CAPITOLO DODICESIMO

Ho pensato a quanto spiacevole sia essere chiusi fuori, e ho pensato a quanto sia peggio essere chiusi dentro.
-V. Wolf-


Cristo santo, ma era impazzito? Fabio l’avrebbe fatto a pezzi!
Volò fuori dal locale, pestando numerosi piedi e arrivò giusto in tempo per vedere Fabio e Michele che urlavano, in mezzo al marciapiede, attorniati da una folla di curiosi che seguivano interessati.
-Pensi davvero che per me sia stata una passeggiata? Sei l’essere più idiota ed egoista che io conosca!- stava dicendo Michele, i pugni serrati e il corpo proteso in avanti. Aveva perso la sua leggendaria calma, voleva dire che era davvero esasperato e che il litigio era iniziato immediatamente.
Fabio a quelle parole spalancò gli occhi e fece chiaramente fatica a trattenersi dal picchiarlo.
-Egoista io?! Ma ti senti quando parli? Sei tu il fottuto coglione che se n’è andato di casa per non affrontare la situazione, e che se n’è fregato se anche Sebastiano stava soffrendo! A te importava solo avere il tuo fratellino tutto per te. ‘Fanculo Michele! Cos’è pensi che io non lo meriti? Che io non sia abbastanza?Qual è il fottuto problema?- 
Urlò Fabio, mentre Sebastiano e Ginevra stavano immobili, cercando di capire se fosse il caso di intervenire o lasciarli sfogare.
Dovettero decidere che per il momento era meglio lasciare che le cose facessero il loro corso, almeno finché non diventavano violenti. 
Però Sebastiano si posizionò accanto a Fabio, mentre Ginevra si avvicinò a Michele. 
Videro Michele impallidire a quelle parole e Sebastiano ebbe l’impulso di abbracciarlo e dirgli che non era vero, che lo sapeva quanto era difficile per lui e non pensava assolutamente nessuna delle cose che gli stava vomitando addosso Fabio.
-Fabio, basta- mormorò lui, sfiorandogli un braccio. Il ragazzo si scosse quando lo vide ma la sua espressione furiosa non cambiò. Era andato troppo oltre, ormai non era più capace di tornare indietro.
-Ma non dire cazzate! Mi stai mettendo in bocca pensieri che non ho mai avuto, non ho mai pensato che tu non fossi giusto per mio fratello, anche se vedendoti ora ne dubito anche io. Non hai pensato a come potrebbe sentirsi lui vero?- Fabio si immobilizzò, irrigidendosi ulteriormente. Sebastiano borbottò qualcosa che aveva a che fare col lasciarlo fuori da tutta quella storia, ma nessuno dei due gli diede ascolto.
-Non hai pensato che sentirti mentre mi tratti così rende tutto ancora più difficile, vero? Non hai pensato a quanto potrebbe stare male lui vedendo come ci siamo ridotti noi due? Non ti è passato per la mente che forse è questo che lo fa stare più male di tutto? Chi è che se ne frega di lui, eh? Chi è che ignora che anche gli altri stanno male per concentrarsi solo sul suo piccolo schifoso mondo?-
Sebastiano non faceva caso a Fabio ora, guardava Michele stupito perché ancora una volta era riuscito a far emergere verità scomode a cui nemmeno lui aveva mai fatto caso. 
E il fatto che ci fosse un fondo di verità rendeva ancora più difficile far accettare a Fabio le parole di Michele. Quello che disse in seguito fu solo la classica goccia:
-Anche io avevo bisogno di te! Anche io avevo bisogno del mio migliore amico, ma tu te ne sei fregato e hai pensato solo a giudicarmi, senza nemmeno preoccuparti di capire davvero. Cos’ero, solo un modo per arrivare a Sebastiano e ora che ce l’hai io posso andare a ‘fanculo?- urlò Michele. Il fatto che stesse piangendo non aiutò per niente Fabio, e non aiutò nemmeno Sebastiano. Stava guardando suo fratello e stava quasi decidendo di andare da lui e abbracciarlo, per questo non vide Fabio scattare.
Arrivò da Michele come una furia, il pugno già allungato che si schiantò sulla sua mascella e produsse un suono secco e poco rassicurante. 
-Sei un fottuto coglione se pensi una cosa del genere! Vaffanculo Michele, non farti più vedere da me!- urlava Fabio, fece per dargli un altro pugno quando le braccia salde di Sebastiano lo avvolsero da dietro, bloccandolo.
-Basta ora- sibilò gelido il ragazzo, ignorando i tentativi di Fabio di allontanarsi. 
Ginevra nel frattempo si era precipitata accanto a Michele, tamponandogli con un fazzolettino il sangue che usciva dal labbro. 
Solo in quel momento Fabio si rese conto di quello che aveva fatto. 
Spalancò gli occhi ma non disse nulla, le parole erano incastrate in gola. Non poteva davvero credere che Michele avesse detto quelle cose, ma la cosa che faceva più male era il pensiero che lui ci credesse davvero. 
Non poteva essere così, non poteva essere così. 
-Gin accompagni un attimo Fabio alla macchina?- chiese piano Sebastiano, lasciando andare il ragazzo ora che sembrava troppo shockato per reagire in qualunque altro modo.
Gin annuì, afferrando Fabio per mano e trascinandolo via, capendo quello che voleva fare Sebastiano. Era giusto così, doveva esserci Sebastiano ora accanto a suo fratello. Michele ne aveva bisogno.
Fu Michele a muoversi per primo, non appena furono soli. Anche le persone che avevano assistito se ne stavano andando, consapevoli che lo spettacolo era finito. Solo Roberto e Marco restarono fermi, evidentemente attirati dalla confusione ad assistere a quello spettacolo penoso. 
Fu Michele a muoversi per primo e lo fece per gettarsi nelle braccia che il fratello aveva appena allargato. Si accoccolò contro il suo petto, respirando forte il suo odore e lasciandosi avvolgere da esso, così come dalle braccia che lo cullavano.
Gli era mancato da impazzire, erano passati solo due giorni ma gli era mancato da morire e sapeva che era una cosa sbagliata, che tutti e due avevano la loro vita, ma non riusciva davvero a separare la sua da quella di suo fratello.
-Non volevo dirgli quelle cose- mormorò contro il petto di suo fratello.
Sebastiano lo strinse appena più forte, posandogli un bacio sui capelli.
-La maggior parte di esse era vera. A parte l’ultimo pezzo. Ti vuole bene, sai che te ne vuole, se no non avrebbe reagito in questo modo. E te ne voglio anche io- mormorò, in modo che solo lui potesse sentirlo. Roberto e Marco li guidarono in un posto più tranquillo, lontani dagli sguardi indiscreti, e rimasero fermi a vigilare la situazione, facendo attenzione che nessuno si intromettesse. 
Michele annuì e si premette maggiormente contro di lui:
-Sto facendo del mio meglio, sto cercando con tutto me stesso di… accettare tutto. Non voglio che Fabio pensi che secondo me non va bene per te, che il problema è quello. Non voglio che…- 
Sebastiano lo interruppe, la voce aveva assunto un tono quasi isterico ora, mentre lui voleva solo che il fratello si calmasse.
-So che non è quello il problema Michi. So che stai facendo del tuo meglio e va bene così, davvero. Con Fabio ci parlo io. Fidati. Ok?- sussurrò, afferrando il viso di Michele fra le mani e guardandolo in faccia. Solo quando lo vide annuire, più tranquillo, lo lasciò andare, facendo un passo indietro e lasciando il posto a Ginevra che era appena arrivata. 
Quando Michele si morse il labbro, facendo di tutto per non piangere davanti a lui, si voltò, rispettando il suo volere.
Certo che era difficile anche per lui, era fottutamente difficile, ma ce l’avrebbero fatta. Ne era sicuro.

Il sudore scendeva in goccioline fastidiose lungo la schiena e sulla fronte, ma Fabio lo ignorava. Continuare a spingere,
sentire gli ansiti del ragazzo sotto di sé era molto più piacevole.
Grugnì, posando le mani sulla vita dell’altro e aumentando il ritmo.
Sentì l’altro lamentarsi un po’ ma non ascoltò. Niente importava in quel momento, niente se non sentire quel calore stretto e immaginare che fosse la pelle di Sebastiano, il corpo di Sebastiano, la voce di Sebastiano quella che lo supplicava di andare più veloce, o forse più piano, era troppo preso dalla sua fantasia per sentire bene. 
Allungò una mano per tirare i capelli dell’altro, abbassandosi per mordergli una spalla:
-Zitto- sibilò, spingendo forte, così forte da guadagnarsi un urlo, forse di piacere. Doveva aver centrato un punto piacevole. O forse il tipo era masochista, per quello che gliene importava.
Fuori dal bagno dove si erano chiusi si sentivano rumore e commenti ironici, ma decisamente Fabio non stava ascoltando. 
Si stava scopando quel culo stretto e tanto bastava. 
Sebastiano non avrebbe urlato così, non si sarebbe mosso andandogli incontro con questa foga disordinata e imprecisa, non avrebbe portato una mano davanti per accarezzarsi, visto che Fabio non lo faceva.
Il pensiero lo colpì mentre l’orgasmo colpì il ragazzino piegato davanti a lui. 
Non era Sebastiano, per quanto avesse i capelli neri e gli occhi verdi come lui. 
Continuò a muoversi, più forte, più veloce, più a fondo, anche quando i lamenti si fecero infastiditi. Pretendeva il suo orgasmo adesso, sporco e sbagliato, ma lo pretendeva. Non poteva avere Sebastiano e questa cosa lo stava divorando, mangiando dall’interno tutti i suoi organi, maciullando ossa e carne. Sebastiano stava devastando il suo cervello, non si spiegava altrimenti perché aveva acconsentito a scoparsi quel ragazzo nei cessi di una discoteca, invece di andare a casa sua, che quella sera era libera. Non si spiegava perché l’aveva piegato a novanta e l’aveva penetrato di mala grazia, dopo averlo preparato il minimo indispensabile. Non era così di solito. Anche con i suoi amanti occasionali. Era più gentile, appassionato ma attento. 
Merda.
Mentre veniva, spingendosi a fondo per l’ultima volta, pensò che avrebbe dovuto fare qualcosa, qualunque cosa per toglierselo dalla testa. 

Quando Sebastiano e Fabio arrivarono a casa, quest’ultimo scese dalla macchina ed entrò, senza nemmeno guardarlo. Si sentiva a pezzi e non voleva affrontare il suo ragazzo, non voleva scoprire che ce l’aveva con lui per come aveva trattato suo fratello, non voleva pensare a come si sentisse Michele e non voleva scoprire quanto vere fossero le sue parole. 
Andò direttamente nella camera che avevano deciso di occupare assieme, si stese nel letto e rimase fermo lì, a fissare la parete. 
Non si aspettava che Sebastiano lo raggiungesse, credeva veramente che per l’occasione sarebbe tornato a dormire nel seminterrato.
Non si aspettava nemmeno che si stendesse dietro di lui e che facesse passare le braccia attorno alla sua vita, stringendolo a sé. 
-Non sono arrabbiato- sussurrò, posandogli piccoli baci sulla nuca. Questo ebbe il potere di sciogliergli tutti i muscoli e fargli scivolare fuori dalle labbra un lungo sospiro.
-Dovresti- mormorò, premendo la schiena contro il suo petto.
-Sei già abbastanza arrabbiato tu con te stesso- sorrise Sebastiano, insinuando piano le mani sotto la maglia, carezzandogli il petto e sentendolo rabbrividire sotto le dita. Sapeva che era forte, Fabio, e che non sopportava farsi vedere nei suoi rari momenti di debolezza, come quando l’avevano picchiato. Però in quel momento gli ricordava troppo il se stesso del passato, così sperduto e fragile da potersi perdere da un momento all’altro. 
-So bene che non hai accerchiato mio fratello per arrivare a me. E lo sa anche Michele. Ci tiene davvero a te, Fabio- sussurrò, prima di farlo voltare per poterlo guardare negli occhi, quegl’occhi grandi, enormi, di un color nocciola così luminoso e lucido dalle lacrime trattenute, da fargli trattenere il fiato.
-Siete le persone più importanti al mondo per me. Non faccio classifiche, non voglio nemmeno che le facciate voi.-
Si interruppe un attimo, per accarezzargli piano il viso con la punta delle dita, poi riprese:
- Se il passato mi ha insegnato qualcosa, beh mi ha fatto capire che abbiamo infinite possibilità di essere felici. Non esiste davvero solo una strada, anche se noi prendiamo quella sbagliata, anche se ci sembra che stiamo tracciando delle righe storte, ci sarà sempre qualcuno che sarà capace di scrivere dritto per noi.- 
Fabio spalancò ulteriormente gli occhi e si avvicinò di scatto per baciarlo quasi con furia. Era capace di spiazzarlo sempre, Sebastiano, era capace di dire la cosa giusta al momento giusto, e quella cosa era di una bellezza tale da lasciarlo disorientato.
Lo strinse forte, era aggressivo ma Sebastiano non si lamentò; gli carezzò le guancie, afferrandogli il viso fra le mani e lasciando che Fabio scivolasse sopra di lui.
-Michele ha ragione- sussurrò quando si staccarono, le labbra ancora ad un soffio.
-Sono stato egoista, non ho pensato a quanto questo significasse per lui e per te. O forse ci ho pensato troppo ma nel modo sbagliato.- 
Sebastiano scosse la testa, allungandosi sotto di lui in un chiaro segnale a spogliarlo.
-Non pensarci ora. L’importante è che tu l’abbia capito. Le cose si sistemeranno; non avere paura. Io non ne ho- 
Quando le mani di Fabio calarono su di lui, lo fecero premendo con decisione la pelle dell’altro, lasciando quasi sicuramente lividi che si sarebbero resi visibili solo il giorno dopo, scorrendo velocemente ma minuziosamente lungo tutto il corpo. 
Era suo, Sebastiano era suo ed era sotto di lui, si fidava di lui, si lasciava fare tutto quello che a Fabio veniva in mente. Anche prendergli i polsi e allungarli dietro la testa, costringendolo a tendersi e inarcarsi contro di lui. Rimasero lì anche quando Fabio li lasciò, consapevole che era quello che il compagno voleva. Aveva bisogno di sentire con tutto se stesso che Sebastiano era lì per lui, che andava tutto bene. 
Si abbassò a mordergli piano il collo, strappandogli dei sospiri frustrati. Sapeva che lo stava tormentando, in questo modo, strofinandosi contro il suo corpo e baciandolo dappertutto, forte, dei marchi più che dei baci, per dirgli che aveva capito, che era suo e che lui lo era altrettanto, per dirgli che gli dispiaceva. Gli sfilò i pantaloni in fretta, voleva toccarlo, voleva rendersi conto davvero quanta fortuna aveva avuto ad avere lì Sebastiano, il corpo allungato sotto di lui, il respiro veloce e i capelli sconvolti. Solo per lui. 
Non appena il compagno fu libero dai pantaloni gli allargò le gambe, trattenendo il respiro. Vederlo così esposto strappò un gemito a Fabio, che si affrettò a posargli le mani sulle cosce, premendo sui muscoli e sui nervi, imprimendosi bene in mente le sue forme. 
Ebbe un attimo di esitazione quando arrivò alle natiche, si sollevò a guardare il compagno. Non avevano mai fatto una cosa del genere e non sapeva se Sebastiano lo voleva veramente. 
-Fabio… qualunque cosa… ti prego- implorò il ragazzo, la voce spezzata e il bacino che si protendeva verso di lui, in scatti impazziti che testimoniavano quanto lo voleva e quanto ormai si era sciolto nelle sue mani.
Fabio annuì e tornò ad abbassarsi contro di lui, lasciando che la lingua scorresse lungo il solco delle natiche, bloccando all’ultimo momento la sua mano che era corsa in automatico a massaggiarsi l’inguine. 
Voleva far impazzire Sebastiano, ridurlo a una massa di tremolante gelatina fra le sue mani, non certo accelerare le cose. Però era davvero difficile costringersi a non toccarsi alla vista del suo ragazzo esposto in questo modo, la pelle bianca che già si arrossava sotto le sue mani e i suoi gemiti che si levavano sempre più alti. 
Morse leggermente la pelle delicata dell’inguine e immerse la testa nei riccioli scuri, mentre le dita si insinuavano al suo interno, superando l’iniziale resistenza e poi sprofondando dentro di lui. 
Oh non sarebbe resistito a lungo, già solo sentire il suo calore bollente lo stava facendo impazzire, poi sentire la sua voce implorarlo in quel modo era davvero qualcosa che metteva a dura prova tutto il suo autocontrollo. 
-Non voglio farti male- sussurrò, all’ennesima implorazione che suonava più come una minaccia.
-Non me ne fai… Cazzo Fabio… sei… Cristo- ansimò Sebastiano, circondandogli il volto con le mani e tirandolo su per sentire il proprio sapore dalle sue labbra, per baciarlo profondamente. Si premette contro di lui e Fabio davvero non resistette più. 
Si sfilò fuori dai pantaloni il minimo necessario ed entrò piano dentro di lui, la bocca morse il collo pallido del compagno e le mani si intrecciarono con forza alle sue. 
Rimase fermo quando sentì Sebastiano irrigidirsi e ispirare bruscamente, temette davvero che quella fosse la prima volta per il compagno, ma poi gli fece cenno che andava tutto bene, anche se guardandolo capiva perfettamente che non ere vero. 
Cominciò a muoversi, lentamente. 
Fu come se il mondo stesse trattenendo il respiro e l’avesse rilasciato tutto d’un tratto in quel momento. Era sempre così con Sebastiano, non importava in quale ruolo, gli bastava la sua pelle, gli bastava toccarlo, e tutto scompariva. 
Un piccolo paradiso che il ragazzo raccoglieva per lui e poi gli porgeva. 
Il corpo di Sebastiano sobbalzava ad ogni colpo, la voce accompagnava i movimenti sempre più frenetici e incontrollati; avrebbe voluto dargli un ritmo, un senso, avrebbe voluto andare più lento, ma non ne era davvero in grado. Sebastiano si spingeva contro di lui e il mondo scompariva, quindi si limitò a fermargli i fianchi, premendovi le mani sopra, e spingere quanto più profondamente poteva. 
-Oddio, rifallo…- singhiozzò il ragazzo, quando Fabio spinse per l’ennesima volta. Il ragazzo sorrise e afferrò la sua erezione, per massaggiarla al ritmo con le spinte, mentre continuava a far impazzire entrambi. 
Era confuso e veloce, affannato e quasi brusco, ma era anche eccitante e ci stavano perdendo la testa entrambi, affogando sulle labbra e sul corpo dell’altro, quindi andava bene così, anche se era confuso e caotico. Era così da loro da farli commuovere quasi.
Poi Sebastiano inarcò il collo e di seguito tutto il corpo, lanciando un gemito prolungato e una serie di imprecazioni soffiate fra i denti, si tese spasmodicamente e si rilasciò contro di lui. 
Quando anche Fabio crollò sopra di lui, stremato, le braccia del 
compagno lo avvolsero subito in un abbraccio. 
Non aspettò che Fabio alzasse la testa, lo costrinse a guardarlo negli occhi e baciarlo, lentamente stavolta, assaporandosi. 
-Ok?- sussurrò Sebastiano. Come se tutto quello non fosse stato altro che una dimostrazione muta di tutto quello che gli aveva sempre detto, della fiducia, del loro legame, dell’amore. Come se non avesse parole adeguate, come se non esistessero e allora avesse scelto di inventarle così, perché gli restasse per sempre dentro, perché l’amore che provava voleva inciderglielo nella carne e lasciare che si marchiasse per sempre sotto la pelle.
Fabio lo guardò, sorpreso, ma parve capire, forse non tutto, ma a sufficienza. 
Affondò la testa contro l’incavo del suo collo e rimase così, tremando leggermente. 
Sebastiano aveva scelto di affidargli un piccolo pezzo di paradiso, lui lo aveva afferrato fra le mani ed era stata la cosa più bella del mondo. 
Annuì, liberandosi completamente dei suoi vestiti e premendo il corpo contro quello di lui, per restare semplicemente lì per il resto della notte. 

Il trillo del telefono lo raggiunse a un orario decisamente inusuale.
Fabio borbottò, allungando una mano e tastando un po’ a casaccio il comodino, premendosi sopra Sebastiano per raggiungerlo.
Sebastiano borbottò qualcosa e si voltò dall’altra parte; quando Fabio riuscì a raggiungere il telefono e rispondere, dormiva già nuovamente.
Si svegliò con l’imprecazione soffocata di Fabio, unita al suo verso sorpreso.
Aprì mezzo occhio e si voltò per guardarlo. Il suo ragazzo era seduto sul bordo del letto, gli dava la schiena ma anche da lì riusciva a intuire quanto fosse teso. 
-E avete trovato tutto così?- stava dicendo, incredulo.
-Sì, sì certo arrivo immediatamente. A dopo- salutò sbrigativamente e chiuse la chiamata.
Rimase fermo un attimo mentre Sebastiano faceva il giro del letto per inginocchiarsi davanti a lui e guardarlo.
-Fabio che succede?- chiese preoccupato. Il ragazzo era davvero sconvolto, gli occhi spalancati e le mani che passavano frenetiche fra i capelli, scompigliandoli più di quanto già non fossero.
Lui scosse la testa e cercò un altro numero, per poi premere il tasto della chiamata e aspettare che rispondesse. 
Sebastiano aggrottò la fronte, sempre più preoccupato, Fabio senza parole era qualcosa di unico.
-Gin? Puoi passarmi Michele? Lo so che è presto, ma è urgente- lo sentì dire, e a quelle parole ormai la preoccupazione era diventata ansia perché se dopo tutto quello che era successo Fabio cercava Michele, doveva essere accaduto qualcosa di davvero grave.
-Michele? Sì scusa. Devi venire al bar. Qualcuno è entrato durante la notte e ha combinato un disastro.- 
Sebastiano sgranò gli occhi e strinse una mano sul ginocchio di Fabio. La voce era trattenuta e non per riguardo verso di lui, Sebastiano lo sapeva, ma perché se si fosse lasciato andare avrebbe spaccato tutto.
-No non ho ancora visto, sono ancora a casa. Sì, casa tua- 
Precisò Fabio, sbuffando, Sebastiano trattenne un sorriso. Riconosceva lo stile di Michele nei momenti di crisi. Voleva sapere tutto, nei dettagli, anche se non era necessario; la sua mente razionale funzionava meglio in questo modo, solo che Fabio era l’opposto.
-No, non abbiamo idea di chi sia stato.- la voce ormai non riusciva a trattenersi e la rabbia usciva fuori, grondava da ogni parola.
-Ma giuro che quando l’avrò lo smonterò pezzo per pezzo, tanto che mi implorerà di ucciderlo in fretta- minacciò, stringendo forte la mano di Sebastiano. Non per recuperare un po’ di forza, ma per tentare di calmarsi. Alle volte sfiorarlo così gli bastava. 
-Sì vediamoci lì direttamente. No, non so se viene anche Sese.-
Lanciò un occhiata al ragazzo inginocchiato di fronte a lui che annuì freneticamente, si lasciò scappare un sorriso minuscolo e mormorò:
-Certo che viene. A dopo.-
Chiuse la chiamata e rimase per un attimo immobile, il cellulare abbandonato in mano. Sebastiano si morse le labbra, sperava non fosse così grave come appariva, in ogni caso un idea di chi fosse stato ce l’aveva. E sperava che a Fabio non venisse, altrimenti stavolta niente l’avrebbe trattenuto dall’ucciderlo davvero.
-Bastardi!- esclamò Fabio, strappandolo dalle sue elucubrazioni. Strinse la presa sul telefono e lo lanciò contro la parete, in un moto di rabbia che gli contrasse il viso, distorcendo i lineamenti. 
-Figli di puttana, li ammazzo davvero!- urlò, alzandosi in piedi, ignorando Sebastiano che si sbilanciò indietro e poi si alzò anche lui, 
cauto.
-Fabio- chiamò, piano. 
Il ragazzo non diede cenno di averlo sentito, però si bloccò, coprendosi il viso con le mani e respirando profondamente.
-E orribile, però vediamo prima che danni ci sono. Poi ti caricherò il fucile se vuoi, ma ora andiamo- mormorò, sapendo che non c’era molto altro da dire, e anche se ci fosse stato Fabio non lo avrebbe voluto ascoltare.
Fabio annuì, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio rapido e aggressivo, i pollici sprofondati sulle sue guancie tonde, tanto a fondo da far male. Gemette un po’ nel bacio, Fabio aveva morso e aveva fatto cozzare i denti coi suoi, ma non si lamentò quando il ragazzo si staccò. Sembrava più calmo, quindi andava bene.
-Andiamo.- annuì Fabio: -E grazie.-