BUTTERFLIES AND HURRICANES

CAPITOLO PRIMO


Ci si sarebbe potuti sfarinare il cervello a cercar di dare un senso a certi loro gesti. E ci si poteva chiedere perché per anni e anni. L'unica cosa che spesso risultava evidente, anzi quasi sempre, e forse sempre, l'unica cosa era che in quel che facevano e in quello che erano c'era qualcosa - per così dire - di bello.

(Alessandro Baricco)


Fabio si scostò i capelli castani dalla fronte, sbuffando.
Era attaccato al campanello da almeno cinque minuti e nessuno dei due fratelli si degnava di andare ad aprirgli.
Erano davvero assurdi quei due.
Socchiuse i grandi occhi nocciola, per poi decidersi ad intraprendere
un’azione di forza.
-Michi, apri sto cazzo di porta se non vuoi che la sfondi!- urlò, senza curarsi minimamente di mantenere un tono di voce consono all’ora, le sette del mattino, né tantomeno di disturbare i vicini.
Era colpa di quei due idioti, si beccassero loro le lamentele, ecco.
Finalmente sentì un rumore piuttosto forte dall’altro lato, condito da
un’imprecazione, e la porta venne socchiusa lentamente.
Capelli castani, ma una tonalità più chiara rispetto alla sua, viso appuntito e decisamente assonnato, labbra carnose schiuse in una traccia dell’imprecazione che stavano formando prima, occhi ambrati semichiusi.
Era Michele, in tutto il suo splendore rincoglionito per via dell’ora.
Sbuffò, voltandogli le spalle e trascinandosi in cucina, facendogli un cenno indefinibile con la mano.
Fabio alzò gli occhi al cielo, non c’era verso che Michele fosse reattivo prima di un caffè. Tanto caffè. Okay, almeno una moka da tre.
Quando lo raggiunse in cucina lo vide semidisteso su una sedia, il viso nascosto dalle braccia che aveva incrociato sul tavolo. Appena lo sentì entrare alzò una mano e la diresse verso il gas, mugolando.
-Eh ma che cazzo Michi! Pure il caffè ti devo preparare? Già ti passo a prendere altrimenti non ti svegli e poi facciamo tardi… non sono tua madre io, anche perché sono troppo giovane e incapace, potrei mettere mio figlio nel microonde per asciugarlo dopo il bagnetto, metti; e poi sono assolutamente sicuro che non potrei essere tua madre, visto che in realtà sono un uomo e quindi al massimo potrei essere un padre, ma qui andiamo pure peggio…-
Stava sproloquiando come suo solito, ma nel mentre stava lavando la moka, per poi asciugarla, prepararla e metterla sul gas; quindi Michele non si lamentò più di tanto, si limitò ad alzare un sopracciglio e ignorarlo.
Faceva sempre così, sopravvivenza.
Dopo un po’ o cominciavi a scindere i discorsi di Fabio, dividendoli tra: “necessari da ascoltare” a “vagamente interessanti” a “Assolutamente inutili” o soccombevi sotto i colpi della sua incredibile vena logorroica.
Nel mezzo del discorso captò solo un:
-E Sebastiano dov’è?-
che gli fece connettere a fatica il cervello per alzare il braccio e puntarlo verso il corridoio.
-Ancora a dormire, perfetto. Ma non dovevamo dare un passaggio anche a lui? Ha la macchina dal meccanico mi pare… ma poi, checcazzo Michi, puoi sprecarti a dirmi uno straccio di parola? Sei inquietante peggio di Seba e questo è tutto dire-
Intanto, però, una tazza colma di caffè si posò davanti a lui e solo in quel momento Michele sembrò tornare alla vita.
Si alzò di scatto abbrancando la tazza, che per la cronaca raffigurava Paperino, non si poteva davvero credere che un ragazzo di ventidue anni, nel pieno delle sue facoltà mentali, bevesse il caffè in una tazza raffigurante un Paperino gigante, ma tant’era.
-Va a svegliarlo col caffè- borbottò Michele, rivelando una voce roca e profonda che mal si accordava con la sua figura. Pesava sì e no sessanta chili bagnati, era pelle e ossa e una manciata di muscoli appena.
Fabio sgranò gli occhi puntandosi un dito al petto.
-Io?! Santo cielo, siete i fratelli più rompicoglioni che conosca-
Sbottò, mostrandogli il dito medio per rimarcare il concetto.
Michele non si scompose, notando come avesse già preparato la tazza per Sebastiano, nonostante le rimostranze che continuava a condividere col mondo. Afferrò suddetta tazza, che per dovere di cronaca raffigurava Paperina, e la storia di quelle due tazze era così surreale che Fabio aveva dovuto strapparla a suon di solletico a Michele, perché era sicuro che dovesse esserci un motivo più che valido se due ragazzi più o meno sani di mente possedessero quelle tazze, e ci tenessero in modo viscerale come facevano loro.
Non appena voltò le spalle a Michele un sospiro si infranse sulle labbra che stava mordendo convulsamente. Smise quando il piercing ad anello che aveva gli rimandò un lampo di dolore.
Già vedere normalmente Sebastiano era difficile, per via di tutti quegli impulsi assurdi e cretini di saltargli addosso e morderlo, baciarlo, toccarlo, leccarlo e Dio lo salvi cazzo perché ci stava morendo ad immaginare di poter fare tutte quelle cose a Sebastiano.
Prese un respiro profondo. Sebastiano era perennemente perso nel suo mondo, ma era quasi certo che fosse un mondo etero, in più Michele era legato a lui in un modo che definire ossessivo sarebbe sminuirlo, quindi non riteneva che sbattergli in faccia la cotta colossale che aveva per suo fratello fosse una cosa auspicabile.
Non se voleva mantenere tutta la faccia intera per lo meno.
E dire che Michele era il più piccolo dei due, di appena tre anni, e in ogni caso a vederlo, Sebastiano, non sembrava certo uno che avesse bisogno di essere protetto. Insomma, aveva questo modo di guardarti, con quegl’occhi verdi, o forse dorati, Fabio non lo aveva mai visto così da vicino da poterne essere certo, però ti guardava come ti guardava una persona che ha perso tutti i neuroni e adesso, quando li incontrava, girava la testa dall’altra parte per non salutarli. Faceva paura ecco.
Per non parlare della sua pelle pallidissima, i capelli neri che gli finivano sempre davanti agli occhi e lo facevano somigliare davvero a un vampiro o qualcosa del genere, non che non possedesse il suo fascino, era innegabile, ma era un fascino decisamente non convenzionale.
E ovviamente Fabio era caduto nella sua rete da succhia sangue non appena l’aveva visto.
Doveva avere davvero qualche potere paranormale per averlo rincretinito in questo modo.
Scese le scale che portavano nel seminterrato e spalancò la porta, rumorosamente. Non sortì il minimo effetto quindi si diresse alla finestrella sotto il soffitto e la aprì, illuminando fiocamente la stanza.
Se di stanza si poteva parlare. Aveva le pareti completamente dipinte di nero, con varie scritte rosse che facevano capolino, dai significati così emo che Fabio non si era mai sprecato ad andare oltre la seconda frase. Una scrivania era appoggiata nel muro sotto la finestra, piena di disegni, colori e fogli sparsi, in un casino difficile da immaginare per un piano di lavoro. Nel complesso era una camera davvero inusuale, anche perché non era propriamente una camera, quanto un… seminterrato, ecco.
E Fabio davvero non capiva perché Sebastiano si ostinasse a vivere là sotto, con tutte le camere libere che avevano.
Aveva evitato di guardare il letto fino a quel momento, sperando che Sebastiano si svegliasse da sé, ma così non era stato e ora lo stava maledicendo in tutte le lingue del mondo. Sebastiano mentre dormiva era di una tenerezza unica, tutto appallottolato su se stesso, con i capelli neri tutti arruffati e sparsi per il cuscino, il viso disteso in un espressione serena; insomma gli faceva venire una voglia matta di infilarsi sotto le coperte con lui per fare cose a cui adesso non era davvero il caso di pensare.
Accarezzò con lo sguardo la figura rannicchiata su se stessa per poi sospirare e avvicinarsi a lui, scuotendolo delicatamente.
-Seba andiamo… svegliati- macché. Quello rimase immobile, si limitò a sospirare più forte. Fabio si rassegnò e allungò una mano verso il lenzuolo, scoprendolo completamente. Non faceva freddo, anzi, ma sapeva che Sebastiano odiava dormire senza il lenzuolo addosso, diceva che lo rassicurava in un certo senso.
Era un azione di forza ma era necessaria. Si stava già preparando le scuse mentalmente, che erano molto buone e si affannavano a spiegare che lui avrebbe voluto svegliarlo il più delicatamente possibile ma…
Fu interrotto quando vide come effettivamente dormiva.
-Ma cristo santo Sebastiano! Dormi nudo!!!-
Questo ebbe l’effetto di far spalancare gli occhi al ragazzo, che saltò a sedere sul letto e si mise a urlare a sua volta.
-Ma cazzo, Fabio!- proruppe poi, posandosi una mano sul petto e prendendo ampi respiri per calmarsi.
-Si può sapere che hai da urlare in questo modo? Che c’è, non hai mai visto un uomo nudo?- chiese, facendo scivolare i piedi a terra e alzandosi in piedi con tutta la calma del mondo, stirando i muscoli lentamente e mugolando nel frattempo. Ecco, qui Fabio spense il cervello definitivamente, deglutendo rumorosamente mentre il suo sguardo correva sul corpo di Sebastiano. Aveva un figura nient’affatto muscolosa, anzi, era piuttosto morbido, con quell’adorabile pancetta che si sarebbe perso a pizzicare e mordere, per non parlare dei fianchi, sembravano fatti apposta per lasciarci l’impronta delle sue mani.
-Sì ma non te, e non ci tenevo particolarmente- borbottò Fabio, distogliendo lo sguardo prima che dalla schiena scivolasse più giù.
-E ora vuoi indossare qualcosa, cazzo? Non vorrei avere uno shock tale da impedirmi qualsiasi funzione psico-emotiva da questo momento per, tipo, tutta la vita.-
Sebastiano si girò, inarcando un sopracciglio, stirando le labbra carnose in una specie di sorriso, le stesse labbra di Michele ma facevano un effetto decisamente diverso sul suo viso un po’ tondo, dove un naso piccolo e proporzionato faceva capolino e sovrastava le guance che si riempivano di fossette quando sorrideva.
Non che lo facesse spesso.
Quello che gli rivolgeva adesso era più un ghigno, per dire.
-Fabio, non pensavo che vedermi nudo ti sconvolgesse fino a questo punto. E comunque, dov’è il caffè che mi hai portato?- e Fabio, davvero, non riuscì a fare a meno di arrossire e indicare la scrivania, continuando a borbottare instancabile, non sapeva nemmeno lui cosa, sapeva solo che parlando reprimeva la voglia e il bisogno quasi fisico che aveva di stringersi addosso a Sebastiano e sentire il suo calore, la sua morbidezza, sfiorare la sua pelle e perdersi e Oh cazzo adesso doveva decisamente andare in bagno!

-Sese!- la vocetta di Michele risuonò in modo decisamente fastidioso alle orecchie di Sebastiano, questi sbuffò, alzò gli occhi al cielo e si voltò verso il fratello, seccato.
-Che c’è Michi? Sto disegnando, non vedi?- rimase impassibile davanti al piccolo broncio che assunse il viso di Michele, aspettando una risposta che comunque già sapeva.
-Mi annoio! Voglio uscire a giocare- Sebastiano sospirò, lo capiva, senza dubbio. Era la mamma che aveva quest’ansia assurda che potessero essere rapiti, uccisi o torturati se solo avessero messo il piede fuori casa. E a dire il vero a lui non importava, lui stava bene lì, nel suo piccolo mondo; si perdeva come niente. Un foglio bianco e la sua mente, lì, non c’era più. Volava a sconfiggere Draghi e salvare principesse, distruggere mondi, difenderne altri… poteva scegliere di essere chi voleva e la sensazione era bellissima. Suo fratello no. Suo fratello amava il contatto con gli altri, non sapeva cosa inventarsi in quei pomeriggi interminabili, e finiva per contare le ore che lo separavano dall’andare a scuola. No ma…
a scuola!
Il viso del più grande si addolcì, osservando distrattamente i capelli castani pettinati ordinatamente e i grandi occhi ambrati che sembravano implorare un po’ d’attenzione.
Aveva un debole per il suo fratellino rompicoglioni, non poteva farci nulla. Aveva solo otto anni ma riusciva a seguirlo perfettamente nelle sue storie assurde.
Si spostò sulla sedia e subito il più piccolo saltellò felice nello spazio che Sebastiano gli aveva riservato, accoccolandosi a lui. Gli piaceva il calore del corpicino stretto al suo, gli faceva venire voglia di abbracciarlo forte e gli suscitava dentro emozioni e sentimenti che non sapeva bene definire, ma forse avevano a che fare con il desiderio di averlo sempre vicino, di proteggerlo qualunque cosa fosse successa e non lasciare che gli accadesse mai nulla di male.
-Chi siamo questa volta, Sese?- chiese Michele, entusiasta.
Sebastiano ridacchiò, mordicchiando la punta della matita e pensando velocemente. Inventava milioni di queste storie, ogni giorno, ma la sua fantasia sembrava un pozzo senza fondo a cui attingere sempre a piene mani.
Il suo sguardo si illuminò e cominciò a tracciare sul foglio i contorni di un albero gigante.
Aveva trovato la storia perfetta per sé e per Michele.


Fabio evitava sempre, per quanto poteva, di frequentare troppo la casa dei fratelli Lesizza. Non perché non gli piacesse l’atmosfera che si respirava, perché quella era davvero fantastica. No, la evitava perché lì dentro Sebastiano era diverso, si lasciava andare in un modo che fuori non era possibile, e allora per lui era inevitabile sentirsi una specie di privilegiato, perché lui era uno dei pochissimi, per non dire l’unico, ad essere ammessi lì dentro. E sentirsi dei privilegiati era pericoloso, perché poi potevi lasciarti andare e rivelare, inconsapevolmente, cose che avrebbero fatto meglio a restare dentro di te.
Per quello le poche volte che la frequentava ne era così felice da riuscire a godersi appieno ogni minima sfumatura di Sebastiano e Michele e del loro rapporto.
Vide come Sebastiano entrò in cucina, i capelli disordinati al massimo che gli ricadevano davanti al viso, una nuvola nera che creava un contrasto stranissimo con la pelle bianca. Ma d’altronde Sebastiano era pieno di contrasti, a partire dagli occhi verdissimi, o dorati?, che spiccavano sul viso pallido, assieme alle labbra, sempre umide e rosse, ma quelle Fabio cercava di non guardarle troppo; per finire sui vestiti neri che indossava sempre. Suo fratello per prenderlo in giro lo chiamava emo-boy e lui scrollava le spalle e assottigliava gli occhi, cercando una vendetta appropriata che finiva sempre per essere quella di chiamarlo a sua volta fighetto-del-cazzo.
Michele si diresse immediatamente verso di lui, porgendogli un’altra tazza di caffè e Sebastiano lo gratificò con un sorriso enorme, accogliendo il fratello che intanto si era accoccolato contro il suo fianco.
Questa era una cosa che facevano spesso, aveva notato Fabio, amavano il contatto fisico in un modo quasi viscerale, e non perdevano occasione per abbracciarsi o sfiorarsi. La mattina era il loro momento preferito perché erano ancora tutti e due intontiti dal sonno e allora veniva naturale stringersi e appoggiare il viso sulla spalla dell’altro, per chiudere gli occhi ancora un po’.
Il modo in cui Sebastiano strinse il braccio attorno alle spalle di Michele, con una naturalezza fatta di anni e anni di abitudine, gli strinse un po’ il cuore, perché erano davvero bellissimi a vedersi. Era un rapporto delicato, complesso ma bellissimo, ed era scevro da qualunque malizia o sottointeso. Loro si permettevano di viverlo così anche davanti a lui perché si fidavano, sapevano che non li avrebbe giudicati strani.
O meglio, Michele si fidava, mentre Sebastiano si fidava di Michele.
-Stamattina Fabio ha deciso di porre fine alla mia bellissima e giovane vita mostrandomi il suo inconfutabile talento per l’arte canora-
borbottò Sebastiano con un ghigno, dopo il secondo caffè era decisamente più reattivo, in più si era ripreso dallo shock del risveglio.
-Sei il solito esagerato! E poi ma si può sapere perché dormi nudo? Magari pure con tre gocce di Chanel n.5?-
Sebastiano scrollò le spalle addentando una fetta biscottata che il fratello gli aveva messo in mano.
-No caro, preferisco Midnight poison di Dior- rispose, alzando la voce di proposito in un falsetto terrificante.
Michele si mise a ridere, staccandosi dal fratello e posando le tazze della colazione nel lavello.
-Dai ragazzi, facciamo tardi al bar- li richiamò all’ordine.
Lui e Fabio lavoravano al bar di proprietà dei genitori di Fabio, solo che loro erano ormai anziani e stanchi, quindi si limitavano ad aprirlo la mattina per poi lasciarlo a loro due praticamente tutto il resto della giornata, occupandosi anche dei conti e della gestione amministrativa. Avevano provato ad insegnarlo a Fabio, ma proprio non c’era verso e allora avevano cominciato con lui, che sicuramente era più portato per queste cose. Loro lo consideravano una specie di figlio, in ogni caso, quindi erano tranquilli, il bar era sicuramente in buone mani.
Basta che non fossero quelle tatuate di Fabio. Non erano solo le mani, a onor del vero, a essere tatuate, ma ogni parte del corpo disponibile. Era decisamente impossibile stargli dietro, per non parlare dei piercing e delle spille da balia conficcate nei posti più assurdi.
La prima volta che l’aveva visto aveva spalancato gli occhi e si era detto che detto che una persona così non poteva assolutamente capirci qualcosa, di lui. E lui non sprecava tempo con persone che non potevano capirlo; Michele era una persona logica e razionale, nel suo mondo assolutamente ordinato non c’era posto per una persona come Fabio.
Poi l’aveva conosciuto meglio, i suoi genitori avevano accettato la sua domanda come barista, quindi avevano lavorato a stretto contatto.
E Michele non poteva dire di non essere rimasto totalmente affascinato dal modo che aveva Fabio di vivere. Era una persona impulsiva e casinista, a tratti davvero rompicoglioni e si ficcava in guai assurdi, ma con lui il mondo, il suo piccolo mondo ordinato, si colorava in un universo di pazzi colori. Una cosa del genere la viveva solo con suo fratello, solo lui prima di Fabio era riuscito a farlo volare così tanto con la mente, solo lui riusciva a farlo sognare. Quindi se una persona gli provocava le medesime sensazioni non poteva essere cattiva.
Poi conoscendolo meglio, continuando a frequentarlo al di là del lavoro, aiutandosi costantemente a vicenda, aveva capito un’altra cosa di lui.
Fabio la vita non si limitava a viverla al massimo, no, lui la vita la mangiava, pezzo per pezzo, e non si fermava davanti a nulla.
Ragazzi, risse, tatuaggi, libri, macchine, moto, tutto.
Tutto quello che poteva dargli un visione ampia delle cose, tutto quello che gli provocava sensazioni ed emozioni forti, era tutto benvenuto. Per quello aveva avuto paura di presentarlo a Sebastiano, perché la vita a suo fratello faceva paura, una paura fottuta, e la viveva poco a poco, centellinando tutto per non lasciarsi sommergere, perché bastava davvero un niente, un sospiro, un’emozione, una delusione, e lui poteva rompersi. Però poi li aveva avvicinati, i suoi due mondi preferiti, e Fabio aveva tirato fuori una delicatezza che Michele non credeva possedesse. Davvero. Era sempre esuberante ed impetuoso, ma sembrava che si trattenesse per lasciare che Sebastiano assorbisse da lui solo quello che era in grado di reggere, capendo con istinto infallibile cosa poteva permettersi di mostrargli e cosa no.
Quando aveva visto come anche Sebastiano aveva cominciato a avvicinarsi a Fabio, come accettasse la sua presenza e anzi, gli piacesse, allora aveva capito che poteva davvero fidarsi.
Poteva fidarsi del ragazzo con il viso da cucciolo, con quei grandi occhi nocciola, così vivi ed espressivi, dai capelli castani che avevano sempre un taglio strano e originale, dai vestiti coloratissimi, così basso da essere chiamato Nano da tutti, ma dai muscoli sviluppati e forti, temprati da anni di sport di tutti i tipi, dai più estremi al più normale, giusto per provare, sia mai che Fabio si lasciasse scappare qualcosa, della vita.
Così adesso era l’unico di cui Michele si fidasse davvero e non sapeva proprio come avrebbe fatto, senza i suoi due mondi preferiti, i suoi due mondi perfetti.
-Devi andare in ufficio Seba?- chiese Fabio mentre guidava, Michele si era seduto dietro, per poter continuare a dormicchiare e lasciare il posto davanti a Sebastiano, che si perdeva sempre a parlare di fumetti, libri, e quant’altro con Fabio. Quei due erano dei logorroici assurdi, quando stavano vicini non potevano fare a meno di riempire la testa di chiunque con mille chiacchiere, saltando da un discorso all’altro in un modo assolutamente inconcludente, solo loro riuscivano a seguirsi.
-Sì, devo consegnare le tavole all’editore- rispose il ragazzo, accendendosi una sigaretta e lasciando andare una lunga boccata.
-Ma voi com’è che siete usciti di casa così presto? Non cominciate a lavorare più tardi di solito?- chiese poi, voltandosi incuriosito verso Fabio. Avevano questo modo di guardarsi, sempre, come se dovessero studiarsi, o una cosa del genere, e a Michele era sempre sembrato un po’ strano. Non che si studiassero, ma che lo facessero con tutta quest’attenzione, era come se stessero cercando di capire qualcosa dall’altro, e l’altro a suo volta stesse cercando di nascondersi senza rinunciare alla sua ricerca. Una cosa contorta forse, ma fondamentalmente era suo fratello ad essere estremamente contorto, quindi non si stupiva di nulla quando c’era lui di mezzo.
Fabio scrollò lo spalle, rispondendo svogliato:
-Mah, i miei devono fare non so cosa non so dove, allora oggi apriamo noi-
Sebastiano rise della spiegazione sconclusionata, allungando le gambe per quanto possibile e voltandosi a guardare il fratello:
-Allora mi offri la colazione? E’ presto per me, sai che Lorenzo prima delle otto del mattino non è in grado di connettere-
Prima che Michele avesse il tempo di rispondere Fabio intervenne:
-A me pare che non sia mai in grado di connettere… va avanti a 56k lui, qualcuno dovrebbe installargli l’adsl-
Ignorò la risata di Sebastiano e proseguì:
-E comunque la colazione te la posso offrire anche io sai, se non preferisci che siano le mani amorevoli di Michele a spezzettare la Brioche e imboccarti pezzo per pezzo-
Michele si portò le mani a coprire la faccia, sospirando, sapeva di avere un migliore amico scemo, ma quello di cui aveva paura era la risposta di Sebastiano, perché quando era di buon umore era perfettamente in grado di stargli dietro.
La risposta arrivò quando la macchina si fermò davanti al bar, e Michele avrebbe potuto giurarci.
-Si beh, se mi ci metti la panna montata sopra potrei anche permetterti di imboccarmi, mio fratello lo fa già ogni mattina, oggi puoi avere tu il privilegio-
Michele non aspettò di sentire la risposta, avrebbero potuto andare avanti a sparare cavolate ore intere, l’aveva già visto succedere e non ci teneva a ripetere l’esperienza. Fortuna che uscivano assieme davvero raramente, quei due, altrimenti la sua sanità mentale sarebbe stata davvero in pericolo.
Se prima non lo uccideva direttamente suo fratello.
Gli si gettò addosso, abbracciandolo stretto come fosse un orsacchiotto di peluche, e gli accarezzò la testa:
-Non devi essere geloso, Michi, davvero, tu resti sempre la prima persona del mio cuore-
Non ebbe il tempo di scrollarselo di dosso che Fabio lo abbracciò a sua volta, creando un intreccio assolutamente assurdo di mani, braccia e teste.
-Anche del mio, Honey! Devi proteggermi, tuo fratello mi concupisce, è estremamente cattivo- brontolò quest’ultimo, lanciando un occhiata storta a Sebastiano, che si limitò a ridere. Ci godevano come pazzi, quei due, a farlo uscire di testa con queste piazzate, amavano scandalizzare la gente o infastidirla, sembrava l’unica cosa in grado di farli divertire come matti. E sopra ogni cosa amavano far impazzire lui, che odiava farsi notare troppo o creare imbarazzo agli altri. Davvero, si chiese con disperazione crescente mentre i due scemi si contendevano il primo posto del suo cuore, che male aveva fatto per meritarseli?