CAPITOLO DODICESIMO
Ho pensato a quanto spiacevole sia essere chiusi fuori, e ho pensato a quanto sia peggio essere chiusi dentro.
-V. Wolf-
Cristo santo, ma era impazzito? Fabio l’avrebbe fatto a pezzi!
Volò
fuori dal locale, pestando numerosi piedi e arrivò giusto in tempo per
vedere Fabio e Michele che urlavano, in mezzo al marciapiede,
attorniati da una folla di curiosi che seguivano interessati.
-Pensi
davvero che per me sia stata una passeggiata? Sei l’essere più idiota
ed egoista che io conosca!- stava dicendo Michele, i pugni serrati e il
corpo proteso in avanti. Aveva perso la sua leggendaria calma, voleva
dire che era davvero esasperato e che il litigio era iniziato
immediatamente.
Fabio a quelle parole spalancò gli occhi e fece chiaramente fatica a trattenersi dal picchiarlo.
-Egoista
io?! Ma ti senti quando parli? Sei tu il fottuto coglione che se n’è
andato di casa per non affrontare la situazione, e che se n’è fregato
se anche Sebastiano stava soffrendo! A te importava solo avere il tuo
fratellino tutto per te. ‘Fanculo Michele! Cos’è pensi che io non lo
meriti? Che io non sia abbastanza?Qual è il fottuto problema?-
Urlò
Fabio, mentre Sebastiano e Ginevra stavano immobili, cercando di capire
se fosse il caso di intervenire o lasciarli sfogare.
Dovettero
decidere che per il momento era meglio lasciare che le cose facessero
il loro corso, almeno finché non diventavano violenti.
Però Sebastiano si posizionò accanto a Fabio, mentre Ginevra si avvicinò a Michele.
Videro
Michele impallidire a quelle parole e Sebastiano ebbe l’impulso di
abbracciarlo e dirgli che non era vero, che lo sapeva quanto era
difficile per lui e non pensava assolutamente nessuna delle cose che
gli stava vomitando addosso Fabio.
-Fabio,
basta- mormorò lui, sfiorandogli un braccio. Il ragazzo si scosse
quando lo vide ma la sua espressione furiosa non cambiò. Era andato
troppo oltre, ormai non era più capace di tornare indietro.
-Ma
non dire cazzate! Mi stai mettendo in bocca pensieri che non ho mai
avuto, non ho mai pensato che tu non fossi giusto per mio fratello,
anche se vedendoti ora ne dubito anche io. Non hai pensato a come
potrebbe sentirsi lui vero?- Fabio si immobilizzò,
irrigidendosi ulteriormente. Sebastiano borbottò qualcosa che aveva a
che fare col lasciarlo fuori da tutta quella storia, ma nessuno dei due
gli diede ascolto.
-Non
hai pensato che sentirti mentre mi tratti così rende tutto ancora più
difficile, vero? Non hai pensato a quanto potrebbe stare male lui
vedendo come ci siamo ridotti noi due? Non ti è passato per la mente
che forse è questo che lo fa stare più male di tutto? Chi è
che se ne frega di lui, eh? Chi è che ignora che anche gli altri stanno
male per concentrarsi solo sul suo piccolo schifoso mondo?-
Sebastiano
non faceva caso a Fabio ora, guardava Michele stupito perché ancora una
volta era riuscito a far emergere verità scomode a cui nemmeno lui
aveva mai fatto caso.
E
il fatto che ci fosse un fondo di verità rendeva ancora più difficile
far accettare a Fabio le parole di Michele. Quello che disse in seguito
fu solo la classica goccia:
-Anche
io avevo bisogno di te! Anche io avevo bisogno del mio migliore amico,
ma tu te ne sei fregato e hai pensato solo a giudicarmi, senza nemmeno
preoccuparti di capire davvero. Cos’ero, solo un modo per arrivare a
Sebastiano e ora che ce l’hai io posso andare a ‘fanculo?- urlò
Michele. Il fatto che stesse piangendo non aiutò per niente Fabio, e
non aiutò nemmeno Sebastiano. Stava guardando suo fratello e stava
quasi decidendo di andare da lui e abbracciarlo, per questo non vide
Fabio scattare.
Arrivò
da Michele come una furia, il pugno già allungato che si schiantò sulla
sua mascella e produsse un suono secco e poco rassicurante.
-Sei
un fottuto coglione se pensi una cosa del genere! Vaffanculo Michele,
non farti più vedere da me!- urlava Fabio, fece per dargli un altro
pugno quando le braccia salde di Sebastiano lo avvolsero da dietro,
bloccandolo.
-Basta ora- sibilò gelido il ragazzo, ignorando i tentativi di Fabio di allontanarsi.
Ginevra
nel frattempo si era precipitata accanto a Michele, tamponandogli con
un fazzolettino il sangue che usciva dal labbro.
Solo in quel momento Fabio si rese conto di quello che aveva fatto.
Spalancò
gli occhi ma non disse nulla, le parole erano incastrate in gola. Non
poteva davvero credere che Michele avesse detto quelle cose, ma la cosa
che faceva più male era il pensiero che lui ci credesse davvero.
Non poteva essere così, non poteva essere così.
-Gin
accompagni un attimo Fabio alla macchina?- chiese piano Sebastiano,
lasciando andare il ragazzo ora che sembrava troppo shockato per
reagire in qualunque altro modo.
Gin
annuì, afferrando Fabio per mano e trascinandolo via, capendo quello
che voleva fare Sebastiano. Era giusto così, doveva esserci Sebastiano
ora accanto a suo fratello. Michele ne aveva bisogno.
Fu
Michele a muoversi per primo, non appena furono soli. Anche le persone
che avevano assistito se ne stavano andando, consapevoli che lo
spettacolo era finito. Solo Roberto e Marco restarono fermi,
evidentemente attirati dalla confusione ad assistere a quello
spettacolo penoso.
Fu
Michele a muoversi per primo e lo fece per gettarsi nelle braccia che
il fratello aveva appena allargato. Si accoccolò contro il suo petto,
respirando forte il suo odore e lasciandosi avvolgere da esso, così
come dalle braccia che lo cullavano.
Gli
era mancato da impazzire, erano passati solo due giorni ma gli era
mancato da morire e sapeva che era una cosa sbagliata, che tutti e due
avevano la loro vita, ma non riusciva davvero a separare la sua da
quella di suo fratello.
-Non volevo dirgli quelle cose- mormorò contro il petto di suo fratello.
Sebastiano lo strinse appena più forte, posandogli un bacio sui capelli.
-La
maggior parte di esse era vera. A parte l’ultimo pezzo. Ti vuole bene,
sai che te ne vuole, se no non avrebbe reagito in questo modo. E te ne
voglio anche io- mormorò, in modo che solo lui potesse sentirlo.
Roberto e Marco li guidarono in un posto più tranquillo, lontani dagli
sguardi indiscreti, e rimasero fermi a vigilare la situazione, facendo
attenzione che nessuno si intromettesse.
Michele annuì e si premette maggiormente contro di lui:
-Sto
facendo del mio meglio, sto cercando con tutto me stesso di… accettare
tutto. Non voglio che Fabio pensi che secondo me non va bene per te,
che il problema è quello. Non voglio che…-
Sebastiano lo interruppe, la voce aveva assunto un tono quasi isterico ora, mentre lui voleva solo che il fratello si calmasse.
-So
che non è quello il problema Michi. So che stai facendo del tuo meglio
e va bene così, davvero. Con Fabio ci parlo io. Fidati. Ok?- sussurrò,
afferrando il viso di Michele fra le mani e guardandolo in faccia. Solo
quando lo vide annuire, più tranquillo, lo lasciò andare, facendo un
passo indietro e lasciando il posto a Ginevra che era appena
arrivata.
Quando Michele si morse il labbro, facendo di tutto per non piangere davanti a lui, si voltò, rispettando il suo volere.
Certo che era difficile anche per lui, era fottutamente difficile, ma ce l’avrebbero fatta. Ne era sicuro.
Il sudore scendeva in goccioline fastidiose lungo la schiena e sulla fronte, ma Fabio lo ignorava. Continuare a spingere,
sentire gli ansiti del ragazzo sotto di sé era molto più piacevole.
Grugnì, posando le mani sulla vita dell’altro e aumentando il ritmo.
Sentì
l’altro lamentarsi un po’ ma non ascoltò. Niente importava in quel
momento, niente se non sentire quel calore stretto e immaginare che
fosse la pelle di Sebastiano, il corpo di Sebastiano, la voce di
Sebastiano quella che lo supplicava di andare più veloce, o forse più
piano, era troppo preso dalla sua fantasia per sentire bene.
Allungò una mano per tirare i capelli dell’altro, abbassandosi per mordergli una spalla:
-Zitto-
sibilò, spingendo forte, così forte da guadagnarsi un urlo, forse di
piacere. Doveva aver centrato un punto piacevole. O forse il tipo era
masochista, per quello che gliene importava.
Fuori dal bagno dove si erano chiusi si sentivano rumore e commenti ironici, ma decisamente Fabio non stava ascoltando.
Si stava scopando quel culo stretto e tanto bastava.
Sebastiano
non avrebbe urlato così, non si sarebbe mosso andandogli incontro con
questa foga disordinata e imprecisa, non avrebbe portato una mano
davanti per accarezzarsi, visto che Fabio non lo faceva.
Il pensiero lo colpì mentre l’orgasmo colpì il ragazzino piegato davanti a lui.
Non era Sebastiano, per quanto avesse i capelli neri e gli occhi verdi come lui.
Continuò
a muoversi, più forte, più veloce, più a fondo, anche quando i lamenti
si fecero infastiditi. Pretendeva il suo orgasmo adesso, sporco e
sbagliato, ma lo pretendeva. Non poteva avere Sebastiano e questa cosa
lo stava divorando, mangiando dall’interno tutti i suoi organi,
maciullando ossa e carne. Sebastiano stava devastando il suo cervello,
non si spiegava altrimenti perché aveva acconsentito a scoparsi quel
ragazzo nei cessi di una discoteca, invece di andare a casa sua, che
quella sera era libera. Non si spiegava perché l’aveva piegato a
novanta e l’aveva penetrato di mala grazia, dopo averlo preparato il
minimo indispensabile. Non era così di solito. Anche con i suoi amanti
occasionali. Era più gentile, appassionato ma attento.
Merda.
Mentre
veniva, spingendosi a fondo per l’ultima volta, pensò che avrebbe
dovuto fare qualcosa, qualunque cosa per toglierselo dalla testa.
Quando
Sebastiano e Fabio arrivarono a casa, quest’ultimo scese dalla macchina
ed entrò, senza nemmeno guardarlo. Si sentiva a pezzi e non voleva
affrontare il suo ragazzo, non voleva scoprire che ce l’aveva con lui
per come aveva trattato suo fratello, non voleva pensare a come si
sentisse Michele e non voleva scoprire quanto vere fossero le sue
parole.
Andò
direttamente nella camera che avevano deciso di occupare assieme, si
stese nel letto e rimase fermo lì, a fissare la parete.
Non
si aspettava che Sebastiano lo raggiungesse, credeva veramente che per
l’occasione sarebbe tornato a dormire nel seminterrato.
Non
si aspettava nemmeno che si stendesse dietro di lui e che facesse
passare le braccia attorno alla sua vita, stringendolo a sé.
-Non
sono arrabbiato- sussurrò, posandogli piccoli baci sulla nuca. Questo
ebbe il potere di sciogliergli tutti i muscoli e fargli scivolare fuori
dalle labbra un lungo sospiro.
-Dovresti- mormorò, premendo la schiena contro il suo petto.
-Sei
già abbastanza arrabbiato tu con te stesso- sorrise Sebastiano,
insinuando piano le mani sotto la maglia, carezzandogli il petto e
sentendolo rabbrividire sotto le dita. Sapeva che era forte, Fabio, e
che non sopportava farsi vedere nei suoi rari momenti di debolezza,
come quando l’avevano picchiato. Però in quel momento gli ricordava
troppo il se stesso del passato, così sperduto e fragile da potersi
perdere da un momento all’altro.
-So
bene che non hai accerchiato mio fratello per arrivare a me. E lo sa
anche Michele. Ci tiene davvero a te, Fabio- sussurrò, prima di farlo
voltare per poterlo guardare negli occhi, quegl’occhi grandi, enormi,
di un color nocciola così luminoso e lucido dalle lacrime trattenute,
da fargli trattenere il fiato.
-Siete le persone più importanti al mondo per me. Non faccio classifiche, non voglio nemmeno che le facciate voi.-
Si interruppe un attimo, per accarezzargli piano il viso con la punta delle dita, poi riprese:
-
Se il passato mi ha insegnato qualcosa, beh mi ha fatto capire che
abbiamo infinite possibilità di essere felici. Non esiste davvero solo
una strada, anche se noi prendiamo quella sbagliata, anche se ci sembra
che stiamo tracciando delle righe storte, ci sarà sempre qualcuno che
sarà capace di scrivere dritto per noi.-
Fabio
spalancò ulteriormente gli occhi e si avvicinò di scatto per baciarlo
quasi con furia. Era capace di spiazzarlo sempre, Sebastiano, era
capace di dire la cosa giusta al momento giusto, e quella cosa era di
una bellezza tale da lasciarlo disorientato.
Lo
strinse forte, era aggressivo ma Sebastiano non si lamentò; gli carezzò
le guancie, afferrandogli il viso fra le mani e lasciando che Fabio
scivolasse sopra di lui.
-Michele ha ragione- sussurrò quando si staccarono, le labbra ancora ad un soffio.
-Sono
stato egoista, non ho pensato a quanto questo significasse per lui e
per te. O forse ci ho pensato troppo ma nel modo sbagliato.-
Sebastiano scosse la testa, allungandosi sotto di lui in un chiaro segnale a spogliarlo.
-Non pensarci ora. L’importante è che tu l’abbia capito. Le cose si sistemeranno; non avere paura. Io non ne ho-
Quando
le mani di Fabio calarono su di lui, lo fecero premendo con decisione
la pelle dell’altro, lasciando quasi sicuramente lividi che si
sarebbero resi visibili solo il giorno dopo, scorrendo velocemente ma
minuziosamente lungo tutto il corpo.
Era
suo, Sebastiano era suo ed era sotto di lui, si fidava di
lui, si lasciava fare tutto quello che a Fabio veniva in mente. Anche
prendergli i polsi e allungarli dietro la testa, costringendolo a
tendersi e inarcarsi contro di lui. Rimasero lì anche quando Fabio li
lasciò, consapevole che era quello che il compagno voleva. Aveva
bisogno di sentire con tutto se stesso che Sebastiano era lì per lui,
che andava tutto bene.
Si
abbassò a mordergli piano il collo, strappandogli dei sospiri
frustrati. Sapeva che lo stava tormentando, in questo modo,
strofinandosi contro il suo corpo e baciandolo dappertutto, forte, dei
marchi più che dei baci, per dirgli che aveva capito, che era suo e che
lui lo era altrettanto, per dirgli che gli dispiaceva. Gli sfilò i
pantaloni in fretta, voleva toccarlo, voleva rendersi
conto davvero quanta fortuna aveva avuto ad avere lì
Sebastiano, il corpo allungato sotto di lui, il respiro veloce e i
capelli sconvolti. Solo per lui.
Non
appena il compagno fu libero dai pantaloni gli allargò le gambe,
trattenendo il respiro. Vederlo così esposto strappò un gemito a Fabio,
che si affrettò a posargli le mani sulle cosce, premendo sui muscoli e
sui nervi, imprimendosi bene in mente le sue forme.
Ebbe
un attimo di esitazione quando arrivò alle natiche, si sollevò a
guardare il compagno. Non avevano mai fatto una cosa del genere e non
sapeva se Sebastiano lo voleva veramente.
-Fabio…
qualunque cosa… ti prego- implorò il ragazzo, la voce spezzata e il
bacino che si protendeva verso di lui, in scatti impazziti che
testimoniavano quanto lo voleva e quanto ormai si era sciolto nelle sue
mani.
Fabio
annuì e tornò ad abbassarsi contro di lui, lasciando che la lingua
scorresse lungo il solco delle natiche, bloccando all’ultimo momento la
sua mano che era corsa in automatico a massaggiarsi l’inguine.
Voleva
far impazzire Sebastiano, ridurlo a una massa di tremolante gelatina
fra le sue mani, non certo accelerare le cose. Però era davvero
difficile costringersi a non toccarsi alla vista del suo ragazzo
esposto in questo modo, la pelle bianca che già si arrossava sotto le
sue mani e i suoi gemiti che si levavano sempre più alti.
Morse
leggermente la pelle delicata dell’inguine e immerse la testa nei
riccioli scuri, mentre le dita si insinuavano al suo interno, superando
l’iniziale resistenza e poi sprofondando dentro di lui.
Oh
non sarebbe resistito a lungo, già solo sentire il suo calore bollente
lo stava facendo impazzire, poi sentire la sua voce implorarlo in quel
modo era davvero qualcosa che metteva a dura prova tutto il suo
autocontrollo.
-Non voglio farti male- sussurrò, all’ennesima implorazione che suonava più come una minaccia.
-Non
me ne fai… Cazzo Fabio… sei… Cristo- ansimò Sebastiano, circondandogli
il volto con le mani e tirandolo su per sentire il proprio sapore dalle
sue labbra, per baciarlo profondamente. Si premette contro di lui e
Fabio davvero non resistette più.
Si
sfilò fuori dai pantaloni il minimo necessario ed entrò piano dentro di
lui, la bocca morse il collo pallido del compagno e le mani si
intrecciarono con forza alle sue.
Rimase
fermo quando sentì Sebastiano irrigidirsi e ispirare bruscamente,
temette davvero che quella fosse la prima volta per il compagno, ma poi
gli fece cenno che andava tutto bene, anche se guardandolo capiva
perfettamente che non ere vero.
Cominciò a muoversi, lentamente.
Fu
come se il mondo stesse trattenendo il respiro e l’avesse rilasciato
tutto d’un tratto in quel momento. Era sempre così con Sebastiano, non
importava in quale ruolo, gli bastava la sua pelle, gli bastava
toccarlo, e tutto scompariva.
Un piccolo paradiso che il ragazzo raccoglieva per lui e poi gli porgeva.
Il
corpo di Sebastiano sobbalzava ad ogni colpo, la voce accompagnava i
movimenti sempre più frenetici e incontrollati; avrebbe voluto dargli
un ritmo, un senso, avrebbe voluto andare più lento, ma non ne era
davvero in grado. Sebastiano si spingeva contro di lui e il mondo
scompariva, quindi si limitò a fermargli i fianchi, premendovi le mani
sopra, e spingere quanto più profondamente poteva.
-Oddio,
rifallo…- singhiozzò il ragazzo, quando Fabio spinse per l’ennesima
volta. Il ragazzo sorrise e afferrò la sua erezione, per massaggiarla
al ritmo con le spinte, mentre continuava a far impazzire
entrambi.
Era
confuso e veloce, affannato e quasi brusco, ma era anche eccitante e ci
stavano perdendo la testa entrambi, affogando sulle labbra e sul corpo
dell’altro, quindi andava bene così, anche se era confuso e caotico.
Era così da loro da farli commuovere quasi.
Poi
Sebastiano inarcò il collo e di seguito tutto il corpo, lanciando un
gemito prolungato e una serie di imprecazioni soffiate fra i denti, si
tese spasmodicamente e si rilasciò contro di lui.
Quando anche Fabio crollò sopra di lui, stremato, le braccia del
compagno lo avvolsero subito in un abbraccio.
Non
aspettò che Fabio alzasse la testa, lo costrinse a guardarlo negli
occhi e baciarlo, lentamente stavolta, assaporandosi.
-Ok?-
sussurrò Sebastiano. Come se tutto quello non fosse stato altro che una
dimostrazione muta di tutto quello che gli aveva sempre detto, della
fiducia, del loro legame, dell’amore. Come se non avesse parole
adeguate, come se non esistessero e allora avesse scelto di
inventarle così, perché gli restasse per sempre dentro, perché l’amore
che provava voleva inciderglielo nella carne e lasciare che si
marchiasse per sempre sotto la pelle.
Fabio lo guardò, sorpreso, ma parve capire, forse non tutto, ma a sufficienza.
Affondò la testa contro l’incavo del suo collo e rimase così, tremando leggermente.
Sebastiano
aveva scelto di affidargli un piccolo pezzo di paradiso, lui lo aveva
afferrato fra le mani ed era stata la cosa più bella del mondo.
Annuì,
liberandosi completamente dei suoi vestiti e premendo il corpo contro
quello di lui, per restare semplicemente lì per il resto della
notte.
Il trillo del telefono lo raggiunse a un orario decisamente inusuale.
Fabio borbottò, allungando una mano e tastando un po’ a casaccio il comodino, premendosi sopra Sebastiano per raggiungerlo.
Sebastiano
borbottò qualcosa e si voltò dall’altra parte; quando Fabio riuscì a
raggiungere il telefono e rispondere, dormiva già nuovamente.
Si svegliò con l’imprecazione soffocata di Fabio, unita al suo verso sorpreso.
Aprì
mezzo occhio e si voltò per guardarlo. Il suo ragazzo era seduto sul
bordo del letto, gli dava la schiena ma anche da lì riusciva a intuire
quanto fosse teso.
-E avete trovato tutto così?- stava dicendo, incredulo.
-Sì, sì certo arrivo immediatamente. A dopo- salutò sbrigativamente e chiuse la chiamata.
Rimase fermo un attimo mentre Sebastiano faceva il giro del letto per inginocchiarsi davanti a lui e guardarlo.
-Fabio
che succede?- chiese preoccupato. Il ragazzo era davvero sconvolto, gli
occhi spalancati e le mani che passavano frenetiche fra i capelli,
scompigliandoli più di quanto già non fossero.
Lui scosse la testa e cercò un altro numero, per poi premere il tasto della chiamata e aspettare che rispondesse.
Sebastiano aggrottò la fronte, sempre più preoccupato, Fabio senza parole era qualcosa di unico.
-Gin?
Puoi passarmi Michele? Lo so che è presto, ma è urgente- lo sentì dire,
e a quelle parole ormai la preoccupazione era diventata ansia perché se
dopo tutto quello che era successo Fabio cercava Michele, doveva essere
accaduto qualcosa di davvero grave.
-Michele? Sì scusa. Devi venire al bar. Qualcuno è entrato durante la notte e ha combinato un disastro.-
Sebastiano
sgranò gli occhi e strinse una mano sul ginocchio di Fabio. La voce era
trattenuta e non per riguardo verso di lui, Sebastiano lo sapeva, ma
perché se si fosse lasciato andare avrebbe spaccato tutto.
-No non ho ancora visto, sono ancora a casa. Sì, casa tua-
Precisò
Fabio, sbuffando, Sebastiano trattenne un sorriso. Riconosceva lo stile
di Michele nei momenti di crisi. Voleva sapere tutto, nei dettagli,
anche se non era necessario; la sua mente razionale funzionava meglio
in questo modo, solo che Fabio era l’opposto.
-No,
non abbiamo idea di chi sia stato.- la voce ormai non riusciva a
trattenersi e la rabbia usciva fuori, grondava da ogni parola.
-Ma
giuro che quando l’avrò lo smonterò pezzo per pezzo, tanto che mi
implorerà di ucciderlo in fretta- minacciò, stringendo forte la mano di
Sebastiano. Non per recuperare un po’ di forza, ma per tentare di
calmarsi. Alle volte sfiorarlo così gli bastava.
-Sì vediamoci lì direttamente. No, non so se viene anche Sese.-
Lanciò
un occhiata al ragazzo inginocchiato di fronte a lui che annuì
freneticamente, si lasciò scappare un sorriso minuscolo e mormorò:
-Certo che viene. A dopo.-
Chiuse
la chiamata e rimase per un attimo immobile, il cellulare abbandonato
in mano. Sebastiano si morse le labbra, sperava non fosse così grave
come appariva, in ogni caso un idea di chi fosse stato ce l’aveva. E
sperava che a Fabio non venisse, altrimenti stavolta niente l’avrebbe
trattenuto dall’ucciderlo davvero.
-Bastardi!-
esclamò Fabio, strappandolo dalle sue elucubrazioni. Strinse la presa
sul telefono e lo lanciò contro la parete, in un moto di rabbia che gli
contrasse il viso, distorcendo i lineamenti.
-Figli
di puttana, li ammazzo davvero!- urlò, alzandosi in piedi, ignorando
Sebastiano che si sbilanciò indietro e poi si alzò anche lui,
cauto.
-Fabio- chiamò, piano.
Il ragazzo non diede cenno di averlo sentito, però si bloccò, coprendosi il viso con le mani e respirando profondamente.
-E
orribile, però vediamo prima che danni ci sono. Poi ti caricherò il
fucile se vuoi, ma ora andiamo- mormorò, sapendo che non c’era molto
altro da dire, e anche se ci fosse stato Fabio non lo avrebbe voluto
ascoltare.
Fabio
annuì, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio rapido e aggressivo, i
pollici sprofondati sulle sue guancie tonde, tanto a fondo da far male.
Gemette un po’ nel bacio, Fabio aveva morso e aveva fatto cozzare i
denti coi suoi, ma non si lamentò quando il ragazzo si staccò. Sembrava
più calmo, quindi andava bene.
-Andiamo.- annuì Fabio: -E grazie.-