BUTTERFLIES
AND HURRICANES
CAPITOLO
PRIMO
Ci
si sarebbe potuti sfarinare il cervello a cercar di dare un senso a
certi loro gesti. E ci si poteva chiedere perché per anni e anni.
L'unica cosa che spesso risultava evidente, anzi quasi sempre, e forse
sempre, l'unica cosa era che in quel che facevano e in quello che erano
c'era qualcosa - per così dire - di bello.
(Alessandro
Baricco)
Fabio
si scostò i capelli castani dalla fronte, sbuffando.
Era
attaccato al campanello da almeno cinque minuti e nessuno dei due
fratelli si degnava di andare ad aprirgli.
Erano
davvero assurdi quei due.
Socchiuse
i grandi occhi nocciola, per poi decidersi ad intraprendere
un’azione
di forza.
-Michi,
apri sto cazzo di porta se non vuoi che la sfondi!- urlò, senza curarsi
minimamente di mantenere un tono di voce consono all’ora, le sette del
mattino, né tantomeno di disturbare i vicini.
Era
colpa di quei due idioti, si beccassero loro le lamentele, ecco.
Finalmente
sentì un rumore piuttosto forte dall’altro lato, condito da
un’imprecazione,
e la porta venne socchiusa lentamente.
Capelli
castani, ma una tonalità più chiara rispetto alla sua, viso appuntito e
decisamente assonnato, labbra carnose schiuse in una traccia
dell’imprecazione che stavano formando prima, occhi ambrati semichiusi.
Era
Michele, in tutto il suo splendore rincoglionito per via dell’ora.
Sbuffò,
voltandogli le spalle e trascinandosi in cucina, facendogli un cenno
indefinibile con la mano.
Fabio
alzò gli occhi al cielo, non c’era verso che Michele fosse reattivo
prima di un caffè. Tanto caffè. Okay, almeno una moka da tre.
Quando
lo raggiunse in cucina lo vide semidisteso su una sedia, il viso
nascosto dalle braccia che aveva incrociato sul tavolo. Appena lo sentì
entrare alzò una mano e la diresse verso il gas, mugolando.
-Eh
ma che cazzo Michi! Pure il caffè ti devo preparare? Già ti passo a
prendere altrimenti non ti svegli e poi facciamo tardi… non sono tua
madre io, anche perché sono troppo giovane e incapace, potrei mettere
mio figlio nel microonde per asciugarlo dopo il bagnetto, metti; e poi
sono assolutamente sicuro che non potrei essere tua madre, visto che in
realtà sono un uomo e quindi al massimo potrei essere un padre, ma qui
andiamo pure peggio…-
Stava
sproloquiando come suo solito, ma nel mentre stava lavando la moka, per
poi asciugarla, prepararla e metterla sul gas; quindi Michele non si
lamentò più di tanto, si limitò ad alzare un sopracciglio e ignorarlo.
Faceva
sempre così, sopravvivenza.
Dopo
un po’ o cominciavi a scindere i discorsi di Fabio, dividendoli tra:
“necessari da ascoltare” a “vagamente interessanti” a “Assolutamente
inutili” o soccombevi sotto i colpi della sua incredibile vena
logorroica.
Nel
mezzo del discorso captò solo un:
-E
Sebastiano dov’è?-
che
gli fece connettere a fatica il cervello per alzare il braccio e
puntarlo verso il corridoio.
-Ancora
a dormire, perfetto. Ma non dovevamo dare un passaggio anche a lui? Ha
la macchina dal meccanico mi pare… ma poi, checcazzo Michi, puoi
sprecarti a dirmi uno straccio di parola? Sei inquietante peggio di
Seba e questo è tutto dire-
Intanto,
però, una tazza colma di caffè si posò davanti a lui e solo in quel
momento Michele sembrò tornare alla vita.
Si
alzò di scatto abbrancando la tazza, che per la cronaca raffigurava
Paperino, non si poteva davvero credere che un ragazzo di ventidue
anni, nel pieno delle sue facoltà mentali, bevesse il caffè in una
tazza raffigurante un Paperino gigante, ma tant’era.
-Va
a svegliarlo col caffè- borbottò Michele, rivelando una voce roca e
profonda che mal si accordava con la sua figura. Pesava sì e no
sessanta chili bagnati, era pelle e ossa e una manciata di muscoli
appena.
Fabio
sgranò gli occhi puntandosi un dito al petto.
-Io?!
Santo cielo, siete i fratelli più rompicoglioni che conosca-
Sbottò,
mostrandogli il dito medio per rimarcare il concetto.
Michele
non si scompose, notando come avesse già preparato la tazza per
Sebastiano, nonostante le rimostranze che continuava a condividere col
mondo. Afferrò suddetta tazza, che per dovere di cronaca raffigurava
Paperina, e la storia di quelle due tazze era così surreale che Fabio
aveva dovuto strapparla a suon di solletico a Michele, perché era
sicuro che dovesse esserci un motivo più che valido se due ragazzi più
o meno sani di mente possedessero quelle tazze, e ci tenessero in modo
viscerale come facevano loro.
Non
appena voltò le spalle a Michele un sospiro si infranse sulle labbra
che stava mordendo convulsamente. Smise quando il piercing ad anello
che aveva gli rimandò un lampo di dolore.
Già
vedere normalmente Sebastiano era difficile, per via di tutti quegli
impulsi assurdi e cretini di saltargli addosso e morderlo, baciarlo,
toccarlo, leccarlo e Dio
lo salvi cazzo perché ci stava morendo ad immaginare di poter fare
tutte quelle cose a Sebastiano.
Prese
un respiro profondo. Sebastiano era perennemente perso nel suo mondo,
ma era quasi certo che fosse un mondo etero, in più Michele era legato
a lui in un modo che definire ossessivo sarebbe sminuirlo, quindi non
riteneva che sbattergli in faccia la cotta colossale che aveva per suo
fratello fosse una cosa auspicabile.
Non
se voleva mantenere tutta la faccia intera per lo meno.
E
dire che Michele era il più piccolo dei due, di appena tre anni, e in
ogni caso a vederlo, Sebastiano, non sembrava certo uno che avesse
bisogno di essere protetto. Insomma, aveva questo modo di guardarti,
con quegl’occhi verdi, o forse dorati, Fabio non lo aveva mai visto
così da vicino da poterne essere certo, però ti guardava come ti
guardava una persona che ha perso tutti i neuroni e adesso, quando li
incontrava, girava la testa dall’altra parte per non salutarli. Faceva
paura ecco.
Per
non parlare della sua pelle pallidissima, i capelli neri che gli
finivano sempre davanti agli occhi e lo facevano somigliare davvero a
un vampiro o qualcosa del genere, non che non possedesse il suo
fascino, era innegabile, ma era un fascino decisamente non
convenzionale.
E
ovviamente Fabio era caduto nella sua rete da succhia sangue non appena
l’aveva visto.
Doveva
avere davvero qualche potere paranormale per averlo rincretinito in
questo modo.
Scese
le scale che portavano nel seminterrato e spalancò la porta,
rumorosamente. Non sortì il minimo effetto quindi si diresse alla
finestrella sotto il soffitto e la aprì, illuminando fiocamente la
stanza.
Se
di stanza si poteva parlare. Aveva le pareti completamente dipinte di
nero, con varie scritte rosse che facevano capolino, dai significati
così emo che Fabio non si era mai sprecato ad andare oltre la seconda
frase. Una scrivania era appoggiata nel muro sotto la finestra, piena
di disegni, colori e fogli sparsi, in un casino difficile da immaginare
per un piano di lavoro. Nel complesso era una camera davvero inusuale,
anche perché non era propriamente una camera, quanto un… seminterrato,
ecco.
E
Fabio davvero non capiva perché Sebastiano si ostinasse a vivere là
sotto, con tutte le camere libere che avevano.
Aveva
evitato di guardare il letto fino a quel momento, sperando che
Sebastiano si svegliasse da sé, ma così non era stato e ora lo stava
maledicendo in tutte le lingue del mondo. Sebastiano mentre dormiva era
di una tenerezza unica, tutto appallottolato su se stesso, con i
capelli neri tutti arruffati e sparsi per il cuscino, il viso disteso
in un espressione serena; insomma gli faceva venire una voglia matta di
infilarsi sotto le coperte con lui per fare cose a cui adesso non era
davvero il caso di pensare.
Accarezzò
con lo sguardo la figura rannicchiata su se stessa per poi sospirare e
avvicinarsi a lui, scuotendolo delicatamente.
-Seba
andiamo… svegliati- macché. Quello rimase immobile, si limitò a
sospirare più forte. Fabio si rassegnò e allungò una mano verso il
lenzuolo, scoprendolo completamente. Non faceva freddo, anzi, ma sapeva
che Sebastiano odiava dormire senza il lenzuolo addosso, diceva che lo
rassicurava in un certo senso.
Era
un azione di forza ma era necessaria. Si stava già preparando le scuse
mentalmente, che erano molto
buone
e si affannavano a spiegare che lui avrebbe voluto svegliarlo il più
delicatamente possibile ma…
Fu
interrotto quando vide come
effettivamente dormiva.
-Ma
cristo santo Sebastiano! Dormi nudo!!!-
Questo
ebbe l’effetto di far spalancare gli occhi al ragazzo, che saltò a
sedere sul letto e si mise a urlare a sua volta.
-Ma
cazzo, Fabio!- proruppe poi, posandosi una mano sul petto e prendendo
ampi respiri per calmarsi.
-Si
può sapere che hai da urlare in questo modo? Che c’è, non hai mai visto
un uomo nudo?- chiese, facendo scivolare i piedi a terra e alzandosi in
piedi con tutta la calma del mondo, stirando i muscoli lentamente e
mugolando nel frattempo. Ecco, qui Fabio spense il cervello
definitivamente, deglutendo rumorosamente mentre il suo sguardo correva
sul corpo di Sebastiano. Aveva un figura nient’affatto muscolosa, anzi,
era piuttosto morbido, con quell’adorabile pancetta che si sarebbe
perso a pizzicare e mordere, per non parlare dei fianchi, sembravano
fatti apposta per lasciarci l’impronta delle sue mani.
-Sì
ma non te, e non ci tenevo particolarmente- borbottò Fabio,
distogliendo lo sguardo prima che dalla schiena scivolasse più giù.
-E
ora vuoi indossare qualcosa, cazzo? Non vorrei avere uno shock tale da
impedirmi qualsiasi funzione psico-emotiva da questo momento per, tipo,
tutta la vita.-
Sebastiano
si girò, inarcando un sopracciglio, stirando le labbra carnose in una
specie di sorriso, le stesse labbra di Michele ma facevano un effetto
decisamente diverso sul suo viso un po’ tondo, dove un naso piccolo e
proporzionato faceva capolino e sovrastava le guance che si riempivano
di fossette quando sorrideva.
Non
che lo facesse spesso.
Quello
che gli rivolgeva adesso era più un ghigno, per dire.
-Fabio,
non pensavo che vedermi nudo ti sconvolgesse fino a questo punto. E
comunque, dov’è il caffè che mi hai portato?- e Fabio, davvero, non
riuscì a fare a meno di arrossire e indicare la scrivania, continuando
a borbottare instancabile, non sapeva nemmeno lui cosa, sapeva solo che
parlando reprimeva la voglia e il bisogno quasi fisico che aveva di
stringersi addosso a Sebastiano e sentire il suo calore, la sua
morbidezza, sfiorare la sua pelle e perdersi e
Oh cazzo adesso doveva decisamente andare in bagno!
-Sese!-
la vocetta di Michele risuonò in modo decisamente fastidioso alle
orecchie di Sebastiano, questi sbuffò, alzò gli occhi al cielo e si
voltò verso il fratello, seccato.
-Che c’è Michi? Sto disegnando, non vedi?- rimase impassibile davanti
al piccolo broncio che assunse il viso di Michele, aspettando una
risposta che comunque già sapeva.
-Mi annoio! Voglio uscire a giocare- Sebastiano sospirò, lo capiva,
senza dubbio. Era la mamma che aveva quest’ansia assurda che potessero
essere rapiti, uccisi o torturati se solo avessero messo il piede fuori
casa. E a dire il vero a lui non importava, lui stava bene lì, nel suo
piccolo mondo; si perdeva come niente. Un foglio bianco e la sua mente,
lì, non c’era più. Volava a sconfiggere Draghi e salvare principesse,
distruggere mondi, difenderne altri… poteva scegliere di essere chi
voleva e la sensazione era bellissima. Suo fratello no. Suo fratello
amava il contatto con gli altri, non sapeva cosa inventarsi in quei
pomeriggi interminabili, e finiva per contare le ore che lo separavano
dall’andare a scuola. No ma…
a scuola!
Il
viso del più grande si addolcì, osservando distrattamente i capelli
castani pettinati ordinatamente e i grandi occhi ambrati che sembravano
implorare un po’ d’attenzione.
Aveva un debole per il suo fratellino rompicoglioni, non poteva farci
nulla. Aveva solo otto anni ma riusciva a seguirlo perfettamente nelle
sue storie assurde.
Si spostò sulla sedia e subito il più piccolo saltellò felice nello
spazio che Sebastiano gli aveva riservato, accoccolandosi a lui. Gli
piaceva il calore del corpicino stretto al suo, gli faceva venire
voglia di abbracciarlo forte e gli suscitava dentro emozioni e
sentimenti che non sapeva bene definire, ma forse avevano a che fare
con il desiderio di averlo sempre vicino, di proteggerlo qualunque cosa
fosse successa e non lasciare che gli accadesse mai nulla di male.
-Chi siamo questa volta, Sese?- chiese Michele, entusiasta.
Sebastiano ridacchiò, mordicchiando la punta della matita e pensando
velocemente. Inventava milioni di queste storie, ogni giorno, ma la sua
fantasia sembrava un pozzo senza fondo a cui attingere sempre a piene
mani.
Il suo sguardo si illuminò e cominciò a tracciare sul foglio i contorni
di un albero gigante.
Aveva trovato la storia perfetta per sé e per Michele.
Fabio
evitava sempre, per quanto poteva, di frequentare troppo la casa dei
fratelli Lesizza. Non perché non gli piacesse l’atmosfera che si
respirava, perché quella era davvero fantastica. No, la evitava perché
lì dentro Sebastiano era diverso, si lasciava andare in un modo che
fuori non era possibile, e allora per lui era inevitabile sentirsi una
specie di privilegiato, perché lui era uno dei pochissimi, per non dire
l’unico, ad essere ammessi lì dentro. E sentirsi dei privilegiati era
pericoloso, perché poi potevi lasciarti andare e rivelare,
inconsapevolmente, cose che avrebbero fatto meglio a restare dentro di
te.
Per
quello le poche volte che la frequentava ne era così felice da riuscire
a godersi appieno ogni minima sfumatura di Sebastiano e Michele e del
loro rapporto.
Vide
come Sebastiano entrò in cucina, i capelli disordinati al massimo che
gli ricadevano davanti al viso, una nuvola nera che creava un contrasto
stranissimo con la pelle bianca. Ma d’altronde Sebastiano era pieno di
contrasti, a partire dagli occhi verdissimi, o dorati?, che spiccavano
sul viso pallido, assieme alle labbra, sempre umide e rosse, ma quelle
Fabio cercava di non guardarle troppo; per finire sui vestiti neri che
indossava sempre. Suo fratello per prenderlo in giro lo chiamava
emo-boy e lui scrollava le spalle e assottigliava gli occhi, cercando
una vendetta appropriata che finiva sempre per essere quella di
chiamarlo a sua volta fighetto-del-cazzo.
Michele
si diresse immediatamente verso di lui, porgendogli un’altra tazza di
caffè e Sebastiano lo gratificò con un sorriso enorme, accogliendo il
fratello che intanto si era accoccolato contro il suo fianco.
Questa
era una cosa che facevano spesso, aveva notato Fabio, amavano il
contatto fisico in un modo quasi viscerale, e non perdevano occasione
per abbracciarsi o sfiorarsi. La mattina era il loro momento preferito
perché erano ancora tutti e due intontiti dal sonno e allora veniva
naturale stringersi e appoggiare il viso sulla spalla dell’altro, per
chiudere gli occhi ancora un po’.
Il
modo in cui Sebastiano strinse il braccio attorno alle spalle di
Michele, con una naturalezza fatta di anni e anni di abitudine, gli
strinse un po’ il cuore, perché erano davvero bellissimi a vedersi. Era
un rapporto delicato, complesso ma bellissimo, ed era scevro da
qualunque malizia o sottointeso. Loro si permettevano di viverlo così
anche davanti a lui perché si fidavano, sapevano che non li avrebbe
giudicati strani.
O
meglio, Michele si fidava, mentre Sebastiano si fidava di Michele.
-Stamattina
Fabio ha deciso di porre fine alla mia bellissima e giovane vita
mostrandomi il suo inconfutabile talento per l’arte canora-
borbottò
Sebastiano con un ghigno, dopo il secondo caffè era decisamente più
reattivo, in più si era ripreso dallo shock del risveglio.
-Sei
il solito esagerato! E poi ma si può sapere perché dormi nudo? Magari
pure con tre gocce di Chanel n.5?-
Sebastiano
scrollò le spalle addentando una fetta biscottata che il fratello gli
aveva messo in mano.
-No
caro, preferisco Midnight poison di Dior- rispose, alzando la voce di
proposito in un falsetto terrificante.
Michele
si mise a ridere, staccandosi dal fratello e posando le tazze della
colazione nel lavello.
-Dai
ragazzi, facciamo tardi al bar- li richiamò all’ordine.
Lui
e Fabio lavoravano al bar di proprietà dei genitori di Fabio, solo che
loro erano ormai anziani e stanchi, quindi si limitavano ad aprirlo la
mattina per poi lasciarlo a loro due praticamente tutto il resto della
giornata, occupandosi anche dei conti e della gestione amministrativa.
Avevano provato ad insegnarlo a Fabio, ma proprio non c’era verso e
allora avevano cominciato con lui, che sicuramente era più portato per
queste cose. Loro lo consideravano una specie di figlio, in ogni caso,
quindi erano tranquilli, il bar era sicuramente in buone mani.
Basta
che non fossero quelle tatuate di Fabio. Non erano solo le mani, a onor
del vero, a essere tatuate, ma ogni parte del corpo disponibile. Era
decisamente impossibile stargli dietro, per non parlare dei piercing e
delle spille da balia conficcate nei posti più assurdi.
La
prima volta che l’aveva visto aveva spalancato gli occhi e si era detto
che detto che una persona così non poteva assolutamente capirci
qualcosa, di lui. E lui non sprecava tempo con persone che non potevano
capirlo; Michele era una persona logica e razionale, nel suo mondo
assolutamente ordinato non c’era posto per una persona come Fabio.
Poi
l’aveva conosciuto meglio, i suoi genitori avevano accettato la sua
domanda come barista, quindi avevano lavorato a stretto contatto.
E
Michele non poteva dire di non essere rimasto totalmente affascinato
dal modo che aveva Fabio di vivere. Era una persona impulsiva e
casinista, a tratti davvero rompicoglioni e si ficcava in guai assurdi,
ma con lui il mondo, il suo piccolo mondo ordinato, si colorava in un
universo di pazzi colori. Una cosa del genere la viveva solo con suo
fratello, solo lui prima di Fabio era riuscito a farlo volare così
tanto con la mente, solo lui riusciva a farlo sognare. Quindi se una
persona gli provocava le medesime sensazioni non poteva essere cattiva.
Poi
conoscendolo meglio, continuando a frequentarlo al di là del lavoro,
aiutandosi costantemente a vicenda, aveva capito un’altra cosa di lui.
Fabio
la vita non si limitava a viverla al massimo, no, lui la vita la mangiava,
pezzo per pezzo, e non si fermava davanti a nulla.
Ragazzi,
risse, tatuaggi, libri, macchine, moto, tutto.
Tutto
quello che poteva dargli un visione ampia delle cose, tutto quello che
gli provocava sensazioni ed emozioni forti, era tutto benvenuto. Per
quello aveva avuto paura di presentarlo a Sebastiano, perché la vita a
suo fratello faceva paura, una paura fottuta, e la viveva poco a poco,
centellinando tutto per non lasciarsi sommergere, perché bastava
davvero un niente, un sospiro, un’emozione, una delusione, e lui poteva
rompersi. Però poi li aveva avvicinati, i suoi due mondi preferiti, e
Fabio aveva tirato fuori una delicatezza che Michele non credeva
possedesse. Davvero. Era sempre esuberante ed impetuoso, ma sembrava
che si trattenesse per lasciare che Sebastiano assorbisse da lui solo
quello che era in grado di reggere, capendo con istinto infallibile
cosa poteva permettersi di mostrargli e cosa no.
Quando
aveva visto come anche Sebastiano aveva cominciato a avvicinarsi a
Fabio, come accettasse la sua presenza e anzi, gli piacesse, allora
aveva capito che poteva davvero fidarsi.
Poteva
fidarsi del ragazzo con il viso da cucciolo, con quei grandi occhi
nocciola, così vivi ed espressivi, dai capelli castani che avevano
sempre un taglio strano e originale, dai vestiti coloratissimi, così
basso da essere chiamato Nano da tutti, ma dai muscoli sviluppati e
forti, temprati da anni di sport di tutti i tipi, dai più estremi al
più normale, giusto per provare,
sia mai che Fabio si lasciasse scappare qualcosa, della vita.
Così
adesso era l’unico di cui Michele si fidasse davvero e non sapeva
proprio come avrebbe fatto, senza i suoi due mondi preferiti, i suoi
due mondi perfetti.
-Devi
andare in ufficio Seba?- chiese Fabio mentre guidava, Michele si era
seduto dietro, per poter continuare a dormicchiare e lasciare il posto
davanti a Sebastiano, che si perdeva sempre a parlare di fumetti,
libri, e quant’altro con Fabio. Quei due erano dei logorroici assurdi,
quando stavano vicini non potevano fare a meno di riempire la testa di
chiunque con mille chiacchiere, saltando da un discorso all’altro in un
modo assolutamente inconcludente, solo loro riuscivano a seguirsi.
-Sì,
devo consegnare le tavole all’editore- rispose il ragazzo, accendendosi
una sigaretta e lasciando andare una lunga boccata.
-Ma
voi com’è che siete usciti di casa così presto? Non cominciate a
lavorare più tardi di solito?- chiese poi, voltandosi incuriosito verso
Fabio. Avevano questo modo di guardarsi, sempre, come se dovessero
studiarsi, o una cosa del genere, e a Michele era sempre sembrato un
po’ strano. Non che si studiassero, ma che lo facessero con tutta
quest’attenzione, era come se stessero cercando di capire qualcosa
dall’altro, e l’altro a suo volta stesse cercando di nascondersi senza
rinunciare alla sua ricerca. Una cosa contorta forse, ma
fondamentalmente era suo fratello ad essere estremamente contorto,
quindi non si stupiva di nulla quando c’era lui di mezzo.
Fabio
scrollò lo spalle, rispondendo svogliato:
-Mah,
i miei devono fare non so cosa non so dove, allora oggi apriamo noi-
Sebastiano
rise della spiegazione sconclusionata, allungando le gambe per quanto
possibile e voltandosi a guardare il fratello:
-Allora
mi offri la colazione? E’ presto per me, sai che Lorenzo prima delle
otto del mattino non è in grado di connettere-
Prima
che Michele avesse il tempo di rispondere Fabio intervenne:
-A
me pare che non sia mai in grado di connettere… va avanti a 56k lui,
qualcuno dovrebbe installargli l’adsl-
Ignorò
la risata di Sebastiano e proseguì:
-E
comunque la colazione te la posso offrire anche io sai, se non
preferisci che siano le mani amorevoli di Michele a spezzettare la
Brioche e imboccarti pezzo per pezzo-
Michele
si portò le mani a coprire la faccia, sospirando, sapeva di avere un
migliore amico scemo, ma quello di cui aveva paura era la risposta di
Sebastiano, perché quando era di buon umore era perfettamente in grado
di stargli dietro.
La
risposta arrivò quando la macchina si fermò davanti al bar, e Michele
avrebbe potuto giurarci.
-Si
beh, se mi ci metti la panna montata sopra potrei anche permetterti
di
imboccarmi, mio fratello lo fa già ogni mattina, oggi puoi avere tu il
privilegio-
Michele
non aspettò di sentire la risposta, avrebbero potuto andare avanti a
sparare cavolate ore intere, l’aveva già visto succedere e non ci
teneva a ripetere l’esperienza. Fortuna che uscivano assieme davvero
raramente, quei due, altrimenti la sua sanità mentale sarebbe stata
davvero in pericolo.
Se
prima non lo uccideva direttamente suo fratello.
Gli
si gettò addosso, abbracciandolo stretto come fosse un orsacchiotto di
peluche, e gli accarezzò la testa:
-Non
devi essere geloso, Michi, davvero, tu resti sempre la prima persona
del mio cuore-
Non
ebbe il tempo di scrollarselo di dosso che Fabio lo abbracciò a sua
volta, creando un intreccio assolutamente assurdo di mani, braccia e
teste.
-Anche
del mio, Honey! Devi proteggermi, tuo fratello mi concupisce, è
estremamente cattivo- brontolò quest’ultimo, lanciando un occhiata
storta a Sebastiano, che si limitò a ridere. Ci godevano come pazzi,
quei due, a farlo uscire di testa con queste piazzate, amavano
scandalizzare la gente o infastidirla, sembrava l’unica cosa in grado
di farli divertire come matti. E sopra ogni cosa amavano far impazzire
lui, che odiava farsi notare troppo o creare imbarazzo agli altri.
Davvero, si chiese con disperazione crescente mentre i due scemi si
contendevano il primo posto del suo cuore, che male aveva fatto per
meritarseli?