CAPITOLO DECIMO
Grazie per il tempo pieno,
grazie per la te più vera,
grazie per i denti stretti,
i difetti,
per le botte d'allegria,
per la nostra fantasia.
-Liga-
In
casa Lesizza, Michele stava cercando il coraggio per scendere nel
seminterrato. Sapeva che Sebastiano non avrebbe chiuso la porta a
chiave, anche se ultimamente si rifiutava di vedere chiunque.
Aveva
appena chiuso la chiamata con Ginevra e si sentiva ancora più in colpa,
non credeva che fosse possibile dopo aver sentito e visto Fabio ridotto
in quel modo.
Il
ragazzo che amo aveva detto. A quelle parole il suo cervello si
era scollegato e non era riuscito a dire o fare nulla, non era riuscito
a reagire e non sapeva nemmeno cos’avrebbe dovuto fare a quel
punto.
Era
stata tutta una conseguenza delle sue azioni, se ne rendeva conto. Se
lui non si fosse rifiutato di parlare con Sebastiano, se non ci avesse
litigato, suo fratello non si sarebbe chiuso così. Però non ci
riusciva, non riusciva davvero a pensarci con razionalità. Quando era
da solo i suoi pensieri fluivano sempre nel modo giusto, capiva che era
una cosa positiva, era perfino contento per suo fratello, perché Fabio
era fantastico e se lo meritava un ragazzo così. Però poi bastava che
fosse in presenza di uno dei due e tutto crollava. L’ansia lo assaliva,
rivedeva suo fratello stare male, metterlo da parte per Laura,
chiuderlo fuori dalla sua vita per poi rientrare solo per raccogliere i
pezzi. Non sopportava l’idea di averlo lontano, di non essere la
persona più importante per lui.
Era una cosa stupida ma era un pensiero che gli divorava la testa e non riusciva a fare diversamente.
E
anche se adesso aveva Ginevra, anche se adesso stava meglio e capiva la
necessità di vivere la sua vita e lasciare i suoi spazi al fratello,
non riusciva a scrollarsi di dosso la paura.
Gliel’avevano nascosto.
Non aveva smesso un attimo di pensarci.
Quando
guardava Fabio immaginava la sua vita senza di lui, immaginava di
essere costantemente lasciato da parte, chiuso fuori, e non riusciva a
non desiderare che non si fossero mai conosciuti, lui e Sebastiano.
Erano i suoi due mondi perfetti, ed erano perfetti perché viaggiavano
sempre su binari paralleli.
Non
era previsto che due parallele si incontrassero. Era dannatamente
egoista ed infantile, ne era consapevole, ma ogni volta che si
riprometteva di fingersi felice e dargli la sua benedizione, poi
qualcosa si inceppava, nella sua testa, e mandava tutto a rotoli.
La sua testa stava andando a rotoli dietro questa storia.
Sospirò, fissando la porta del seminterrato.
Non aveva mai capito perché suo fratello si fosse rifugiato in un seminterrato nero e si rifiutasse di cambiare camera.
Ora forse poteva intuirlo.
Era
una specie di bozzolo, proteggeva dal mondo, soprattutto quello nella
propria testa, impediva di crollare ulteriormente.
Era confortante.
Quando aprì la porta, piano, lo vide steso sul letto, il viso premuto contro i cuscini.
Sospirò.
Odiava
vederlo in quello stato e odiava la consapevolezza di esserne in parte
la causa. Era troppo facile addossare la colpa a Fabio, era troppo
facile dirsi che se non ci fosse stato lui quella situazione non si
sarebbe creata.
-Sese- disse a bassa voce, avvicinandosi lentamente al letto e sedendosi sopra.
Suo fratello scosse la testa, non voleva parlargli.
Michele strinse le labbra, non importava cosa voleva Sebastiano, lui aveva qualcosa da dire e lo avrebbe detto.
Posò la mano sulla sua testa e cominciò ad accarezzargli i capelli, lentamente.
-Lo so che non è giusto- cominciò, sentiva suo fratello respirare piano e stare immobile.
-Il modo in cui mi sono comportato dico. Sono stato un’idiota. Ma abbiamo un problema e penso che tu ne sia consapevole-
Sebastiano
annuì, voltando appena il viso per guardarlo negli occhi. Era la prima
volta da quando Michele aveva scoperto la relazione del fratello che
finalmente parlavano seriamente.
Michele continuò:
-Me
l’hai nascosto. Non era mai successo prima e non riesco a… superare
questa cosa. So che l’hai fatto per paura della mia reazione, ma non è
normale. Tu dovresti potermi dire tutto, non nascondermi le cose in
questo modo. Non voglio che diventiamo così, non sopporto l’idea.-
Parlava
guardando Sebastiano negli occhi, vedeva l’espressione del fratello
incupirsi e spaventarsi man mano che proseguiva, perché aveva intuito
dove voleva andare a parare.
Lo conosceva abbastanza da saperlo, da prevenire con precisione le sue reazioni e i suoi ragionamenti.
-Cosa
vuoi fare?- sussurrò, voltandosi completamente per sedersi, la schiena
appoggiata al muro e le gambe rannicchiate contro il petto.
-Me ne andrò da Gin per un po’- cominciò, per poi interrompersi quando vide Sebastiano sgranare gli occhi.
Era dannatamente difficile ma era la cosa giusta.
-Non
sono arrabbiato, non lo sto facendo per punirti o chissà cosa, Sese, lo
faccio perché dobbiamo imparare ad avere un rapporto più sano. Mi rendo
conto che vorrei chiuderti sotto una campana di vetro ed essere l’unico
in grado di non romperla, di farti stare bene. Vorrei proteggerti da
tutto e non sopporto l’idea che Fabio ti faccia del male o che sia lui
a proteggerti, a starti accanto.-
Sospirò,
passandosi una mano sul viso, per non vedere l’espressione di suo
fratello. Arrivati a questo punto doveva dirgli tutto.
-La
cosa bella, la cosa più bella che tu potessi fare per me, è sempre
stata quella farmi immergere nel tuo mondo. Ed è bellissimo, Sese,
davvero. A me è piaciuto davvero tanto entrarci.-
Gli
sorrise teneramente, era suo fratello e lo amava più di ogni altra
cosa, ma solo in quel momento, solo quando aveva fatto soffrire
ingiustamente il suo migliore amico e aveva quasi distrutto la cosa più
bella che potesse capitare a Sebastiano, si era reso conto di quanto
fosse ossessivo.
Doveva lasciarlo andare.
Era
la cosa più difficile che potesse fare, ma doveva lasciarlo andare
perché altrimenti sarebbero finiti con l’odiarsi, col distruggere tutto
quello che avevano.
-Ma
Fabio è diverso, Fabio non ti rinchiuderebbe in quella campana di
vetro, lui la romperebbe assieme a te. E io devo solo accettarlo,
capisci? Devo accettare che va bene che ci sia lui al tuo fianco e non
io, che tu non hai bisogno di una campana e che mi vorrai sempre bene,
nonostante tutti i Fabio del mondo. Lo so, so che niente potrà mai
cambiare questo fatto. Devo solo viverlo adesso, e devo farlo lontano
da te. Capisci?-
Vide
suo fratello annuire, lentamente, lo vide tendere le braccia e non
aspettava altro, perché si gettò contro il suo petto e rimase lì, come
quando era piccolo, come quando era Sebastiano a prendersi cura di
lui.
E forse era sempre stato così, forse Sebastiano non aveva mai smesso davvero di farlo.
Rimasero lì, a stringersi a vicenda mentre la notte avanzava sempre di più.
Sebastiano
era chiuso nel seminterrato, a dipingere probabilmente, mentre Michele
si muoveva veloce e preciso lungo tutta la cucina.
Adocchiò
l’orologio e sbuffò: era in ritardo sulla tabella di marcia, avrebbe
dovuto essere tutto già pronto almeno dieci minuti fa.
Si
allungò per prendere una terrina dove condire l’insalata e nel
movimento rovesciò tutti i contenitori di plastica vuoti dove
sistemavano il cibo da congelare o da conservare.
-Cazzo!- imprecò, strinse le labbra e cominciò a raccogliere.
Di
questo passo non ce l’avrebbe mai fatta! Fabio sarebbe arrivato a
momenti e c’era ancora la tavola da preparare, l’insalata da condire,
il pollo da finire di cuocere e in più lui aveva anche una mezza idea
di farsi una doccia prima di cena. Era in condizioni pietose, non
voleva presentarsi a Fabio conciato in quel modo.
E
Sebastiano era chiuso in quel dannato seminterrato a fare Dio solo
sapeva cosa. Ne sarebbe uscito quando Fabio sarebbe arrivato,
probabilmente con i vestiti che usava per dipingere e le mani e il viso
sporchi di colore. Dio solo sapeva se non era in grado di ridursi uno
schifo suo fratello quando dipingeva.
Si
diresse alle scale a passo di marcia, spalancò la porta del buco dove
si rifugiava il fratello e trovò conferma alle sue teorie: Sebastiano
dipingeva, una felpa macchiata di colore addosso, solo una felpa
macchiata di colore addosso, il viso e le mani che erano peggio della
tavolozza.
Lo guardò stupito, posando il pennello e chiedendo, con tutto il candore del mondo:
-C’è qualcosa che non va? È già arrivato Fabio?-
A quelle parole il ragazzo non poté fare a meno di sbottare:
-Sì
che c’è qualcosa che non va! La casa è uno schifo, io sono uno schifo,
tu non ne parliamo e la cena non è ancora pronta! Fabio arriva a
minuti!-
Dopo
quello sfogo piuttosto sentito, Sebastiano ebbe l’ardire di mettersi a
ridere e dirigersi verso di lui, posargli una mano sulla spalla e dire:
-Tranquillo dai, non penso che Fabio scappi via terrorizzato se non è tutto perfetto. Ora mi lavo così poi ti aiuto-
Michele lo guardò storto un momento, certo che era tranquillo, era stato tutto il giorno chiuso lì sotto a dipingere!
E sì che aveva chiesto lui di conoscere Fabio.
-Ecco,
bravo. E muoviti!- borbottò, volando fuori dalla stanza per controllare
il pollo. Ci mancava solo che la cena si bruciasse!
Quando
Fabio arrivò, Michele era riuscito nel miracoloso compito di finire la
cena e preparare la tavola. Doveva ancora fare la doccia ma almeno
Sebastiano era presentabile, avrebbe intrattenuto lui Fabio.
Anche se non si sentiva molto tranquillo al pensiero di lasciarli fare conoscenza da soli.
Fabio era una persona estroversa e solare, rumorosa e a tratti rompicoglioni.
Suo fratello era l’opposto.
Mugolò mentre andava ad aprire la porta, sarebbe stato un disastro se lo sentiva.
Sembrava che più lui ci tenesse a una cosa, più questa risultasse impossibile da realizzare.
-Ciao- salutò, lasciando che Fabio entrasse, salutando tutti allegramente. Non sembrava teso o in soggezione.
-Trovato subito la casa?- chiese, nell’ennesimo sfoggio della sua ansia.
-Michi,
mi hai ripetuto l’indirizzo tre volte! Sarebbe stato difficile non
trovarla- rise Fabio, guardandosi attorno curioso. Vide il suo sguardo
accarezzare l’ampio salotto, con i suoi colori caldi e delicati,
proseguire con un lampo di desiderio sull’enorme libreria e poi
bloccarsi su Sebastiano.
Era rimasto in silenzio sulla porta della cucina, per questo non l’aveva notato immediatamente.
Lo vide arrossire immediatamente e poi impallidire, mentre chiudeva ed apriva le mani continuamente.
Forse dopotutto si era sbagliato, anche lui sentiva la tensione per quella serata.
Che in realtà quello che aveva colpito Fabio fosse ben altro, Michele lo scoprì soltanto anni dopo.
-Idiota- bofonchiò chiudendo la porta dietro di lui.
Gli fece cenno di entrare e poi allargò una mano verso Sebastiano.
-Questo è mio fratello Sebastiano- presentò -Sese, questo è Fabio.-
Mormorarono entrambi un: -Piacere- stentato, e Michele cominciò a sudare freddo.
Non si prospettava una serata molto allegra.
Erano tutti troppo tesi, a cominciare da se stesso.
-Beh
ragazzi, io devo farmi una doccia prima di mangiare, Sese, l’aperitivo
è in frigo, servitevi!- esclamò, si sentì addosso due sguardi
decisamente terrorizzati, evidentemente nessuno dei due era felice di
essere lasciato solo con l’altro.
- Farò in fretta- sussurrò avvicinandosi al fratello per carezzargli lievemente la schiena.
Voleva che quei due andassero d’accordo, ci teneva più di ogni altra cosa, per cui avrebbe usato qualunque mezzo.
Mentre
se ne stava andando, sentì Fabio ridacchiare e poi cominciare a
chiacchierare, non riuscì a capire di cosa ma distinse chiaramente la
risata di Sebastiano alzarsi e poi i rumori dei bicchieri, in
cucina.
Fabio aveva rotto il ghiaccio, forse non sarebbe stata una serata poi così orrenda.
Quando tornò li trovò seduti attorno al tavolo della cucina, un bicchiere ciascuno in mano.
Spritz Aperol per Fabio, Coca cola per Sebastiano.
-E
quindi insomma, quando ho visto l’edizione di Bastard della Granata
Press, ho capito che dovevo averla. Non importa a che prezzo. Quel
bastardo di un edicolante mi ha fatto lavorare gratis tutta l’estate
per lui! In magazzino a spostare scatole!-
Alzò la voce per sovrastare la risata di Sebastiano e farsi sentire lo stesso:
-Avevo
quattordici anni! È sfruttamento di lavoro minorile questo! Avrei
dovuto chiamare il telefono azzurro e fargli causa-
Sebastiano rideva tanto forte che Fabio lo guardò, fintamente offeso, incrociando le braccia davanti al petto e borbottando:
-Ridi
ridi. Intanto per mia madre ero a studiare da un amico che, ovviamente,
non ho visto per tutta l’estate. Fortuna che si fidava di lui-
Ghignò e bevve un altro sorso di Spritz:
-Se
penso a cosa combinavo quando dicevo che andavo da lui e poi invece ero
in giro per tutta l’Italia all’insaputa dei miei… penso che
nell’ipotesi molto improbabile che io abbia figli, quando questi mi
diranno che andranno dallo zio Carlo io darò di matto.-
Michele sorrise vedendo come Sebastiano lo guardava incantato, bevendosi ogni sua parola, ogni aneddoto, ogni discorso strambo.
Poteva
immaginarne il motivo: Fabio sprizzava vita da ogni dove, aveva la
stessa età di Michele, ma aveva visto e vissuto il doppio di tutti e
due i fratelli messi assieme, e si vedeva che era entusiasta di tutto,
vivo in una maniera che faceva quasi male.
-È
pronto ragazzi… ci spostiamo in salotto?- chiese, facendosi sentire e
osservando felice come i due si rivolsero un ultima occhiata prima di
alzarsi, scoppiando a ridere.
Era
da un tempo infinito che non sentiva suo fratello ridere così a lungo e
così di cuore. Avrebbe dovuto fare un monumento a Fabio, d’oro o di
platino, come preferiva.
Niente era troppo poco per lui se faceva stare così bene Sebastiano.
Fabio
uscì prestissimo da casa di Ginevra, temeva di ritrovarsi Michele
addosso da un momento all’altro, e in effetti lo mancò per un
soffio.
Non
aveva intenzione di andare al lavoro visto la nottata che aveva
passato, che si arrangiasse Michele. Anzi, sperava che quella mattina
gli studenti proclamassero una marina collettiva e andassero tutti a
fare colazione in quel cazzo di bar! Non era un pensiero molto adulto,
ne era consapevole, però era estremamente confortante.
Girovagò
per la città, finché non fu sicuro che Michele fosse al lavoro, poi si
apprestò a tornare in casa Lesizza. Dopotutto aveva là tutta la sua
roba, prima o poi doveva farvi ritorno.
Cercò
di non pensare a Sebastiano, al fatto che l’avrebbe rivisto, al fatto
che aveva due occhiaie terribili perché non aveva chiuso occhio tutta
la notte e voleva disperatamente farsi una doccia, perché col caldo che
faceva in quei giorni stava boccheggiando.
Doveva
entrare, prendere la sua roba e uscire il più velocemente possibile.
Tanto conoscendo Sebastiano si sarebbe limitato ad aprire la porta e
poi a guardarlo in silenzio, senza sapere bene cosa dirgli o come
dirglielo. Il tempo che ci avrebbe messo per realizzare tutto, lui
l’avrebbe impiegato per uscire da lì.
Era tutto calcolato.
Quello
che non aveva calcolato era che non appena suonò, la porta si aprì
immediatamente e, altrettanto immediatamente, Sebastiano lo abbracciò
strettissimo, così stretto da farlo gemere di dolore, perché se tutto
il resto era guarito le costole facevano ancora male.
-Oddio- esclamò spaventato, portando automaticamente una mano sulla nuca di Sebastiano e l’altra attorno alla vita.
-Ma
che è successo?- l’idea che aveva inizialmente, cioè quella di
ignorarlo e ostentare un atteggiamento di gelida indifferenza, era
ormai stata accantonata definitivamente.
Non era capace di ignorare Sebastiano quando lo abbracciava così.
Sebastiano, intanto, aveva solamente una gran confusione in testa.
L’aveva
fin da quando era iniziata quella storia e solo adesso che finalmente
aveva abbracciato Fabio dopo quella che gli sembrava una vita, sembrava
che tutto si stesse schiarendo.
Era stanco di essere così, era stanco di perdersi in questo modo.
Forse Michele aveva ragione.
A lui non serviva una campana di vetro.
-Sono
stato un’idiota- disse solo, staccandosi un po’ da lui per guardarlo
negli occhi, quegl’occhi nocciola così grandi e luminosi, che
guardavano tutti sfacciatamente, sfidandoli a contrastarlo, rimarcando
il suo diritto ad essere esattamente così com’era.
-Siamo
stati tutti e due degli idioti. Io e Michele intendo. Era una cosa fra
noi due e ti abbiamo messo in mezzo e tu non lo meritavi e…- si
interruppe perché Fabio aveva cominciato a scuotere la testa e il viso
si era rabbuiato.
-No,
vedi… e in questo che sbagli. Non è una cosa fra voi due ma fra noi
tre. Tutti e due mi avete escluso da un qualcosa in cui in realtà
c’entro eccome. Se io sto con te mi riguarda. Se Michele è il mio
migliore amico mi riguarda. Se non riesco nemmeno ad essere incazzato
con te come meriteresti mi riguarda eccome- concluse, prendendogli il
viso fra le mani e guardandolo intensamente negli occhi.
-L’unica
cosa che vorrei è che d’ora in poi ci preoccupassimo delle cose
assieme. Non voglio che tu tenti di farcela da solo chiudendomi fuori,
non voglio più sentirmi come ieri sera.-
Sebastiano
si morse il labbro, ricordava bene la scena. Ricordava come si era
impietrito quando aveva sentito le urla di Fabio, ricordava
l’espressione che aveva avuto quando era sulla porta e lo guardava.
Urlava fermami da ogni parte la si volesse guardare e lui non
ne era stato in grado.
Gli
posò un bacio lieve sulla bocca, per levarsi dalla testa quel momento,
per risentire sulle labbra il fastidio del piercing e fregarsene come
sempre, per approfondire il bacio e perdersi un po’.
Quando
sentì le mani di Fabio afferrarlo saldamente per la vita, per
stringerlo a sé ancora di più, si staccò, respirando pesantemente, e
posò la fronte sopra la sua testa.
-Mi sei mancato Nano malefico- sospirò poi.
Fabio ridacchiò, facendo risalire le mani lungo la schiena e perdendosi sui suoi capelli.
-A che quota di caffè sei arrivato?- chiese, mentre cercava di districare la matassa scura che Sebastiano aveva in testa.
-Due- rispose questo.
-Bene,
è ora di farne un terzo mentre mi racconti cosa è successo con Michele-
esclamò, staccandosi da lui e trascinandolo in cucina.
Sebastiano lo guardò stupito.
-Cosa
ti fa pensare che sia successo qualcosa?- chiese divertito, osservando
il ragazzo muoversi totalmente a suo agio nella sua cucina.
-Perché
tutte le belle parole di prima sono state mosse da una profonda
riflessione che sicuramente ha avuto inizio da Michele- ribatté Fabio,
sedendosi sulla sedia e afferrando Sebastiano perché si sedesse sopra
di lui.
-Non ho ben capito se mi stai dicendo fra le righe che io sono incapace di fare riflessioni del genere per conto mio, o cosa-
Replicò
Sebastiano, guardandolo corrucciato. Il ragazzo rise, mordicchiandogli
il collo, soddisfatto quando lo sentì sospirare più forte.
-Credimi,
non te lo direi mai fra le righe, io sono incapace di parlare fra le
righe. Te lo sto dicendo piuttosto direttamente-
Sebastiano si imbronciò, staccando la testa di Fabio dal suo collo.
-Suppongo di essermelo meritato- si arrese poi, quando vide che Fabio non intendeva cedere sotto il suo sguardo offeso.
-Suppongo proprio di sì. E ora versa il caffè e racconta-
Quando
Sebastiano ebbe finito di parlare, non omettendo nulla, Fabio lasciò
andare un sospiro e sfilò le sigarette dai jeans, per accendersene una.
-Penso
che voi due facciate di una goccia d’acqua una tragedia- commentò poi.
Lui ragionava in modo molto più semplice e lineare, non riusciva a
capire fino in fondo i comportamenti dei due fratelli, il modo di
vivere che avevano e di complicarsi le cose.
Vide Sebastiano tentare di rispondere e lo bloccò, alzando una mano.
-Ieri
sera mi ha accusato di fuggire, mi ha detto che questo non è il modo di
risolvere i problemi. E poi lui fa esattamente la stessa cosa?! Quale
sarebbe la differenza scusa? Invece di restare qui e affrontare il
problema assieme, scappa e va da Gin, e quando tornerà credi che
cambierà qualcosa?-
Vide
Sebastiano mordersi un labbro, sapeva che così non lo stava aiutando,
ma ormai si era acceso e quando cominciava non riusciva più a fermarsi,
nemmeno volendolo.
-Sai
benissimo come ragiona tuo fratello, lui razionalmente sa che tutto
questo è una cazzata, il suo essere geloso e possessivo dico, e adesso
da Gin penserà che va tutto bene, che gli sarà passata, e quando invece
ci rivedrà assieme tutto tornerà come prima. Perché non è certamente
evitandoci che risolverà qualcosa, ma stando qui e affrontando la
situazione assieme- concluse, con un tono di voce sempre più cupo e
duro. Adorava Michele ma alle volte si ostinava a percorrere una strada
e niente riusciva a farlo cambiare idea; voleva risolvere sempre tutto
da solo, sempre.
Anche il problema con l’alcool che aveva avuto Sebastiano.
Sapeva
che doveva esserci più di questo dietro, tuttavia era indubbio che da
solo non ce l’avrebbe fatta e lui si era ostinato a non parlarne con
nessuno, nemmeno con Roberto con cui all’epoca aveva un legame molto
più stretto che con lui, dato che erano praticamente amici d’infanzia.
-Ma vedi…- cominciò Sebastiano, parlando dolcemente e con calma
-Ognuno
ha il suo modo di affrontare le cose. E non è detto che sia quello
giusto, però finché non ci abbiamo provato, finché non ci sbattiamo la
testa, non capiamo. So che tu non avresti affrontato in questo modo la
situazione, e nemmeno io l’avrei fatto. Però so anche che stando qui
con noi lui ne sarebbe uscito matto, non sarebbe mai riuscito a
rielaborare la cosa e sarebbe tutto degenerato finché non si sarebbe
ridotto a dire o fare cose che non pensa minimamente. Lo fa perché si
conosce, perché è già accaduto e non vuole più ritrovarsi a rimpiangere
di essersi comportato in un modo piuttosto che in un altro.-
Fabio
scosse la testa, Sebastiano sapeva che non l’aveva convinto per niente,
e gli dispiaceva che la loro amicizia fosse in pericolo fino a questo
punto. Michele e Fabio erano amici da ben prima che si conoscessero
loro due e sapeva quanto fosse importante per entrambi.
-Almeno eviterai di parlarne con lui? Eviterai di litigarci?-
Era importante perché entrambi erano testardi e orgogliosi, ed entrambi avevano i nervi a pezzi per quella storia.
Fabio
annuì e lui sorrise. Per ora era tutto quello che poteva sperare di
ottenere con lui. Il resto avrebbe dovuto farlo Michele, se davvero ci
teneva.
Fabio
delineava con un dito i muscoli di Sebastiano, mentre stava disteso
sopra di lui. Stavano ancora cercando di riprendere il respiro e faceva
decisamente troppo caldo per stare così vicini, ma nessuno dei due si
lamentava per il momento.
-Ma
sai che non mi hai ancora fatto vedere nessun tuo dipinto, ne fatto
leggere un fumetto?- chiese con voce leggera Fabio, mentre soffiava via
una ciocca di capelli dagli occhi.
-Comprali-
rispose Sebastiano, allungandosi per accendere il ventilatore accanto
al letto. Nudi e sudati com’erano si sarebbero sicuramente ammalati, ma
faceva davvero caldo e lui non voleva allontanare Fabio.
-Idiota
che sei- commentò Fabio -Non intendevo quelli. Quelli li disegni e
basta, non scrivi anche la storia… intendo quelli che non fai vedere a
nessuno.-
Sebastiano sorrise, ironico, per poi tirargli leggermente una ciocca di capelli:
-Ti sei risposto da solo.-
Fabio si imbronciò, alzandosi leggermente dal suo torace in modo da poterlo guardare in faccia.
-A Michi li hai fatti vedere!- esclamò, con fare fintamente offeso.
Anche se Sebastiano non era pronto a giurare su quanto stesse fingendo e quanto fosse serio.
-Non fare il bambino adesso. E comunque non li ha visti nemmeno lui-
Rise
leggermente nel vedere il broncio accentuarsi, gli posò un bacio lieve
sulle labbra e rimase fermo mentre il suo ragazzo si contorceva nel suo
abbraccio, per rotolargli sopra e posare i gomiti sul suo torace, in
modo da guardarlo per bene negli occhi.
Nemmeno
dopo aver fatto sesso per un tempo assurdamente lungo Fabio era capace
di stare fermo. Sembrava una di quelle batterie ricaricabili, gli
bastava davvero poco per essere pronto a fare qualcosa. Qualsiasi cosa,
bastava fare.
-Almeno
il quadro che stai dipingendo da una vita! Ogni volta che entro in
camera lo copri in fretta e furia. Prima o poi entrerò di notte e mi
toglierò questa dannata curiosità.-
Sebastiano
lo guardò minaccioso, afferrandogli i capelli e tirandoli abbastanza
forte, costringendolo a inclinare la testa indietro per seguirne il
movimento.
-Tu provaci e io ti eviro-
Gli
rispose un sorriso sfacciato e per niente intimorito, sebbene la solita
espressione da pazzo di Sebastiano fosse ancora più convincente.
-Ci perderesti troppo anche tu.-
Fu la replica.
-In effetti…- commentò Sebastiano, per poi sbuffare e scrollarsi di dosso il ragazzo.
-Sei
l’essere più stressante che esista nell’universo mondo, sai?- borbottò
mentre Fabio si spostava e lui era finalmente libero di alzarsi in
piedi. Nudo com’era non era possibile che Fabio non gli incollasse gli
occhi addosso fin dal primo momento.
Solo
tre settimane prima l’idea di poter condividere un momento come questo
gli era sembrata assurda, impossibile. E ora Sebastiano girava per la
sua stanza e lui era nel suo letto, entrambi nudi, dopo aver finito di
fare del sesso decisamente spettacolare.
Sebastiano
tornò con dei fogli che gli mise di malo modo in mano, piombando poi
sul letto, sul punto più lontano, facendo in modo di non toccare Fabio
nemmeno con un piede.
Il ragazzo gli scoccò un occhiata truce e allungò una mano per afferrarlo e tirarselo vicino.
-Non fare l’idiota- borbottò, sedendosi comodamente fra le sue gambe e cominciando a leggere.
Man
mano che procedeva con la lettura il suo sguardo era sempre più
attento, perdeva contatto con tutto quello che era attorno a lui, ad
esclusione della mano di Sebastiano che gli accarezzava delicatamente
una spalla.
Quando ebbe finito posò i fogli e si voltò leggermente, per poterlo guardare in faccia.
-Ma
è geniale!- esclamò, guardandolo quasi stupito. Non gli aveva mai dato
modo di entrare in quel modo nel suo mondo, certo parlavano di tutto
assieme, ma mai delle sue fantasie o dei suoi progetti, quello
supponeva fosse ancora esclusiva di Michele. Non ne era mai stato
offeso o ferito, capiva bene che per Sebastiano aprirsi con qualcuno
era difficile e che aveva paura, per un motivo che doveva aver a che
fare con la sua adolescenza. Il fatto che ora si fidasse fino a questo
punto gli fece provare un moto di orgoglio, non per se stesso ma per
Sebastiano, perché era riuscito ad andare avanti, ad aprirsi con
qualcun altro.
Era riuscito a crescere, a cambiare e maturare.
-Davvero?- replicò Sebastiano, un po’ stupito. Non si aspettava tutto quell’entusiasmo probabilmente.
-Si
cazzo! Cioè, un ragazzino pieno di superpoteri che ha paura perfino
della sua ombra e non si sogna nemmeno di fare l’eroe e cioè! Ha per
amico un iguana magico che impreca e beve birra di nascosto! È la cosa
più sciroccata che qualcuno potesse concepire ma quando meno te
l’aspetti ti piazza lì un paio di frasi e di momenti che ti lasciano
senza fiato. Io voglio leggere il seguito! Disegna! Ora, subito,
immediatamente!-
Fabio
non se n’era reso conto mentre parlava, ma adesso che aveva finito la
sua tirata e guardava attentamente il compagno, si accorse che aveva
gli occhi spalancati e lucidi.
Addolcì lo sguardo e si voltò completamente, incastrando le gambe in un modo davvero ammirevole e accarezzandogli piano il viso.
-Che c’è? Non sei abituato ai complimenti?- chiese.
-Non
è questo… beh anche, ma non solo- mormorò in risposta Sebastiano. Come
spiegare davvero cosa sentiva? Era la prima volta che mostrava a
qualcuno una cosa così intima e privata. Le sue creazioni, i fumetti
interamente pensati da lui, non quelli che disegnava per lavoro, erano
paragonabili a dei figli per lui. Erano una parte così intima e privata
da equivalere a una confessione quasi, e vedere come Fabio era riuscito
a penetrare così facilmente e senza fare male nelle sue difese, lo
aveva reso consapevole che non solo Fabio era speciale, ma che era
giusto così.
Michele
aveva avuto ragione, dovevano crescere, far evolvere il loro rapporto
in modo che potesse comprendere anche altre persone, dovevano diventare
migliori di così.
-Penso
di capire cosa intendesse dire Michele. Prima di te solo lui aveva
avuto accesso a tutto questo ed era bello, era esclusivo e so che anche
lui era orgoglioso di essere l’unico. Ma conoscere davvero qualcuno
vuol dire anche condividere lentamente piccoli pezzi di sé, no? Come se
li regalassimo all’altro, lasciando così uno spazio vuoto per
accogliere i suoi, in modo da essere interi lo stesso ma diversi da
prima, composti da tanti pezzi differenti che si mischiano creando un
qualcosa di unico. Non so se mi sono spiegato- aggiunse alla fine,
vedendo Fabio fissarlo con gli occhi sgranati e un’espressione strana
in viso.
Riprese a parlare in fretta, temendo di averlo in qualche modo offeso:
-Non
voglio dire che prima io non volessi stare con te e che adesso che
Michele non c’è io abbia bisogno di qualcuno, solo che adesso ho capito
quello che voleva dire Michi. È bello stare sotto un campana di vetro,
è bello essere protetti e amati come abbiamo sempre fatto noi l’uno per
l’altro, ma arriva un certo punto in cui per vivere davvero devi farti
male, e farti male vuol dire ricordarti che stai vivendo. Quando ve ne
siete andati via tutti e due mi sono reso conto che ero solo, davvero
solo, e che il pensiero che più mi faceva impazzire era quello che tu
saresti potuto non tornare.-
Fece
un pausa, prendendo un lungo respiro. Era difficile dire tutto, ma
vedeva Fabio ammutolito, per una volta; lo stava fissando e si mordeva
le labbra. Parlò velocemente, perché voleva dirlo ma era strano esporsi
così dopo tanto tempo. Dopo Laura e con una persona che non era
Michele.
-Lì
ho capito cosa voleva dire Michele. So che lui tornerà, so che mi vuole
bene e non smetterà mai di volermene, so che farà di tutto per superare
questo momento, lo so perché è mio fratello e non è una cosa che si
smette di essere.-
Sospirò,
adesso arrivava la parte difficile e sentiva di volere dell’acqua e di
stare arrossendo contemporaneamente, ma parlò, perché quando ci si
metteva poteva essere molto più logorroico di Fabio.
-Ma
so bene di non poter avere questa certezza con te, e che nemmeno tu ce
l’hai. Ed è questo che voglio fare con te. Voglio darti la certezza che
tornerò sempre perché hoscelto di voler tornare e forse se Michele
non se ne fosse andato non lo avrei mai capito. Non so se ne sei
consapevole ma è una cosa che non ho mai detto a nessuno, perché con
Laura era diverso, non mi rendevo conto di molte cose e le ho scaricato
addosso un peso assurdo, convinto che lei fosse come Michele, che
capisse, che tornasse. Non voglio darlo più per scontato, voglio
costruirlo. E adesso smettila di guardarmi così e dimmi qualcosa o
subito chiamerò il Pronto Soccorso perché stai per avere un infarto o
qualcosa del genere- concluse, la voce sempre più insicura e lo sguardo
preoccupato. Fabio non aveva mosso un muscolo, ad esclusione delle
labbra che continuava a martoriarsi.
-Vaffanculo
Sese, hai deciso di farmi piangere?- sbottò Fabio, coprendosi il viso
con le mani e cercando contemporaneamente di allontanarsi da lui.
Sebastiano sorrise, allungando le braccia e vincendo la sua iniziale
resistenza nello stringerlo a sé.
Mentre
il compagno si lasciava finalmente andare e lo abbracciava stretto,
pensò che forse era davvero ora di uscire dal seminterrato.