CAPITOLO
21:
PERDERE
L’AMORE
-
Karl, dobbiamo dirglielo, non è giusto tacerglielo
così.-
“Lo
so, maledizione, lo so. Per chi mi prendi? Ma non vorrei e non per
salvare la mia faccia o per vigliaccheria bensì per
risparmiargli questo dolore. Tengo a lui ma come amico e poi mi sento
molto in colpa per quello che gli ho provocato e per come
l’ho usato. Lui ha dimostrato grande forza e non penso
mostrerà debolezza nemmeno ora ma dentro la
sentirà; in un angolo del suo cuore sperava che io tornassi
veramente da lui anche se quando me l’ha detto sapeva che non
sarebbe mai successo.
Aveva
capito la situazione fra me e Genzo ancora prima di noi, appena ci
aveva visto eppure non è riuscito a fare a meno di
innamorarsi di me e di provarci. L’ammiro e lo rispetto e
sono preoccupato, me l’ha insegnato lui a mostrare e
ammettere quel che ho dentro. Opprimere tutto non serve…
eppure perfino lui lo fa. Non è perfetto ma mi piace vederlo
come un vero Principe nobile d’animo e superiore a tutti. Mi
piace vederlo così.
Spero
che un giorno possa perdonarmi, ma non glielo chiederò ora.
Non dico cose stupide.”
-
Andiamo. -
“Solo
questo sussurro lontano, la sua mente è altrove,
è da Jun, nel momento che avverrà fra poco. Pensa
alle parole e al modo, cerca di immaginarsi la sua reazione e le sue
parole. Io non so che farà ma so che non mostrerà
mai quel che sentirà.
Non
voglio vedere Karl così ma è tutto inevitabile.
Farò quel che posso per alleggerirgli il carico, so che si
sente in colpa e responsabile.
Lo
aiuterà a crescere anche questo… come devo
crescere anche io.
Tutto
quello che posso fare, lo farò.
Si
avvia prima di me verso casa sua, andiamo a piedi, la cena è
passata da un pezzo, probabilmente ora si starà rilassando
con della musica e Astrid lo farà ridere.
Mi
spiace interrompere così quel momento però
è giusto.
Glielo
dobbiamo perché non vorrebbe sapere che gli nascondiamo una
cosa simile.
Ora
però il mio interesse è rivolto a cercare di
sollevare il carico di Karl.
Lo
affianco e senza dire nulla gli do un buffetto misto a carezza sulla
schiena, per me è il massimo e lui pur non mostrando dal suo
volto la tensione, riesce a trasmetterla mettendo in tasca le mani e
avvicinandosi a me a sua volta fino a camminare stretti. Non ci
prendiamo per mano, nessuno dei due è tipo da fare una cosa
simile.
L’inverno
sta scemando anche se il freddo c’è ancora.
È
venuto buio presto e il cielo nuvoloso non permette di vedere cosa
c’è al di là delle nuvole, sopra la
distesa blu del cielo notturno.
Come
siamo arrivati presto... nemmeno in tempo per vedere il nostro fiato
condensarsi e sentire la pelle gelarsi.
Ora
è tempo di forza, coraggio, determinazione, delicatezza e
verità.
La
porta ci viene aperta dalla solita Astrid allegrissima in tenuta da
casa e capelli sconvolti, salta addosso a me abbracciandomi per poi
passare da Karl e dargli un pugno amichevole sulla spalla, afferrargli
il braccio e morderlo un pochino sull’avambraccio col
seguente urlo:
-
SONO ARRIVATI IL BELLO E IL BRUTTO! -
Certo
che chiamare Karl brutto ce ne vuole, eh?
Scotiamo
la testa insieme e chiediamo di Jun, lei ci dice che è in
camera sua a metterla in ordine, dice anche che non ha ben capito che
diavolo deve mettere in ordine visto che non ha mai nulla in disordine.
Ad ogni modo è nella sua stanza.
Con
un sorriso forzato da parte mia le chiedo se può lasciarci
soli che dobbiamo parlare con Jun e come se potesse capire ed essere
seria per una volta, storge la bocca poco convinta ma fa un cenno col
capo andando allo stereo per scegliersi i CD.
Entriamo
a ci chiudiamo la porta dietro. Siamo entrambi seri e lui nota subito
questa stonatura, una stonatura che non gli piace ma che si sforza di
accettare.
Pensiero
assurdo e stupido ma dai suoi occhi è questa la conclusione
perché guardando le sue sfumature rossastre così
calde come i suoi capelli lisci e morbidi, uno arriva solo a questa
conclusione; è l’unica.
La
luce che ci ha accolti vedendoci entrare insieme, lui è in
piedi davanti alla finestra rivolto verso di noi, ci fissa serio come a
sapere l’importanza di questo momento e la sua pesantezza.
-
Jun… -
Lui
ci ferma subito con un cenno della mano e un espressione indecifrabile
ma aristocratica, come i re usavano un tempo far tacere i consiglieri
troppo rumorosi o insistenti. Me lo immagino in pieno in quei panni.
Ci
dà le spalle e apre i vetri facendo entrare aria fredda che
gli scosta un po’ i capelli ora non più in ordine,
appoggia le mani sul balcone e tende i muscoli stringendo
spasmodicamente le dita sul marmo. Abbassa il capo e respira
profondamente, poi si volta di nuovo e ci fissa negli occhi, diretto,
sincero, calmo, non lascia trapelare nulla, non lascia trasparire
assolutamente nulla di nulla. Perfettamente controllato e in
sé con un sangue freddo che noi probabilmente abbiamo perso
venendo qua.
Apre
la bocca e nello stesso momento realizzo.
Lui
sa.
-
Sss... non dite nulla. Voglio togliervi dall’imbarazzo e
dalla colpa. Non preoccupatevi, sto bene, non è nulla. Va
bene così, io lo sapevo... sapevo come sarebbe andata a
finire, per questo non volevo iniziare. Mi sono detto che non aveva
senso, che io non mi buttavo in cose che sapevo non avrebbero avuto
successo. Io non sono un tipo masochista ma mi sono riscoperto tutto il
contrario di quanto mi conoscevo. Non è colpa vostra se alla
fine ci ho provato lo stesso pur sapendo già tutto. Non
è colpa di nessuno quindi smettetela di sentirvi in colpa.
Non mi fa bene vedervi con quel peso. Almeno voi non trattatemi come
una bambola di vetro. Va tutto bene. -
Io
in realtà non lo so, non so se è vero tutto
quello che ci ha detto ma non ha mai mentito- Se proprio non voleva
dire qualcosa non l’avrebbe detta però dire una
cosa per un'altra no.
Eppure
questi suoi occhi… come ha fatto a tornare pur sapendo che
avremmo dovuto dirgli questo prima o poi? Come Diavolo fa questo
ragazzo ad essere così? Può esistere? Cosa si
porta dentro? Quante volte mi sono trovato a chiedermelo…
eppure… eppure non c’è limite alla
sopportazione umana. Vale per lui ma anche per ognuno di noi.
Per
chiunque.
Per
quel che ne dica gli stiamo facendo male eppure non ci ha fatto aprire
bocca proprio per questo.
Spero
solo che un giorno possa sparire tutto questo dolore e venire
sostituito a qualcos’altro di più bello.
Non
so esattamente cosa voglio, so solo che non vorrei che Jun avesse
sofferto. Non vorrei che soffrisse ancora perché non se lo
merita ma so anche che voglio Karl e voglio stare con lui per aiutarlo
in quei momenti bui dove perfino lui si perde. Voglio cancellare le sue
paure. Voglio essere forte quando lui è debole e voglio
finire di scoprirlo.
L’uomo
è nato libero ed egoista. A questo non
c’è rimedio. Non si può far nulla, si
può nascondere il secondo aspetto ma non lo si
può cancellare. Tanto vale accettarlo e rispettare
l’egoismo degli altri.”
-
E adesso andate via voglio restare solo. -
”
Restare solo con la malinconia per vedere se riesco a volare nel suo
cielo ancora una volta, una ultima inutile e sciocca volta.
Loro
non aggiungono altro e se ne vanno richiudendo la porta. Li ammiro
perché sono stati corretti con me come ho sempre voluto ma
ugualmente… ugualmente mi trovo a guardare fuori dalla
finestra con l’aria gelida che mi raffredda la pelle e mi
spettina i capelli portandomeli all’indietro. Sono usciti e a
piedi si dirigono verso casa loro, fianco a fianco, nemmeno troppo
vicini, guardano in basso e non parlano. La sera carica di nuvole li
saluta così.
E
ripenso a lui, a Karl... bello, alto, dal corpo atletico, un calciatore
fuoriclasse, evidente, cercato e copiato da tutti, ma spesso anche mal
sopportato. Un tipo quadrato che non si piega mai. Si potrebbe definire
un classico tedesco freddo e scostante ma io che l’ho
conosciuto non sono stato attratto da quella sua parte da tedesco
banale bensì da altro. Dal suo lato umano che nascondeva del
quale aveva paura… non sono mai riuscito a farti accettare
quel tuo lato e a fartelo venire fuori se non con la mia quasi morte,
però è stato troppo tardi.
Sai
Karl… non chiesi mai chi eri davvero né
perché scegliesti me, me che fino a ieri credevo che fossi
un re.
Sembra
tutto così sciocco e banale.
Visto
che sono stato io a lasciarlo avrei dovuto essere pronto a questo, non
dovrei provare nulla di particolare e nemmeno essere troppo dispiaciuto
nello scoprire che ha imparato almeno un po’ a vivere. Ora
sarà felice; amore è volere
l’incondizionata felicità dell’altro...
lo ha detto qualcuno che forse non ha mai provato questo tipo di amore.
Come
è vero anche che ce ne sono vari tipi; questo non credo sia
classificabile perchè porta troppo dolore e provare ad
analizzarlo è pura utopia e masochismo ed io lo sono stato
abbastanza, non è da me. Nulla di quanto successo era da me.
Però…
però… perdere l'amore in qualunque modo
sia… avere l’assoluta certezza che non ci si possa
più far nulla, avere solo certezze con le quali non puoi
farci proprio niente, certezze che non ti confortano.
È
questo il momento in cui ti rendi veramente conto di averlo perso,
l’amore. E mentre tutti mi credevano superiore e migliore io
mi scopro sempre peggio, solo uno come tanti altri, sopravvalutato.
Questa sopravvalutazione dà delle responsabilità
troppo grandi e quando perdi una cosa del genere anche se sapevi che
sarebbe successo rischi d'impazzire, può scoppiarti il
cuore… perdere qualcuno e avere voglia di morire…
Dio,
come vorrei ora non essermi svegliato dal coma…
Non
so se è scappare o no ma sono solo un uomo e permettimi di
essere debole, non lo saprà nessuno.
Lasciami
gridare, rinnegare il Cielo, prendere a sassate tutti i sogni ancora in
volo; vedrai che quei stupidi e inutili sogni li farò cadere
ad uno ad uno e poi riuscirò a riaverti perché lo
voglio e lo desidero e anche se ho provato a cambiare le cose e non ci
sono riuscito, ci riproverò e spezzerò le ali del
destino e ti avrò vicino.
Sì,
sarebbe bello crederci, rifugiarmi in una realtà simile
scappando da essa… che stupidaggine.
Eppure
sono solo un uomo fragile, debole, incerto con tanti bisogni che si
sente solo per aver perso l’amore, l’unica cosa che
gli importava in quel momento.
Sebbene
io sappia che non è vero brucia… brucia sapere
che lo rivedrò ma non come amore bensì come
amico… non con me ma con lui.
Perdere
l'amore, me lo ripeto per rendermene maggiormente cosciente e aggiungo
anche che questa è una maledetta sera che raccoglie i cocci
di una vita che sarebbe potuta essere nostra.
Una
vita che sarebbe potuta essere ma che non sarà
più.
E
tutto quel che riesco a fare è pensare. Pensare che domani
è un altro nuovo giorno.
Cerco
di pensare con serenità e lucidità, con
razionalità respirando a fondo l’aria fredda che
mi perfora i polmoni... ma poi mi trovo a ripetere che non me
l'aspettavo.
Questo
è tutto ciò che rimane della nostra breve storia.
Un pugno di lacrime che rigano i miei occhi, lacrime che non ho versato
da una vita intera ma che escono ora per una scena così
banale e patetica che sapevo doveva arrivare.
Lacrime
che non voglio vedere sul mio volto. Lacrime che non farò
più vedere a nessuno. Lacrime che non verserò mai
più.
Lacrime…
che non sono da me… nulla di tutto questo sfogo mentale lo
è e fa ridere il fatto che è l’unico
modo che conosco per tirare fuori tutto e non impazzire. Senza troppe
scenate o cose strane, solo pensieri in foga. Pensieri egoistici e da
debole uomo imperfetto… pensieri e lacrime.
Come
sono piccoli gli uomini.”
-
Uffa! -
“
E' passato parecchio tempo da quando se ne sono andati ma Jun non
è uscito… eppure so che non dorme, non chiedetemi
come ma so che è solo nella sua stanza in piedi non
intenzionato a dormire. So cosa gli hanno detto, so cosa è
successo, so tutto e non posso fare molto.
Sono
uomini e vogliono superare tutto da soli per non sentirsi inferiori
agli altri e svirilizzati ma io non posso stare qua così.
Io
per Jun ho una venerazione e nessuno me lo deve toccare e farlo
soffrire. Eppure ha sofferto lo stesso tanto.
Però
una cosa è vera e sacrosanta: io non posso aiutare tutti, la
gente deve cavarsela da sola e uscirne perché è
così che si cresce e ci si forgia.
Jun
non è fragile ma è un uomo come tanti, un uomo
che per me è speciale perché lo adoro,
perché Jun è Jun.
Basta,
non lo lascio là, io voglio vedere
com’è e che fa!
Esco
silenziosa dalla mia stanza… silenziosa è un
utopia visto che nel tragitto faccio il mio solito casino
facendo cadere un sacco di cose.
Arrivo
alla sua stanza e apro la porta senza bussare, vi sgattaiolo dentro e
richiudo la porta. La mia tenuta da notte lo fa sempre ridere ma al
buio non si vede. In punta di piedi vado da lui, è alla
finestra aperta che guarda fuori assorto nei suoi pensieri.
Rabbrividisco un po’ ma mi avvicino di più, mi
sporgo a scrutare il suo profilo, è serio. Alzo le
spalle… e chi capisce a che pensa quello? È
ermetico in questi momenti!
So
però che ha bisogno di compagnia così detto fatto
lo abbraccio delicata da dietro circondandogli la vita e il
petto, appoggio quindi svelta la testa sulla sua schiena e invece di
tendersi come pensavo, si rilassa subito. Mi aveva sentito e forse
anche immaginava che sarei venuto. Io non so esattamente che tipo di
sentimenti siano quelli che sento per lui ma sono forti e mi piace.
Questo basta per aiutarlo e non lasciarlo solo. Lui ha tanto dentro.
Scuote
un po’ impercettibilmente il capo come a dire che se lo
aspettava e posa le mani sulle mie braccia serrate intorno al suo
torace, ora è rassegnato visto che mi avrà tutta
la notte con lui, così io sorrido vittoriosa.
Infine
per chiudere in bellezza:
-
Non ti liberi mica così facilmente di me! -
-
Non avevo dubbi! -
Si,
non ce ne sono, di dubbi. Io lo adoro e sono indispensabile per il mio
adorato principe!
Ne
sono certa!
Poi
che importa cosa sento per lui? Per ora non importa!”
“
Ha fatto tutto lui, ci ha tolto dall’imbarazzo e il peso che
avevamo ce lo ha alleggerito caricandoselo da solo sulle sue spalle.
Perché
deve essere così?
Non
permette a nessuno di aiutarlo o almeno di avvicinarsi, non si fa
leggere non, permette niente. So che non è solo, specie con
quella bestia che ha a casa e che lo idolatra, ma vorrei che imparasse
ad accettare gli altri così come io ho imparato ad accettare
Genzo e lui stesso.
Ma
forse io sono l’ultimo che può permettersi di
correggere i suoi comportamenti anche se è per il suo bene.
Non ho più il diritto di aiutarlo o almeno non come lui
avrebbe bisogno. Guarirà da solo e un giorno sono certo che
tutto tornerà veramente come un tempo. Ne sono convinto.
Parte
di questa convinzione me la trasmette Genzo accanto a me che non mi ha
lasciato un secondo. In fin dei conti è tutto
così, basta lasciare che il tempo scorra…
implacabile regala e ruba attimi che non potranno più essere
rivissuti dopo. Proprio come questo. Ho imparato
tantoultimamente, sono cambiato anche se da fuori non sembra, ora ho
nuove priorità fra le quali c’è non
lasciarmi sfuggire i sentimenti forti come quelli che provo per questo
essere strano e anormale che mi sta vicino.
Mi
fermo e lo fermo a sua volta, siamo ancora per strada, vie deserte e
fredde… gli afferro la giacca e lo avvicino a me
portandomelo di fronte. Questo non l’ho mai fatto ma voglio
vedere cose si prova…per una volta… magari solo
ora.
Con
poca gentilezza e delicatezza gli afferro i capelli ai lati del viso e
tiro il viso verso il mio baciandolo con imprevedibilità e
gusto.
Si…
anche se a volte rischio di tornare freddo basta lui a scaldarmi, lui
che fa una cosa e ne è un'altra, lui così uguale
e diverso da me, lui così semplice e comprensibile ai miei
occhi ma così ombroso ed enigmatico agli altri. Lui.
Indispensabile per me. Lui. Genzo. E dico tutto.
Sarà
una storia interessante… anzi… di
più… finirà nella leggenda, credo. E
allora andiamo avanti a vedere come prosegue!”
FINE SECONDA PARTE