CAPITOLO QUINDICESIMO
Parti
e cerca di continuare a sorridere. Trovati un po' di rock and roll alla
radio e vai verso tutta la vita che c'è con tutto il coraggio che
riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. Sii
valoroso, sii coraggioso, resisti. Tutto il resto è buio.
-S.King-
-Non se ne parla nemmeno!- sbottò Sebastiano, allontanandosi stizzito da Fabio.
-Sese, sai anche tu che è la soluzione migliore.-
tentò
di rispondere con un tono conciliante e calmo quest’ultimo. Sapeva che
Sebastiano avrebbe reagito così, ormai aveva imparato a conoscerlo.
-No,
per un cazzo. La soluzione migliore è che stiamo tutti e tre assieme!
Qui!- ribatté il ragazzo, posando le mani sui fianchi in una posa che
avrebbe voluto essere minacciosa.
-Sì, e le guerre finiranno e il mondo diventerà tutto rosa- disse sarcasticamente Fabio.
Sapeva
che avrebbe dovuto usare tutte le sue armi per convincerlo e si
apprestava a farlo. Era sicuro che quella che gli aveva appena detto
fosse l’unica cosa da fare.
-Piantala!- sbottò il compagno, usando un tono quasi isterico -Sai benissimo cosa intendo!-
-E
tu sai benissimo che Michele non ce la sta facendo Sese. Pensi che sia
stupido? Pensi che non conosca il mio migliore amico?Si sta sforzando e
il massimo che è riuscito a fare fin’ora è stare con noi al massimo due
ore al giorno e poi fugge via come fosse inseguito dal diavolo!-
Davanti all’inconfutabile verità, Sebastiano non poté far altro che ammutolire e guardarlo, truce.
-Non guardarmi così. Pensi che per me sia facile?- riprese poi Fabio, con un tono di voce più dolce.
-Michi ha bisogno solo di tempo- borbottò Sebastiano, distogliendo lo sguardo.
-Non
è solo questo e lo sai. E anche se fosse non può stare da Gin per
sempre, ok che stanno assieme ma due mesi scarsi sono pochini per
pensare alla convivenza, ti pare?-
Sebastiano scosse la testa, voleva ribattere ma non sapeva proprio cosa avrebbe potuto dire.
Fabio aveva ragione e lo sapeva.
-Non
voglio che tu te ne vada- sussurrò, arrendendosi a guardarlo in viso.
Fabio si era fatto crescere i capelli, in modo che ora gli sfiorassero
il collo, mentre lui se li era tagliati un po’, era sempre una massa
intricata, ma almeno erano più gestibili.
-Non
lo voglio nemmeno io- rispose Fabio a bassa voce. Si avvicinò fino a
che non fu a nemmeno un passo, come quando aveva iniziato il discorso.
Gli sfiorò il viso, lentamente. Prima lo zigomo, scivolò col pollice
delineando le forme tonde di Sebastiano, percependo sotto le dita la
morbidezza della sua pelle e i piccoli brividi che stava provocando.
-Però
sai che Michele ha bisogno di questo adesso. Si è allontanato e ha
fatto bene, ha preso le giuste misure della nostra storia, si è calmato
e ci ha riflettuto seriamente. Ora ha bisogno di te, ha bisogno di
sentirti vicino e non lo farà mai con me qui. Non ce la farebbe ancora
vedendoci sempre così vicini. E non è nemmeno giusto che ci tratteniamo
noi, stando lontani per lui. Finiremmo per litigare di nuovo e io non
voglio- terminò Fabio, sempre con il tono sussurrato di prima.
Sebastiano
aveva chiuso gli occhi sotto le carezze di Fabio, lasciando che le dita
sfiorassero leggere il viso e poi scendessero sul collo, lasciando scie
leggere di brividi che tracciavano chiaramente il percorso fatto dal
ragazzo.
Sospirò,
posandogli la testa sulla spalla. Si opponeva con tutto se stesso
all’idea ma una parte di lui era felice di riavere lì Michele. Gli
mancava, tantissimo, ogni momento della giornata. Aveva Fabio, certo, e
Michele aveva Ginevra, ma non era la stessa cosa. Dovevano reinventare
il loro rapporto, dovevano prendere nuovamente le misure, ma dovevano
farlo assieme questa volta.
-Non
ti vedrò più- si lamentò poi, premendo il viso contro il suo collo e
tentando di farsi più piccolo che poteva. Impresa difficile visto
l’evidente differenza di stazza fra i due, però il tentativo era
comunque ammirevole e intenerì Fabio, che gli posò una mano sulla nuca,
accarezzandogli lentamente i capelli.
-Certo
che ci vedremo. Verrò a pranzo qui tutti i giorni e il mio giorno
libero lo passeremo assieme. La sera potresti continuare a uscire con
noi ogni tanto, prima lo facevi per vedere Michele, adesso lo faresti
per vedere me. Troveremo il tempo, come tutti i fidanzati di questo
mondo che non vivono assieme.-
Cercava
di sdrammatizzare, sminuendo la situazione che in effetti non era
tragica come la stava dipingendo Sebastiano. Essendo abituati a stare
assieme praticamente tutto il giorno, tranne quando Fabio lavorava,
sarebbe stato difficile accettare di vivere separati, adesso.
-Ma Michele…- tentò di protestare Sebastiano, interrotto da Fabio.
-Michele
non avrà nulla da ridire perché è con lui che vivi. Ci comporteremo
come abbiamo voglia di fare davanti a lui, non ci tratterremo più.
Questa è la condizione, dopotutto. E più avanti, quando saremo pronti,
allora penseremo a ribaltare la situazione. Dopotutto anche io ho una
casa e devo preparare i miei prima di andarmene così-
Sebastiano sospirò, non era sicuro che fosse una buona idea e non sapeva davvero che fare.
-Possiamo
almeno chiedere a Gin cosa ne pensa, prima?- chiese, almeno avrebbe
guadagnato tempo per rifletterci su, e in più avrebbe avuto il parere
di Ginevra.
Fabio annuì e poi gli alzò il viso con due dita, per baciarlo.
Si
lasciò appoggiare al muro e rimase docile sotto le mani di Sebastiano,
che lo sfioravano delicate, quasi volessero memorizzare ogni parte di
lui. Nulla rimase inesplorato e quando finalmente risalì al viso ormai
Fabio era ridotto ad ansimare e pregare sommessamente Sebastiano perché
facesse qualcosa, qualsiasi cosa perché ci stava impazzendo dietro
quel tocco leggero.
Quando
finalmente si decise a sfilargli la maglietta per dedicarsi a passare
le labbra e la lingua sui numerosi tatuaggi, Fabio si era arreso
all’idea che per essere soddisfatto avrebbe dovuto aspettare.
Sebastiano pareva avere tutta l’intenzione di prendere le cose con
estrema calma, impegnato nel tentativo, già riuscito in parte, di
ridurlo a un ammasso tremante di gemiti incoerenti.
Leccò
i boxer facendo singhiozzare Fabio, ci si dedicò con tanta attenzione
da ridurre la stoffa a una cosa appiccicaticcia e bagnata; quando si
decise a toglierglieli Fabio si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto.
Sebastiano si rialzò e si premette a lui, insinuando una gamba in mezzo
alle sue, permettendogli di strusciare il bacino sulla sua coscia.
Sapeva che in questo momento aveva bisogno di rendersi conto che lui
era davvero suo, era lì e il fatto di non vivere assieme non avrebbe
cambiato nulla, aveva bisogno disentirlo, per cui Fabio non si oppose
quando gli posò le mani sulle natiche, stringendole e facendogli capire
quello che voleva.
-Sicuro
di reggermi?- chiese Fabio, cercando di infondere alla voce una
sfumatura ironica che non fosse un’ansimare spezzato. Non ci riuscì
molto bene, ma d’altro canto anche Sebastiano gli rispose con lo stesso
sospiro frammentato, quindi andava bene.
-Taci e muoviti- borbottò brusco; evidentemente nemmeno lui ce la faceva più.
Quando
Fabio gli strinse le gambe alla vita e avvolse le braccia attorno al
collo, Sebastiano insinuò un dito bagnato dentro di lui e lo sentì
rifiatare bruscamente, quasi boccheggiando.
Aveva
costretto entrambi a una languida lentezza che li aveva fatti perdere
la ragione, per cui nessuno dei due si sorprese del movimento ora
brusco delle sue dita, che lo allargavano e spingevano, per prepararlo
bene ma in fretta.
Fabio
sbatté la testa al muro dietro di sé quando inarcò il collo
bruscamente, dopo una scossa di piacere particolarmente violenta.
Sentiva le goccioline di sudore scendere e i loro corpi erano bollenti,
ma non importava. Non importava quando poteva avere la lingua di
Sebastiano che leccava via il sudore e lo faceva rabbrividire, non
importava quando il compagno gli afferrava i capelli e lo costringeva a
una bacio veloce ed affamato, così in contrasto con la lentezza di
prima, e così in accordo con l’urgenza affamata di adesso.
Doveva
muoversi, doveva sbrigarsi perché non ce l’avrebbe fatta a resistere,
non ce la stava facendo, era tutto troppo intenso. Era un gioco di
contrasti, come se Sebastiano stesse dipingendo un quadro e stesse
usando esclusivamente il bianco e il nero, in un gioco di chiaro e
scuro nitido e tagliente, che confondeva chi guardava e lo risucchiava
violentemente nella dimensione senza mezzi toni che stava creando
Sebastiano per lui.
Quando
il compagno entrò in lui, lo fece delicatamente, quasi con tenerezza,
immergendosi lentamente nel suo corpo stretto e contemporaneamente
baciandolo con furia, quasi strappandogli il piercing nella foga.
L’avrebbe
fatto impazzire, stava già impazzendo, prima ancora che
Sebastiano cominciasse a muoversi, misurato e attento, colpendo con
precisione il punto che lo faceva impazzire e facendolo gemere e urlare
perché era troppo, l’emozione, il piacere, Sebastiano, era troppo e lui
non avrebbe retto ancora a lungo, sarebbe morto o uscito di testa e
farlo con Sebastiano in mezzo alle sue gambe era il modo migliore di
impazzire, in fondo.
Quando
finì, Sebastiano lo posò a terra delicatamente, stando attento che le
gambe di Fabio non cedessero e reggendolo quando lo vide tremare un po’.
Era stato tutto così intenso e forte da lasciarli storditi entrambi.
Era
un po’ la sintesi del modo di amarlo che aveva Sebastiano, a tratti
delicato e leggero, a tratti invece violento e possessivo, in una
spirale che confondeva i toni e creava sempre nuove variazioni da
togliere il fiato.
Poggiò
la testa sul suo petto, ad ascoltare il ritmo del cuore impazzito che
tentava di riprendere a battere più lentamente, e aspettò di essere
sicuro che le gambe reggessero prima di muoversi.
-Penso che tu sia folle, sai?- sussurrò poi, lasciandosi dirigere verso il divano.
Sebastiano ridacchiò, facendo stendere l’amante e accoccolandosi a lui:
-Perché?- chiese pigramente, strofinando piano il viso contro la sua pelle sudata.
-Perché
tralasciando il fatto che abbiamo tutte le superfici orizzontali di
questo mondo disponibili, nessuno mi aveva mai fatto sentire così…- si
interruppe, non stava nemmeno cercando le parole, voleva proprio
lasciare tutto in sospeso, perché Sebastiano lo sapeva cosa voleva
dire, non aveva certo bisogno di concludere la frase.
-Così scomodo?- ridacchiò il compagno, guadagnandosi una sberla leggera sulla nuca.
-No.
Così come se mi stessi rivoltando dall’interno per contarmi ogni
globulo rosso presente. Non so spiegarti- mormorò Fabio, stringendolo
di più a sé. Era perfetto ed era suo. E anche se sapeva che in realtà
nulla era perfetto e che soprattutto loro due avevano milioni di
difetti, forse erano proprio i difetti ad essere giusti per loro. Forse
se si riusciva ad avere un pensiero di una tale melensaggine voleva
dire che si era proprio cotti.
-Ho
capito- rispose Sebastiano a bassa voce, e a Fabio sembrò che
intendesse rispondere a molto di più che solamente a quello che aveva
detto prima. Stette un attimo in silenzio e poi riprese a parlare, un
sussurro che quasi non si riusciva a percepire:
-Anche io-
Ginevra
li guardava, inespressiva. Fabio la conosceva abbastanza da poter dire
che stava pensando, Sebastiano invece era solo ansioso.
Non
sapeva esattamente perché aveva voluto parlarne con lei, perché aveva
insistito tanto con Fabio. Probabilmente sentiva che ormai anche lei
faceva in qualche modo parte della famiglia, era la ragazza di Michele,
era la ragione per cui Michele non era impazzito in quell’ultimo
periodo. Lei e il sostegno che gli aveva sempre dato, senza riserve,
fino a ospitarlo a casa sua dopo nemmeno un mese che stavano assieme.
Non la conosceva ma aveva imparato a rispettarla.
La
ragazza prese un sorso dall’aperitivo che aveva di fronte, era giornata
di chiusura al bar per cui avrebbero potuto prendersi tutto il tempo
necessario per parlare.
-Penso di aver ripetuto fino alla nausea cosa penso di questa storia- sospirò poi, guardando Fabio.
-Lo sai, l’ho detto a te quando ti ho raccattato per strada e lo ripeto a Michele ogni volta che me lo chiede-
Sebastiano osservò incuriosito Fabio:
-Raccattato? Cosa è successo che non so?-
Fabio arrossì e mormorò un:
-Te ne parlo dopo- per poi riportare l’attenzione alla ragazza che stava ridacchiando.
-Beh
non posso dire di non essere d’accordo con Fabio. Per Michele è dura
affrontare le cose in questo modo. Tuttavia penso che voi lo conosciate
e penso che sappiate che non accetterà mai una soluzione del genere.
Per lui sarebbe come tornare indietro, arrendersi, e non lo
accetterebbe mai. E nemmeno io sono convinta che sarebbe la cosa
migliore-
Fabio
borbottò qualcosa di inintelligibile, calmato dalla mano di Sebastiano
che era corsa in automatico a carezzargli la gamba, leggera.
Ginevra lì fissò e sorrise:
-E penso che anche per voi questa sarebbe una soluzione non proprio ideale-
Sebastiano
sospirò e annuì; nonostante Fabio l’avesse proposta e continuasse a
dire che per lui andava bene, sapeva che era reticente quanto lui in
realtà.
-Perché
invece non pensate di stare da soli per un po’?Mi riferisco soprattutto
a te e Michele- continuò la ragazza, facendo un cenno della testa
all’indirizzo di Sebastiano, per far capire che parlava con lui.
Il ragazzo aggrottò la fronte:
-Stare soli? In che senso?-
Lei
si strinse nelle spalle, notando come Sebastiano avesse stretto la
presa sulla gamba di Fabio. Erano tutti troppo emotivi, rifletté,
Sebastiano per eccellenza, ma anche Fabio e Michele quando si trattava
di Sebastiano lo diventavano, in un modo che esulava dal loro modo
abituale di affrontare i problemi e le situazioni.
Sembrava che non ragionassero quasi.
E questo rafforzava la sua convinzione.
-Nel
senso che Fabio torna dai suoi per un po’ e Michele può stare in un
appartamento vuoto che alla mia famiglia non serve. Stavamo pensando di
affittarlo ma può starci lui. Non sarebbe per sempre, solo per un
periodo.-
Alzò le mani per bloccare eventuali proteste:
-Pensateci.
Tu e Michele avete bisogno di imparare a stare soli con voi stessi,
diventare indipendenti, imparare che si può stare bene anche così. Non
vuol dire che non vi dovete più vedere, anzi. Vuol dire che vi vedrete
con più moderazione non vivendo assieme, potreste tutti e tre vivere
con più tranquillità e voi due non vi dovrete per forza far
condizionare dalla presenza di Michele. Come Michele non si farà
condizionare dalla vostra.-
Si
interruppe per osservare con calma le reazioni alla sua proposta.
Sapeva che era strano da parte sua proporre una cosa del genere, ma era
davvero convinta che fosse la cosa migliore. Michele gli aveva
accennato qualcosa sul loro passato, non molto ma abbastanza e le era
bastato per capire che il vero problema era questo. Non erano capaci di
stare da soli, impazzivano all’idea della solitudine e si aggrappavano
l’uno all’altro per non affrontare i propri fantasmi e le proprie
debolezze, lasciando che lo facesse l’altro al posto loro.
Non funzionava così.
Non poteva funzionare
così, e avrebbero dovuto capirlo. Avrebbero dovuto capire che prima di
poter pensare a risolvere il problema che c’era fra loro, avrebbero
dovuto risolvere quello con loro stessi.
Che
era bello proteggersi in questo modo, ma arrivava un momento in cui
ognuno doveva imparare a diventare abbastanza forte da affrontare i
propri fantasmi da solo. Imparare che proteggere era molto più
difficile di quello che si pensava e lo si poteva fare solo se si era
forti a sufficienza.
Sebastiano
sospirò. Nemmeno quell’idea gli andava particolarmente a genio ma
ammetteva che era un idea migliore di quella di Fabio e che Ginevra
aveva ragione.
Forse
avevano tutti bisogno di pensare, riflettere bene uno lontano
dall’altro, e solo allora avrebbero trovato la tranquillità necessaria
per cominciare a guarire. Per cominciare ad affrontare davvero quello
che aveva cominciato a divorarli quando era morta sua madre e andare
avanti, avanti veramente.
-E sei convinta che questo servirà per far stare bene Michele?-
Chiese a bassa voce Sebastiano, lei annuì:
-Sono
convinta che serva a tutti per stare bene. Sono successe molte cose che
vi hanno scombussolato e hanno messo in discussione il vostro rapporto.
Avete bisogno di reinventarlo ma partendo da voi stessi.-
Sebastiano
sospirò, si voltò a guardare Fabio per vedere cosa pensasse di quella
soluzione e lo vide rilassato, il volto disteso e un leggero sorriso
gli increspava le labbra.
Aveva
coperto la mano che gli aveva posato sulla gamba con la sua, e
stringeva forte. Sapeva cosa voleva dirgli. Sarebbe stato difficile, né
Michele né Sebastiano erano abituati a stare da soli, in un certo senso
avevano entrambi paura della solitudine, ma lui sarebbe stato lì.
Entrambi, sia lui che Ginevra, sarebbero stati lì per aiutarli. E sì, anche lui era d’accordo con questa soluzione.
Fu questo che lo spinse ad annuire:
-Sì,
penso che possa andare bene. Bisogna solo parlarne a Michele allora-
disse Sebastiano, lasciandosi andare contro la sedia.
-Lascia che ci pensi io- rispose Ginevra, finendo il suo aperitivo e sistemandosi una ciocca castana che era finita sugli occhi.
-Hai un metodo infallibile?- insinuò Fabio malizioso.
-Pensi
davvero che te lo verrei a dire, nel caso?- rispose Ginevra, la malizia
non le dava fastidio, rispondeva volentieri a qualche battuta,
soprattutto quando erano fatte per stemprare la tensione, come in quel
caso.
-Te
ne sono grato dal momento che non voglio sapere nulla della vita
sessuale di mio fratello- commentò Sebastiano, guardando malissimo
Fabio.
-Io comunque non avevo specificato nulla. Sei un porco amore-
Commentò quest’ultimo, rispondendo zuccherino all’occhiata minacciosa ricevuta.
-Non ti è dispiaciuto prima, tesoro- sottolineò sarcastico il compagno, facendo sorridere Ginevra.
Intuiva
che questo era il loro modo di affrontare il momento, facendo calare la
tensione e riportando tutto a un piano accettabile, un qualcosa che
avrebbe fatto meno male.
-
Non litigate per chi è più maiale, se vi consola lo potete essere
entrambi- scherzò lei; li osservò ridere e per un momento il pensiero
di tutti e tre fu estremamente simile.
Sarebbe
stato bello se ci fosse stato anche Michele, e se fosse riuscito a
ridere e scherzare con loro su questo argomento senza starci male.
Sarebbe stato il loro obbiettivo.
Quando
Ginevra rientrò, lo trovò seduto sul divano, il telecomando in mano che
girava canale in continuazione, fingendo di voler cercare qualcosa in
televisione.
-Ciao- salutò lei, posandogli una bacio sulle labbra e lasciandosi abbracciare.
-Ciao- ricambiò lui con voce roca. Si era consumato la testa a furia di pensare, questo era fuori dubbio.
E prima di potergli dire qualunque cosa, doveva rilassarlo.
Sorrise pensando che Fabio non era andato troppo lontano dalla verità.
-Cosa
volevano?- chiese Michele, il tono di voce cercava di essere
noncurante, ma sapeva che si stava nascondendo, e anche male.
-Dopo- sussurrò lei, scivolando con le mani sotto la maglietta e sistemandosi a cavalcioni su di lui.
-Gin…-
mormorò lui, un lamento basso e roco che testimoniava quanto in realtà
la voleva, ma quanto fosse anche divorato dalla curiosità.
Ginevra
era stata chiamata nel pomeriggio da Fabio, chiedendole se usciva per
un aperitivo. Non l’avevano ingannato nemmeno mezzo secondo, volevano
parlarle di qualcosa, e lui ne aveva in un certo senso paura.
L’aveva già detto che quei due assieme avevano delle idee deleterie?
Sentì
una fitta di nostalgia al loro pensiero. Avrebbe voluto essere lì,
avrebbe voluto riuscire a stare loro accanto senza sentirsi sempre
fuori posto o sbagliato, avrebbe voluto essere migliore e affrontare
tutto diversamente.
Ginevra
era fantastica ma non ce la stava facendo, lontano da loro riusciva a
dare una dimensione più sopportabile a tutto, ma quando li vedeva tutto
il suo carico di insicurezze e possessività tornava fuori e avrebbe
voluto urlare di staccarsi, non stare così vicini, non guardarsi in
quel modo, non parlarsi con tutta quella confidenza.
Si tratteneva ma non era abbastanza.
Lo
voleva per sé, voleva suo fratello per sé e il pensiero che quando lui
non c’era loro due fossero così vicini, così intimi, il pensiero di non
essere lui la persona fondamentale per suo fratello, lo stava
uccidendo.
Adesso
capiva di essere stato ottimista pensando che sarebbe bastato
allontanarsi un po’ per stare meglio, adesso capiva che in realtà non
sarebbe mai bastato nemmeno mettere un oceano fra loro, perché il
problema era lui, e se lo sarebbe sempre portato dietro.
-La
smetti di pensarci?- sussurrò Ginevra, muovendo un po’ il bacino e
provocandogli una scossa intensa nel punto in cui si era premuta.
Un
gemito gli sfuggì dalle labbra, mentre lei sorrideva soddisfatta e si
abbassava per baciargli il collo, mordicchiandogli la pelle delicata
sotto l’orecchio, scivolando sempre più giù, fino a che non si ritrovò
in ginocchio davanti a lui e gli sbottò i pantaloni.
Michele
si morse le labbra, infilandole la mano fra i capelli e guardando da
sotto le ciglia socchiuse la sua testa andare su e giù, la mano
sfilarsi velocemente gli slip per alleviare un po’ il bisogno che
sicuramente sentiva anche lei.
Era
Ginevra ed era fantastica, gli era stata vicina in modi che non credeva
davvero possibili, specialmente se considerava che erano amici da
molto, ma stavano assieme davvero da poco tempo.
Forse se si fosse affidato a lei sarebbe andato tutto bene.
Qualunque
cosa gli dovesse dire, per qualunque notizia lo stesse preparando in
quel modo. E Michele era pronto a giurare di poter ricevere la notizia
peggiore del mondo, in qualunque momento, se Ginevra l’avesse preparato
sempre così.
Quando
sentì un gemito sottile sfuggire anche dalle sue labbra, la sollevò
delicatamente e la guidò nuovamente a cavalcioni su di sé, sollevandole
frenetico il vestito e infilando le mani sotto la gonna, a toccare a
piene mani i polpacci sottili e le cosce morbide. Lo faceva sempre
impazzire, soprattutto quando gemeva in questo modo incontrollato e gli
guidava la testa sul seno, sfilandosi veloce il vestito e il reggiseno
per poterlo sentire meglio, per poter premere la mano sulla sua nuca e
guidarlo sul suo petto. Mentre Michele mordicchiava e succhiava,
guidato nella direzione giusta dai gemiti sempre più alti della
ragazza, lei si sollevò quel tanto che bastava per calarsi su di lui,
con un singhiozzo soddisfatto.
Tutto
sembrava perdere importanza adesso, mentre si muoveva veloce in lei, le
mani posate sui fianchi a darle il ritmo e la bocca che non riusciva a
smettere di leccare e baciare.
L’avrebbe fatto impazzire se continuava a muoversi in quel modo, ma Ginevra sembrava voler ottenere proprio quello scopo.
La strinse, aumentando il ritmo e facendo scivolare le mani sulle sue natiche, premendola maggiormente a sé.
Se
solo avesse potuto continuare a muoversi così dentro di lei per sempre
era sicuro che sarebbe riuscito ad affrontare tutto.
Quando
Ginevra tremò e lanciò un gemito molto più forte, stringendosi a lui,
neanche lui non riuscì più a trattenersi e venne subito dopo, lasciando
che Ginevra si appoggiasse a lui e riprendesse il respiro, ancora
ansimante.
Passò
qualche minuto che lasciarono scorrere in silenzio, ancora stretti in
quel modo un po’ scomposto ma bellissimo, poi Michele parlò:
-Allora, adesso che mi hai distratto a dovere puoi dirmelo?-
Lei sorrise, stanca e soddisfatta, e si alzò da lui porgendogli poi la mano:
-Direi di sì. Sotto la doccia però-
E
lui afferrò la mano, lasciandosi tirare su e seguendola, non potendo
fare a meno di pensare che avrebbe davvero potuto seguirla anche
all’inferno se solo lei avesse continuato a sorridergli in quel
modo.
E
gli sembrò di capire Sebastiano e perché avesse fatto di tutto per
avere Fabio e non perderlo. Se anche lui provava questo, se era questa
sensazione calda e forte che allargava il petto a forza, allora era da
folli pensare di rinunciarci.
Quando
Sebastiano entrò in bar, Michele aveva appena finito di sistemare tutte
le tazzine del caffè uscite dalla lavastoviglie. Avevano appena finito
di servire le colazioni e il bar si era svuotato da poco.
-Ciao
Splendore! La Principessa qui sì stava giusto lamentando che lavora
troppo. Dovresti portarlo a fare un giro alle giostre sai, per
distrarlo- scherzò Fabio, alzando una mano per salutare Sebastiano.
-La principessa sarebbe Michele?- chiese ridendo Sebastiano, sedendosi al bancone e guardando divertito Michele che protestava:
-Io
NON sono una principessa, e comunque non mi interessano le giostre,
grazie! Non ho mica due anni- borbottò, imbronciando le labbra in modo
delizioso.
-Quando
hai quell’espressione è difficile non pensarlo sai- rincarò la dose
Sebastiano, allungandosi poi a scompigliargli i capelli.
Michele
assottigliò gli occhi, mandandolo cordialmente a ‘fanculo solo con la
forza del suo sguardo assassino, poi si voltò per preparargli un caffè.
Fabio rise poggiando un gomito sul bancone e sostenendosi il viso con la mano:
-Come mai hai abbandonato il tuo Oscuro Antro?- chiese, irriverente come al solito.
Sebastiano scrollò le spalle:
-Ho portato la macchina dal meccanico, tremava un po‘-
L’amico
ebbe la tentazione di chiedere qualcosa di più, ma poi ricordò che a
Sebastiano non interessavano per niente i motori o le macchine, quindi
lasciò perdere. Si irritò un po’ con se stesso quando si rese conto che
l’aveva fatto per non annoiarlo, mettendo da parte una sua curiosità
per fargli piacere. Doveva decisamente piantarla.
Si stupì quando Sebastiano invece approfondì l’argomento:
-Lo
fa solo quando arrivo ai centro trenta, comincia a vibrare tutta… solo
che io non arrivo praticamente mai a quella velocità, quindi chissà da
quanto tempo fa così-
Sorrise,
era davvero attento Sebastiano e ormai aveva imparato a conoscerlo
bene. Aveva capito che voleva saperne qualcosa di più e gliel’aveva
detto anche se lui non aveva chiesto nulla.
-Sai vero che in questo momento potrei fare milioni di battute sconce?-
Ribattè, ghignando.
-Sì,
ma poi Michele ti butterebbe fuori dal bar, quindi mi sa che è meglio
se ti trattieni- rispose Sebastiano senza scomporsi.
Adorava anche questo di lui, riusciva a tenergli testa senza problemi, non perdendo mai un colpo.
-Ecco
bravo. Tieni chiusa quella tua boccuccia larga, se entra un cliente
mentre tu dici cose sconce poi che pensa?- intervenne Michele, posando
la tazza del caffè davanti a Sebastiano.
-Pensa
che io sono uno che si sa divertite!- rispose immediatamente Fabio,
agganciando il collo del ragazzo e scompigliandogli i capelli. Michele
protestò rumorosamente, cercando invano di liberarsi:
-Ma che avete tutti con i miei capelli oggi!- borbottò, guardando male Fabio e Sebastiano.
-È divertente!- esclamarono assieme i due ragazzi, facendo alzare gli occhi al cielo a Michele.
-Ma quindi sei senza macchina?- domandò Fabio, quando ebbe finito di ridere dell’espressione offesa che aveva Michele.
-Sì…
tornerò in autobus- rispose Sebastiano, bevendo il caffè lentamente.
Gli piaceva sorbirselo così, senza fretta, era un piacere che aveva in
comune con Michele e adorava farsi scivolare sulla lingua il suo sapore
amaro e bollente. Guardò Fabio. La sua mente non ebbe bisogno di altri
input per chiedersi quale sarebbe stato il suo, di sapore.
Si morse le labbra e si affrettò ad aggiungere qualcosa, per distogliere la sua stupida immaginazione da strane voglie.
-Quello
che mi secca è che dovrò farlo anche domani mattina, devo passare in
sede a consegnare le bozze dell’ultimo numero e d’estate ci sono molti
meno bus la mattina-
Michele annuì pensieroso, per poi voltarsi verso Fabio:
-Domani dobbiamo arrivare prima vero? I tuoi devono andare dal commercialista…- aspettò che Fabio annuisse e continuò:
-Possiamo
dargli un passaggio… tanto tu passi comunque a prendermi ogni mattina e
Sese lavora proprio qui vicino- propose, tutto contento.
Non vide l’espressione identica che per un attimo solcò il viso dei due ragazzi.
Cercavano
di vedersi il meno possibile, inconsapevoli di quello che provava
l’altro ma consapevoli che non sarebbero riusciti a trattenersi a lungo
avendo davanti la tentazione che rappresentava l’altro troppo
spesso.
-Certo- si affrettò ad annuire Fabio - Se si adatta a salire nel mio cesso di macchina-
Sebastiano ingoiò un grumo di saliva che era rimasta incastrata in gola e si forzò a parlare:
-Se sopravvive Michele penso a maggior ragione di poterlo fare io-
Per
il resto della mattina chiacchierarono assieme di cose senza senso,
Sebastiano li aiutò a servire ai tavoli quando la gente divenne troppa,
poco prima di pranzo; divertendosi a spaventare i clienti assieme a
Fabio e guadagnandosi le urla di Michele. Fu divertente, così
divertente da far star bene tutti e tre, e farli riflettere sul fatto
che assieme stavano bene, erano fottutamente perfetti.