CAPITOLO SESTO
Se è tardi a trovarmi insisti
se non ci sono in un posto cerca in un altro,
perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.
(Walt Whitman)
Fabio guardava attentamente Michele, seduto sul divano accanto a lui.
Gli occhi erano addolciti da una tenerezza che raramente aveva visto in lui, se non rapportata a Sebastiano.
-E quindi, con Gin?- chiese di nuovo Fabio, riponendo la domanda che aveva scatenato quell’effetto sull’amico.
-Eh…- cominciò, interrompendosi per sfoggiare un altro sguardo sognante.
Fabio alzò gli occhi al cielo, ridendo:
-Dio,
Michi, sei imbarazzante! Non ti ho mai visto ridotto in questo stato-
commentò, allungandosi verso di lui e scompigliandogli i capelli. Era
bello stare così con Michele, seduti vicini a parlare di loro,
com’erano abituati a fare al bar mentre non c’erano clienti. Ora che
era solo Michele a portare avanti il locale avevano molte meno
possibilità di stare assieme. Si rabbuiò un attimo, riflettendo sul
fatto che se ora potevano stare così, a parlare da soli con una birra
in mano e i piedi appoggiati al tavolino davanti a loro, era solo
perché Sebastiano si era chiuso in camera sua. Non aveva nemmeno
cenato, era tornato a casa dalla profumeria e si era barricato nel
seminterrato, senza dirgli una parola. Non l’aveva seguito solo perché,
a fatica, aveva capito che aveva bisogno di stare da solo e pensare. Si
era trattenuto dallo sbatterlo al muro e urlargli contro di tutto
perché innanzitutto non ci sarebbe mai riuscito col dolore costante che
provava al torace, e poi perché riconosceva all’amico il diritto di
essere un po’ sconvolto dopo una cosa del genere.
Fabio nemmeno pensava gli piacessero i ragazzi, a Sebastiano!
In ogni caso non era disposto a concedergli troppo tempo per distruggersi nel suo Antro Oscuro.
Era magnanimo ma fino a un certo punto.
-Forse perché non mi sono mai ridotto così per nessuno- mormorò Michele, guardando fisso un punto davanti a sé e sorridendo.
Fabio
sorrise di rimando, era bello vedere l’amico così felice per se stesso,
per una volta, e non sempre in relazione al fratello. Una sensazione
fastidiosa si fece strada in lui, pungolandolo: ora era felice, se
avesse saputo cos’era successo fra lui e Sebastiano lo sarebbe stato
ancora? E se la cosa avesse avuto seguito, come avrebbero fatto a
nasconderla? Erano così legati, quei due, che Fabio aveva davvero paura
della reazione di Michele; si sentiva come se avesse insidiato la
sorellina piccola del suo migliore amico, mentre Sebastiano non era
certo una donna e, soprattutto, era più grande di Michele.
Era una situazione davvero assurda.
-Quindi avete già scopato?- chiese Fabio, con assoluta nonchalance.
Michele tossì, cercando di non soffocare con la birra che stava bevendo.
-Fabio!- esclamò, arrossendo. L’amico ghignò, era sempre spassoso imbarazzare Michele, era davvero fin troppo facile.
-
Che c’è? Sono pulsioni del tutto normali, non dovresti vergognartene,
anzi, se vuoi dei consigli su cosa secondo me potrebbe piacerle sono
sempre disponibile a…- Michele gli lanciò un’occhiata torva, dandogli
un leggero pugno sulla gamba per frenare il fiume di parole che sapeva
sarebbe arrivato. Non aveva davvero interesse a sentire Fabio
sproloquiare suoi gusti sessuali di Ginevra.
-Vorrei proprio sapere che consigli potresti mai darmi proprio tu- asserì, guardandolo ironico.
Fabio gli tornò lo sguardo, stupito:
-Perché, che ho che non va?- chiese, con il miglior tono innocente che riusciva a sfoggiare risultando credibile.
-Sei gay!- rispose Michele, ridendo.
-Ciò non toglie che io possa immaginare benissimo…- fu interrotto nuovamente da un pugno di Michele, molto più forte stavolta.
-Non voglio assolutamente che tu immagini nulla sulla mia ragazza!- sbottò, guardandolo torvo.
Non
diede il tempo a Fabio di replicare, sapeva che ne sarebbe nato un
dialogo totalmente demenziale e non era interessato a sentire
chiacchiere senza senso sui gusti sessuali della sua ragazza.
-Sese è uscito dalla camera oggi?- chiese veloce, per anticipare Fabio.
Se
Michele avesse saputo tutto su quel pomeriggio, cioè, se per un caso
assurdo lui avesse avuto una connessione empatica con Sebastiano che
gli avesse permesso di sapere tutto quello che era successo, avrebbe
sicuramente fatto i complimenti a Fabio per l’incredibile faccia tosta
che dimostrò in quell’occasione.
Prese un sorso di birra, totalmente a suo agio, e sospirò affranto:
-Macché.
Ho dovuto trascinarlo fuori io dalla sua grotta piena di pipistrelli e
ragnatele, giusto perché stavo morendo di caldo e volevo rinfrescarmi.
È ridicolo quanto tempo possa passare quel ragazzo senza mettere il
naso fuori da quello studio del cazzo. Almeno non è nero come il
seminterrato vah.-
Michele ridacchiò, del tutto ignaro, in realtà, di quello che era successo.
-Sì,
riconosco lo stile. Quando è davvero preso dal lavoro può dimenticarsi
persino di mangiare, disegna fino a rovinarsi le mani.
Dovresti
vederlo, sembra un invasato- commentò Michele, e a Fabio gli si strinse
un po’ il cuore nel vedere quanta tenerezza ci aveva messo nel parlare
del fratello.
-Eh, un po’ come stasera- rispose Fabio distrattamente.
Si strinse mentalmente la mano.
Era davvero un bastardo dalla faccia tosta incredibile.
-Non ha mangiato?- chiese Michele, rabbuiandosi.
Fabio
scosse la testa. Oh, Sebastiano l’avrebbe odiato per quello, ma già gli
aveva concesso una serata intera per riflettere, cosa per lui
impensabile, doveva pur divertirsi in qualche modo.
-È un idiota, l’ho sempre detto io- borbottò l’amico, alzandosi e dirigendosi in cucina. Fabio lo seguì a fatica.
-Che fai?- chiese, pur sapendolo benissimo.
-Gli preparo un panino, quell’idiota quando lavora perde la cognizione del tempo. Dov’è, nello studio o nel seminterrato?-
Rispose Michele, cominciando a prendere il necessario.
-Seminterrato-
rispose Fabio, trattenendo una risata malefica. Sapeva che l’ultima
persona che avrebbe voluto vedere Sebastiano in quel momento era
proprio Michele. O forse la penultima, si corresse, l’ultima doveva
essere sicuramente lui.
Afferrò il cellulare e scrisse pigramente un SMS:
“Ti conviene coprirti il succhiotto in fretta: fratello in arrivo”
La risposta arrivò immediata:
“Ti ammazzerò prima o poi. Sai che lo farò”
Fabio non voleva seriamente irritare Sebastiano.
Era solamente un effetto collaterale che non disdegnava.
Quello
che voleva davvero ottenere era scuoterlo, impedire che si chiudesse in
se stesso e obbligarlo ad affrontare la situazione. Lui sapeva già cosa
voleva, come sapeva che avrebbe fatto di tutto per ottenerlo, ora che
sapeva che qualche possibilità c’era. E a giudicare dalla reazione di
Sebastiano si trattava più di qualche possibilità remota. Non si
sarebbe chiuso così tanto in se stesso altrimenti. Anzi: non lo avrebbe
proprio toccato se si fosse trattato solo di uno sfogo fisico. Se era
arrivato a saltargli addosso in quel modo voleva dire che era arrivato
al limite, che non era più in grado di soffocare i suoi impulsi e che
quindi questi dovevano essere molto più che forti. Sapeva quanto
ardentemente Sebastiano desiderasse non creare problemi a Michele, e
quello era molto più che un problema. Fabio era ben consapevole di
tutto questo, tuttavia non riusciva davvero a importargli. Era
innamorato perso di Sebastiano da un tempo immemore, praticamente dalla
prima volta che l’aveva visto, e aveva fatto davvero tutto il possibile
per ingoiare quello che provava e ignorarlo. Con i risultati che ormai
erano noti. La prima occasione che si era presentata era stata fatale,
per loro. C’era stata una tale tensione erotica nell’aria, che era
stato davvero impossibile ignorarla.
Era
stato mentre guardava Sebastiano rivestirsi, appena uscito dalla vasca
e con ancora il suo sapore in bocca, che aveva deciso.
Si
era trattenuto perché era sicuro che Sebastiano fosse etero e che
avrebbe portato troppo scompiglio nella vita dei due fratelli. Ora che
una delle due condizioni era venuta a mancare era disposto a rischiare
il tutto per tutto.
Era
disposto a lottare contro tutti, perfino contro Michele o Sebastiano
stesso, perché dopo averlo assaggiato, dopo aver intuito quello che
poteva essere, non avrebbe più potuto dimenticarlo. Non era disposto a
vivere per tutta la vita inseguendo un sapore che sapeva avrebbe potuto
portarlo in paradiso, col rimpianto di non avere fatto abbastanza per
viverlo.
Michele,
nel frattempo, aveva preparato il panino più grande che avesse mai
visto, aveva riempito un bicchiere colmo di latte alla fragola e ora si
stava accingendo a mettere tutto nel vassoio.
Storse
le labbra alla vista del latte. Solo a Sebastiano poteva piacere una
cosa del genere. Da quando aveva smesso di bere ingeriva le bevande più
strane e orripilanti, purché fossero analcoliche. Fabio sapeva che
aveva avuto davvero grossi problemi in passato, aveva conosciuto
Michele proprio in quel periodo. Un ragazzino silenzioso ed efficiente
che i suoi genitori avevano adorato fin dal primo momento che aveva
posto piede nel loro bar. Lui invece adorava stuzzicarlo per vedere fin
dove poteva spingersi, e se ci fosse qualcosa in grado di
scalfirlo.
Quando
si era presentato in bar con un livido sulla guancia, aveva avuto la
sua risposta. Quella volta Fabio l’aveva guardato, allibito; non era
mai capitato che Michele si presentasse al lavoro meno che perfetto.
Mai nemmeno un capello fuori posto.
I
suoi genitori si erano subito precipitati da lui, preoccupati,
chiedendo cosa fosse successo. Michele nemmeno riusciva a guardarli
negli occhi che teneva bassi, mentre si mordeva le labbra.
-Niente-
rispose, in chiaro disagio. I suoi genitori non insistettero,
erano persone che sapevano quando insistere e quando lasciar perdere.
Lui invece non l’aveva mai imparato. In più aveva scoperto di provare
un fastidio non indifferente per chiunque avesse toccato quel ragazzino
introverso, sempre disponibile e gentile.
-Chi è stato?- si sorprese a chiedere, con una durezza che stupì lui per primo.
Non
saprebbe dire cosa vide Michele in lui, quella volta, cosa lo spinse ad
alzare gli occhi, fissarlo e poi rispondere dopo un lungo attimo.
Ma quando lo fece fu chiaro che aveva deciso che di Fabio poteva fidarsi.
-Mio fratello- sussurrò, per poi affrettarsi ad aggiungere:
-Ma non era in sé, era ubriaco, non lo avrebbe mai fatto altrimenti-
Fabio
sgranò gli occhi, quella era una cosa che lui decisamente non era in
grado di fronteggiare, e, a giudicare dal livido sulla guancia, nemmeno
Michele se la cavava tanto bene.
-Succede spesso che lui sia ubriaco?- chiese, serio.
Michele si morse il labbro e non disse nulla, ma in quel silenzio Fabio ebbe la sua risposta.
Solo
molti mesi dopo, mentre stavano pulendo la macchina del caffè prima
della chiusura, Michele si fermò, appoggiandosi un attimo al bancone e
domandando:
-Ti
va di venire a cena da me domani?Così conosci Sebastiano- con una voce
incerta. Fabio lo guardò, stupito. Suo fratello era sempre stato un
argomento tabù, e da come Michele arrivava al lavoro, dalla faccia cupa
e tesa che aveva alcuni giorni, o sull’orlo del pianto altri, intuiva
che doveva esserci una situazione molto difficile a casa sua.
Michele dovette scambiare quel silenzio per un esitazione, perché si affrettò ad aggiungere:
-Sta
bene adesso. Non beve più nulla, non mangia nemmeno i cioccolatini al
liquore, ha ripreso a lavorare, disegna fumetti lui, e ora mi ha
chiesto di te, ed è il primo segno di interesse verso l’esterno che ha
avuto, sai, per cui mi piacerebbe davvero farti conoscere a lui. Ti
prego- Fabio lo guardò, a bocca aperta. Era il discorso più lungo e
appassionato che avesse mai fatto Michele, di solito lui parlava e
l’amico ascoltava, era davvero raro che accadesse l’opposto.
Fu
lì che intuì quanto dovesse tenerci al fratello, quanto il loro
rapporto fosse essenziale per lui e quanto ci tenesse che Sebastiano
fosse a conoscenza della sua vita, quanto volesse farlo partecipe.
Fu
lì che capì quanto davvero Michele fosse affezionato anche a lui, e non
poté fare a meno di sentirsi onorato e un po’ commosso dalla fiducia
che gli stava accordando.
-Certo che ci sarò- rispose, sorridendo.
Da quella volta non si erano mai separati.
Ricordando tutto questo non riuscì a non capire Sebastiano, e come volesse fare di tutto per non deludere Michele.
Lasciò che Michele lo precedesse in camera, limitandosi a rimanere sulla soglia a guardare.
L’amico
spalancò la porta, senza nemmeno curarsi di bussare, trovò suo fratello
in piedi davanti al cavalletto. Non stava lavorando a uno dei suoi
fumetti, stava dipingendo. Cercò di allungare il collo per vedere cosa
avesse dipinto ma Sebastiano coprì immediatamente il quadro con un
lenzuolo e si voltò verso Michele.
-Michi, stavo dipingendo. Lo sai che non sopporto quando mi interrompono- esclamò, dando un occhiata veloce al vassoio col cibo.
-E
non ho nemmeno fame- aggiunse, in un tono che fece sorridere Fabio.
Sembrava un bambino piccolo che invece fame l’aveva eccome, ma si
ostinava a dire il contrario per non darla vinta alla madre.
Michele infatti alzò un sopracciglio e posò il vassoio in un angolo abbastanza libero della scrivania.
-Ma
certo come no. E quella bava che scende dalla bocca è solo un effetto
collaterale dei colori ad olio che stai usando, vero?- ribatté,
posandosi le mani sui fianchi e guardandolo severo.
Fabio
incrociò le braccia sul petto e si appoggiò allo stipite della porta.
Era sempre interessante vedere interagire i due fratelli, alle volte si
incantava osservando la naturalezza con cui Michele cercava il contatto
con Sebastino, o la dolcezza che aveva Sebastiano mentre lo stringeva.
-Dio
che schifo Michi, sembra che io sia un cane rabbioso! Non ho nessuna
bava!- esclamò stizzito il fratello, però si sedette sul letto
sospirando e si arrese prendendo in mano il panino. Michele si sedette
accanto a lui finalmente contento.
-Vedi? È più facile se tu fai immediatamente come dico io, senza discutere- disse Michele, sorridendo furbo.
-Sei davvero un rompicoglioni, lo sai vero?- asserì Sebastiano quando ebbe finito di mangiare il panino.
Michele
rise, accoccolandosi contro di lui e facendo un versetto soddisfatto
quando le braccia di Sebastiano si racchiusero attorno a lui,
stringendolo.
-Allora,
come va con Gin?- chiese Sebastiano, passandogli distrattamente una
mano lungo la schiena, in una carezza così abituale da essere ormai
quasi automatica.
Michele
alzò la testa verso di lui, un espressione luminosa in viso, strusciò
il viso contro il suo collo cercando di nascondere un sorriso
davvero troppo imbarazzante.
-Bene-
rispose - Stiamo assieme ed è… beh non l’avrei mai immaginato, che
potesse essere così con lei. Voglio dire, con Alice era diverso, era
tutto più complicato, mentre con Gin sembra davvero che possiamo essere
liberi di fare quello che più ci piace, senza farci paranoie su come la
prenderà l’altro… non so se mi sono spigato- continuò poi. A Fabio si
strinse un po’ il cuore perché erano la cosa più
fottutamente tenera che avesse mai visto.
Michele
sembrava un cucciolo in cerca calore e Sebastiano lo stringeva con un
tale ed evidente affetto da non dare adito a dubbi sul fatto che
avrebbe fatto di tutto per non turbare il fratello.
-Ho capito quello che intendi- sussurrò Sebastiano, appoggiandosi al
muro e lasciando che il fratello si sistemasse comodamente contro il suo torace.
-Ma
con Alice eravate ancora ragazzini, è normale che sia stato diverso.
Gin è una donna invece, è tutta un’altra cosa- ribatté, per poi
corrucciarsi e scuoterlo appena, per spingerlo a guardarlo.
-Ma
Enrico? Come ha preso tutta questa storia? Per non parlare della
denuncia…- chiese. In effetti era una cosa a cui nessuno aveva pensato,
Michele era troppo preso da Ginevra, Fabio da Sebastiano.
-Mah,
ancora non si è fatto vivo… penso che ora che tutti sono venuti a
conoscenza della cosa per via dei giornali si sia reso conto appieno di
quello che ha fatto. In fondo è un codardo, non ha nemmeno avuto il
coraggio di affrontare Fabio da solo. Non è il tipo che se ne frega
dell’opinione degli altri- rispose pensoso il fratello, lanciando un
occhiata a Fabio che li stava ancora guardando dalla porta.
-Puoi
venire qui con noi sai- lo chiamo Michele, facendogli un breve cenno
con la testa. Fabio non lo voleva davvero, insomma era un momento
privato e lui non avrebbe nemmeno dovuto essere lì, figurarsi sedersi
accanto a loro. Era una di quelle cose fra fratelli, ecco.
Michele
si corrucciò, allungando una mano e Sebastiano lo guardò, privo di
espressioni. Fabio si strinse nelle spalle e li raggiunse.
Sapeva
cosa stava pensando Sebastiano:se Michele voleva che Fabio stesse con
loro, Fabio doveva semplicemente farlo. Il modo in cui cercava di non
deludere mai il fratello, accontentandolo in tutto, era davvero morboso
a volte.
Si sedette sul letto, accanto a Sebastiano perché accanto a Michele non c’era posto, e si appoggiò al muro.
-E
ora che siamo tutti assieme in un grande abbraccio collettivo, che
dobbiamo fare?- chiese sarcastico -Continuare l’analisi psicologica di
Enrico?- aggiunse.
Sebastiano
scrollò le spalle, stringendo ancora di più il fratello e lasciando
andare un sospiro che solo Fabio, stavolta, poteva capire appieno.
-Non
mi interessa di Enrico. Finché lascia in pace me e Gin e paga per
quello che ha fatto a Fabio per me può pure crepare- chiarì
Michele,
-Concordo.
Crepare il più dolorosamente possibile, e poi tornare in vita per
crepare di nuovo, e così via fino alla fine dei tempi- aggiunse Fabio,
incupendosi. Sentir parlare di Enrico lo metteva sempre di cattivo
umore, ancora gli bruciava l’accaduto. Finché avrebbe continuato a
sentire male persino respirando, avrebbe continuato a bruciargli,
supponeva. In ogni caso aveva Michele che lo guardava ridendo e
suggeriva nuovi modi per uccidere il bastardo, e Sebastiano che aveva
appoggiato una mano accanto alla sua, sfiorandola.
Era
il suo modo per stargli vicino, per dirgli che era incazzato tanto
quanto lui e quello che era successo fra loro non cambiava questo
fatto.
Per ora poteva bastargli.
Non
aveva mai sopportato Laura. Era più forte di lui, aveva a che fare con
il senso di esclusione che provava ogni volta che suo fratello stava
con qualcuno che non era lui o i suoi amici. Era irrazionale forse, ma
sapeva di essere più importante dei suoi amici, sapeva di essere la
priorità, e quindi andava bene che uscisse con loro, anzi ne era
contento. Con Laura era diverso. Laura la vedeva sempre, stava sempre
assieme a lei e il tempo che passavano assieme era diminuito
drasticamente. Il problema era che non era più convinto di essere una
priorità, quindi di conseguenza odiava Laura e il tempo che trascorreva
con suo fratello.
Ma
finché lo rendeva felice poteva soprassedere. Insomma, aveva quello
sguardo luminoso, quel sorriso accecante, e stavano assieme di meno,
era vero, ma quando stavano assieme Sebastiano era euforico e felice.
Ecco, finché Laura gli faceva quell’effetto, solo standogli vicina,
poteva soprassedere. Sempre meglio lei che quel ragazzo di cui si era
innamorato all’università e che gli aveva fatto solo un gran male.
Lui
era arrivato a seguirlo di notte per assicurarsi che non tradisse suo
fratello o non rubasse auto, si drogasse o qualcosa del genere.
Un
po’ da pazzi ossessivi, ok, però era fatto così, quando c’era di mezzo
Sebastiano non ragionava. Era stato un po’ uno shock perché non si
aspettava che Sebastiano fosse bisessuale.
Da tuo fratello non ti aspetti mai che lo sia.
Però
gli era stato vicino, lo aveva consolato quando era stato male perché
il coglione lo trattava di merda, ed era andato a insultare il tipo per
poi congratularsi con lui quando aveva lasciato Sebastiano.
Adesso
però era diverso, adesso Laura non faceva davvero la stronza;
semplicemente non sapeva più dove sbattere la testa e lui, in fondo, la
capiva benissimo. Sentiva che la ragazza era al limite e anche lui lo
era, ma lui non poteva limitarsi a dar buca a Sebastiano dicendo che
non stava bene, lui ci viveva cazzo. Lei sapeva che comunque il suo
ragazzo era in buone mani, era con Michele; Michele se avesse mollato
la presa non aveva la certezza che Laura avrebbe retto.
Era una cosa maledettamente impari.
Per questo la odiava comunque.
Ma
quando quella notte aprì la porta e la vide sull’uscio, sotto la
pioggia scrosciante e con Sebastiano ubriaco perso che si reggeva a lei
per stare in piedi, per un attimo le fece pena. Aveva uno sguardo perso
e disperato, non sapeva come fare, dove sbattere la testa, come aiutare
Sebastiano. Lo seguiva quasi ogni sera nel suo giro dei locali, cercava
di tenerlo lontano dall’alcool, aiutato in parte dai loro amici, ma
ogni sera la scena era la stessa. Si erano divisi i compiti senza
nemmeno parlarsi, lei e Michele. Laura lo seguiva per i bar, facendo il
possibile perché non bevesse e riportandolo a casa quando non era in
grado di guidare, Michele si prendeva cura di lui per il resto della
notte.
Sospirò
quando la ragazza tese le mani senza dire nulla. Sebastiano crollò
avanti, subito sorretto da Michele, e poi si mise a biascicare parole
senza senso al suo orecchio.
Era proprio ubriaco perso.
Come tutte le altre dannate sere.
-Ha già vomitato?- chiese atono.
La ragazza scosse la testa, stringendosi nelle spalle per scaldarsi, era bagnata fradicia.
-Vuoi
entrare? Ti asciughi un attimo…- propose Michele; era strano essere
invitati da Michele e non da Sebastiano. Non era stupida, sapeva di non
stare a genio al fratello del suo ragazzo. Se l’aveva fatto voleva dire
che aveva capito anche lui quanto lei fosse al limite.
-No grazie. Non penso di farcela, io…- gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre scuoteva la testa.
-Non
puoi lasciarlo adesso Laura. Ti prego- mormorò Michele, con uno sguardo
disperato in faccia. Se anche lei lo lasciava Sebastiano sarebbe
impazzito definitivamente, lo sapeva.
-Mi
dispiace Michi. Non ce la faccio. Mi dispiace- disse lei, la voce
spezzata e roca. Se non avesse avuto ben impresso nella mente
l’immagine del fratello che si rannicchiava contro di lui durante la
notte, per scacciare gli incubi, la tristezza e la disperazione,
sicuramente sarebbe stato dispiaciuto per lei.
Ma queste immagini erano impresse troppo a fondo dentro di lui, scavavano fino all’anima e non riusciva a dimenticarsene.
Non riusciva a dimenticare quanta paura aveva ogni volta.
Paura di non rivederlo più.
-Michi,
sta corteggiando la morte, penso che tu lo sappia. L’unica cosa che
vuole è seguire sua madre e non se ne rende conto. Io non so cosa fare,
continua a bere e non si riprende. Non so cosa fare. Diglielo tu, io
non ho intenzione di vederlo più. Non riuscirei a dirglielo quando è
sobrio, non riuscirei a guardarlo in faccia- sussurrò lei.
Michele
chiuse gli occhi, stringendo forte il fratello che si era accoccolato
contro la sua spalla e probabilmente dormiva.
Laura se n’era tirata fuori, aveva mollato.
E lui come sarebbe riuscito ad andare avanti adesso?
La
mattina dopo Fabio decise che il momento di riflessione che aveva
concesso a Sebastiano potesse bastare. Insomma, alla fine ieri sera
l’avevano lasciato dipingere in pace, Michele e Fabio si erano spostati
nel salotto e avevano continuato a parlare di Enrico, delle
conseguenze, di come avevano preso i genitori di Fabio l’accaduto e di
come avessero insistito che tornasse a casa.
Ma Fabio ancora non era tranquillo.
Enrico
era stupido e pericoloso, per ora era ancora anestetizzato dalla
denuncia e dalle conseguenze che avrebbe portato, ma prima o poi aveva
paura che sarebbe tornato all’attacco, ancora più incattivito di prima,
e non voleva rischiare che i suoi genitori ci andassero di mezzo. E poi
era molto meno imbarazzante farsi aiutare da Michele a lavarsi,
piuttosto che dai suoi genitori.
Quando
gli avessero tolto i punti se non altro alla mano destra, una settimana
ancora più o meno, allora se ne poteva parlare.
Quindi alla fine Sebastiano aveva avuto tutto il tempo del mondo per riflettere.
Spalancò
la porta della sua camera, curandosi di fare più casino possibile, e
aprì la finestrella minuscola, l’unica fonte di luce in quel
seminterrato nero.
Poi
si voltò verso il letto e vide che il casino che aveva fatto aveva
sortito il suo effetto. Dopotutto erano quasi le undici del mattino,
avrebbe ben potuto svegliarsi no? Con la scusa che lavorava in casa
Sebastiano aveva orari completamente sballati.
-Ma che cazzo… Fabio Cristo!- borbottò il ragazzo, passandosi una mano sul viso e cercando di infilarsi sotto il lenzuolo.
-No no no- borbottò Fabio, avvicinandosi a lui e piazzandogli la tazza col caffè sotto il naso.
-Tu adesso ti alzi, ti lavi, ti vesti e poi parliamo- disse, con la voce più minacciosa che riuscì a tirare fuori.
-E poi cosa?- chiese Sebastiano, scostando le mani dal viso per afferrare il caffè in automatico.
-Parliamo- ripeté imperterrito Fabio, sedendosi sul letto accanto a lui.
Non era disposto a lasciargli spazio di manovra per fuggire ancora. Nemmeno mezzo.
-Ma
di che cazzo vuoi parlare?- sbottò l’altro, sorseggiando il caffè e
tirandosi a sedere, evidentemente ancora intontito e seccato da
quell’invasione.
-Ma
Dio santo, mi svegli all’alba perché devi parlare di una cosa
che, ovviamente, non deve accadere mai più?- continuò imperterrito,
ignorando l’espressione di Fabio che si stava facendo sempre più cupa.
-Che poi io non volevo fare un cazzo, sei tu che mi hai…- a queste parole Fabio non riuscì più a trattenersi.
-Eh
no, Lesizza, non provarci nemmeno! Sei tu che ti sei infilato nella
vasca da bagno con me! Non tirarmi scemo adesso, cos’è non scopavi da
troppo tempo e avevi bisogno di sfogarti? Mi hai preso per la tua
bambolina gonfiabile, cazzo?- proruppe, alzandosi in piedi e
cominciando a camminare per la stanza, rabbioso. Non voleva che finisse
così, cazzo, non avrebbe dovuto finire così, lui voleva fare
una chiacchierata con Sebastiano per chiarire, non certo litigarci e
dirgli quelle cose.
Ma
si conosceva e avrebbe dovuto prevederlo. Il fatto di riuscire a
prevederlo non voleva dire che fosse anche in grado di prevenirlo
però.
Non
riusciva a trattenersi quando era così teso e nervoso, e allora faceva
o diceva cose che poi si sarebbe rimangiato con tutto se stesso.
Non diede tempo a Sebastiano di replicare, ormai era un fiume in piena:
-No
perché io ci sto impazzendo dietro questa cosa, ok? Non ce la faccio
Cristo, e tu sei una testa di cazzo perché non è giusto. Io avevo tutto
sotto controllo, ero bello e tranquillo e mi ero rassegnato a morire di
seghe pensando a te, e poi tu te ne vieni fuori con quelle frasi
sdolcinate da cioccolatino. Volevo solo provocarti per ridere, per
prenderti per il culo e farmi mandare a ‘fanculo, per togliermi questo
stupido tarlo dalla testa, e tu invece di aiutarmi a mettermela via,
che fai? Mi salti addosso dannazione!- continuava a gesticolare mentre
parlava, il viso rosso e le smorfie che ogni tanto lo contraevano
quando faceva un movimento troppo brusco. Sebastiano lo osservava a
bocca aperta, incapace di dire o fare qualcosa per fermare quella
furia. Non aveva immaginato che nascondesse tutta quella rabbia, tutta
quella frustrazione, non aveva mai immaginato che Fabio lo…
-Quindi
tu adesso ti fai mandare a fanculo e anche pestare a morte, perché non
hai idea di cosa mi hai scatenato dentro, e se la tua intenzione era
quella di svuotare le palle potevi andare da una puttana, non da me,
perché io non lo sono, chiaro? Non sono la tua puttana!- ora la voce si
era incrinata e a Sebastiano faceva un male incredibile sentirla,
sentire quanto aveva spinto Fabio alla follia senza pensare alle
conseguenze. Sentire quanto era stato stupido a pensare che avrebbero
potuto dimenticare, che per Fabio non aveva voluto dire niente e poteva
stare tranquillo e reprimere tutto, dimenticare tutto.
Quanto era stato cieco.
Solo che adesso non sapeva come fermarlo e cosa fare.
Sapeva solo che non era giusto che Fabio si sentisse così, che non voleva che pensasse davvero di essere stato usato.
Si alzò dal letto, ignorato da Fabio che stava continuando la sua tirata.
-E
ora non ti puoi permettere di trattarmi così, come se fosse colpa mia,
quando io invece ho fatto di tutto per trattenermi cazzo! Capito? Non
è…- si interruppe quando le mani di Sebastiano gli afferrarono il viso.
Fabio aveva gli occhi lucidi e respirava a fatica, il viso rosso di
rabbia. Sembrava pronto a dare seguito alla sua minaccia di
picchiarlo.
-Scusa-
mormorò, facendo scorrere i pollici lungo gli zigomi, per calmarlo, per
sentire ancora sotto le dita la consistenza morbida della sua pelle,
perché era Fabio ed era ridotto così a causa sua e lui non poteva
sopportarlo.
-Non
volevo trattarti così, non pensavo che…- scosse la testa, sospirando.
Appoggiò la fronte alla sua registrando come i suoi occhi erano grandi
adesso.
-Non
pensavo punto, probabilmente. Ha significato qualcosa anche per me-
concluse, non era disposto a dire altro e Fabio dovette capirlo, si
morse il labbro, tirandosi il piercing e attirando inevitabilmente lo
sguardo di Sebastiano.
Le ricordava ancora.
La
loro morbidezza, la sensazione dei piercing contro la lingua e il
calore che l’aveva afferrato, stringendogli lo stomaco.
-Sai
che è la cazzata più grande che potessimo fare?- chiese sottovoce,
perché un respiro più forte avrebbe potuto infrangere tutto, avrebbe
potuto rompere la bolla di nulla in cui erano immersi. Registrò
distrattamente che Fabio aveva annuito, ma era ancora perso a
contemplargli le labbra per cui non ne era assolutamente certo.
-Non riesce davvero a importarmene.- bisbigliò Fabio di rimando.
-Se
anche tu provi qualcosa… Dio, tu non hai idea da quanto tempo io…-
scosse la testa, piano, come per liberarsi dai pensieri troppo intensi
che lo stavano afferrando.
-Se
anche tu provi qualcosa- riprese - Allora non possiamo mandare tutto a
puttane. Non possiamo- concluse. Non si avvicinò ulteriormente a lui
perché era Sebastiano a doverlo fare; anche se i loro respiri si
stavano mischiando sempre di più, anche se quella posizione, la
tenerezza che aveva ora Sebastiano per lui, lo stavano facendo
impazzire.
Vide
Sebastiano sorridere, debolmente, e poi finalmente avvicinarsi di più e
bastava poco, perché erano già a soffio di distanza, ma era quel poco
che consentì alle labbra di Sebastiano di posarsi sulle sue e
mordicchiarle piano, giocando col piercing, tirandolo leggermente,
facendolo mugolare.
Era
così diverso da quello che aveva provato l’altra volta… ieri era stata
una cosa improvvisa e totalizzante, aveva minacciato di bruciarlo per
l’intensità che era scoppiata fra loro, per il bisogno frenetico che
avevano avuto di toccarsi e scoprirsi.
Stavolta invece era lento e calmo, tenero ma affamato, così da Sebastiano da commuoverlo quasi.
Era
Sebastiano che lo stava baciando, leccandogli piano le labbra per poi
insinuarvisi all’interno e cercare la sua lingua, era Sebastiano che
aveva fatto scivolare le mani fino ad accarezzargli la schiena, era
Sebastiano che ora lo stava tirando verso il letto, sedendosi sopra e
facendo salire Fabio a cavalcioni su di lui.
Era Sebastiano e Fabio ci sarebbe morto, su quelle labbra.
Per
non parlare delle sue mani che gli stringevano la vita, insinuandosi
sotto la maglietta per bruciargli la pelle. Continuarono a baciarsi per
un tempo che sembrò dilatarsi all’infinito, fino a che le loro labbra
non divennero insensibili, fino a che Fabio strinse le braccia attorno
alle spalle dell’altro e scese a baciargli il collo. Forse erano
passate davvero ore, perché le loro labbra erano rosse e gonfie,
facevano quasi male, ma non riuscivano a smettere. Era stupido stare
così, semplicemente così a baciarsi, senza nemmeno accarezzarsi, solo
tenendo le mani aggrappate alla pelle dell’altro. Era stupido ma era
tremendamente bello, era una cosa che Fabio non aveva mai sperimentato;
la reputava una cosa da adolescenti idioti e romantici, seguaci di
Edward Cullen e le sue menate psicologiche. Lui era un uomo d’azione,
preferiva darsi da fare al baciare il proprio compagno per ore senza
nemmeno sentire la necessità di mangiare o bere o respirare.
Ma
c’era una tenerezza micidiale nel sentire le labbra di Sebastiano
aprirsi piano per lui, la lingua fare giochi sempre diversi ma
ugualmente osceni con la sua, e trovava semplicemente perfetto che la
prima volta che si perdeva così tanto a baciare un’altra persona senza
il bisogno di andare oltre, fosse proprio con lui.