aveva più peli sulla lingua dalla nascita, allargò le
braccia e fece un giro su sé stesso.
-
Spero di essere di tuo gradimento. Stai ammirando il tuo capolavoro?
- Chiese ironico.
Mihawk
non si turbò e rispose senza fare una piega allo stesso suo modo,
sempre con quel sorrisino sulle labbra.
-
Direi di sì, gradisco. Proprio un gran bel lavoro, devo dire. -
-
Hai già capito quanto manca prima che riesca a finire? - Mihawk si
compiacque che Zoro ci fosse arrivato e decise di degnarlo di una
risposta sincera.
-
Questo è solo il primo di una lunga serie, il più facile. Per
padroneggiare te stesso come si deve ne hai da fare… riempiremo
abbondantemente tutto l’inverno, ma con la tua capacità
d’apprendimento meno zuccone di quel che pensassi inizialmente,
dovremo stare nei tempi. - Era una specie di complimento ma Zoro non
lo colse poiché era rimasto a ‘è il primo di una lunga serie’ e
capendo che ne avrebbe dovuti affrontare altri di molto peggio
sogghignò contento e impaziente. Cominciava a divertirsi.
-
Oggi starai fermo in mezzo e mi muoverò io. Ieri per la prima volta
ci siamo interrotti senza un tuo errore, quindi puoi riprendere dal
numero da cui ti eri fermato. - Gli concesse. Zoro capì che doveva
esserci il trucco e sistemandosi al suo posto senza aggiungere
niente, ascoltò il resto. - Però in compenso userò anche altri
metodi per disturbarti. Ormai ti sei abituato agli schiocchi e al
dolore delle frustate, ti serve qualcos’altro. -
“Ah
ecco… “
Pensò
infatti il ragazzo facendo l’espressione consapevole. Senza fare
una piega cominciò a contare da dove aveva finito il giorno prima e
chiedendosi cosa si sarebbe inventato per rompergli le scatole, andò
avanti escludendo sia i rumori forti che le sensazioni tattili di
dolore.
Era
a suo modo anche piuttosto rilassante poiché non doveva concentrarsi
su altro che quello svuotando completamente la mente -cosa per cui
Sanji avrebbe commentato che non gli ci voleva molto visto che era
già vuota di suo…-
Immerso
così nel mondo dei numeri e sopportato una quantità notevole di
frustate, un paio addosso ed un paio che l‘avevano solo sfiorato,
sentì la presenza fisica di Mihawk immediatamente dietro di sé e
con un’ondata di seria preoccupazione capì quale genere di
disturbi ora gli avrebbe posto.
Per
poco non perse il filo ma facilitato dal fatto che non doveva più
camminare, cercò di riprendersi chiudendo gli occhi, poteva
esternarsi, doveva solo contare all’indietro, solo quello,
dannazione.
Quando
sentì le dita di Mihawk sfiorargli il centro della schiena sul segno
più recente, sussultò ma riuscì a proseguire col numero
successivo. Quando però le dita continuarono a muoversi su tutti gli
altri e a percorrerglieli, trattenne il fiato, per un attimo ancora
dimenticò cosa stava dicendo ma riuscì a proseguire.
Cominciò
ad insultarsi, doveva stare concentrato, non importava cosa gli
faceva, non era per approfittarne, o meglio anche, ma principalmente
per dargli padronanza di sé e sapeva quanto importante fosse, era
uno dei suoi punti deboli e quindi anche se lo molestava per puro
diletto, era anche un buon esercizio visto che era una delle cose che
gli davano più fastidio in assoluto. Per questo doveva resistere e
mandarlo fuori dalla propria mente. Doveva.
E
continuò a contare.
Mihawk
con un sorrisetto gli girò intorno smettendo di toccarlo, gli
permise di proseguire e tirare un respiro di sollievo, apprezzava il
fatto che tenesse gli occhi chiusi, era più interessante così. Così
come lo era la sua elevata resistenza a quello, sapeva quanto
detestava essere toccato da gente che non era il suo compagno, gli ci
era voluto poco per capirlo.
Dopo
aver fatto il falco intorno alla tigre profondamente concentrata,
tornò all’attacco e questa volta davanti.
Zoro
teneva le braccia lungo i fianchi ed aveva sciolto i pugni che però
si tesero appena i suoi polpastrelli leggeri tornarono a percorrergli
tutti gli altri segni più o meno freschi delle fruste di quel
periodo. Quando si soffermò sulla cicatrice diagonale più vecchia
che gli aveva fatto lui al primo incontro, Zoro strinse le palpebre e
tese i muscoli rendendo quella tortura più piacevole. Di certo non
lo invogliava a smettere e oltretutto non era idiota, sapeva che non
apriva gli occhi non tanto per la concentrazione in sé quanto perché
poi si sarebbe sentito di nuovo ammaliato da lui, era cosciente dello
sguardo che possedeva e sapeva l’effetto che aveva sugli altri.
Nonostante
i molti segni sulla pelle, aveva un corpo sodo e muscoloso,
estremamente piacevole al tatto e giunto alla fine della cicatrice
che arrivava sull’anca, non si fermò e spostandosi dietro di lui
come prima, lo cinse con le braccia giungendo alla vita bassa dove
scese oltre l’elastico. Ormai non metteva la fascia verde alla vita
e nemmeno la bandana, erano i segni di sé che aveva messo giù
intenzionato a riprenderli quando l’allenamento sarebbe concluso,
di conseguenza sui fianchi era più libero.
Le
dita di Mihawk trovarono subito prepotentemente la sua erezione e di
nuovo Zoro ci impiegò tutta la sua forza mentale per non fermarlo e
mandare tutto al diavolo.
Era
questo che intendeva con padronanza di sé. Andare avanti nonostante
tutto, anche se ti sta accadendo la cosa che per te è più
insopportabile in assoluto. O magari la più piacevole.
Doveva
assolutamente proseguire.
Fra
un numero e l’altro che cercava di ricordare correttamente, si
ammoniva dicendo di non dargli una testata e non ucciderlo, ma la sua
mano sulla propria erezione si muoveva pratica e veloce, lo stava
stimolando con decisione e arroganza e Zoro non poteva affatto dire
che comunque a livello puramente fisico non fosse estremamente bello.
Poi l’idea che a farglielo fosse Mihawk contrastava gettandolo da
tutt’altra parte, insieme alla voglia di scaricargli una valanga di
insulti, di conseguenza la lotta che dovette affrontare mentre la sua
stessa eccitazione saliva, non fu per niente da poco. Quando
raggiunse suo malgrado l’apice insultandosi da solo, saltò un
numero e quando se ne accorse dovette fermarsi. Fu allora che aprì
gli occhi altamente scocciato e con una grande voglia di dargli ora
quello che meritava, si sentì montare dentro una rabbia senza
precedenti.
Non
solo aveva dovuto sopportare una cosa simile che poi gli era anche
piaciuta perché comunque era un uomo che non faceva sesso da molti
mesi, ma non era nemmeno servito a nulla perché comunque aveva
sbagliato!
Si
girò potendosi comunque finalmente staccare da lui, era arrossato
per l’orgasmo raggiunto e la rabbia lo infiammava, lo fissava
furente e non sapendo da cosa partire Mihawk lo precedette
superandolo e andando oltre, chiudendo gli occhi con la
consapevolezza d’aver esagerato.
-
Puoi riprendere da dove ti sei interrotto adesso. Buona prova,
ragazzino. Nessuno avrebbe continuato comunque. - Il fatto che lui ci
avesse provato e ci fosse quasi riuscito, era di certo anomalo:
denotava la sua enorme forza di volontà ma non solo.
Mihawk
lo capì mentre riprendendo la frusta tornava ai metodi di prima,
scoccandola sul pavimento.
Denotava
soprattutto l’enorme importanza che aveva per Zoro diventare
veramente più forte e superare tutti i propri punti deboli.
Risalito
ulteriormente nella sua scala di gradimento, decise che per un altro
po’ l’avrebbe aiutato lasciandolo in pace. Tutto quello che gli
faceva fare aveva una motivazione precisa all’interno del suo
addestramento, niente era così per puro diletto personale. Il resto
lo aggiungeva per non annoiarsi, ma per un po’ sarebbe potuto
rimanere a posto.
“Non
hai idea di cos’hai fra le mani, Cappello di Paglia. Credimi che
non ce l’hai. E sono estremamente tentato di non restituirtelo!”
Con
la pura presunzione che sarebbe anche potuto riuscirci.