CAPITOLO 40:
NOI SIAMO I CAMPIONI
 
“Mi sono sempre interrogata sul significato di famiglia, ma non proprio su quello. Più che altro di madre.
Madre.
Chi è una madre? La mia è stata più che altro un amica…io sono sicura di non aver avuto esempi belli e buoni di madre. Io, onestamente, non ho idea di cosa possa essere una madre. Non solo un amica per i figli, ma anche…non so, una figura costante, materna, dolce, gentile, ferma, sicura…matura…principalmente credo debba essere matura. deve sapere sempre tutto, cosa è bene e cosa è male. Non va mai in vacanza. Non può lamentarsi. Deve mettersi da parte, lei e gran parte dei suoi sogni. La madre è il lavoro più duro di tutti. Specie perché deve dare il buon esempio ai figli. Deve trasmettere loro amore, loro lo devono vedere, sentire, toccare…una madre…queste e molte altre cose che sono certa io non so, mi sfuggono.
Sospiro.
Sento distintamente il mio respiro uscire dalla mia bocca semi aperta che stancamente richiudo.
Mi passo le mani fra i capelli cercando di sgrovigliarli. Non ci riesco. Manco fossero ricci…sono solo appena un po’ ondulati. Quasi quasi li taglio. Sono così lunghi. Troppo. Li taglio corti alla maschiaccio…come Akane Tachibana del manga I’ll…si, me li tingo pure di nero. Così. Perché mi Va.
Ma chi voglio prendere in giro?
Se lo faccio è solo perché mi sento totalmente diversa…ed ho bisogno di esternarlo.
Tanto so che non lo farei mai. Perché non sono così matura da cambiare veramente come dovrei.
Io. Cosa sono?
Immatura, certo. Poi che altro? Scavezzacollo, precipitosa, ribelle, egocentrica, insensibile, stupida, ignorante, attaccabrighe. Urca, è meglio che non continuo.
Ho sempre saputo di essere così e mi è sempre andata bene…anzi, mi piacevo. Ma ora…ora non va bene. Ora non va affatto bene che io sia così.
Non DEVO essere così…io lo so…
Il fatto è che io ho di natura tutte le caratteristiche opposte ad una madre.
Tutto qua.
Sospiro di nuovo scoraggiata e con un gesto stizzito riprendo le lunghe ciocche di capelli e le porto in avanti a coprirmi il viso che nascondo poggiandolo sulle ginocchia piegate.
La porta della stanza si apre ed entra silenziosa una figura.
Chi potrebbe essere? Avevo chiesto di non far entrare nessuno che dovevo riflettere.
Da sola. Assolutamente.
E questo è l’unico posto che mi è venuto in mente.
Un odore di fumo invade la stanza. Non alzo la testa. Lei non fuma, chi sarà che si azzarda a disturbarmi fumando?
Sento che costui si siede a terra, credo proprio davanti a me.
Parla, dannazione. Mi sto stufando.
- Yasmeen mi ha detto di non entrare…-
La voce.
La riconosco subito.
Questo per lui è come un pass, una chiave…ovvio che se uno gli dice di no, lui entra.
Non so se sono contenta di sentirlo qua oppure No.
Attualmente non capisco più nulla. So solo una cosa.
- Michael…sono incinta…-
Arrivo subito al punto. Diretta, spigliata, schietta. Non giro mai intorno a nulla.
- e tu?-
Ha un tono identico al mio. A volte mi chiedo come facciamo ad essere così simili seppur senza nessun legame di sangue.
Io muovo leggermente le spalle che lascio curve. Non ho ancora alzato il capo.
- non lo so…-
Butta fuori il fumo e risponde con un fondo di cinicità che lo caratterizza sempre.
-palle…lo sai benissimo…-
Non so cosa dire. Sapevo che lui sapeva…ma ci ho provato lo stesso.
Sono proprio stanca.
A volte vorrei decisamente mollare. Per cosa cazzo vado avanti?
Ho un motivo speciale che mi spinga a non mollare tutto?
Insomma. Io paura della morte non ne ho, anzi. Si stà così bene di là…e allora perché mi affanno a vivere facendo quel che mi piace? A che mi serve? Poi finisce tutto. Non ci sono cose indispensabili che non posso rinunciare assolutamente. Vero?
Oddio…ora che ci penso così…non lo so…non è che ne sono sicura.
Ci sono tante persone che piangerebbero, credo…immagino. Io odio quando piangono per me. Non lo sopporto.
Ma non sono solo queste lacrime.
C’è altro, no?
C’è UN altro.
- so solo una cosa…sono sempre stata immatura e incosciente. Una vera stupida. Ma non fino al punto di mettere al mondo un marmocchio che nascerà da questa incosciente che di materno ha solo il seno! -
Non spiego meglio. So che lui ha capito.
Io non posso dar questo peso al bambino che nascerà. Come lo cresco? Cosa faccio? La ragazza madre…che non ha la più pallida idea di come si cresce un figlio…già….bella vita. Non voglio fargli fare la stessa vita che ho fatto io. Su e giù per il mondo. Con un padre traditore e mille madri, fratelli e sorelle. Non è vita, è un inferno. A me è piaciuto, ma guarda come sono venuta su. Non mi reputo una persona…non voglio questo per mio figlio. Ma so di potergli offrire solo questo. E so che non so fare la mamma…per cui che faccio? Che ne so!
- e Jun?-
Spalanco gli occhi e trattengo il respiro. Per un attimo il battito si ferma.
Lo saprà. Sarà infuriato, triste, strano…e che altro? Non mi troverà da nessuna parte, non potrà parlare con me…avrà l’ennesima dimostrazione che sono immatura…che una come me non può crescere un bambino. E poi? Dopo di che, che vorrà fare?
- non so, non ci ho parlato…sono venuta subito qua in Brasile da Yasmeen. Avevo bisogno di un rifugio lontano da tutti. Da Jun, da mia madre…da tutto. Devo pensare con la mia testa.-
- ma lo sa?-
- si.-
Immaginerà come l’ha saputo. Non so dare le notizie io…
- poi…come faccio? Proprio ora che ero entrata nella compagnia dei video musical. Stavo per intraprendere un attività che mi piaceva un casino…il ballo per me è  un po’ la vita, lo sai…Michael, ma ti sembra giusto? Io ora mi stavo facendo una vita. Un lavoro che mi piaceva, l’amore accanto…felicità…ed ora…così…è arrivata la botta. Non sono così ingenua da esultare felice. Un bambino è il più grande impegno di una persona…ti cambia radicalmente, te e i tuoi piani. Non è un bambolotto che puoi affidare a tua mamma mentre vai ancor a divertirti coi tuoi amici! Io…non so se ci riesco. Non so cosa ci vuole, so solo che io non ce l’ho. Non sono nemmeno sposata…-
Mentre il mio monologo di sfogo inizia vengo interrotta bruscamente da una tirata di piedi. Mi strattona costringendomi ad alzare il volto e a fissarlo negli occhi. Si tende verso di me e mi fa la domande che è un pugno nello stomaco. Ero scappata perché non volevo che qualcuno me la facesse. Ma come una bambina vengo rimproverata lo stesso.
- allora dimmelo chiaramente guardandomi negli occhi…immagina di avere Jun davanti a te e diglielo…vuoi abortire?-
Ancora una volta non respiro. Non sono più in me, non capisco dove sono…sto male. Un nodo che avevo in gola sale sempre più fino ad uscire in salate e calde lacrime:
- No…non ucciderei mai nessuno…è l’unica certezza della mia vita…ma permettimi di…essere confusa…e di non sapere ugualmente che fare di questa mia vita che sta per cambiare totalmente…in meglio o…in peggio…non so…so solo che…se lui mi trova anche ora tutto si risolve…se invece mi lascia perdere…è finita…e mio figlio avrà tutto quello che io non volevo avesse…io…nngggg…-
Non arrivo più a parlare. Singhiozzo mentre mi copro il viso con il braccio, non voglio farmi vedere mentre piango, lo detesto. Sono una stupida bambina viziata…mi odio per prima…odio tutto ora…tutto…porco cane…ma perché?
È forse comprensibile tutta questa reazione, o forse No…ma è la mia…e giuro che cercherò di cambiare…ma ancora un po’…voglio sentire cosa si prova ad essere una ragazza qualunque che sa lasciarsi andare.
Mi sciolgo definitivamente quando le mani di Michael mi attirano a se facendomi appoggiare la testa sulle sue gambe incrociate…proprio come io feci quella volta con Genzo consolandolo della crisi che aveva per Karl…le cose cambiano…come cambiano…le persone per prime.
Affondo il volto nella sua canottiera ed evito di vedere il mondo per un ora abbondante mentre lui mi sta acanto semplice e silenzioso come lui e pochi altri sanno fare.
Trovami, Jun…e saprò cosa fare. Ma non potevo rimanere là. Non ci riuscivo. È importante che tu mi trovi.”
 
DRIIIIIIIIIN DRIIIN DRIIN DRIIIIIIIIIIIIIINNNN!!!!!
 
“Chi diavolo è che suona in questo modo? Che domanda inutile, lo so benissimo chi è.
Apro la porta preparandomi a ricevere Genzo, ma invece mi trovo davanti agli occhi una rivista aperta, noto le pagine stropicciate e le dita che stringono la carta ai lati convulsamente.
- KAAAARL!!! E’ FINITA!-
Sgrano gli occhi azzurri. Non posso crederci. Inarco le sopracciglia bionde e fisso del tutto sbalordito per quel che un Genzo fuori di se mi mostra.
C’è una foto in grande con alcune altre più piccole sulla stessa pagina. Sono tutte ritraenti me e Genzo mentre ci baciamo. Sono dell’altro giorno, quando io piangevo…fortuna che non si vedono le mie lacrime, la cosa mi avrebbe infastidito di più del bacio.
Dopo aver realizzato questo dettaglio, ingrano il resto.
Ovvero che un giornalista ci ha beccato ed ha spiattellato al mondo i fattacci nostri ed ora la nostra vita privata, amorosa, intima e sessuale è resa pubblica.
Addio alla pace, alla privatezza…addio alla maggior parte delle cose a cui tenevo!
C’è di seguito un lungo articolo che non voglio nemmeno leggere.
Perfino nella mente mentre vivo tutto ciò sono telegrafico, ma del resto non ho tutta la fantasia di Genzo che immagino avrà avuto insultando quella persona dai venerdì mancanti(ho imparato un nuovo modo di chiamare i pazzi…NdAka).
Per me si arrabbia ben lui che comincia a parlare come un fiume.
- porco mondo, ci hanno beccati, cazzo! Ma ti rendi conto, sti stronzi! Ora tutti sapranno i cazzi nostri, merda! Dio, non lo sopporto, aspetta che la voce si spanda e vedrai l’inferno che passeremo!-
Rimango effettivamente di sasso.
Ma non ho tempo di reagire per me, sono occupato a tenere fermo lui prima che mi spacchi la casa. Con lui è difficile pensare egoisticamente ad una reazione plausibile!
Solo una domanda veloce prima che mi suoni il telefono e io possa parlare con Genzo:
E adesso?
- pronto?-
Rispondo secco e gelido. Non è il momento. Dannazione. Io sono freddo di natura ma anche la mia pazienza ha un limite ben preciso, e lo sto passando ora.
- Schneider…sono la madre di Astrid…lei o Jun sono lì con voi?-
Mi faccio subito più attento cercando di cacciare quelle foto dalla mia testa.
C’è qualcosa che non Va. Lo sento chiaramente.
- No…-
Sospira, è molto agitata e la voce quasi rotta. Preoccupatissima.
- è da ieri che non li trovo più. Non credo siano insieme…penso lei sia sparita da più tempo…dopo che è tornata dalla visita medica che ha fatto da sola…ha lasciato il referto  medico sul tavolo e di lei non c’era traccia….Jun deve aver visto il risultato e poi non si è più visto nemmeno lui. Non so se abbia dormito a casa o no, ma stamattina non c’era. Sono molto preoccupata…sia per il bambino che per loro…non so, credo abbiano litigato o una cosa simile!-
Ha parlato veloce…assomiglia troppo alla figlia. Ho un attimo brevissimo per realizzare quanto ha detto, poi le dico solo che li avremmo cercati anche noi e chiudo la conversazione.
Merda. Ora è il caso di dirlo.
Ma si sono messi tutti d’accordo, porca troia?
E loro che impazziscono, e la gente che ha perso ogni cazzo proprio da farsi e cerca quelli degli altri…e non è possibile…e pure io che perdo il mio sangue freddo parlando come farebbe Astrid, quella pazza…si…effettivamente lo è…sparire dopo aver scoperto che è incinta!
- Genzo, abbiamo ben altro di cui preoccuparci…Astrid è incinta ed è sparita, Jun non si trova da stamattina nemmeno lui. Non si sa se abbiano litigato o cosa, ma dobbiamo trovarli…-
Mi guarda stralunato. È leggermente irato e con questa storia proprio sembra non saper più dove sbattere la testa.
Riformulo la domanda:
Che diavolo facciamo?
Sbuffo e mi permetto di lasciarmi andare ancor di più.
Mi passo le mani nervosamente fra i capelli. Penso veloce. Velocissimo.
Da una parte lo scandalo e la mia pace che sta per andare nel cesso, come direbbe Genzo, dall’altra Jun, uno dei pochi amici che io personalmente abbia. L’idea che possa star male mi da fastidio, innegabilmente. Poi effettivamente capisco razionalmente che non posso fare nulla per rimediare alle foto e all’articolo….ormai è pubblicato…e non ho intenzione di baciarmi con una donna davanti a tutti solo per smentire tutto…così non mi rimane che far quel che posso per Jun, per lui penso di poter fare qualcosa.
- andiamo!-
Faccio in tono freddo e staccato uscendo di casa.
- dove?-
Seccato e corrucciato mi chiede.
- a cercare Jun e Astrid!-
Ovvio e d’obbligo.
Come lo è il posto dove possiamo trovare Jun. Su Astrid non ne ho idea, ma per lui si.”
 
“ Sono come note di un piano forte che mi suonano nella testa mentre mi lascio avvolgere dal vento caldo di questa stagione afosa.
Non mi suono una colonna sonora conosciuta, ma sembra più una di quelle che sente Astrid…solo che il pianoforte l’ha trasformata in una tristissima e malinconica. Come…come la fine di una storia. Si.
Mantenendo gli occhi aperti fisso la scia dei miei capelli rossicci che svolazzano dal mio viso. Non me ne curo. Poi sposto gli occhi dello stesso colore delle ciocche liscie, su nel cielo. Poso il capo all’indietro, dietro di me nel palo. Sospiro. È un cielo molto bello.
Mi è sempre piaciuto.
È il silenzio mortale intorno a me eppure la mia mente elabora da sola questa melodia da musica classica mai suonata in un concerto.
Cosa voglio fare? Rimanere ancora a lungo qua? Così, senza dire e fare nulla. Volendo tornare indietro nel tempo a quando l’immaturità e l’incoscienza albergava in me. Non vado lontano.
Me ne ero dimenticato che l’unico fedele a me è il mio cuore. Non si stanca ma idi darmi problemi e fastidi. Lui non cambia mai.
Ma poi perché sto qua?
Perché avevo nostalgia.
Perché vorrei tornare indietro a quando potevo fare quello che volevo e giocare. A quando inseguivo il mio unico vero sogno. Illudermi.
Sto qua perché è l’unico posto che ho sempre sentito mio.
Il posto per me, per la mia testa e il mio cuore malato.
Andavo sempre a rifugiarmi in un posto simile, quando stavo male o dovevo riflettere. Ora è ancora così.
Non ho avvertito nessuno, ma voglio stare solo.
È così che il sole prende lento a calare e mi cancella ogni strano pensiero. In realtà voglio solo trovare la forza per andare avanti. Ancora. E fare un passo che penso sia più lungo della mia gamba. Devo rendermi conto di essere umano. Ho debolezze e fragilità come tutti e far finta di non averle più è da stupidi ed io non lo sono.
Ma se non lo sono perché non vado da lei e non faccio quello che dovrei fare?
Cosa voglio da questo posto?
Da questa mia vera casa?
Con un ulteriore sospiro mi stendo sull’erba corta e fresca. Si sta veramente bene così, in pace col mondo. Ma io cerco solo la pace con me.
Cosa posso fare?
Sono padre. Sto per esserlo. Lo sarò.
È presto, inaspettato, mai pensato.
Ok. È sciocco chiedersi se potrò mai esserne capace. Il padre è un istinto non una riflessione. Ma io sono in confusione perché lei non me ne ha voluto parlare, perché volevo dirle di tutto. Perché avevo bisogno di lei in quel momento e lei non c’era. Io ne sono felice che dal nostro amore sia nato una creatura. Ma lei è sparita senza dirmi nulla, tagliandomi ancora una volta fuori. Cosa dovrei fare, secondo lei, a questo punto?
Cosa vuole che io faccia?
Sono stufo di rincorrere la gente e risolvere sempre tutto. È da una vita che lo faccio mettendomi da parte. Considerando che nella realtà sono solo un egoista viziato è difficile vivere così.
Io pensavo di aver trovato in Astrid la mia esorcista, colei con cui essere veramente me stesso, che mi facesse stare bene, mi desse quella pace che cercavo.
Ma forse non è così visto che lei è fuggita da me.
Faccio paura?
Non so.
Sul primo momento è vero che sono andato in panico. In generale, senza spiegarmene il motivo.
Ma se lei ha in corpo un essere è perché è stato creato da qualcuno. E non tornerei indietro per cambiare le cose. Io la amo e ne sono certo. La voglio proteggere. Ma lei deve farsi proteggere da me.
Abbiamo bisogno di stare insieme. Io ho bisogno di lei. E lei? Se non ne avesse invece? Se con questo bambino avesse scoperto di non averne bisogno ed è per questo che se ne è andata?
Sono letteralmente impietrito al pensiero.
È così che un ombra mi copre il sole che cerca di scendere all’orizzonte. Anzi, sono due. Si siedono accanto a me e stanno in silenzio per un lungo attimo.
Poi sono io a parlare. Sapevo che loro mi avrebbero trovato. Loro sono calciatori come me…come lo ero io.
- mi avete trovato…-
sorrido debolmente ma poi decido di rinunciarci e torno serio.
- era ovvio…-
la voce asciutta di Genzo mi arriva donandomi quella sicurezza che mi era mancata stamattina.
- Astrid è sparita.-
è Karl ad andare subito sul pratico. Freddo e controllato. Non imparerà mai che anche in pubblico può essere se stesso. Ma forse anche lui è veramente così.
- non credo che abbia più bisogno di me.-
mi escono ciniche parole forse un po’ sconfitto dalla situazione. Non ne avevo ancora parlato con nessuno.
- ne sei sicuro?-
Genzo lascia l’arduo compito di raccogliere la mia confidenza a Karl. Penso che sia il più indicato…forse…
Mi stringo nelle spalle.
- mi ha tagliato di nuovo fuori. Non so cosa voglia da me-
- strano che tu non la capisca. L’hai sempre capita. Anzi. Sei sempre stato l’unico a capirla veramente!-
si…beh….ora nutro dubbi sul fatto che io sia sempre riuscito a capirla come dici.
- non lo so. Ora ad esempio non la comprendo.-
- ma è per il bambino?-
il bambino…faccio un sorriso amaro…quella creatura cosa c’entra?
- no…lui…ho solo avuto inizialmente un picco di panico, come era normale. Ma ora…è tutto per lei. Karl…ti sembra normale fare come ha fatto lei? Andarsene senza dire nulla a nessuno…fare la visita senza il suo fidanzato. Sparire senza lasciare traccia…pur essendo incinta?-
è immediata la sua risposta seppur il mio sfogo lo colpisca. Non lo aveva mai sentito così sincero, forse.
- lei non ha mai fatto cose normali.-
è vero. Poi riprende:
- quindi non vi siete parlati.-
scuoto il capo. Il sole è rosso intenso e si riflette sui miei capelli e suoi miei occhi ancor più vivi di quel carminio incantevole.
- non credi che sia il caso di farlo, allora?-
- lei se ne è andata perché non vuole parlarne, lei preferisce scappare.-
- non credo sia così.-
interviene Genzo, questa volta. Anche lui l’ha capita abbastanza.
- io credo che sia una prova. Importante. Per il vostro bambino. Per vedere, decidere, realizzare. Per il futuro. Il vostro. Io credo che lei la veda così…-
mi siedo appoggiandomi sulle mani. Questa poi…mi mancava.
- e in cosa consisterebbe la sfida?-
- nel trovarla di nuovo. Un ultima definitiva e decisiva volta.-
è convinto. Come se l’avesse sempre saputo. Io rimango di sasso. Ero annebbiato, probabilmente, ma queste parole con quel tono leggermente duro mi hanno scosso e tolto i capelli dagli occhi. Non riuscivo a vedere bene. Ora comincio di nuovo.
Si trattava solo di lei alla fine. Non del bambino. Io non ho dubbi sul fatto che lo amerei con tutto me stesso. Il problema era tutto lei. Se lei lo voleva, se voleva me, se voleva condividerlo con me, che voleva fare ora della sua vita. Se…se…se…tanti se.
Ma deve assolutamente smetterla di fare tutto da sola. Non mi ha mai interpellato. Ha sempre fatto tutto da sola.
- l’accetterai? A te le sfide piacciono, ne sono certo!-
sfide…parla lui che vivrebbe per quelle…come il suo stesso tono ora mostra.
Mi fissa negli occhi diretto e sincero. Scruta. Di cosa sono capace, mi sta chiedendo. Lui lo sa, ne sono certo. Come sono certo che questa chiacchierata mi ha fatto talmente bene che ora potrei giocarmi una partita di calcio intera.
È un sorriso provocante quello che accetta questa benedetta prova. Uguale a quello che mi mostra il portiere. E tutto il mio volto cambia all’istante. Quanto vero è quello che mi ha detto.
Ora capisco tutto velocemente.
Lei è così, avrei dovuto capirlo subito.
Non condivido certe cose che fa, tanto meno questa. Ma è fatta così…e io amo quella pazza. Se non lo fosse mica starei con lei!
Si risollevano subito anche loro vedendomi così. È tutto tornato alla normalità.
Io e loro due, amici in un modo impensabile, che mi hanno aiutato anche in questo momento.
Ora il vecchio Jun è definitivamente sconfitto, morto e sepolto.
- cosa farai ora?-
chiede Karl rimanendo seduto a fissarmi penetrante e non più freddo.
- ora?-
mi alzo con un espressione totalmente sicura e decisa. Le mie, insomma.
- ovvio, no? Vado da lei!-
- e…?-
fa eco Genzo con un semi ghigno.
Ricambio anche se il mio è decisamente più composto e aristocratico, come lo definirebbe lei.
- …e vinco, no?-
- come al solito!-
lo dicono insieme…mi sorprendono brevemente. Stanno proprio sulla stessa lunghezza d’onda, ora.
Stiamo tutti e tre bene così. Abbiam trovato quel che cercavamo da tempo. Il nostro pezzo di paradiso…o quasi trovato.
Mi incammino elaborando veloce i posti dove potrei trovarla e al limite del campo da calcio, uno qualunque deserto che mi aveva accolto, mi volto e alzo il braccio a metà senza finire il gesto con la mano.
- grazie!-
figurarsi se me ne dimenticavo!
Li vedo solo scuotere la testa.
Gli auguro ogni bene, sinceramente…lo dico perché la felicità che sto per raggiungere io ora sarà così impareggiabile che dubito darò lucido di augurare cosa simili ad altri.
Ora torno nuovamente a leggere in lei.
Già…devo andare a rassicurarle e a farle vedere un paio di cosette.
Aspettami che ti trovo subito.
Non potrai mai scapparmi, tu!”
 
“ è cambiato. In questo momento. Del tutto. È proprio il nuovo Jun Misugi. Ora non è più un ragazzo troppo cresciuto, ma è proprio un uomo. Un adulto. Lo invidio un po’…ora lui starà bene…oddio, per quanto si possa stare bene a fianco di quella pazza scatenata…ma certamente meglio di quello che stiamo per passare io e Karl. Lo guardo. Mi riempio di lui. Della sua pelle chiara, dei suoi lineamenti tipici tedeschi, duri e decisi, della sua espressione composta e apparentemente lontana, della sua bocca sottile lineare, dei suoi capelli biondi che gli cadono un po’ sugli occhi coprendogli il collo e le spalle. Il suo corpo forte dalle spalle larghe e il petto possente, i muscoli nelle braccia non lasciano insoddisfatti nessuno e le mani irresistibilmente carezzevoli. Gambe da calciatore avvolgenti. Una sensualità tirata fuori solo nell’intimità. Una sincerità mostrata solo a me. Una debolezza mascherata ma non per il sottoscritto. Un grande amore da donare e ricevere.
Karl.
Sono felice di amarlo e di stare con lui.
Sono certo che passerò il resto della mia vita con lui. A tutti i costi e niente e nessuno potrà mai separarci.
Nemmeno un giornalista da strapazzo.
Ne sono convintissimo.
L’inferno lo stiamo per passare, ma ne abbiamo passati così tanti che ci sono abituato. Dopo aver parlato con Jun tutto mi appare diverso. Lui si  che può dire di aver visto il fuoco della disperazione. Non voglio immaginare cosa deve aver provato quando scoprì ai tempi di non poter giocare a calcio. Di soffrire di cuore.
Assurdo.
E noi ci lamentiamo per bazzecole simili!
Stupidaggini.
Mi basta stare con lui.
Con Karl.
E basta.
- pronto per dire addio alla pace?-
glielo dico ironico mentre lui ricambia il mio sguardo imprimendosi nella mente la mia figura.
- e tu?-
- io?-
un ghigno sbieco si dipinge sulle mie labbra.
- ovvio, no? Io mi diverto nelle sfide…-
ed è così che la vedo! Lui scuote il capo dicendo che non cambio mai e mi limito a stendermi accanto a lui che rimane seduto. Vorrei toccarlo, abbracciarlo. Baciarlo. Ma in un angolo remoto del mio cervello so che non è saggio ora all’aperto.
 
Tutte le mie intenzioni di fregarmene di quel che sarebbe successo sono andate nel cesso.
Ma dico.
La gente i cazzi suoi non ce li ha da farseli?
Non sono arrabbiato o seccato.
No.
Sono profondamente e pericolosamente infuriato.
Quella gente…che ci guarda. E ci chiede se è vero. Come stanno le cose. Vogliono i dettagli della nostra storia, vogliono un altro scoop…ma quale scoop e scoop…è la mia vita, dannazione. La mia e di Karl. Che scoop vogliono avere quei maledetti parassiti?
Guardali. Sono appostati i fotografi davanti alla mia casa. Vogliono un intervista e vogliono beccarmi in chissà quali situazioni imbarazzanti!
È da due giorni che non esco e non posso vedere Karl. Io mi sto rompendo. Lui dice che va bene e che non gli importa…ma in realtà è talmente freddo che potrebbe gelare il sole con lo sguardo.
Vacca treno!
Me la pagherà quel bastardo di fotografo!
Come faccio?
Devo pensare veloce a qualcosa per far finire tutto questo.
Mi accendo una sigaretta ed aspiro fino a metà con una sola boccata che trattengo nei polmoni intossicandomeli.
Giuro che smetto. Appena riesco ad uccidere quei fotografi smetto di fumare. Tanto ne fumo una ogni tanto…
Ah, al diavolo pure questa, non mi fa nulla! La butto e comincio a camminare su e giù per la casa.
Voglio tornare alla mia pace, al mio angolo di paradiso, al mio fidanzato, alla mia vita.
Rileggo nuovamente l’articolo dove si afferma la nostra relazione e ci accusano di chissà quale crimine.
Vogliono la guerra, quei bastardi. Hanno sfidato me. Proprio me!? Non capiscono! Quanto sono stupidi! Ora la pagheranno. Ora vedranno.
Vogliono combattere? Combattiamo.
Faremo a modo mio però!
No. Non a suon di pugni! A suon di parole dirette.
La vedranno chi hanno fatto arrabbiare.
Non il cenno di un sorriso di sfida o di divertimento. Non sono affatto contento. Ora me la pagheranno.
Cerco il numero della redazione del giornale famoso e lo compongo.
- salve, sono Genzo Wakabayashi. Vorrei accettare l’intervista…anche oggi stesso, si. A casa mia. Grazie. A dopo.-
del resto l’hanno voluta loro!”
 
“ è da fin troppo tempo che non vedo Genzo. E non lo sento. La cosa mi preoccupa. Sono sicuro che stia architettando qualcosa senza interpellarmi. E quando fa queste cose c’è veramente da preoccuparsi. Sicuramente sta per scatenare una guerra vera e propria. Ma la situazione mi secca terribilmente. Stavamo bene. Finalmente bene, senza più ombre e maschere. E cosa succede? La pace sparisce così. Per colpa di un ficcanaso. Io non lo capisco. Cosa spinge la gente a cercare notizie scandalose. E poi perché il fatto che io e Genzo stiamo insieme dovrebbe fare scandalo? È una cosa che va oltre la mia logica. Anche se fossimo maschio e femmina ci sarebbe lo stesso caos? È solo perché siamo omosessuali? O forse è il fatto della storia in se? Io non lo concepisco. Perché la gente deve fare così.
Guardo la posta preparandomi a passare l’ennesima giornata in casa senza vederlo. Passerà?
Mi attira un giornale. Lo riconosco perché è stato il primo a pubblicare il nostro articolo con le foto. Lo giro e sul davanti c’è una foto. Mi viene un colpo, mi siedo subito. È lui. Genzo. Ha rilasciato un intervista, c’è scritto a caratteri cubitali.
Ecco, lo sapevo che dovevo preoccuparmi. Ma perché non cresce?
Cosa mi ha fatto, ora, quel pazzo?
Apro cercando la pagina e appena la trovo smetto di respirare. Ci sono due foto, una mia e una sua e sotto un articolo.
All’inizio spiegano la storia che si era scatenata una settimana fa. Le varie voci, ipotesi e dubbi. Poi arriva il pezzo dove parla Genzo. Sono certo che si sia assicurato fino alla fine che andasse pubblicato tale e quale a come lui l’ha detto.
Mi preoccupo ma non ho altro da fare che sperare che non abbia dichiarato nulla che non andasse…
‘Volevo semplicemente chiarire due cose semplici. Un concetto di base fondamentale. E lo dico senza mezzi termini. Ritengo le persone con un proprio cervello pensante per cui non starò a spiegarmi ulteriormente. Io e Karl stiamo insieme veramente. E chiedo a voi: e con ciò? Voglio dire…si tratta di vita privata e nulla di più. Normalmente per le questioni intime e sentimentali non si fanno dichiarazioni innanzi a foto compromettenti che mostrano i fatti. Ma qua si è rasentato l’assurdità. È nato una sorta di curiosità morbosa nei confronti della nostra storia. Io non vedo il motivo per cui le persone debbano rendere la vita invivibile in questo modo. Si sono fatte ipotesi e domande dove addirittura si diceva che io abbia costretto Karl a fare chissà cosa. Non abbiamo intenzione di sposarci in Olanda, non abbiamo intenzione di adottare bambini. Non abbiamo intenzione di mollare la squadra. Il nostro gioco non ha mai risentito poiché la nostra storia va avanti da molto tempo e non credo sia bisogno di raccontarla a chicchessia. Il CONI non ha preso provvedimenti e non dovrebbe farlo nemmeno la gente comune. I nostri compagni di squadra hanno ritenuto la cosa normale quanto gli allenatori stessi. È un discorso che non dovrebbe suscitare i bassi istinti di nessuno. Privata, appunto. Siamo persone comuni che vivono la loro vita e vorrebbero continuare a farlo. Spero con ciò di aver soddisfatto quella curiosità morbosa di cui parlavo prima. Onestamente mi sono stufato. Lo dico cosicché non si possa dire che siamo due ipocriti vigliacchi. Semplicemente mi sono stancato.’
Appoggio il giornale sul tavolino davanti al divano ove sono seduto. Mi asciugo le mani nei jeans corti al ginocchio e stretti, torno a respirare. Sono calmo e rilassato. Non penso a nulla. Mi alzo con aria serafica e controllata, vado in cucina, prendo la lattina di birra che ha lasciato Genzo giorni fa in frigo ancora piena, la apro e la bevo tutta d’un fiato. Quando la finisco stringo  l’oggetto con tutta la mia forza nel pugno stritolandola. Poi la faccio cadere.
Infine vado al telefono, compongo il numero del fenomeno e aspetto.
- pronto?-
respiro un attimo. Poi conto fino a tre.
1. 2. 3.
- COME PRONTO, PEZZO DI CRETINO? MA TI RENDI CONTO DI QUEL CHE HAI COMBINATO? NE HAI UNA VAGA IDEA? HAI SPIATTELLATO A TUTTI ANCOR DI PIU’ I FATTI NOSTRI! E SE IO NON VOLEVO? SE NON RITENEVO OPPORTUNO FARLO ORA? SE VOLEVO PRIMA SPACCARTI LA FACCIA? PERCHE’ DEVO FARLO SOLO ORA? PORCA TROIA! GENZO WAKABAYASHI! VIENI SUBITO QUA!-
riattacco senza dargli modo di dire nulla.
Poi mi piazzo davanti alla porta d’entrata e a braccia incrociate sul petto con aria terribilmente poco gelida, ma altamente infuocata, lo attendo.
Questo è il massimo.
Il colmo.
Altro che trattenermi.
Ora si che vede il vero nuovo Karl Hainz Schneider!
Sono pochi i minuti che mi fa attendere. Sento la sua moto che frena con una sgommata da  Gran Premio di Motomondiale.
Scende e non lo lascio suonare, apro la porta subito poi seguo l’istinto che ha preso totalmente il sopravvento in me.
Gli tiro un pugno che sfoga tutto quello che avevo represso in me in questi giorni di merda.
 Cade a terra. Non se lo aspettava di già.
Mi guarda stranito. Osa anche non capire il perché?
- ed ora entra!-
mi volto e lascio che si alzi da solo eseguendo l’ordine che non ammette repliche.
Deve essere impressionato da questa versione schizofrenica di Karl, fa senza ribattere e non dice nulla.
- siediti.-
indicando con lo sguardo il divano. Non lo guardo negli occhi altrimenti mi viene il secondo impulso di prenderlo a calci. Lui si siede, io rimango in piedi davanti a lui con le braccia incrociate come prima, un aria mista fra fuoco e ghiaccio che mette chiaramente i brividi in lui, occhi negli occhi e una voce lugubre:
- spiega in modo coinciso, chiaro e breve perché sei diventato un suicida!-
lui boccheggia. Che domanda, eh? Da un milione di dollari!
Se non parli subito ti strozzo. Questo dice la mia espressione.
- ti amo e voglio la pace!-
rimango un attimo impietrito. Cosa significa? Alzo un sopracciglio:
- spiega con qualche altra parola ma sempre breve e convincente.-
- ecco, è semplice. Mi ero stufato. Mi avevano sfidato e così ho fatto veder loro di cosa sono capace. Non avevo paura di spiattellare al vento i cazzi miei. Questo era l’unico modo per tornare alla nostra pace. Vedrai che non ci romperanno più. È stato un piccolo sacrificio, ma l’ho fatto perché ti amo e non ce la facevo più-
- sei stato troppo lungo ma chiaro.-
è la mia risposta. Sto un lunghissimo attimo fermo così infine senza mutare tono o espressione risponde:
- prega che sia vero. Che funzioni. Altrimenti scordati di tornare a varcare la soglia di questa casa. Perché dopo aver detto al ‘mondo’ i cazzi nostri(mancavano solo quante volte andiamo a letto e come ci siamo messi insieme)se non ne è valsa la pena…giuro che non rispondo di me.-
mi abbasso sul suo volto e maggiormente minaccioso finisco:
- e se prendi ancora decisioni simili senza chiedermi guai!-
lui sembra comprendere totalmente la situazione, lo deduco dal sorriso engimatico che mi porge. Per farmi tacere o sancire il patto prende con le mani il colletto della mia maglia leggera e mi attira a se posando le sue labbra sulle mie. Sta fermo così e mi fissa. Non approfondisce il bacio mentre con gli occhi più neri che io abbia mai visto dal taglio orientale mi sfida ancora.
Non la smetterà mai.
Ma è di lui che mi sono innamorato.
Se era diverso probabilmente non sarebbe stato degno della mia attenzione.
Così poso le dita ai lati del suo volto, inclino il mio e con un miglior accesso sono io a prosguire.
Al diavolo ne avevo una voglia pazzesca.
Chiudo gli occhi notando che lui fa altrettanto e non penso più a nulla. Istintivamente lecco le sue labbra morbide. Dio, mi erano mancate così tanto. Sento quel calore alla base dello stomaco che si espande presto in ogni cellula del corpo e ciò mi fa perdere ogni freno inibitorio e pensiero coerente. Lui schiude la bocca e mi viene incontro, quando le lingue si toccano non stanno molto ad inscenare una danza ed un canto degni da concerto metal.
Immergo le dita nelle sue ciocche mosse e nere spettinandolo. Mi inginocchio andando del tutto di fronte a lui ancora seduto, lui avvolge totalmente il mio collo e appiattiamo i toraci. Ci sentiamo. Finalmente.
E non ho intenzione di lasciarlo più, nemmeno per un secondo.
Lui è mio e basta.
Anche se ci metteranno in altri mille giornali e si metteranno a scrivere un libro sulla nostra storia(questa frase è inquietante…che mi abbia già scoperto? NdAka) non importa. Io voglio stare con lui.
Nel momento in cui proveranno a separarci accadrà una strage.
Ma fino ad allora…è tempo di noi. Insieme. E basta.
Quanto lo amo, questo ribelle dall’aria tenebrosa.
L’importante è veramente non mollare mai. Vero? Me lo hai insegnato proprio tu.”
 
“ Divertente. Schokkante e divertente insieme. Adorabile.
Se sapevo che nascondeva un tale temperamento avrei fatto prima la pazzia.
Sono arrivato e un pugno, il suo, mi ha accolto. Merda, devo dire però che ne ha di forza. Bè, del resto fa dei tiri imparabili…tranne che per me ovviamente. La mascella mi fa un male…ma l’importante è che non abbia fatto sgorgare del prezioso sangue.
Sorrido fra me e me non azzardandomi ad interromperlo.
È così preso da me.
Prima poi quando mi ha sgridato aveva una luce così deliziosa negli occhi. Brillavano minacciosi. Come piace a me.
Si si…parla…ho pensato proprio così….tanto poi faccio sempre come voglio!
L’ho attirato a me e l’ho provocato. Ed ora…risponde…eccome se risponde. Non sono pentito di aver chiarito i dubbi di tutti i morbosi, in realtà non me ne importava. Volevo solo far vedere che io le palle di mostrarmi ce le ho e non come quella gente che per il loro scoop del cazzo venderebbe anche l’anima, ma di nascosto!
Comunque non mi tocca più nulla.
Quel che è fatto è fatto e sono certo di aver fatto bene.
Alla fine prima non potevo vederlo, ora lo sto baciando!
Quindi il mio ragionamento fila!
Non mi ero scordato di come baciava bene. Mi mancava.
Tutto questo.
Lui solo per me. Eccitarlo ed eccitarmi insieme.
Sentire il suo sapore, il suo profumo. La sua morbidezza.
È così bello, fragile e forte. È così…mio.
Giuro.
Ora come ora non potrei fare a meno di lui. Sembrerebbe il contrario, forse, ma è proprio così. Io sono cresciuto, mi sono rafforzato, mi sono sciolto solo per lui. Solo perché lui mi ci ha spinto. E il bello è che non si rende conto di essermi indispensabile.
Per lui affronterei anche mille schiere di pezzi di merda! Come effettivamente ho fatto….la schiera era una, ma ha reso lo stesso l’idea.
Avvolgo le gambe intorno alla sua vita e lo tiro verso di me ancor di più, mi calo all’indietro sullo schienale del divano e si lascia andare sopra di me. Ci stendiamo e abbandonati totalmente a noi stessi, non vediamo egoisticamente che l’altro.
Non pensavo di riuscire a provare dei sentimenti così forti e totali per qualcuno. Mi ero chiuso, prima di venire qua. Ognuno prendeva lento la sua strada ed io mi sentivo lasciato indietro, quando invece mi sono accorto che ero io a lasciare indietro. Ero arrivato in un posto solitario orrendo dove non vedevo niente e nessuno. Stavo male. Poi sei arrivato tu a farmi cadere in basso. Mi hai strappato le ali e le hai tenute in ostaggio, poi mi hai detto di riprendermele se ne ero capace. All’inizio ho provato da solo con ogni mezzo e forza ma senza successo. Ho passato momenti sempre più brutti, appena arrivato. Infine ho capito come dovevo fare. Dovevo solo chiederti aiuto. Tu non aspettavi che questo. Me l’hai offerto e mi sono riguadagnato le mie ali, ma le ho condivise con te. Siamo saliti. Abbiamo volato così alto che pochi possono vantarsi di conoscere il paradiso come lo conosciamo noi.
Il *nostro* paradiso.
È potuto accadere perché non abbiamo mollato. Anche quando stavo crollando. In ogni duro momento, siamo stati insieme e anche quando stavamo per separarci, siamo tornati. È così perfetto.
L’importante è questo.
Non mollare nemmeno mentre si cade.
Andare avanti a fare quello che si vuole, quello che piace.
Ora come ora e sempre, io ne sono certo.
Ti amo, Karl.
Nessuno potrebbe batterci.”
 
“ L’aereo  atterra. Finalmente è arrivato. Pensavo che non ce la facesse più.
È stato un viaggio lungo, del resto Germania-Brasile non è uno scherzo. Ma ce l’ho fatta.
Col bagaglio a mano mi avvio all’uscita dove chiamo un taxy. Porgo il foglietto all’autista straniero con su scritto l’indirizzo esatto e mi preparo ad un ulteriore attesa.
Guardo fuori.
Il paesaggio corre non molto veloce fuori. È una giornata molto afosa e l’aria manca. Abbasso il finestrino e un venticello mi dona un po’ di sollievo spettinandomi i capelli. Mi  tolgo la camicia a maniche corte tutta sudata lasciando la canottiera baige. Mi ero preparato al caldo soffocante di questa terra, ma ora supera ogni aspettativa.
Non importa.
Devo arrivare.
Gocce di sudore colano dalle tempie ai lati del viso continuando sul collo e sulle clavicole, infine sulla schiena e sul torace. Brividi di caldo.
Sospiro.
Quando arriviamo? È un agonia e con questo stato d’animo non riesco nemmeno a godermi il paese.
Quando sistemo tutto torno a visitarlo come si deve.
Non posso certo perdermelo.
Un attimo il pensiero mi vola ai miei genitori in Giappone ancora ignari di tutto. Ho solo avvertito la madre di Astrid e sono partito subito.
Sono sicuro che la mia sverrà appena saprà.
Ma a parte il caldo e l’insofferenza comincio a sentire qualcosa che mi carica man mano che l’auto procede.
Sta per accadere qualcosa di straordinario.
Ne sono certo.
È adrenalina. Perché so cosa sto per fare.
Una cosa totalmente fuori per me.
Non da me.
E in che modo.
Eppure questa volta non ho riflettuto un attimo.
Mi è venuto spontaneo. Ho pensato a che avrebbero fatto gli altri, a cosa avrebbe fatto il Jun conosciuto e poi cosa volevo fare io.
Raccogliendo la sua sfida, la sfida di una come lei, dovevo essere alla sua altezza.
Lei avrebbe fatto così.
Sono certo che è questo che vorrebbe io facessi ma al tempo stesso non se lo aspetta.
Lei egoista ed egocentrica. Megalomane e pesante. Combinaguai, impegnativa…quanti altri aggettivi ci starebbero bene?
Finalmente ha scoperto ogni suo lato.
Veramente non ne rimangono più.
E se nonostante questo non voglio assolutamente lasciarla scappare significa che sono totalmente uscito di me.
Ma il fatto è uno. Anzi sono due.
Non voglio lasciare più andare ciò che mi rende vero, che mi fa stare bene. Non voglio che svanisca da sotto le mie mani. È successo col calcio, ma ho giurato a me stesso che non si sarebbe più ripetuta una cosa del genere.
L’altra è altrettanto chiara.
Io la amo.
E perché dovrei rinunciare solo perché si nasconde?
Tanto so che vuole essere trovata.
Succede sempre così.
Non mi scappa mai.
Non succederà più.
È impossibile per me non trovarla.
Andrò da lei. Glielo dirò. E lei sicuramente mi si butterà cercando di trattenere le sue lacrime.
Ma anche se così non fosse non smetterò di lottare per prendermi ciò che voglio.
Perché non ho mai rinunciato in partenza.
So che ce la faccio.
È nel mio carattere.
Con sicurezza ed eleganza andrò là e farò quello che devo fare.
La macchina si ferma e l’autista mi dice che la casa è quella. Io gli pago la corsa e scendo col mio bagaglio. Entro nel cancello, c’è un giardino abbastanza grande soleggiato. Mi asciugo la fronte bagnata con il polso e suono alla porta. Speriamo si ricordino di me e che riusciamo a capirci. Vediamo, dovrebbero conoscere il giapponese almeno un po’.
Mi apre proprio la sua amica. Yasmeen. Mi riconosce subito e mi saluta con un sorriso disteso. Anche lei sa che ora è tutto a posto. Sono arrivato e non c’è più da preoccuparsi.
La rossa mi dice che Astrid non esce e non vuole saperne.
- bè, ma vado a dirle che sei arrivato…-
si volta ma io la fermo.
- indicami la finestra e dille solo di affacciarsi. È questione di un attimo.-
lei con aria semi interrogativa esegue. Io l’aspetto fuori guardando l’alta finestra. A dire il vero non è alta, pur essendo al piano superiore sono case basse. Cavolo. Ora che ci penso non ho portato nulla con me. Ma che figura…proprio non da me. Sospiro stringendomi nelle spalle, la mia attenzione viene catturata da un timido fiore che con coraggio cercava di crescere con questo caldo. Lo colgo scusandomi con lui.
- perdonami ma sarai più utile così!-
lei si affaccia. Ha uno sguardo cupo e gli occhi gonfi di lacrime. Ha pianto in questi giorni. Probabilmente è la prima volta che vede la luce da quando è qua. Quella scema…a punirsi è proprio imbattibile! Si sarà considerata immatura ed incosciente, non adatta a far nascere un bambino e piena di complessi da madre avrà deciso di affidare la decisione a me. A questo.
Io sono pronto ad accogliere tutto il caos che comporta lei.
Sono pronto a tutto.
L’importante è che non mi sfugga più.
So che è l’ultima volta che ci prova. Ne sono certo.
Tendo il braccio in alto col fiore, poi sorrido come solo io faccio. Gentile e nobile. Lei lo definisce un sorriso regale. Dice  che nessuno ci riesce a farli.
Poi con voce chiara e forte che ispira sicurezza e fiducia lo chiedo:
- Vuoi sposarmi?-
te lo aspettavi?
Chi lo sa…io sono sicuro di si…sarebbe da te aspettartelo ma non crederci….perché sei così. Contradditoria. E bella appunto per questo.
Lei trattiene il respiro spalanca la bocca e gli occhi cerchiati, infine sembra riscuotersi, stringe la bocca e comincia con un espressione non più incredula ma…cavolo, come si definisce? Piena di emozione.
Si. È un concentrato di sensazioni. Come fa ora ad esternarle?
Oddio, sta per esplodere.
Non avevo previsto che essendo al secondo piano ed essendo Astrid può essere pericolosa la fase successiva.
Afferra con le mani il balcone, spalanca entrambi i vetri della finestra e si accovaccia su di essi, ma è tutto velocissimo. Non mi lascia molto tempo per realizzare o preoccuparmi.
‘semplicemente’ si butta giù da là gridando:
- SI MIO PRINCIPEEEE!-
arrivandomi fra le mie braccia…anzi…addosso.
Ok. Mi ero preparato ad una cosa simile ma non da così in alto.
Lei è pazza. Non pensavo così tanto.
È incintaaaaaaaa!
Cadiamo con un tonfo. Sono solo io a farmi male, per fortuna. Lei è totalmente addosso a me e stringendomi il collo preme il volto sul petto.
Ok…credo che mio figlio non avrà un padre.
Tossisco e cerco di non pensare a tutto il dolore che ho.
Dalla finestra ora si affaccia Michael, il fratellastro, e con un ghigno alla Genzo mi chiede:
- sei sicuro?-
ehm…a dire il vero ora non molto…ma poi…ci penso.
Scusate, ma in quale altro modo potrei provare questa sensazione?
È incredibile e solo lei è riuscita a farmela riprovare dopo quel periodaccio.
Insostituibile.
Il mio volto si illumina in un sorriso, questa volta non è dei miei ma è radioso…e ignoro tutto il dolore solo per seguire l’impulso di ridere.
Forte.
Incontrollato. Lei alza il volto e mi fissa sbalordita. Non mi ha mai visto così, forse.
Penso di no.
Ma è merito suo.
Questa pazza. Così contraddittoria e incosciente.
- sarai una madre stupenda!-
così contagio anche lei che inizia a ridere in questo modo. Chi ci guarda non capisce perché ridiamo in quel modo, ma poco importa. Non credo capiscano nemmeno perché ora dai nostri occhi sgorgano lacrime, dal troppo ridere, dalla gioia, dalle emozioni che sono troppe.
Questo è il paradiso che non avevo ancora mai visto.
Mi sento bene.
Mi sento vivo.
Mi ci hai fatto sentire.
Lo sarò sempre con te.
Immortale.
Ne è valsa la pena non mollare, soffrire, stare male, passare ogni fase possibile.
Così inizia a rotolare sull’erba tirandomi dietro in un gioco di pura felicità.
Non pensavo che la pazzia fosse contagiosa…ma è un nuovo mondo quello che vedo.
Ancora più meraviglioso.
Un mondo che non crollerà mai.
Perché non crollerò più nemmeno io, con lei.
Abbiamo vinto.
Siamo semplicemente il meglio!
Ed è con lei fra le braccia, una nuova vita da vivere, una felicità da tenere e il paradiso da proteggere che alzo gli occhi al cielo.
È così azzurro da far male.
Diverso.
Ogni giorno più bello.
E crescerà questa perfezione.
Ne sono certo.
Finchè non crolleremo lei crescerà.
La vita e ogni cosa in essa contenuta.
Finchè non si crolla.”