CAPITOLO UNDICESIMO
Non basta aprire la finestra per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi per vedere gli alberi e i fiori.
C'è solo una finestra chiusa e tutto il mondo fuori; e un sogno di ciò che potrebbe essere visto se la finestra si aprisse
-Pessoa-
Il
giorno dopo Fabio si recò coraggiosamente al lavoro. Lo preoccupava il
fatto di dover lavorare con Michele. Non aveva idea di come avrebbe
reagito con lui, di cosa avrebbe detto e come si sarebbe comportato.
Aveva detto ai suoi genitori che i fratelli avevano problemi e si
fermava da loro ancora per un periodo, loro avevano accettato senza
porre domande. Li adorava per anche per questo, erano estremamente
discreti.
Arrivò
per primo perché voleva riappropriarsi dei suoi spazi con tranquillità,
senza avere lo sguardo cupo di Michele addosso, e voleva ripetersi per
l’ennesima volta che se a Sebastiano stava bene, lui non aveva il
diritto di dire nulla all’amico. Adesso era davvero una questione fra
loro due. Finché Sebastiano non avesse mostrato cenni di insofferenza
per questa situazione lui non si sarebbe immischiato. Anche se era
estremamente difficile.
Quando
il ragazzo arrivò, lui aveva già mandato a casa i suoi genitori e stava
facendo la lavastoviglie con le tazze della colazione.
Lo
guardò stupito, evidentemente non si aspettava che tornasse al lavoro,
ma non commentò, preferì salutarlo a mezza voce, distogliendo lo
sguardo imbarazzato.
-È
un piacere anche per me vederti. Mi fanno ancora male le fottute
costole ma ho deciso di tornare lo stesso perché mi dispiaceva
lasciarti solo, visto poi che adesso hai un modo decisamente più
piacevole per occupare il tempo che non passi qui, no?-
Si
morse le labbra subito dopo aver pronunciato la frase, ma non era
riuscito a trattenersi. Già doveva trattenersi dall’urlargli addosso,
farlo anche con le battutine acide non era davvero possibile.
-Devi per forza fare così? Non voglio litigare con te- replicò Michele;
se
Fabio non fosse stato così irritato con lui, l’espressione dispiaciuta
e lo sguardo implorante di Michele l’avrebbero sicuramente
impietosito.
Riuscirono nell’intento di zittirlo, per lo meno.
Lavorarono
in silenzio fino a metà mattina, quando entrò Roberto nel bar e si
sedette al bancone, scuotendo la massa informe di ricci che aveva sulla
testa.
-Ciao
bellezze- salutò sarcastico:- Avete deciso che la vostra presenza è
troppo preziosa per concedercela?- chiese poi, osservandoli
attentamente.
Ormai
tutti loro sapevano cos’era successo a Fabio e qual’era il motivo per
cui non si era fatto vedere per tutto quel tempo. Trovarselo di fronte
confermava solo quello che gli era stato riferito: aveva lividi ovunque
e il naso era decisamente più grande dell’ultima volta che l’aveva
visto. Ma nemmeno Michele sembrava stare troppo bene: aveva delle
occhiaie impressionanti, ed era così pallido da far concorrenza al
fratello. E se loro due erano ridotti così non riusciva ad immaginare
in che condizioni fosse Sebastiano.
Il primo a rispondere fu Fabio, spigliato come sempre:
-Hei!
E tu hai deciso che ti mancavo troppo e non riuscivi proprio a
resistere un minuto in più senza la mia folgorante persona?- ritorse,
lanciando un occhiata a Michele che non aveva commentato, preferendo
voltare le spalle a tutti per preparare il caffè a Roberto.
Il
ragazzo guardò Fabio, interrogativo, e quest’ultimo scrollò le spalle,
come a dire che non aveva idea di cos’avesse Michele.
Cosa assolutamente falsa visto quanto era palese l’aria tesa che si respirava fra quei due.
C’erano problemi in paradiso, dunque.
-Ma
certo. Mi mancavano i buttafuori che ci inseguono per tutti i locali
per sbatterci in strada dopo la tua ultima cazzata- provò ad
alleggerire l’atmosfera Roberto, ma Michele non si lasciò sfuggire
mezzo sorriso, mentre Fabio invece sembrava totalmente a suo agio.
In ogni caso Roberto non si lasciò incantare.
Sapeva perfettamente che Fabio aveva una faccia tosta invidiabile.
-Esagerato!
Non è successo poi così spesso!- provò a ribattere Fabio. Dovette
rendersi conto da solo della cavolata appena detta, visto che scoppiò a
ridere e si corresse:
-O almeno, non tutti giorni! Una volta a settimana, forse due-
Ora Michele si era lasciato sfuggire un sorriso, corredato da uno sguardo che Roberto fece fatica a interpretare.
C’era nostalgia dentro, forse anche tristezza.
Qualunque cosa stesse succedendo a quei due, faceva star male entrambi.
-Eh…
e visto che il nostro record è decisamente diminuito da quando tu ti
sei dato alla macchia che ne dici di rinnovarlo? Sia mai che poi si
venga a dire che siamo bravi ragazzi-
Fabio scoppiò a ridere, il viso decisamente più rilassato di prima.
Era
un ragazzo solare e allegro, aveva bisogno di un clima vivace e tanto
casino attorno per esprimersi al meglio, e Roberto era pronto a
scommettere che ultimamente di casino ne aveva avuto, sì, ma non del
genere che augureresti a nessuno.
-Ma certo. Quando, stasera?-
Rispose allegramente, Roberto annuì, Michele seguiva la conversazione in silenzio.
-Ovviamente l’invito si estende anche alla Principessina, qui, e al fratello vampiro.-
E
quello che seguì le sue parole fu l’unico attimo in cui Roberto poté
vedere chiaramente lo stato di tensione che doveva vivere Fabio. Si
irrigidì e spostò lo sguardo automaticamente su Michele, che guardava
ostinato il caffè posato davanti a Roberto.
Si stupì di vedere su Fabio lo stesso sguardo che aveva avuto prima Michele.
-Dove pensavate di andare?- chiese Michele, prendendo tempo.
Roberto alzò le spalle:
-Mah, un giro in centro per cominciare. Poi si vede- rispose noncurante.
Michele annuì, ritirando la tazza vuota e voltando loro le spalle nuovamente.
Quando
Roberto uscì dal bar, lo fece con addosso un espressione stranita e
triste. Era capitato che Fabio e Michele litigassero, ovviamente, ma
quel clima gelido era una novità. Di solito Fabio si sfogava urlando
addosso a Michele qualunque cosa lo avesse turbato, Michele rispondeva
gelidamente esponendo le sue ragioni, stavano in silenzio un paio d’ore
e poi amici come prima.
Stavolta
Fabio stava cercando di trattenersi. Dall’aria che si respirava era
chiaro che moriva dalla voglia di urlare qualcosa contro Michele, e che
Michel moriva dalla voglia di sentirsi urlare qualcosa contro. Il fatto
che Fabio si stesse trattenendo non era un buon segno per nessuno.
Prima
o poi sarebbe scoppiato, e allora sarebbe stato molto più difficile
rimettere assieme i pezzi di quello che erano stati.
Era
strano presentarsi a casa di Michele quando quest’ultimo non c’era.
Strano principalmente perché da un lato non vedeva l’ora di trovarsi
solo con Sebastiano e dall’altro ne era terrorizzato.
Si
era ripromesso di non fare assolutamente nulla che avesse potuto far
capire ai due fratelli gli impulsi di ordine sessuale che lo spingevano
verso Sebastiano, quindi cercava in tutti i modi di vedere Sebastiano
il meno possibile. Per la salvezza psico-fisica della sua mente e dei
suoi ormoni repressi.
Ma
Roberto aveva chiesto a Michele una mano per riverniciare casa e lui
non se l’era sentita di dirgli di no. Da quello che aveva capito,
Roberto era un amico di vecchia data e l’aveva un po’ lasciato da parte
quando era iniziato il casino con l’acool di Sebastiano. Doveva
sentirsi parecchio in colpa, ma anche preoccupato nel lasciare solo
Sebastiano tutto il giorno, per cui gli aveva
chiesto perfavoritiprego se andava, molto casualmente senza
fargli capire che era stato lui a chiederlo, a trovarlo.
Fabio
in effetti l’aveva trovato un po’ strano, insomma ok che Sebastiano
aveva avuto tutti quei problemi con l’alcool, però ora sembrava a
posto, e abbastanza grande da badare a se stesso.
Non
si era azzardato a replicare però, il rapporto fra quei due era
estremamente complesso e non stava certo a lui intromettersi.
Così
ora si trovava davanti alla sua porta di casa, grattandosi la testa
mentre pensava velocemente come giustificarsi con Sebastiano,
maledicendo, o benedicendo dipendeva dai momenti, Michele, che l’aveva
messo in quella situazione.
Quando uno stralunato Sebastiano gli aprì la porta, lui non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
-Ma
che cazzo…- borbottò quest’ultimo, la felpa che aveva indossato era
completamente coperta di colore, per non parlare di com’era ridotto lui!
-Sono
venuto a salvarti dall’invasione di colore che sembra aver investito la
tua casa. Sono piccoli alieni che si mimetizzano sottoforma di colori e
stanno complottando per conquistare il mondo?-
Chiese, fra le risate.
Sebastiano
sbatté le palpebre, evidentemente era rimasto chiuso nel seminterrato
fino a quel momento e il sole doveva dargli fastidio.
-Sì,
solo che hanno costruito una fortezza a forma di palla con un unico
punto debole proprio al centro, ci si può arrivare da un corridoio
strettissimo ma se colpisci quel punto scoppia tutto. Sono alieni molto
imbecilli evidentemente.-
Ribatté Sebastiano, mentre gli faceva cenno di entrare.
-E tu come mai sei venuto ad aiutarmi nella mia impresa di salvataggio?-
Fabio
scoppiò a ridere, Sebastiano era l’unico che riusciva a stargli dietro
quando sparava le sue cazzate. Si guardò attorno, mordendosi le labbra.
Quella casa era sempre cupa e buia, ci credeva che poi Sebastiano era
così pallido.
Alzò le spalle, mentre rispondeva noncurante:
-Boh,
mi annoiavo e volevo vedere che faceva Michi. Solo che mi ha scritto
che era impegnato quando ero praticamente qui di fronte, quindi dato
che c’ero ho pensato di vedere come se la cavava il nostro eroe-
Si districò con maestria incredibile, dopo tutte le bugie raccontate ai suoi genitori ormai era un esperto.
Sebastiano lo guardò fisso per un istante, prima di ghignare:
-Se
non conoscessi mio fratello ti avrei creduto immediatamente. Sei bravo
con le balle, sai. Ma Michele ti avrà sicuramente detto che oggi era
con Rob, figurati se non ti ha informato dettagliatamente dei suoi
programmi. Aveva paura che morissi di solitudine e ti ha spedito a
controllare?- chiese, ridendo dell’espressione sbalordita che assunse
il viso di Fabio.
-Lo conosci davvero bene- si limitò a commentare lui, non voleva peggiorare la pessima figura che aveva appena fatto.
Sebastiano scosse le spalle e nemmeno rispose. Era suo fratello, era ovvio che lo conoscesse come le sue tasche.
-E
adesso che hai constatato che sto bene e non sono in procinto di
tagliarmi le vene, che fai? Torni a casa?- chiese ancora Sebastiano.
Fabio scrollò le spalle:
-Che mi annoiavo è vero, facciamo un giro? Dai è un bella giornata…-
Quello
che sbalordì Fabio, che in fondo aveva fatto quella proposta senza
crederci davvero, ma anche Sebastiano stesso, fu il fatto che
accettò.
Quando
furono seduti su una panchina del parco, con in mano un sacchetto di
briciole che gettavano sul laghetto per dare da mangiare ai cigni che
vi nuotavano, Fabio si voltò a guardare l’amico, ancora incredulo.
-Sai
che sembriamo una coppia di vecchiette che non hanno un cazzo da fare e
creano colonie di gatti o piccioni o anatre? Quelle che sono odiate da
tutti perché alimentano la prolificazione di animali selvatici-
Commentò Fabio, lanciando un pezzo di pane e osservando due cigni lottare per averlo.
Sebastiano ridacchiò:
-Già.
O una coppia di fidanzati, con lei che lancia pane sciogliendosi
davanti ai cigni e lui che la guarda e pensa a quanto vorrebbe
scoparsela.-
Fabio
ammutolì per un istante. Se Sebastiano avesse avuto la più vaga idea di
quanto quella descrizione fosse veritiera, probabilmente sarebbe
fuggito a gambe levate.
Si
era cambiato indossando una maglia più leggera, i capelli nerissimi
ricadevano disordinati sul collo, una massa intricata che Fabio
adorava;
il
viso tondo si riempiva di fossette ogni volta che lui sorrideva e,
davvero, qualcuno avrebbe dovuto spiegare a Sebastiano che non poteva
pretendere che poi lui non facesse pensieri poco meno che casti e puri,
se lo guardava in quel modo, con quegli occhi e quell’espressione
intensa.
-Sembri
esperto. Ti è capitato spesso?- scollò a fatica, quando riuscì a
riprendersi dall’immagine di lui e Sebastiano incollati dietro un
cespuglio a fare quello che la battuta di quest’ultimo aveva suggerito.
Sebastiano si rabbuiò e lo sguardo si fece lontano.
-Meno spesso di quello che pensi-
Ecco,
ora Fabio avrebbe voluto gettarsi nel laghetto per lottare con i cigni
per il pane. Aveva evidentemente toccato un tasto scoperto, era il
maestro lui nel fare disastri non appena apriva bocca.
-Mi spiace…- borbottò a disagio. Sebastiano parve capire cosa gli passava nella testa, si voltò a guardarlo e scosse la testa:
-Ma
no figurati. Cioè non è mica colpa tua o che. Solo che al liceo diciamo
che non ero molto popolare- si spiegò, sempre con quello sguardo un po’
triste. Sapeva che non gli piaceva parlare del suo passato, a nessuno
dei due fratelli piaceva, non lo facevano mai.
Per questo rimase in silenzio, non osando interromperlo.
-Beh
principalmente era grasso all’epoca. Cioè non che ora io sia un
grissino, ma credimi, pesavo almeno quindici chili in più. E poi ero
silenzioso e… strano? Beh mi vedi no? Non sono cambiato poi molto.-
Fabio
lo vedeva, certo, e non capiva per quale cazzo di motivo qualcuno
avrebbe potuto non adorare la sua espressione sempre stralunata, i suoi
vestiti perennemente neri e i suoi discorsi sciroccati.
Fosse stato per lui sarebbe rimasto ad ascoltarlo in eterno.
-Mi
piaceva disegnare cose strane, ero strano io e in una scuola
dove la preoccupazione maggiore era sì essere alternativi, come in ogni
liceo artistico, ma alternativi come si conviene, alternativi con
classe, io non è che fossi proprio al top nella classifica dei più
popolari.-
Sebastiano
non lo guardava proprio più adesso, aveva chiuso le mani a pugno,
sembrava che gli pesasse avergli raccontato quelle cose e proprio per
questo Fabio era felice che l’avesse fatto.
Voleva dire che si fidava di lui.
-Non
sopporto cose del genere. Anche con me hanno tentato, mi prendevano per
il culo per la mia altezza ma quando ho iniziato a fare pesi e
diventare forte, non si sono più azzardati. Potessi andrei lì a
spaccargli la faccia.- borbottò Fabio cupo, più vedeva Sebastiano con
quell’espressione persa in viso, più aveva voglia di pestarli, anche se
sapeva che ormai non avrebbe avuto senso.
Sebastiano
si voltò sorpreso verso di lui e quando vide il suo viso corrucciato e
la sua espressione arrabbiata, il viso si distese e riprese
l’espressione rilassata di prima.
-Beh grazie. È bello avere un principe azzurro che mi difende-
Fabio
arrossì, distogliendo lo sguardo in fretta e gettando altri pezzi di
pane nel laghetto. L’idea di diventare un cigno era sempre più
attraente.
-Idiota- bofonchiò, dandogli un pugno leggero sulla spalla e godendosi la risata di Sebastiano.
Quando Michele aprì la porta di casa, Ginevra capì immediatamente che qualcosa non andava.
Aveva
un espressione ancora più chiusa e criptica dei giorni passati e lo
sguardo decisamente triste. Sospirò. Non aveva detto nulla quando il
ragazzo le era capitato a casa alle sette del mattino, giusto poco dopo
che se n’era andato Fabio, limitandosi a pensare che avrebbe dovuto
aprire un bed and breakfast. Di quel passo avrebbe avuto numerosi
clienti ancora prima di aprire. Lo aveva accolto e consolato, tuttavia
sperava con tutto il cuore che la situazione migliorasse perché era
chiaro che Michele stava male e lei non sapeva come aiutarlo. Sembrava
facile e banale, una sorta di complesso del fratello maggiore e basta,
ma in realtà le vite di Sebastiano e Michele erano così intrecciate da
chiedersi come riuscire a districarle senza fare troppi danni. E
soprattutto se ciò era possibile.
-Bentornato- lo salutò col solito sorriso, facendo finta di non aver notato lo stato in cui era.
-Ti ho preparato un caffè.- lui sorrise e il fatto che fosse un sorriso sincero la incoraggiò un po’.
Col caffè si andava sempre sul sicuro con lui.
Mentre erano seduti in cucina, finalmente Michele si decise a dirle cosa lo turbava.
-Fabio è venuto al lavoro oggi- esordì, abbassando il viso in modo che i capelli coprissero la sua espressione.
-Eh
beh, ce l’ha con me. Ma tanto. Non ho capito se per come ho preso la
loro… relazione, o perché me ne sono andato di casa. Per tutte e due
probabilmente- espose Michele, in tono controllato e fermo. Tuttavia la
mano tremava e Ginevra non poté fare a meno di notarlo.
Sospirò,
afferrandogliela e carezzando delicatamente il dorso. Michele parve
calmarsi a quel gesto, alzò gli occhi per guardarla e nonostante lo
sguardo che gli rivolse le strinse il cuore, lei sorrise, non mostrando
quanto vederlo così la faceva star male. Sapeva che aveva già troppi
pensieri, stava già troppo male per via di suo fratello e di Fabio, non
era il caso di aggiungere altre preoccupazioni.
-Sai che è normale, conosci Fabio. Non pensa. Sebastiano ha capito ed è questo l’importante. Vi siete scritti oggi?-
Al cenno affermativo di Michele lei allargò il sorriso.
-Vedi?
Seba riuscirà a farlo ragionare, ci vuole solo un po’ di tempo perché
rifletta sulle cose e capisca il punto di vista degli altri, ma poi
riuscirai a parlargli.- terminò dolcemente la ragazza, osservando
soddisfatta come il viso di Michele si rischiarasse a quelle parole.
-So
che hai ragione, so che Fabio funziona così, si accende subito e fa
cazzate, salvo poi venire a chiederti scusa con la coda fra le gambe.
Ma la situazione è difficile stavolta, solo io e Sese capiamo davvero
quello che sta succedendo è perché lo stiamo facendo e se Sese mostrerà
un minimo cenno di cedimento io sono un uomo morto. Fabio mi
massacra.
Vorrei tornare ma so che sarebbe peggio, che non riuscirei a controllarmi e non voglio che litighino ancora per colpa mia-
Ginevra
si alzò in piedi, sedendosi sulle sue gambe e baciandogli piano i
capelli; non poteva fare a meno di pensare che capiva Fabio alla
perfezione. Avevano modi diversi di rielaborare le cose ma l’impulso di
distruggere qualunque cosa facesse star male la persona più importante
per loro, quello, era lo stesso. Forse era normale quando amavi tanto
qualcuno, era normale non sopportare la vista della sua sofferenza e
soprattutto non tollerare l’impotenza data dal non essere colui o colei
che potrebbe risolvere la situazione. Avrebbe voluto uccidere Fabio per
come trattava Michele, tuttavia il fatto di capirlo fin troppo bene le
impediva di avercela con lui e di avere quindi uno sfogo.
-Non
posso dirti che stai facendo la cosa giusta e che è lui quello che non
capisce. Però posso dirti che se senti di dover proseguire per questa
strada, se tu che ti conosci meglio di chiunque, sai che è giusto così,
allora va bene. Sebastiano sa che non sei da solo ad affrontare tutto,
per questo è tranquillo. Non crollerà vedrai. E per Fabio… beh, ti
direi di forzarlo a parlare, ma so che per voi uomini esiste un modo
molto più diretto di affrontare la situazione-
Michele alzò la testa che aveva posato sul suo petto e la guardò, incredulo:
-Mi stai suggerendo di prenderlo a pugni?-
Ginevra ridacchiò, accarezzandogli una guancia:
-Beh no. Sto suggerendo di farti prendere a pugni. Lui è già ferito, non vorrai infierire?-
Allo
sguardo sbalordito e indignato che gli rimandò Michele, scoppiò a
ridere ancora più forte, abbassandosi poi a mordicchiargli il collo.
-E
ora la pianti di parlare di Fabio? Devo esserne gelosa?- mormorò,
sospirando soddisfatta quando le mani di Michele scattarono a infilarsi
sotto la sua canottiera.
Quella
sera, quando si ritrovarono tutti assieme in un locale del centro, fu
subito chiaro che non sarebbe stata per niente una serata piacevole.
Fabio
sembrava incazzato molto democraticamente con tutti, non parlava
nemmeno con Sebastiano, segno che dovevano aver discusso prima di
uscire.
Michele
continuava a lanciare occhiate di sottecchi a loro due, senza avere il
coraggio di avvicinarsi o dire nulla; Ginevra cercava di mantenersi
calma ma tradiva il suo nervosismo in ogni gesto. Sebastiano si era
perso di nuovo, ignorando tutti e guardando un punto della stanza a
caso. A volte Roberto lo invidiava. Lui semplicemente staccava la
spina, si rifugiava da qualche parte, non sapeva dove ma sapeva che
doveva essere un posto bellissimo, e lasciava gli altri affannarsi per
risolvere la situazione.
Si
morse le labbra, non aveva voluto questo quando aveva deciso di uscire.
Cazzo, lui voleva solo divertirsi un po’, perché a quei deficienti ci
teneva davvero, non certo ritrovarsi a parlare solo con Marco perché
era l’unico che lo ascoltava davvero!
Con
Marco ci parlava già fin troppo, ci stava assieme! Anche se dubitava
che qualcuno di loro quattro se ne fosse accorto. Erano troppo presi da
loro stessi, e se all’inizio era riuscito a guardare con condiscendenza
questo atteggiamento, adesso semplicemente gli risultava
insopportabile.
Stava
passando un periodo bellissimo, si era messo con Marco da pochi giorni
ed era felice, cazzo, strafelice, e voleva solo dirlo ai suoi amici e
festeggiare. E invece era uno sfacelo.
Guardò
Marco, con i capelli biondi sparati in mille direzioni diverse, aiutati
dal gel, e pensò a quanto erano morbidi e belli la mattina appena
svegliato, quando erano liberi da tutte le schifezze che ci metteva
sopra. Pensò a quanto era divertente prenderlo in giro, certo che
avrebbe colto al balzo l’occasione per una delle loro schermaglie,
schermaglie che assumevano un tono malizioso ed eccitante quando
entrambi capivano dove sarebbero andati a parare.
Afferrò la sua mano e lo tirò in piedi.
-Io
vado a prendere da bere. Se vi ritrovo con queste facce quando torno,
fareste meglio a non esserci. Non voglio rovinarmi la serata-
sbottò.
Questo ebbe il potere di colpirli perché lui non sbottava mai.
Lui
era quello che capiva sempre, quello che stemprava la situazione con
una battuta divertente, non certo quello che si arrabbiava.
Anche Marco lo guardò, sorpreso, vivendo sulle nuvole come faceva lui sicuramente non si era accorto di nulla.
Non nascose un sorriso intenerito, ignorando i suoi amici che si stavano guardando colpevoli.
Passò
un braccio attorno alla vita di Marco attirandolo a sé; il ragazzo
emise un verso sorpreso ma lo lasciò fare, consapevole che aveva solo
bisogno di averlo vicino. Forse non era acuto come lui o Ginevra, o
impetuoso e tenero come Fabio e Michele, o folle come Sebastiano, ma
sapeva sempre come fare la cosa giusta al momento giusto.
In
quel momento la cosa giusta era assecondare Roberto, quindi gli
sorrise, incoraggiante e per nulla stizzito dal gesto, e si strinse un
po’ a lui. Non sapeva perché aveva scelto questo modo per farlo capire
agli altri, ma bastava che Roberto fosse felice e il resto non
importava.
Quando si furono allontanati il primo a spezzare il silenzio tombale che era sceso fu Sebastiano.
-Non
sapevo che stessero assieme- disse, guardando stupito il punto in cui
si erano allontanati. Poteva vederli ancora, al bancone del locale,
parlottare fra loro con le teste vicine, un atmosfera intima e
piacevole attorno a loro.
-Nessuno lo sapeva- rispose Ginevra, seguendo il suo sguardo, un espressione un po’ colpevole si poteva scorgere sul suo viso.
Fabio si imbronciò fissando ostinato il tavolino davanti a sé.
-Abbiamo
avuto altre cose a cui pensare- borbottò, tuttavia non era davvero
irritato, rifletté Sebastiano, poteva percepire il senso di colpa
affiorare dal suo tono di voce.
-Già…
non siamo stati esattamente degli amici ideali- commentò Michele,
abbracciando con lo sguardo tutti i presenti. Tutte le persone a cui
teneva di più.
-Quanto
tempo è passato? Tre settimane? Di più? Siamo letteralmente spariti e
abbiamo lasciato che Rob e Marco sapessero tutto da altri, ce ne siamo
fregati di quello che dovevano dire stasera, ed evidentemente era una
cosa importante.-
Fabio alzò gli occhi al cielo, quanti scrupoli poteva farsi Michele per una situazione di cui loro non avevano colpa?
-Invece
sì che è colpa nostra! Se avesse dovuto dirci qualcosa di brutto? Se
avesse avuto bisogno di noi? Non ci si comporta così, non si sparisce
così, non voglio che… che quello che è successo ci allontani- terminò
Michele a disagio, distogliendo lo sguardo dall’espressione incredula e
seccata di Fabio.
-Ma che fai, mi leggi nel pensiero?- bofonchiò, reprimendo un sorriso all’occhiata ironica che gli lanciò Michele.
Certo che gli leggeva nel pensiero, Michele l’aveva sempre fatto.
Evidentemente
aveva una sorta di radar per escludere le cose scomode che non voleva
sapere, visto che non aveva capito quello che provava per Sebastiano.
A
quel pensiero si incupì ulteriormente, dimenticando che ce l’aveva
anche con Sebastiano per aver fatto tutte quelle storie prima di uscire.
Si
appoggiò leggermente a lui, una cosa impercettibile, giusto la spalla
che sfiorava la sua. Tuttavia vide che Michele aveva intercettato quel
gesto e si era irrigidito. I fratelli non si erano scambiati una parola
ma adesso che Roberto aveva scosso tutti a quel modo, si stavano
guardando e sembravano capirsi senza bisogno di dirsi nulla. Sembrava
stessero conversando e che fosse una conversazione estremamente bella
visti i sorrisi che si scambiavano.
Si alzò stizzito, ignorando lo sguardo sorpreso di Sebastiano.
A quanto pare era solo lui che aveva un problema con Michele.
Bene, non gli importava.
A
lui non piaceva come si era comportato e come si stava comportando
tutt’ora, come amico non poteva tollerare un gesto che reputava pura
vigliaccheria.
-Vado a fumare- informò tutti e nessuno con voce neutra, avviandosi verso l’uscita.
Sebastiano lo guardò sorpreso.
Guardò ancora più stupito suo fratello che si era alzato, con fare deciso, annunciando un solenne:
-Lo seguo.-
Non
capì bene cosa stesse succedendo, aveva litigato con Fabio prima di
uscire, ma era una sciocchezza che si era già risolta, visto come Fabio
si era appoggiato a lui prima, e sembrava andasse bene anche con
Michele. Insomma dopo un primo momento di imbarazzo si erano guardati e
aveva capito che suo fratello stava facendo il possibile e questo era
tutto quello che gli importava.
Non stava bene, era evidente soprattutto per lui, ma teneva duro.
E ora usciva con quell’aria decisa ma da condannato a morte, e non capiva.
Ci volle un esclamazione stupita di Ginevra per rendersi conto di cosa stesse succedendo.
-Oh
merda! Lo sta facendo!- spostò lo sguardo su di lei, arrivò appena a
registrare il fatto che avesse imprecato, cosa assai rara sia per lei
che per Michele.
-Cosa?- chiese.
-Si sta facendo picchiare da Fabio!-
Sgranò gli occhi, balzando in piedi, subito seguito da Ginevra.