CAPITOLO
15:
REAZIONI
-
Karl, voglio dirglielo… -
“
L’ho notato, sai? Che nonostante ci siamo messi insieme come
ho capito volevi, tu sei assente e lontano… così
distante… sembra che stare con me non sia la cosa
più importante che invece è non stare con Genzo.
Eppure
nonostante tu sia riuscito a fare ciò che volevi per il
motivo che volevi non sei contento. Non è come dovrebbe
essere, vero? Così prendo io l’iniziativa e faccio
la cosa che andava fatta ancora prima di decidere di provare a stare
insieme. È la cosa più giusta. Anzi, non
è esatto... la cosa più giusta da fare sarebbe
un'altra che mi riguarda da vicino, ma non sono diventato ancora come
il buon samaritano; ho deciso che voglio tentare perché non
ho mai mollato senza prima aver tentato. Anche se pure questo non
è proprio esatto. Quando so che non ci sono speranze non
inizio mai nulla ma questa volta è diverso, ci sono delle
eccezioni nella vita di una persona che la spingono e scommettere con
il diavolo. Eppure… eppure il mio destino è
già segnato, è stato segnato
dall’inizio dei tempi, dalla mia nascita quando ho avuto
questa malformazione cardiaca. Questo mio destino è da
allora che lo sfido perché nulla è detto prima
che sia realizzato, perché il mio avvenire mi piace
modellarlo con le mie mani. Non era scritta solo la sofferenza fisica
ma anche quella dell’anima.
Voglio
vedere se riesco ad evitare almeno quella, visto che quella fisica non
posso cancellarla. Questi miei occhi non sono mai stati così
‘scuri’ e tristi, nemmeno alla consapevolezza del
mio cuore malato. Io non sono mai stato triste, non mi sono mai
compianto addosso ma questo mio lato oscuro che tengo tanto nascosto
dentro di me sta venendo fuori e non trasmetto più sicurezza
bensì solo un fastidioso e insopportabile sentimento
malinconico di tristezza. Il mio cuore piange sapendo cosa succederebbe
se facessi quello che dovrei fare, quello che succederà,
quello che farò ugualmente… il mio cuore
sanguina… ma è così brutto provarci lo
stesso? Pur sapendo di non essere io LA persona? Pur sapendo che non ci
sarà futuro? È così tanto egoistico e
sbagliato per una volta pensare a me stesso?
Voglio
tentare anche se non sono stupido come dovrei essere per vivere questo
momento in maniera spensierata.
È
giusto tutto questo?
Chi
mi sa rispondere?
Perché
dovevo innamorarmi proprio di Karl?
Io
veramente non lo so… per la prima volta non conosco una
risposta ad una domanda... anche se so una risposta ad un'altra
domanda.
Come
finirà tutto questo?
Lo
so fin troppo bene...”
-
Sei sicuro? -
“
Non guardarmi così, non farlo. Perché tu penetri
tutto? Perché leggi ovunque, anche dove non dovresti? Tu
conosci il futuro senza avere poteri, tu senti i miei sentimenti quando
nemmeno io riesco a decifrarli, tu vedi dove io non riesco a vedere, tu
capisci dove io non riesco ad arrivare, tu sai cose e segreti a me
sconosciuti, tu sei onnipresente mentre io sempre e solo assente, tu
sai come prendere tutti e li ascolti mentre io sono così
sordo, tu sei maledettamente troppo avanti rispetto a me…
aspettami… anche perché ho messo in discussione
tutto mettendomi con te…
Ho
messo in discussione la mia sessualità, chi sono io in
realtà, il mio carattere stesso, tutto. E non sono capace di
realizzare chiaramente i motivi di tutto questo. Mi da fastidio. Mi
dico tanto che non voglio rovinare i rapporti fra me e Genzo ma in
realtà perché lo faccio? Forse è solo
un atto narcisistico o magari egocentrico perché penso solo
a me.
In
realtà cos’è che non accetto? Il fatto
di pensare sempre a Genzo, di avere sogni erotici su di lui, di
metterlo in paragone con tutti e non mai trovare nessuno che lo eguagli
o lo superi, di… non voglio procedere con questi pensieri.
Basta. Io e Jun ci completiamo, siamo diversi eppure uguali,
compatibili, siamo perfetti per stare assieme e non sono il tipo da
scandalizzarsi perché mi scopro gay; e poi io non sono gay,
a me piace Jun e basta. E' diverso, devo convincermene. Non mi
interessa nulla, non voglio risposte, voglio solo riuscire a
controllare tutto e tutti, specialmente me stesso.
-
La domanda è se sei sicuro tu! -
Colpisce
e affonda come al solito, faccio tanto l’indifferente ma alla
sua proposta non sono capace di oppormi con argomentazioni valide,
riesco solo ad ammettere che fra i due colui che non vuole dirglielo
non è lui ma io e il perché lo voglio ignorare.
Rispondo
maledettamente freddo voltando il capo per non guardarlo negli occhi.
-
Io si, allora andiamo a dirglielo. -
Sono
diventato un grandissimo bugiardo.
-
Genzo, dobbiamo parlarti. -
Scurisce
subito il suo sguardo, mi penetra ma in modo diverso nonostante non
posso sopportarlo ricambio lo sguardo con uno gelido. Reggo benissimo
il confronto con lui mentre con Jun non ci riesco, perché
con lui mi sento un verme…
Jun,
dovrei farlo dire a lui perché è diplomatico e sa
sempre usare le parole giuste da dire al momento giusto. Lui glielo
direbbe bene, io invece no e sono proprio io a dirglielo e lo faccio a
modo mio, nell’unico che conosco: semplice, freddo e
diretto…con la mente che sembra da un'altra parte, come se
non tengo particolarmente a cosa dico:
-
Io e lui stiamo insieme. -
...
…
…
Penetrazione.
E
sono i suoi occhi e quel suo sguardo micidiale pieno di tenebra a farmi
star male, un male che non si può curare, un male che riesco
a nascondere con la mia maschera di ghiaccio e freddezza.
Per
la prima volta non posso più reggere il suo sguardo.
Mi
volto e metallico aggiungo:
-
Sono stanco, me ne vado. -
Abbandono
tutto e tutti tirandomi dietro solo Jun per colpire più nel
segno, per essere più maledetto forse, più
menefreghista. Per mettere in chiaro che sono io padrone di me stesso,
sono diventato bugiardo anche con me stesso ora!”
-
Io e lui stiamo insieme. -
“
Solitudine? Dov’è? Perché non sento
della sana e probabile solitudine? È questo che dovrei
sentire ora, perché il mio migliore amico se ne è
andato con un altro che è sempre un amico e mi hanno
lasciato qua ad allenamento finito, con tutti che se ne sono andati e
il campo già chiuso. Non è solitudine,
no… è ben altro… questa è
la sensazione della sparizione. quella che sente chi sta sparendo. Il
mio posto lo sto lasciando ad altri per far arrivare un altro me stesso
che avevo imparato a domare, che avevo cancellato, che avevo buttato
via da bambino… quel me stesso selvatico, presuntuoso,
egocentrico, egoista, antipatico, rabbioso, pieno di sé e di
rabbia e di odio contro tutto e tutti. Sbruffone e
insopportabile… ero proprio così, trattavo tutti
male, non consideravo nessuno alla mia altezza e il fatto che mi sia
tornato in mente proprio ora mentre guardo le loro schiene allontanarsi
è significativo, dove diavolo è quella pazza
urlante? Quando serve lei per alleggerire la situazione non
c’è mai, porco cane!
Non
voglio sapere più niente.
Non
voglio sapere più nulla di nulla di un fottuto nulla.
Non
è la solitudine che sentivo quando ero piccolo, non
è quando sentivo di non venir compreso da nessuno e venivo
ricoperto da servitù, soldi, giochi e ogni mio capriccio.
Non è questo, ero solo un fottuto moccioso viziato, ho
imparato a controllarmi e a maturare in questo periodo che sono venuto
qua in Germania e tutto per questo momento, per ributtare tutto a
puttane, tutto per questi idioti sentimenti non calcolati.
E
così non sono nulla per lui, non si è nemmeno
confidato con me per ciò che provava per Jun, non
c’ero. Come se io non esistessi. Tagliato fuori totalmente,
privo di sentimenti o inclinazioni, lui me lo dice. Cosa dovrei dire?
Cosa dovrei fare? Cosa si aspetta? Cosa diavolo si aspetta da me? Cosa
si aspettano tutti?
Pausa
pranzo, poi nel pomeriggio tardi riprenderanno come sempre gli
allenamenti ed io non riesco ancora a realizzare una merda di niente.
Devo continuare a vederli insieme, devo continuare a giocare a calcio
come sempre, devo far finta di nulla… ma possibile che sia
così cieco da non essersi accorto di quel che provo io per
lui? Secondo me lo sapeva eccome ed è
perché non gliene importava niente di me che ha deciso di
essere più freddo di sempre. Non gli interessa nemmeno di
reggere più il mio sguardo. L’ho penetrato con gli
occhi ma lui non l’ha nemmeno sentito.
Io
non…
Non…
…so…
Febbrile
vado alla moto e prendo il casco, faccio per metterlo quando finalmente
il pensiero che mi cambierà totalmente di nuovo arriva e
getto di colpo con forza e rabbia il casco contro il muro e poi a terra
dove rotola scheggiato.
Ho
perso Karl.
Maledetto!
Colpisco
il muro con un pugno molto forte ma il dolore non lo sento.
Maledetto
burattino nelle mani del destino, un destino che non si sa nemmeno
gestire, un burattino fottuto che si illude di muoversi da solo ancora
prima di accorgersi di venir travolto dagli eventi. Per
scappare… solo per scappare dai miei sentimenti e da me lui
si è nascosto. E' solo questo, un fottuto vigliacco.
Affanculo, me la pagherà, tutti… non voglio
vedere nessuno. nessuno.
Adesso
basta… mi sono rotto.
Guardo
la mia mano sanguinante, le nocche si sono ferite eppure non sento
dolore. Proprio così. Nessun dolore, nessun dolore.
Vaffanculo lui e quello che sentivo!
Ho
fatto fatica ad accettarlo e non ci sono nemmeno riuscito pienamente.
Io sono solo uno sbaglio, anche i miei genitori lo dimostrano non
stando con me da quando sono nato, loro girano per il mondo dandomi i
soldi ma perché non capiscono cos’è
quello di cui ho bisogno? Perché non posso mai stare bene
con me stesso e con gli altri?
Perché
non posso mai stare bene?
Mi
passo la stessa mano che si gonfia sul mento e sulla bocca
serrata dove rimangono le scie rosse della ferita.
Avevo
imparato a fidarmi degli altri, con fatica e grazie a questo ero
cambiato, ma ora so che non serve a nulla. Stavo meglio quando non mi
fidavo di nessuno e li trattavo tutti male. Tornerò a
calpestare la gente, devo trovare il modo di sfogarmi.
Monto
sulla moto senza recuperare il casco che lascio abbandonato per terra.
Sgommo portando il rombo del motore al massimo, vado indietro uscendo
dal parcheggio per poi partire al massimo sentendo subito il vento
tagliente in faccia. Via, lontano da qua, devo sfogarmi. Devo tornare
me stesso. Quel vero me stesso censurato. Quel me stesso conseguenza
dell’egoismo e della solitudine. Un fottuto stronzo viziato.
Affanculo tutto!”
-
Perché hai fatto così? -
“
E' arrivata sera e i secondi allenamenti sono finiti, non abbiamo
parlato dell’argomento per tutto il giorno e quando Genzo non
è venuto agli allenamenti senza avvisare non abbiamo detto
nulla, abbiamo solo notato il suo casco rotto a terra al posto della
sua moto e le sgommate sull’asfalto. Glielo dico chiaramente
mantenendo la mia calma solita. Dentro mi si sta agitando il mondo, non
per la tensione della sua reazione, non per paura verso di lui ma
perché mi sto cominciando a stufare di tutto questo. Ho
deciso di provarci perché nell’altra
possibilità sarei stato peggio, perché volevo
vedere se riuscivo a contrastare almeno il dolore dell’anima
al quale sono stato evidentemente destinato, per mettermi alla prova,
perché non ho potuto farne a meno. Ma questo…
tutto questo è di gran lunga peggio…
perché essere usato non mi piace.
-
Cioè? -
Ha
la faccia tosta da rimanere indifferente e chiedermi
‘cioè?’.
Mi
incupisco e mi passo una mano fra i capelli portandomeli
all’indietro. Le solite ciocche tornano in avanti.
Mi
adeguo a lui diventando duro come forse raramente mi ha visto e mi sono
visto io stesso:
-
Lo sai benissimo cosa intendo. Cosa volevi dimostrare? Era quello il
modo di dirglielo? -
Sembra
stupirsi, sembra capire ma far finta di non riuscirci. Mi tocca il
braccio e nota che sono diventato freddo, si effettivamente
questo umore e questo stress non mi ha giovato, avrei bisogno di
dormire ma non ho assolutamente intenzione di…
mi
mette una mano sulla guancia quasi con tenerezza e mi mormora cambiando
discorso:
-
Stai male? -
Sempre
una scusa devo essere per lui. Mi considera così poco? Si
interessa a me solo quando gli serve?
E'
solo un maledettissimo egoista che in fin dei conti io confronto a lui
non sono nulla, gli tolgo la mano dal volto con un gesto secco del
polso e lui quasi non ci crede, poi mi volto e guardo in basso non
prima però di averlo guardato fisso negli occhi e
averlo penetrato. non mi piace quando fa così, non mi piace
la situazione:
-
Non usarmi come scusa per evitare argomenti scomodi, non lo sopporto. E
non sopporto che la gente scappi dalle proprie
responsabilità come fate tu e Genzo. E che usiate sempre me
come scusa. Cosa sono? Per chi mi prendete? -
Sono
sull’arrabbiato andante, è una cosa che disprezzo
dal profondo.
-
E' tutto qua il rispetto che avete per me? Conto così poco?
Sono solo un fantoccio col quale sfogare certi desideri, frustrazioni e
chiudere gli occhi davanti alla realtà? Sono solo una scusa
per scappare? -
E'
sconcertato, sono circa scoppiato e lui così non mi aveva
mai visto. E' solo che venire considerato nessuno e trattato in questo
modo non mi sta bene e non sono affatto dolce come credono, non sono
affatto gentile, perfetto e comprensivo… non sono da
proteggere e conservare come una bambola di porcellana!
Gli
ho voltato le spalle e lui me le prende fra le mani per girarmi. Io non
voglio. Ho un espressione che non ho mai mostrato, un'espressione
stufa, rabbiosa, disgustata… sto male… male
internamente… psicologicamente… sto
crollando…
Mi
adeguo ancora a lui, metallico e lugubre, un tono tetro quanto i miei
occhi:
-
Non toccarmi! -
Si
blocca subito e si stacca, sta fermo e quasi non respira, siamo a casa
sua, in una stanza qualunque, è da ieri sera che non torno a
casa e spero che non si preoccupino troppo, stamattina ho telefonato
avvisando che ero qua e che forse non tornavo prima di sera.
Mi
domando dove fosse Astrid… non c’era agli
allenamenti e si è sentita la sua mancanza…
quando c’è lei è tutto più
leggero e sopportabile, fa la stupida per far ridere, per evitare
situazioni indesiderate eppure è un uragano che mostra
sempre i suoi sentimenti. Perché la gente non è
tutta così spontanea e cristallina? Deve manovrarsi e
fingere e illudersi di non essere in un certo modo. Io accetto tutto e
faccio in modo di far girare le cose come vorrei valutando ogni cosa ma
non tutti sono così e la gente si nasconde e mente e usa gli
altri e ci lascia e fa soffrire ed è sciocca!
Ancora
di spalle, con tono più basso e penetrante di prima, dico:
-
Rispondi a questo… -
Mi
volto verso di lui e lo fisso dritto negli occhi con lo sguardo uguale
alla mia voce. Profondo e penetrante, cupo, che esige una risposta
sincera.
-
Cosa sono io per te? Perché hai voluto metterti con me? -
Silenzio.
Mi guarda per poi abbassare lo sguardo e girarsi. Non lo regge mai, non
ce la fa. Non sa cosa dire, non sa…
Allora
cammino andando alla finestra, gli do le spalle nuovamente; mi fa male.
Non sa nemmeno rispondere spontaneamente.
-
Finchè non trovi la risposta per favore lasciami solo. -
Non
si muove per un po’, poi lo sento camminare, viene verso di
me e posa le mani sui miei fianchi facendole scivolare sul mio addome,
aderisce il suo corpo al mio e porta le labbra al mio orecchio.
Sussurra non più freddo e distante.
-
Perché in te ho percepito un lato che mi attira come una
calamita, un lato che voglio capire, che tu tieni nascosto e non mostri
a nessuno, con cui convivi soffrendo. Posso occuparmi di te e di quel
tuo lato? -
Una
risposta simile non so se sia esattamente da lui ma lo sento
sincero.Veramente è stato attratto da questo mio lato nero
partito con la malattia al cuore? Comincio a sciogliermi un
po’, ricomincio a stare meglio anche se non era proprio la
risposta che speravo, che avevo bisogno di sentire, che avrebbe
‘aggiustato’ ciò che non è
mai stato unito.
Comincia
a passare le mani sotto il maglione e la camicia, la sua bocca mi bacia
il collo. E' un Karl trasformato. Che l’attrazione fra noi ci
sia credo sia innegabile, l’analisi del del cosa sia il resto
è un'altra cosa che è più complessa e
dolorosa da fare. Nel frattempo l’unica cosa che si
può fare è lasciarsi andare a questo piacere, il
primo della giornata, un piacere che trasforma il freddo in calore,
piacere fisico, piacere sessuale, piacere di
passaggio… qualunque sia per un breve momento
potrò star bene e solo questo importa… per
ora… per questo attimo… ma dopo… dopo
sarà tutto peggio…”
-
Quel maledetto… -
“
Ringhio fra i denti. E' circa tutto il girono che vado avanti e
indietro per la città, dentro e fuori per i locali, ho fatto
a pugni con uno che mi rompeva e non potevo chiedere altro, eppure
anche così intrattabile e scontroso non sono arrivato a
stare meglio lo stesso. Ho bisogno di un altro tipo di
sfogo… ho bisogno di una vendetta, ho bisogno… ho
bisogno… di lui… che non
c’è… ma la vendetta me la posso
prendere. Lo ripago con la stessa moneta per fargli capire solo
l’ombra di quello che ho sentito, della pugnalata che mi ha
dato. Vediamo se riesco a fare meglio di lui.
Freno
di colpo rendendomi conto di essere arrivato a casa di Jun, spero
vivamente che sia a casa. Scendo e noto che la macchina della madre di
Astrid non c’è, spero non ci siano entrambe. Suono
e mi apre invece proprio Astrid. Maledizione.
-
C’è Jun? -
Deve
aver notato il mio sguardo irriconoscibile, la mia ferocia, la mia
pericolosità. Perché è vero, lo sono
veramente. Sono fuori di me.
-
Non c’è... -
Titubante.
Non fa il solito baccano.
-
Dov’è? -
-
Mia madre stamattina, prima di andare via, mi ha detto che gli ha
telefonato e ha detto che sarebbe stato tutto il girono da Karl. -
Da
Karl... porco cane… ma perché? Mi serviva ma in
fin dei conti è naturale, lei non lo sa. La lasciano sola
senza calcolarla, Astrid è un po’ come me: la
calpestano e la usano quando fa più comodo, poi se ne
dimenticano e la mollano dove vogliono eppure non si lamenta. Non so
come sia fatta lei ma io sono carne umana… e
cuore… io sono solo un fottuto uomo che deve trovare la sua
valvola di sfogo, qualcuno che mi capisce lo troverò? Forse
lei… forse lei è adatta… forse lei ha
un rimedio… forse lei sa… forse…
Mentre
ci penso senza rifletterci mi vengono alla mente delle immagini di loro
due, Karl e Jun in quella casa, soli… che fanno
l’amore… che fanno quello che vorrei fare io con
lui. Ma lui mi ignora, per lui sono morto. Però
voglio vedere se è vero, voglio vedere quanto riesco a
ferirlo quel bastardo.
Stringo
i pugni e senza più capire esattamente nulla di quel che
faccio e voglio fare, agisco ancora più fuori di me con
quelle immagini nella mente.
Le
sue labbra che baciano un corpo che non è il mio.
Le
sue braccia che stringono un corpo che non è il mio, che
spogliano un corpo che non è il mio, che amano e curano e
trasmettono emozioni ad un corpo che non è maledettamente il
mio… quel suo corpo, quel suo viso, quei suoi
occhi… non l’ho ancora visto caldo pieno di
passione come invece sarà ora… non resisto, sto
impazzendo… o lo sono già? Forse lo sono
già.
Senza
essere più cosciente spingo Astrid con rabbia in casa e
chiudo la porta, è tutto veloce, non ha il tempo di fare
nulla. La blocco contro la porta chiusa e contro il tempo e il dolore
combatto le immagini dell’amore perduto baciandola sulle
labbra con una furia cieca che mi caratterizzava ai tempi delle
elementari quando ero solo e dannato.”