CAPITOLO
25:
ISTINTI
“Porca troia se è buio qua… fortuna che abbiamo le torce elettriche...
cazzo, e loro che sono senza?
È da una mezzoretta che corriamo alla ceca per il bosco senza far
troppa attenzione a dove andiamo. Quello che mi importa ora è trovare
Karl. Il resto può aspettare.
Non sono solo geloso, definirmi geloso è riduttivo, come è riduttivo
definirmi infuriato nero come l’inferno!
Io non sono più in me!
Altro che fare sesso, lo voglio scorticare con le mie mani nel modo più
doloroso possibile.
È pazzesco come con la persona a cui tengo di più al mondo io mi
trasformi lasciando perdere la mia immagine di bel tenebroso, duro,
incorruttibile, autocontrollato e sangue freddo… impulsivo come un
animale sono e non me ne fotte un cazzo!
Quando le persone finiscono per prendermi mi prendono, che ci posso
fare?
Chiamiamo a gran voce i due beoti che si sono persi nel bosco, io:
- KAAAAAARL!!!! DOVE CAZZO SEI! KAAAARL! VIENI FUORI, PORCO MONDO! -
E lei:
- JUUUN AMORE MIO, STELLINA, PRINCIPE DELLA MIA VITA! MI SENTI? SONO IL
TUO SALVATORE, VIENI CHE TI SALVO IO! -
Non posso trattenere una brevissima risata… fra quei due l’uomo sembra
Astrid!
All’ennesimo urlo succede una cosa curiosa:
- JUUUN! AMOREEEEEEEEEEAAAHIAAAAAA!PORCA PU***NA!!!!! -
Un botto poi silenzio.
Silenzio per breve tempo e immediatamente si leva un ringhio che sembra
più un latrato. Punto la pila verso quel rumore e la vedo.
Astrid faccia a terra immersa nelle foglie e nella terra.
È caduta!
E fra tutti i suoi lamenti, imprecazioni da scaricatore di porto e il
suo aspetto indescrivibile, quando alza la faccia mostrando il viso
sporco di terra tutto rosso per la botta e i capelli ingrovigliati
sulla nuca e sulla fronte, coi vestiti sporchi anch’essi, non posso
trattenermi.
Nella tragicità della situazione, in mezzo alla furia che mi divorava,
mi stendo a terra tenendomi la pancia dal ridere. Rido così forte che
mi do fastidio da solo.
Ma lei è troppo buffa… con quell’espressione imbronciata che tiene il
muso come fosse una bambina!
Mi ferma quando si alza e ringhiandomi dietro insulti su come mi
permetto di ridere di una cosa così dolorosa e terribile, mi cammina
letteralmente sopra.
Il suo dolce peso sul mio stomaco mi fa mancare il fiato, la voce e
persino scappare l’anima che cade all’inferno e quando sta per finire
in paradiso torna qua costretto sempre dalla bestia che mi trascina in
piedi a forza!
Cazzo quante stelle che ci sono stasera… tutte vicino a me… si dice per
modo di dire che quando stai male vedi le stelle, ma qua altro che modo
di dire… le stelle ci sono eccome, l’assicuro io!”
“ Stronzo bastardo!
Come osa, dico io, ridere mentre io mi faccio un male cane cercando la
mia sposa… ehm, volevo dire il mio sposo… che si è perso nel bosco come
le fiabe che mi raccontavano da piccola con le principesse alle quali
poi esercitavo i riti woodo!
Il mio cuccioletto bello si è perso e non trova più la strada di casa,
per caso con lui c’era anche l’altro stronzo inutile che, sempre per
caso, fa coppia con questo insensibile… e lui che fa? Ride… e di me
pure!
Ma io appena trovo Jun, disintegro questa creatura mostruosa!
Anche se effettivamente dovrei iniziare a preoccuparmi anche di come
tornare a casa… ma no, machissenefrega, l’importante è trovarlo e
ricongiungermi a lui, il resto è una parentesi!
Cammino veloce con passo pesante da eternissima incazzata.
Ma dov’è Jun?
Uffa, scommetto che è colpa di Karl e che l’ha fatto soffrire… e se ora
sta piangendo?
Non voglio nemmeno pensarci!
Come starà soffrendo senza di me, la sua guardia del corpo…
- Tutta colpa di Karl! Scommetto che è stato lui!-
- E perché, di grazia? Che c’entra lui? -
- E che ne so… ma intanto sono via insieme e Karl non mi è mai
piaciuto… sono sicura che è colpa sua! -
- E se magari invece è stato Jun ad avere un pessimo orientamento e
sbagliare strada? -
- Guarda che ti ricordo che fra tutti noi, quelli senza orientamento
siamo… cazzo… siamo proprio noi! -
Silenzio… ah, se ne sta zitto, ora, eh?
- Effettivamente pensandoci, non so quanto intelligente sia stata come
mossa questa di venire a cercarli… se c’è qualcuno che dopo essersi
perso riesce a trovare la strada di casa, quello è proprio Karl… e Jun,
certo, anche lui! -
Ancora silenzio nel quale ci fermiamo, ci puntiamo la pila l’uno contro
l’altro per riflettere e poi sconfitti alziamo le spalle e diciamo in
coro:
- Oh, dettagli! Ci penseremo quando li troviamo! -
Per poi riprendere la nostra escursione!
È da ore che camminiamo e il terribilissimo dubbio mi sfiora la testa…
che cazzo stiamo facendo?
Do voce al mio pensiero prima che mi sfugga.
- Genzo… ma hai idea di dove siamo? -
Immagino ora mi risponderà seccato: ’nel bosco a cercare due idioti!’
Ma il silenzio mi accoglie… oh, questa poi!
Mi fermo attenta… no… i suoi passi non li sento… allora si è fermato
anche lui… Genzo?
Gli punto la pila senza però trovarlo. Non c’è… no, proprio non c’è…
- Ehm… Genzo? Dove sei? Mi stai facendo uno scherzo? -
Mormoro titubante pregando affinché sia così. Nessuna risposta, nessun
fiato, solo il rumore notturno degli insetti che mi fanno compagnia, la
luna grande che illumina a tratti il bosco fra i rami, il nero della
notte interrotto da stelle e… il nulla.
- Genzo… Genzo, vieni fuori idiota, non mi piacciono questi scherzi! -
Comincio ad arrabbiarmi e infatti all’ennesimo silenzio grido infuriata:
- GENZO VIENI SUBITO FUORI CHE NON MI STO DIVERTENDO! FORMICA
ROMBOIDEA! SGATARRO VOMITATO DALLA MALATTIA! VIENI FUORIIIIII!! -
A rispondermi solo la torcia che si spegne.
Ommerda… mi si sono scaricate le pile!
E ora che faccio?
Sono letteralmente sola, mi sono persa veramente, cioè, non scherzo…
sono stanca, infuriata, ho dolori dappertutto, i piedi non li sento
più, ho freddo, ho fame, ho sonno, sono preoccupata per Jun… e per di
più ora sono sola… quando torno a casa?
Aiuto… qualcuno mi aiuti… che faccio?
Intanto mi tolgo le scarpe così un po’ più comoda sto, poi cammino
ancora un po’ cercando Genzo… Dov’è? E non trovo nemmeno Jun…
Oh, Dio immenso… Ti prego ascolta le mie preghiere… so di essere una
pessima cristiana e credente, so di averti fatto incazzare un sacco di
volte e disubbedito altrettante, so che non merito fiducia e nemmeno
uno sputo… ma ti prego… fammi trovare casa… o almeno Jun… o Genzo…
guarda, mi accontento addirittura di Karl… ma ti prego, non lasciarmi
così sola…
È il panico più totale!”
“ Dopo ore e ore di camminare finalmente i nostri sforzi vengono
premiati.
Troviamo la strada del ritiro, era ora, non ne potevo più, non tanto
per la stanchezza, in fin dei conti non ho fatto gran chè oggi… ma
stare solo con Karl non è il massimo per uno che è appena stato
lasciato da lui e che ha affrontato un discorso che ha aperto la ferita
semichiusa.
Ad ogni modo non ho idea di che ore siano, ma la cena deve essere
passata da un pezzo, credo che siano tutti in pensiero, spero solo non
ci siano venuti a cercare, anche se… mi sa che certi due pazzi l’hanno
fatto!
Rientriamo in edificio senza dirci nulla, abbiamo parlato abbastanza e
come entrambi ci aspettavamo nessuno dei due ha mostrato impazienza o
panico quando ci siamo persi per un momento. Calmi e freddi abbiamo
fatto mente locale e con l’ottimo orientamento, presto abbiamo
riconosciuto il sentiero preso prima.
Alcuni ragazzi ci accolgono sollevati e il secondo allenatore che stava
tranquillo seduto a guardare la televisione in salotto si limita a
sorriderci e a darci il bentornati.
Ci guardiamo intorno e dopo una breve visita alle stanze rispettive
notiamo l’assenza di Genzo e Astrid e ogni dubbio si sta per confermare.
Ho paura a chiedere a Collins dove siano.
- Genzo e Astrid? Hanno detto che andavano a cercarvi… -
E lui li ha lasciati fare!
Poi ci penso attentamente e mi rendo conto che è una sciocchezza… chi
sarebbe riuscito a trattenerli?
Mi scambio uno sguardo con Karl accanto a me, io mi strigno nelle
spalle con aria stanca e lui alza gli occhi al cielo esasperato.
Non sappiamo come commentare la loro genialità!
I due meno dotati di orientamento che si inoltrano in un bosco
sconosciuto di notte per cercare qualcuno!
Che dire?
Le nostre espressioni bastano a commentare.
Non abbiamo ancora in mente che fare quando una voce diertro di noi ci
chiama, è una voce conosciuta e piuttosto alterata.
Ci voltiamo e troviamo Genzo con aria stravolta per la stanchezza e
lugubre per l’incazzatura. Ha addirittura le fiammelle dei defunti che
gli levitano attorno. Un brivido mi percorre ma non faccio attenzione,
cerco subito dietro di lui Astrid preparandomi all’imminente impatto.
Ma nulla.
Non la vedo e niente impatto.
Non dirmi che…
- Genzo… prima di ogni cosa… dov’è Astrid? -
Lui sposta i suoi neri occhi tenebrosi sui miei e sospirando sconfitto
dice:
- Quella demente cronica si è persa. Ad un certo punto non l’ho più
vista e sentita… non so come diavolo ha fatto ma non l’ho più trovata!
Mi arrendo, è un caso senza speranza! -
Un caso senza speranza?
- E tu sei tornato indietro senza ritrovarla? -
Non credo a quel che sento.
- Non è che sono tornato indietro di proposito… ad un certo punto ho
ritrovato il ritiro e ho pregato affinché foste tutti qua, ma noto che
voi ci siete, è lei a mancare… e che posso farci? Le metteremo un
radar… un guinzaglio… non so… -
Lui fa dell’ironia mentre è qua e lei è nel bosco al freddo,
sicuramente stanca e impanicata per la solitudine e con la fortuna che
ha sicuramente le pile della torcia le si sono scaricate!
Stringo le labbra, prendo al volo una coperta che sta nel divano dietro
di me, la pila dalle mani di Genzo e senza dire nulla mi butto
nuovamente in quella giungla… questa volta facendo attenzione a dove
vado. Non l’ho mai vista piangere e non vorrei che accadesse ora, me la
immagino piena di preoccupazione per me sbattere contro ogni albero che
becca sul suo cammino, spettinata, sporca perché è caduta sicuramente
un paio di volte, con le scarpe in mano, la pelle gelida e una faccia
da premio oscar!
Povera… a chiamarmi ‘Principe’ a squarciagola!
Lei fa la dura smemorata impulsiva vantandosi di proteggermi, ma in
realtà è lei a dover essere protetta e aiutata… quando lo capirà di
darsi una calmata?”
“ E' tornato da solo in quella specie di inferno notturno a cercare una
pazza scatenata tontolona senza riposarsi e senza esitare un attimo… e
lo devo lasciar andare dopo quello che gli ho combinato stasera con la
mia insensibilità?
L’impulso di seguirlo per aiutarlo ce l’ho, ma mi ferma una mano gelida
che mi artiglia un braccio e mormora con voce oltretombale:
- Eh, no… ora tu vieni con me! -
Detto questo mi trascina nella nostra camera... credo di dover
prepararmi a rispondere ad una serie di domande a raffica!
Sbatte la porta dietro di sé quando entriamo al caldo della nostra
stanza, lo guardo attentamente rimanendo come al solito in me,
controllato e inscalfibile.
Ha veramente un aria pietosa, si vede che è stanco, non è sporco ma
tutto sudato per la corsa che deve aver fatto, accaldato e infreddolito
contemporaneamente, senza parlare dei capelli che ormai non sono più
tali ma ciuffi stravolti!
È inconsapevolmente attraente con quell’espressione furiosa, sarà
masochismo il mio, ma se voglio attuare quanto deciso stasera e
lasciarmi andare, voglio che sia ora così, con lui in questo stato.
Credo che non ci siamo mai desiderati tanto.
Vogliamo calore, vogliamo calmare questa nostra eccitazione che abbiamo
dentro e che ci portiamo da un po’, vogliamo rispondere e placare
questa sete che i nostri istinti ci ha acceso da troppo tempo. Vogliamo
lasciarci andare e aprirci leggendoci nell’intimo.
Il solito freno mi prende, così totalmente non l’ho mai fatto ma è
giusto che sia difficile e pieno di incognite… non ho mai fatto nulla
nella mia vita se non fossi stato sicuro di uscirne vincitore, ma è
arrivato il punto di rottura, il punto nel quale non si può far altro
che buttarsi senza sapere se c’è o meno il paracadute… è essenziale
farlo quanto è essenziale sentirlo mio.
Mi farò possedere da tutta la sua irruenza ed passione, placando la sua
furia col tocco intimo e vero dei nostri corpi.
Lo voglio sentire.
Voglio rischiare.
Voglio scoprirmi.
Non voglio stare solo.
Non voglio più la maschera, non con lui.
Ho bisogno… bisogno… di Genzo.
È arrabbiato e vorrebbe prendermi a pugni, cieco dalla gelosia. Sono
stato stupido ma ammetto che a volte sbaglio. Mi è servito o non avrei
mai capito niente.
Apre la bocca per dirmi di tutto ed io lo lascio dire, non lo ascolto,
credo stia elencando ogni epiteto possibile e conosciuto sulla faccia
della terra con l'intento di offendermi. Mi odia veramente come dice?
Quella bocca così carnosa che mi ha fatto sentire il desiderio molte
volte sfiorandomi.
Quegli occhi profondi che mi hanno penetrato facendomi sentire a
disagio costantemente.
Quella pelle così morbida che mi ha fatto voler accarezzarla anche in
sogno.
Quel corpo da favola che mi ha eccitato più e più volte senza nemmeno
rendersene conto.
Lui, un fiume in piena che sempre si trattiene davanti agli altri ma
che è talmente onesto da non riuscire più a trattenersi ora davanti a
me.
Siamo entrambi con un aspetto pietoso, con mille altre cose da fare
prima di… prima di fare questo.
Io per la prima volta tolgo i freni, non mi trattengo più, non ne sento
il bisogno ora… ora ho solo bisogno di lui.
Perché ho capito troppe cose questa serata, del tupo che avrei voluto
essere solo nel bosco con Genzo e non con Jun… perché voglio fargli
capire un po’ cosa ho dentro visto che a parole non ci sono mai
riuscito.
Mentre lui continua incazzato nero ad urlarmi mi avvicino a lui e
fulmineo, con forza e prepotenza, tutta quella che ci metterebbe lui
ora, gli tappo la bocca premendogliela con la mia in un bacio senza
remore e confronti.
Un bacio che per me rimarrà nella storia.
L’istinto di possederlo e di essere posseduti, l’istinto di
chiederglielo senza parole, l’istinto di toccarlo fino a sentire che è
qua ed è mio, l’istinto di mostrargli parte di me stesso, l’istinto di
accoglierlo senza maschere o freni, l’istinto di sostituire la furia
con l’eccitazione.
L’istinto è risvegliato, selvaggio, puro, animale.
Apro maggiormente la bocca ed esco dalle sue labbra percorrendo il suo
collo dopo avergli afferrato i corti capelli neri della nuca e tirato
la testa all'indietro e senza più capire nulla assaggio il suo sapore.
La mia lingua beve ogni centimetro di pelle con frenesia, goccie di
sudore lungo la clavicola vengono fatte mie. Coi denti gli tiro il
collo della maglietta mentre le mie braccia lo stringono e le mani,
mollate le sue ciocche, viaggiano sotto la stoffa sulla sua schiena
muscolosa e poi avanti alzandogli l’indumento fin sotto le ascelle. Non
sento dove tiene le sue mani, cosa fa, cosa guarda, cosa dice, forse è
zitto e aspetta di vedere fin dove mi spingerò, forse non crede a quel
che faccio… forse cerca in me il Karl che credeva di conoscere.
Finalmente assaggio i suoi capezzoli e a labbra aperte glieli stuzzico
con la lingua eccitandolo. Gli piace…lo si capisce subito.
Le dita salgono lungo la spina dorsale e le scapole per poi artigliarsi
ad essa e graffiargliela.
Lo desidero e basta, una volta acceso il contatto non si può più
spegnere. Non credevo fosse così semplice, così pericoloso, così…
Ma è e a lui piace, nient’altro importa!”
“Semplicemente meraviglioso… solo che crede che basti questo per
placare la mia ira? Arriva così senza darmi uno straccio di spiegazione
e pensa di ammorbidirmi con quattro baci passionali, carezze, leccate,
tocchi… ohhh… graffi… è forte, frenetico, prepotente, aggressivo…
eccitato… splendido…
- Non fermarti… - Mormoro a voce roca… cazzo, ho detto veramente una
cosa simile?
Sono partito…ma sì, al diavolo ogni logica.
Ricambio il favore togliendogli il maglione a mia volta, ecco la sua
pelle già più calda, ecco il desiderio interrotto che si riaccende.
Cosa stavo pensando poco fa? Non ricordo più.
Sento solo i suoi pettorali incredibili sotto le mie mani e poi le
labbra si cercano ancora e si trovando.
Sono alla sua altezza, allo stesso modo ricambio tutto, senza la minima
gentilezza, con una carica d’erotismo e desiderio fuori dal comune.
Eppure non è solo sesso, non voglio sia solo questo e non lo sarà… in
lui c’è tanto ora e me lo sta donando a modo suo, con foga per non
avere il tempo di rimpiangerlo e fermarsi.
Le mani corrono a spogliarci a vicenda, ad accarezzarci, a sentirci, a
prenderci.
Punti d’erezione stuzzicati, quando mi tocca in quel modo i capezzoli e
la schiena lungo la spina dorsale… e poi lì, nell’inguine...
Sento che mi avvolge con le sue labbra ovunque, divora ogni cosa, ogni
parte di me. Senza remore e logica.
Solo istinto.
Sto per venire nella sua bocca quando lo stacco con forza. Non voglio
sia già.
Lo spingo deciso nel letto.
Sembra una lotta erotica, con sensualità felina mai vista ci
strofiniamo e i nostri bacini a contatto sembrano comunicarsi segreti
indicibili.
Vado sopra di lui... pensavo di resistere di più, ma in fin dei conti
ce l’ho fatta per troppo tempo, ora basta. Gli alzo le gambe
mettendogliele sulle mie spalle e lo penetro quanto più dolcemente
riesco, anche se poi non capisco più che sto facendo, come e dove sono
finito.
So solo che siamo insieme, un unico essere, finalmente uno nell’altro.
Dalla sua bocca escono mugolii di dolore rochi e seducenti che mi danno
la carica, troviamo il ritmo e sento gemiti di piacere provenire da
entrambi, come se fossimo sdoppiati. È un culmine assurdo, un orgasmo
folle, essere uno con l’altro, sentire pulsare ogni parte di noi,
sentire il suo cuore e quelli di entrambi che vanno insieme, che
parlano sussurrandosi parole proibite. Un ritmo veloce, che richiede
sempre di più con questo piacere solo immaginato.
È un insieme, è una vita che si riproduce, sono molecole che si
rigenerano, è un compito da assolvere insieme, è bellezza, è
completezza, è gioia, è voglia. È sempre di più. Senza capire cosa sia
tutto questo insieme, tutta questa esplosione. È tutto veloce e tanto,
ma ancora di più, di più senza sentire le nostre voci e i sensi che ci
abbandonano nel massimo istante di venuta e non ritorno.
Siamo solo noi e il resto del mondo, dei pensieri, dei problemi, delle
persone… tutto può aspettare.
Finchè non si crolla non ci si ferma. Finchè il finimondo non ci
prenderà nelle sue ali da puttana non smetteremo. Finchè tutto cesserà
di esistere noi continueremo in questa esplosione di sentimenti puri e
incontrastati. Siamo umani che sentono l’altro come unico essere.
Siamo banali ma unici. Siamo finiti e rifatti da noi stessi. Siamo noi
che continueremo finchè l’altro non crollerà.
E buio o luce non si contenderanno i corpi poiché saranno già posseduti
da loro stessi senza possibilità di ritorno.
Ci siamo letti dentro.”