CAPITOLO 39:
NOTIZIE
 
“Varchiamo la soglia dell’aeroporto subito dopo aver recuperato i bagagli. Siamo tornati in Germania. Un po’ di tristezza ci attanaglia ma del resto che fare? È naturale anche se alla fine io sono la meno coinvolta….io e Karl, infatti lo vedo più rilassato rispetto quando era là. Ripenso a quel che abbiamo fatto, alle figure di merda che ho passato…e a quel momento speciale con Jun….arrossisco. Si, riesco ufficialmente ad arrossire…e mi infastidisco da sola!
Faccio un ghigno di soddisfazione dopo aver realizzato che sono ufficialmente la donna di qualcuno…la Sua donna…il Principe…e scusate se è poco ragazzi. Ecco che comincio mentalmente a vantarmene e faccio strane espressioni che cambio ogni cinque secondi…i fili dei miei pensieri vengono tuttavia interrotti da mia mamma che mi viene incontro con una strana espressione. Urca…questa è quella che mette su quando ha qualcosa di importante da dirmi! Le avranno rubato qualcosa…sarebbe normale….no, quindi non le hanno rubato nulla…chissà che è accaduto, l’ultima volta che l’aveva mi ha detto che mio padre diventava padre di nuovo! Ma ormai ci sono abituata a queste notizie!
- Astrid. Devo dirti una cosa….non ci crederai mai!-
E già se inizia così credo poco a quel che sta per dirmi….mi preoccupo subito. La casa è esplosa….no, a quello crederei…a cosa non crederei? Che ha avuto una buona idea. Si a questo non crederei…e nemmeno che Karl ha pianto…nemmeno a questo crederei…ma mia mamma non può darmi queste notizie, così mi rassegno ad ascoltarla mentre anche Genzo, Jun e Karl  fanno attenzione.
- hanno telefonato a casa in questi giorni. Era la commissione di un concorso…quello che hai fatto di ballo….ebbene….hai vinto!-
Vuoto totale. Cerco dei pensieri coerenti nella mia testa ma non vi trovo effettivamente nulla, come al solito. Ma dovevo proprio accorgermene ora che non ho materia grigia?
Oh Signore benedetto…io veramente…è superfluo dire che non ci credo.
Mi metto a ridere, d’istinto rido e la prendo per il culo:
- si si, certo. Dai, andiamo, e che ne sai tu che ho già fatto l’ultimo provino? Non l‘ho detto  nessuno…-
Tre paia d’occhi mi fissano come se fossi impazzita e quelli di mia mamma mi fulminano:
- osi darmi della bugiarda?-
- si che oso, non dirmi palle!-
Comincio ad arrabbiarmi. Ma guarda se deve scherzare così con certe cose. Questa non gliela perdono. E dire che all’inizio ci avevo creduto! Stronza!
- non fare la scema, è vero!-
Comincia ad arrabbiarsi anche lei e così io più seccata che mai la insulto apertamente e le faccio il dito, non mi fregherà mai! Madre o no non mi importa!
- oh, fai a meno di credermi. Sapevo di aver una figlia scema ma non fino a questo punto!-
Così la vedo girare sui tacchi e andarsene offesa. I tre ragazzi guardano e lei e me…e lei e me…cosa che faccio anche io…si, non è che mi guardo da sola, guardo solo lei. La fisso come se fosse un alieno….osa pure offendersi lei!
- ma sei scema veramente, eh?-
Genzo è il primo ad impicciarsi dei cazzi che non sono suoi. Ed io gli rivolgo un espressione irata:
- primo dimmi in modo esauriente perché dovrei essere scema, poi spiegami quel ‘veramente’, e in terzo luogo come ti permetti di impicciarti?-
Forse non credono a quel che dico e faccio…ma che vogliono? È così assurdo quel che sta per succedere che è ovvio che io non ci creda.
- primo sei scema perché non ci hai detto di aver fatto la finale e perché non credi a quella povera crista di tua madre, secondo il ‘veramente’ non ha bisogno di spiegazioni….si intuisce sempre la tua stupidità ma ci sono certi momenti in cui raggiunge picchi altissimi, questo è uno di quelli….e uno finchè non ti vede non ci crede! Terzo, mi impiccio perché nessuno può dirmi quando parlare, dove e perché….io mi impiccio quanto voglio!-
Lui ha il tono sostenuto…ma che gliene frega?
Non ho registrato nulla di quel che mi ha detto se non gli insulti….che coprivano la maggior parte della frase.
Sto per rispondere quando la mia bocca non so perché non parla. È un istinto. Mi giro verso Jun. Fisso i suoi occhi autunnali intensi…anche lui pensa che io sia pazza…e se lo pensa lui allora è vero…cioè…è vero…allora…ma allora…io…cosa?
A lui credo. A Jun si…ecco perché solo ora reagisco in modo sensato.
Cazzo, proprio ora che vorrei esultare, le ginocchia si disarticolano e la schiena diventa un blocco di cemento…che bello il mondo al contrario, oh, gira tutto….con questi puntini e fischi che mi riempiono il cervello ritrovato…non sento nemmeno la botta dell’impatto col pavimento…forse qualcuno mi ha preso al volo mentre svenivo!
Cazzo…ho vinto!
Riapro gli occhi riprendendo coscienza, torno a guardare gli occhi di Jun che mi sorregge a terra e la conferma mi fa di nuovo perdere i sensi.
Qua ci sta la parolaccia…merda!”
 
“ Apro gli occhi, è mattina e la sveglia non ha suonato ancora ma io so l’ora esatta. Ormai il mio corpo ha registrato gli orari. Sono abituato a dormire solo otto ore. Muovo il braccio, cerco di fare piano, non voglio svegliarla ancora. Mi tiro su e appoggio il capo alla mano piegando il gomito. Sta dormendo della grossa. Sono stati giorni intensi per lei. Ha il volto molto rilassato, mentre dorme ce l’ha sempre. Sono contento. Ricordo ancora quando abbiamo visto il video tutti insieme, è stata grande in quel provino, con quel ballo di brake dance. Ha stile. Ne ha molto e anche se poi l’abbiamo presa in giro tutti si capisce che ne sono rimasti ammirati. Lei è nata nella musica, è la sua colonna sonora.
La copro e poso il braccio sotto il lenzuolo, non si preoccupa mai, sa che dorme in un modo pietoso e si scopre sempre ma non se ne cura. Sfioro la sua pelle nuda e liscia con un dito e lei non se ne accorge. Sto bene con lei, lo sono stato stanotte che abbiamo fatto l’amore, lo sono stato ieri che abbiamo riso fino a piangere…lo sono sempre stato da quando l’ho incontrata. Non ho rimpianti con lei, è impossibile averne.
Do’ un occhiata all’orologio, devo proprio alzarmi, lei può rimanere a dormire oggi, ma io devo proprio andare. Mi alzo dal letto ed entro nel bagno che ho in camera, non ho nemmeno bisogno di spogliarmi per farmi la doccia….mi sono addormentato come lei senza nemmeno lavarmi dopo aver fatto l’amore, ma stavamo bene così come eravamo.
L’acqua corre sul mio corpo e mi scalda nonostante fuori faccia già caldo. Mi piace, mi rilassa ancor di più e mi dà l’energia adatta ad affrontare la giornata. Quando esco mi avvolgo la vita con l’asciugamano e lascio che le gocce cadano lungo il corpo arrivando a terra. Lo specchio a muro rimanda la mia immagine maschile. Se Astrid fosse sveglia ora mi salterebbe addosso, fortuna che dorme. Prendo l’asciugamano per i capelli e me li asciugo poi lo lascio intorno al collo osservando le ciocche spettinate e bagnate ancora  che mi incorniciano il viso coprendomi gli occhi allungati dal colore strano. L’autunno è lontano ma lo si può ancora vedere nel mio sguardo e nei miei capelli…anche se sono più luminosi per via dell’estate appena arrivata. Li pettino aprendo la finestra, non faccio molto caso più al mio aspetto…Genzo direbbe che anche se mi sporco di fango starei bene…perché è da lui una frase simile! Così pettinati all’indietro alcune ciocche che non si appiattiscono al capo, mi arrivano ai lati del viso rilassato. Respiro a pieni polmoni l’aria che viene da fuori.
Anche oggi ho visto il sole e annusato il profumo dell’aria pulita.
Sto bene e non so per quanto, ma sono certo che lo starò a lungo!
 
 Come ci è venuto in mente di portarla a festeggiare la sua assunzione nelle fila dei ballerini dei video musicali, non lo so...ma penso semplicemente che sia stata una scusa per bere. Fortuna che ho convinto tutti ad andare solo noi 4 lasciando perdere tutti gli altri...ti immagini se veniva anche la squadra...e magari quei pazzi scatenati dei suoi amici/fratellastri/sorellastre e Company? Da suicidio.
Così eccoci qua in un pub chiamato Old Wild West dove si può gustare cucina texana e messicana nonché bere birra buonissima e alcolici di ogni genere. È un pub carino arredato sullo stile dell'antico west all'incirca con teste di pellirosse e frasi indiane insieme a dipinti sui muri di guerre e lotte fra cowboy e indiani appunto. Molto carino. Intorno al bancone ci sono le selle e il barman fa lo spettacolo consueto ogni volta che prepara le ordinazioni. C'è la sala fumatori e i tavoli sono ben disposti. Ai bordi dei muri ci sono i posti sotto le carovane e chi vuole può sedersi là. È un posto ottimo con musica sempre in stile country o giù di lì. Ci veniamo spesso ma non quando vogliono fare casino.
Lei è vestita come sempre da pazza, cioè...pantaloni larghissimi con un cavallo che arriva alle ginocchia e le gambe navigano,  scarpe vecchie da ginnastica, maglia smaniata rossa con un tribale nero sul petto. Evidenzia troppo, per i miei gusti, il suo seno....si notano i tatuaggi e i piercing che ha abbondato. Uno spettacolo come sempre! E i capelli sono raccolti in mille codine sul capo che le scendono lunghi e mossi sulla schiena.
Karl ha voluto sorprendere tutti e vestirsi in bianco. Ogni tanto le fa queste cose, mi aspettavo un rigoroso nero. Camicia e pantaloni in tessuto fine che mostrano i muscoli e le linee naturali del suo corpo...nonché i suoi boxer stretti...questa è opera di Genzo. Guardo infatti il portiere e noto i pantaloni di pelle a vita bassa che gli fasciano le gambe in modo indecente. Ma queste descrizioni non sono da me, ma immagino Astrid come se li sta mangiando. Ha una maglietta anche lui smanicata nera attillata. È sempre il solito....ama il suo corpo e farlo vedere agli altri. Direi che quando era in Giappone, per quel che lo conoscevo, era un tipo riservato che amava le sfide e far vedere la sua forza...ma qua...ha subito un cambiamento in compagnia di Karl...mah...io ho una semplice maglietta maniche corte che aderisce fin troppo al mio torace, per i miei gusti, e dei jeans a sigaretta semplicissimi come ce ne sono molti. Fortuna che non ho ceduto all'insistente fidanzata che voleva mettermi addosso dei pantaloni stracciati e scoloriti che mi ha regalato lei!
È tutta eccitata ed euforica per il contratto appena firmato a tempo indeterminato. Si tratta di una compagnia a quanto pare piuttosto seria che procura servizi nei video musicali di star che vanno dalle più sconosciute alle più famose. Lei non dovrà far altro che ballare...è un buon trampolino di lancio per qualunque cosa voglia fare lei e sono contento abbia trovato la sua strada, in un certo senso. Si prende bene come soldi ma anche se la pagassero poco lei l'avrebbe fatto lo stesso...lo dice sempre.... 'farò solo quel che mi piace...' si, anche a costo di rimanere disoccupata!
Mi farà morire proprio!
Sta sparando un sacco di stupidaggini prendendo per il fondoschena tutti i ragazzi presenti in sala. Ad un certo punto non la seguo più, cerco di fare finta di nulla mentre si mette a cantare. Poi arriva una telefonata al cellulare e siccome c'è la musica alta ovviamente lei non esce, rimane al tavolo e si mette ad urlare:
- pronto?-
- ciao, sono io....ci sei?- (la madre)
- no C 7 affondato!-
- ahahah...è vecchia!-
- allora no, sono al bar, meglio?-
- ...-
- cosa vuoi?-
- ma scusa, non dovevate cenare a casa da noi? Dove siete?-
- ah, no, siamo al Old West, mangiamo qua!-
- che? Al vecchio Far West?-
- si, è un edificio di medie dimensioni con la sala fumatori, musica country, affreschi e scritte indiane, teste mozzate, sellini e camerieri fighissimi!-
- non volevo sapere com'è....ma come avete fatto ad arrivarci...-
- con le macchine...-
- scusa ma...non capisco...-
- ma non è mica in culo al mondo....mica siamo tornati indietro nel tempo, sei scema?-
[intanto Genzo e Karl:
- ma con chi sta parlando?-
- e con suo padre dal Gippone dubito...-
- si e poi solo con sua madre osa essere così sfacciata e prenderla per il culo...-
- si, è vero, mi domando quando si ribellerà...-
- Astrid? Non ha bisogno di ribellarsi ancora di più...-
- no lei...-
- oh...la madre immagino...-
- genio!-]
- ma insomma, che ci fate là?-
- parlaimo, beviamo, ridiamo, sfottiamo...anzi...io e Genzo parliamo e sfottiamo, Karl e Jun stanno zitti e scuotono le teste...che cazzo ridete, scemi!-
- sii più rispettosa per loro!-
- ma va là!-
- insomma ed io?-
- e tu sei a casa a farti i fatti tuoi, sei vecchia, mica potevi venire con noi!-
- ma eravamo d'accordo che venivamo insieme a mangiare con gli altri tuoi amici...-
- intanto io vengo solo con Jun, non faccio orge tanto meno incesti...e poi…-
- NON ESSERE VOLGARE!-
Sento ridere tutti alla mia faccia rossa pomodoro!
Mi copro il viso con le mani e vorrei sprofondare…
- insomma, mamma, ce ne siamo dimenticati in pieno che dovevamo mangiare lì…dai, facciamo quando torniamo…-
- si, alle 3 di notte tutti ubriachi…tranne Jun e Karl…-
- no, ma io voglio far ubriacare anche Jun!!!!-
- senti smettila. Facciamo la cena domani! Zitta e smettila di gridare a tutti i fatti nostri!-
finalmente chiude la comunicazione imprecando contro la sfacciata madre! Mah…che fare con lei? Faccio finta di nulla riprendendomi a fatica e guarda da un'altra parte. È così che sia Karl che Genzo cominciano a prenderla di mira avendo ora mille pretesti per infastidirla e ridere di lei. Si vede quanto sdono sadici quando c’è lei seduta offesissima in un altro tavolino a fianco il nostro e loro due che ridono divertiti….certo…Karl non ride ma fa solo un ghigno sbieco…ma lo fa!
È qua che arriva uno dei camerieri che conosce Genzo a salutarlo. È un tipo giovane e normalissimo, mentre loro parlano e Karl li guarda male, Astrid decide di vendicarsi. Da dietro il cameriere spunta la sua faccia e si mette a fare boccacce e facce buffissime che fanno ridere sia Genzo che me…Karl ha un ottimo controllo. Specie il moro non cerca di contenersi, effettivamente è una bella vendetta. Il ragazzo si ferma, si gira e guarda la bionda intenta a infilarsi le dita ai lati della bocca e ad allargarsela mostrando la lingua. Lei si blocca di botto e lo guarda rimanendo con quell’espressione da film comico.
- eehmmm…shusa…on isheho a he…-
questo alimenta ancor di più l’ilarità generale e mi dispiace moltissimo quando il ragazzo se ne va seccato e offeso…povero…ma del resto quando un pagliaccio è tale…
la guardiamo con ancora le lacrime agli occhi e lei si stringe nelle spalle, che fare? Sembra dire proprio questo il suo sguardo birichino. Come al solito ne combina una delle sue. Le figuracce con lei sono all’ordine del giorno.
È mentre stiamo disquisendo sulle innumerevoli scenate buffe della tedesca che la vediamo impallidire violentemente e correre al bagno  tenendosi la bocca.
Noi tre ci guardiamo silenziosi.
E questa cosa da dove esce?
Lei, stomaco di ferro, fogna vivente, anticorpi robotici…che sta male? Mi alzo e la raggiungo, aspetto fuori dal bagno delle ragazze e le chiedo come va e cosa le sia successo.
Non sono preoccupato ma solo interdetto.
Non è da lei, qualunque cosa abbia…
- ho vomitato…-
dice con voce roca uscendo. Si è sciacquata il viso pallido ed ora la sua espressione non più giocosa mi fa forse più impressione.
- ma è per qualcosa che hai mangiato?-
- no, io fisicamente sto bene, credo…insomma, non sento nessun sintomo se non…quando ho sentito…-
si interrompe facendo un espressione ancor più strana, poi continua:
- …quando ho sentito l’odore del fritto che veniva dalla cucina…-
ci guardiamo entrambi scambiandoci un occhiata espressiva. Sembriamo comunicare la stessa frase a metà.
 Non sarà che…non abbiamo il coraggio di continuare, sarebbe assurdo. Impossibile!
 
La posiamo sul divano e le alziamo i piedi mentre ci scambiamo sguardi annichiliti. I vestiti sono larghi e leggeri quindi non sono nemmeno da allentare. Le mettiamo un cuscino sotto il capo e le bagniamo la fronte. Io proprio non capisco che le prenda in questi giorni. È già la terza volta che sviene, per non parlare delel nausee…anzi, io una mezza idea ce l’avrei ma ho paura di realizzare. Si. Ho proprio paura, questa volta. Di una cosa così semplice e naturale. Non voglio pensarci.
Genzo e Karl però sembrano aspettarselo, capirlo…ma loro non ne sono coinvolti in prima persona così. Loro, non possono capire…loro…mi dispiace…loro non proveranno mai…per tatto mi tengo tutto dentro ancora una volta…o forse per egoismo o per scappare. Non voglio far sapere che se è come non oso pensare allora io potrei cadere nel panico.
Io, Jun, il ragazzo sempre tutto d’un pezzo che non si fa mai cogliere impreparato da nulla ed ha sempre soluzioni.
Quando Astrid riapre gli occhi cerca subito il mio sguardo e vi leggo la medesima nota di preoccupazione che si può leggere nel mio. Ci capiamo al volo. E questa volta lei non ride. Ciò mi turba maggiormente sopra ogni cosa e penso che vorrei tantissimo tornare a quelle serate spensierate quando lei ne combinava di tutti i colori e tutti noi ridevamo di lei…con lei…vorrei proprio che il tempo non fosse trascorso. Vorrei.
Ma adesso c’è una responsabilità da affrontare e un’altra vita da sistemare.
 
 
Il reperto medico è sul tavolo della cucina. C’è solo quel foglio bianco e si nota subito. La madre di Astrid non so dove sia  e non c’è nemmeno lei. È deserta la casa e il silenzio per la prima volta mi da fastidio.
Prendo il foglio in mano e mi chiedo, prima di leggerlo, perché abbia voluto fare ancora una volta tutto da sola. Quando la trovo la sgrido. Deve finirla di tagliarmi dalla sua vita e dalle cose importanti. Deve capire che stiamo insieme perché ci amiamo e dobbiamo condividere…condivide…
‘è risultata al test di gravidanza positiva’
in mezzo a tutte le altre cose leggo questa frase.
E il panico ufficialmente mi avvolge.
Il mio lato che pensavo dimenticato e sconfitto, quella mia parte che mi ha fatto compagnia per molti momenti della mia vita, quella con cui parlavo con la morte e guardavo con occhi tetri gli altri…quella parte…torna a sorridermi. Torna fuori. Torna ad impossessarsi di me…
Astrid è incinta…ed è sparita…”
 
- Cosa ne pensi?-
 
“ stiamo camminando per strada, una strada abbastanza deserta, e glielo chiedo a bruciapelo, come è nel mio stile. Non mi spiego, so che lui segue i miei stessi pensieri. Genzo mi risponde diretto:
- Astrid in cinta? Non sappiamo se lo è…-
noi non lo sappiamo ma penso che gli accertamenti li abbia fatti di nascosto, conoscendola…ma non mi preme questo. Mi preme Genzo…
- non di lei in cinta…ma del fatto di diventare genitori, avere figli…-
non ci guardiamo nemmeno, andiamo avanti per la strada illuminata dal sole pomeridiano. Le giornate si sono allungate. Ormai anche io riesco a fare attenzione ai dettagli come mai facevo. Ne sono felice…non è solo merito di Jun o di Genzo…ma di tutto quello che mi è capitato da quando sono arrivati quei due…è stato un susseguirsi di mille eventi che mi hanno pian piano radicalmente cambiato. E mi sono trovato a domandarmi spesso se le maschere umano non siano una follia naturale oppure voluta. Come fare per liberarsi di esse? Quando ti accorgi di averle poi che fai? Quando me ne sono reso conto volevo solo farmi vedere dalla persona che amavo, da Genzo. Lui mi ha visto come sono e mi sono subito sentito bene. Ora lentamente sto diventando il vero me stesso…da mostrare solo a chi ritengo degno.
Ma lui? Lui che è sempre stato se stesso con me e coi suoi amici…lui…che desideri ha oltre a stare con me e fare solo quel che più gli piace?
Sospira.
- ci ho pensato un po’ in questi giorni. Karl. Noi non diventeremo mai genitori, non avremo mai figli. E questo è quanto. Inutile pensarci e rifletterci. Non ci sono altre vie, soluzioni…alla fine non c’è nulla su cui pensare!-
duro con se stesso e con il suo essere principalmente. Io lo so che anche se non lo dice lo vorrebbe. Si chiede come sarebbe lui da genitore. Cosa significa avere un figlio tuo.
- invece c’è da parlarne. Non si possono reprimere certi istinti, desideri. Me lo hai insegnato tu.-
Mi guarda stizzito. Sicuramente di chiede da quando sono diventato così saggio e pedante! Non lo sono, sono semplicemente stanco di fare finta che certe cose non si sentano e non esistano. È inutile ignorare il fatto che se staremo insieme io e lui non avremo mai una vita come tutti…con le gioie che solo un uomo e una donna possono provare. La gioia di una famiglia. Di appartenere a qualcuno, di avere una casa con persone tue, un affetto che non capirò mai perché alla fine io la famiglia non l’ho mai avuta.
- ne io ne te abbiamo avuto esempi, quindi non sento il desiderio di provarci…mi sta bene così.-
prova a convincermi debolmente. In realtà è tutt’altro.
- non devi sforzarti di tranquillizzarmi.-
dico serafico e forse un po’ troppo duro e gelido. Lo colpisco come se gli avessi dato un pugno. Per lui le parole sono peggio perché coi pugni si difende bene.
Sente un impulso indomabile di fare qualcosa che ancora non capisce. Così di avvicina ad un muretto che costeggia una discesa ardita e senza fermarsi fa un salto salendoci sopra in piedi. Guarda verso il paesaggio sottostante e le stradine che si diramano sotto il dirupo, siamo venuti a fare questa passeggiata di proposito ed ora non ci rimane che parlarne.
Non mi guarda, tiene le mani nelle tasche dei pantaloni scuri e stretti, i muscoli delle spalle, della schiena e delle braccia sono tesi. Lo infastidisce la cosa. Non vuole pensarci, io lo so. Ma deve. Il vento fresco da un po’ di sollievo scostandogli i capelli che volano di lato e il mio sguardo si perde in quelle ciocche semi ribelli per poi scendere sulla maglia senza maniche che gli sta stretta intorno al busto ampio. Come osa vestirsi così? Ogni tanto lo penso e normalmente sorrido fra me e me…ma ora…non so. È tutto così serio. Gli pesano quelle spalle. Voglio raggiungerlo e condividere quel peso.
- e tu?-
mi chiede nel suo stile evasivo ma diretto allo stesso tempo.
Io mi siedo nel muretto accanto a lui con i piedi sull’asfalto, al contrario di lui. Guardo a terra pensieroso ma nemmeno tanto e sicuro di me, con la sicurezza tipica di chi non ha fatto altro che pensarci tutta la notte, gli rispondo:
- io non provo quel desiderio. Perché ho ritrovato la mia famiglia e la sto scoprendo ora. Io coi bambini non vado d’accordo…proprio non mi piacciono, ma non è questo il punto. Non ho desiderio di appartenere ad una casa e forse quando scoprirò cosa significa famiglia potrò volerne una mia. Ma per ora no. Non voglio rischiare, non voglio avere qualcosa che non conosco, non ha senso. Sto bene ora così come sono, ho molte novità da vivere attualmente. Ma siamo diversi io e te, la nostra situazione lo è.-
mi ha ascoltato in silenzio senza fare gesti, in realtà non vede davanti a se.
- io non lo so…non ho avuto una famiglia…ovvero l’ho avuta ma è stata una famiglia di serpi. Ho sempre temuto di essere come loro…quando mi sono scoperto diverso ne sono stato felice e ho provato ad immaginarmi io padre di una famiglia. Non avrei mai cresciuto i miei figli così…non avrei fatto molte cose che hanno fatto loro…-
sapevo che ci aveva pensato molto anche lui. Ora parla con un tono basso e sfumato…come se i pensieri che fluiscono in questo istante li butti fuori subito senza elaborarli.
Lo lascio fare.
- quindi si…la vorrei una famiglia. Sono curioso di sentire la gioia di stringere un figlio. Voglio capire come possono aver abbandonato me i miei genitori. Voglio…molte cose..tutte che convergono col desiderio di famiglia e figli.-
chiudo gli occhi. Un po’ mi fa male sentire queste cose. Un po’ tanto a dire il vero. Cosa posso fare io per lui? Nulla. È l’unico desiderio che non posso aiutarlo a realizzare. È triste e doloroso sia queste che il fatto che lui voglia un famiglia, voglia provare la gioia di averne una…quella sensazione che si prova solo con una moglie e dei figli. Cosa che io non provo e non voglio per ora. Fa male. Perché le cose sono due…o lui  rinuncia a questa sua voglia oppure mi lascia per raggiungerla. In ogni caso uno dei due soffre. Specie ora che abbiamo realizzato. Non so…non lo so…per la prima volta non so.
È mentre tengo gli occhi chiusi e un espressione liberamente malinconica che due braccia mia avvolgono da dietro, un petto copre la mia schiena e due gambe forti come le braccia che mi stringono siedono dietro di me combaciandole con le mie…è un abbraccio totale e completo. Stretto, forte…pieno di quel qualcosa che cercavamo entrambi all’inizio del discorso. E il suo volto che si attacca al mio, guancia contro guancia. Sento il suo respiro. Il petto comincia a riempirsi di qualcosa. Aria…no…è proprio sentimento. Non respiro e apro gli occhi per poi posare la mano sulle sue incrociate sul mio petto e richiuderli per catturare quel qualcosa che abbiamo recuperato.
- non importa…qualunque cosa vogliamo l’importante è non lasciarci mai. Io ti amo, scemo.-
non l’avevo dimenticato…no non l’avevo scordato…è solo che…che…avevo avuto un attimo di paura…avevo immaginato la mia vita senza di lui. Di nuovo senza di lui. E il panico mi aveva offuscato i sensi. Non trovavo più la cosa più importante. Questo.
- idiota…-
mormoro a fior di labbra mentre il respiro mi si spezza. Non arrivo a parlare. Cazzo…gli occhi bruciano. Li stringo. Che razza di magie mi fa? Solo lui riesce a snudarmi in questo modo. Solo lui.
Porco cane.
Mi volta leggermente il capo e il busto e nel farlo mi copre  di proposito il volto con una mano, col palmo. Gli occhi inondano quella sua pelle calda di lacrime salate. Realizzare di non poter fare a meno di essere egoisti…di non poter fare a meno di lui…di essere così deboli di non riuscire a rinunciare nemmeno per il suo bene…non è uno scherzo. Sono quello che ho sempre cercato di non essere…e mi sta bene così se posso avere lui.
- mi dispiace ma non voglio mollarti facilmente…capisci perché non volevo parlare di questo?-
lo sapevo che era per questo però era giusto sapere. Pensavo di potermi controllare ma ora la mia maschera se ne è definitivamente andata. Non riuscirò mai più a fingere con lui.
Dannazione…sono troppo debole…
Posa le labbra sulle mie guance scoprendomi gli occhi e schiudendole leggermente mi accarezza con esse sulla scia delle gocce che escono timide dai miei occhi. Era troppo pesante…tutto…non ce l’ho fatta quando l’ho visto così lontano da me. Senza di lui sprofonderei nel ghiaccio come un tempo.
La sua lingua calda e bollente beve il mio pianto e se ne frega del posto in cui ci troviamo. Mi aggrappo alla sua maglia e lo attiro più a me. Ho bisogno solo di lui. Nient’altro.
Seguendo questo istinto disperato inverto i ruoli. Io non lo farei mai qui all’aperto…lui si ma io no…sono incosciente? È colpa sua…non deve mai più voltarmi le spalle.
Lo bacio come forse poche volte ho fatto. Premo le mie labbra sulle sue e il suo sapore o forse il mio sa di salato. Non so se le mie lacrime continuano a scendere. Non lo so…ma lo adoro…è tutto così nuovo, bello, triste e puro. Giusto.
Come una promessa.
- ti amo anche io…-
glielo sussurro prima di approfondire con la lingua che cerca la sua un unione più stretta e assoluta.
Ora sto bene. Come ogni volta. Ora sto veramente bene. La maschera è definitivamente battuta e finchè ci sarà lui andrà sempre così.
Vero?
Nulla potrebbe separarci. Nulla.
Siamo così presi…così…esclusivi…così fuori dal mondo…che nulla al mondo potrebbe distrarci, farci staccare ora. Nulla…nemmeno un flash strano che ci colpisce e lo scatto di una macchina fotografica. C’è ma non lo sentiamo…e immersi continuiamo senza badare al mondo che ci circonda…e che ci potrebbe…guardare…”