CAPITOLO
22
Almeno
credo
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Forse
tutte le persone cattive in realtà sono tristi e sole
-una
bambina di Tokyo Babilon-
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È
seduto sul letto, Jhoann, un paio di pantaloni di tuta e un maglione un
po’ troppo grande, gambe incrociate, armato di album da
disegno e pastelli a olio.
Solo
la voce calda e un po’ roca di Ligabue si spande per la
stanza, ‘Seduto in riva al fosso’ la loro canzone
si potrebbe dire.
Sorride
fra se, loro sono proprio così, seduti in bilico su un
burrone, incerti se cadere o lasciarsi vivere ancora un po’.
O andarsene dal quel fosso e tentare di vivere.
Ma
in fondo quel burrone è una specie di panacea no?
Ti
rilassa, ti illude di poter passare la vita in questo modo, e nello
stesso tempo ti dice che il tuo piccolo burrone personale tu lo avrai
sempre, e non ci sarà momento in cui non desidererai
sederticisi in bilico e staccare un attimino dalla vita.
E
non è vigliaccheria questa, è solo cercare un
posto adatto per se stessi.
A
questo pensa mentre il cd va avanti e le sue dita tratteggiano i
contorni di un mondo irreale, giallo, solo giallo, come dei piccoli
soli che si annodano fra di loro e improvvisamente implodono
trascinando il cerchio e allargandolo, il colore diventa più
intenso, arancione e poi rosso, sul suo viso si riflette la
concentrazione assoluta di un artista al lavoro, non ha montato
cavalletto e tela perché semplicemente ha bisogno della
semplicità di un foglio bianco.
L’odore
dei colori ad olio si spande per casa ed è questo che
colpisce Alistair più di tutto non appena entra in casa con
quell’espressione un po’ tesa e un po’
sollevata.
Questo
e l’espressione di Jhoann, come persa in un altro mondo.
Un
mondo dove forse tutto è più facile, o
semplicemente più intenso e più *giusto*.
Anche
se non sempre le cose *giuste* fanno bene vero Alistair? È
una cosa a cui ha già pensato in passato e adesso ritorna
come un carro armato, come a testimoniare che le verità non
muoiono se tu non le ascolti ma solo si nascondono per venire fuori
quando è il momento.
E
lui la sua verità l’ha finalmente accettata, solo
che adesso ha bisogno di credere un po’ in qualcosa.
È
una notte strana quella, prima la casa vuota, poi la telefonata a Syren
e l’ansia di non sapere dov’era Shadè, e
poi il colloquio con Fabien.
Ne
ha bisogno in un certo senso, ha bisogno di parlarne con lui, eppure
adesso tutto è ancora più triste
perché non c’è soluzione alcuna,
perché tutto si è perso e l’unica
ragione per cui continua ancora a lottare si è rivelata una
chimera.
Eppure
adesso, l’unica cosa che ancora potrebbe salvarlo
è credere ancora in qualcosa.
In
qualcuno.
In
Jhoann.
Credere
che ci sia ancora qualcosa chiuso nel fondo di se e che solo Jhoann
abbia la forza e il coraggio di tirarglielo fuori,
Solo
che ha bisogno di sentire le sue mani, dolci, sicure, forti.
Ha
bisogno di sentirsi dire che tutto sarebbe andato a posto e che lui ha
preso la decisione giusta, ha bisogno di capire che non è
sbagliato, che niente è sbagliato o storto o anormale, ma
solamente triste.
Forse
è scemo a pensarla così, ma lui ci crede davvero,
se avesse avuto la possibilità di tornare indietro, di
capire, di comportarsi in un modo diverso… se avesse potuto
aprire gli occhi prima… ci sarebbero state ancora
possibilità?
Perché
ne è sicuro, è sicuro che dividere il mondo per
‘buoni’ o ‘ cattivi’ non
è mai una soluzione giusta, è sicuro che suo
padre non sia ‘cattivo’ come semplificando al
massimo molti insinuano.
E
se solo ne avesse la forza intraprenderebbe una battaglia per
riprendersi la sua porzione di grigio e farlo capire agli altri.
Ma
ormai è troppo tardi, ormai anche tutto il suo grigio si
è trasformato in nero e lentamente tutto sta sfocando verso
l’abisso.
Si
siede vicino a Jhoann posando la testa sulla sua spalla, nascondendola
quasi, perché Jhoann in fondo è il suo rifugio
contro il mondo, troppo tardi…ormai è troppo
tardi, non ha la forza il coraggio o la fede per tentare ancora.
E
poi Fabien ha ragione.
È
giusto così.
Il
biondo posa lentamente l’album e sposta i colori per far
posto al suo ragazzo, era uscito ore fa per recuperare Shadè
e ora torna senza la sorella e con un espressione indecifrabile
addosso, come se gli avessero tolto un peso e al contempo gliene
avessero aggiunto uno incredibile da un’altra parte.
Non
ci sarebbe mai stato un posto per lui dove essere felice?
Gli
accarezza i capelli tenero, sembra davvero un pegaso senz’ali
adesso, o un albatro costretto a vivere nel mondo quando il suo posto
invece è il cielo.
Chiude
gli occhi, Alistair, quella mano gli ha trasmesso tutto il coraggio e
l’amore necessario per cominciare.
Glielo
deve in fondo.
“ascoltami….devo
raccontarti una storia”
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Molto
più tardi, stesi nel letto, Alistair accarezza le labbra di
Jhoann che ancora è perso nel mondo incredibile del piacere,
le accarezza e poi si insinua all’interno di esse per
inumidirle e scendere sul suo corpo a tracciare una scia ardente, una
strada quasi, che porta direttamente all’estasi,
l’espressione del biondo si increspa, le labbra si spalancano
e un gemito prolungato ne esce mentre il moro, soddisfatto, si siede su
di lui cominciando a muoversi, tutta l’essenza di Jhoann,
tutto il suo calore, tutto il suo amore, in quel semplice atto sembrano
riversarsi su di lui, avvolgerlo, invaderlo, mentre si muovono
all’unisono nel silenzio di un alba che spande luce e colore
sul mondo e Alistair, finalmente, cattura un attimo di pace.
Solo
steso sul petto di Alistair, mentre quest’ultimo dorme,
Jhoann si concede di pensare.
Perché
niente ormai può più fermare
l’inevitabile corsa verso il mondo delle
responsabilità.
Sorride,
amaro, è una cosa che ha letto in un Dylan Dog, di come la
gente si fermi a commiserare per un attimo una persona dicendo
‘ha avuto una vita difficile’ come se poi potesse
fare cambio e averne un altra più bella o viverne cento
altre più felici.
No,
la vita è *una* ed è stata dura e difficile! La
nostra unica e preziosa vita, e se ci capita di avere la merda fino al
collo non ci si può fermare, no si deve proseguire,
perché anche se niente avesse un senso, anche se dopo la
morte non esistesse niente la vita sarebbe lo stesso l’unica
possibilità che abbiamo per essere felici, o anche solo
sperare di uscirci, un giorno, da quella merda.
E
Alistair? Che possibilità ha? Certo andarsene di casa, certo
ricostruirsi una vita con Shadè… ma le cicatrici
che tutto questo lascia?
Indelebili
e dolorose, incidono il cuore e quello che ne esce non è il
veleno accumulato ma l’amore perso. E una volta arrivati a
questo non c’è più davvero
nient’altro da fare, nessuna strada da percorrere e se avesse
potuto l’avrebbe inventata lui ma non ne era più
capace.
Amarsi,
vivere e tentare, un giorno, di afferrarla, di stringerla al petto e
non farla fuggire mai più, come un uccellino desideroso di
volare e scoprire il mondo, come il più prezioso dei tesori.
/E
il tuo tesoro Alistair? Qual è?/
Questo
si sente di chiedere al giorno che ormai è nato, la
verità è che si sente maledettamente impotente di
fronte a tutto, il suo ragazzo ha dovuto sopravvivere
all’inferno, alla distruzione di una famiglia che amava con
tutto se stesso e adesso teme di non essere più in grado di
essere felice, come se la felicità fosse un muscolo che se
non rimane allenato poi si spompa e non funziona più.
Forse
è davvero così, ma se lui decidesse di aiutarlo?
Se lui decidesse di essere la persona su cui il cuore di Alistair
potrà finalmente riposare…allora forse la
felicità non sarebbe più così lontana,
così distante, se decidesse di diventare finalmente un uomo
e non più il ragazzino pieno di paura di vivere e senza
nient’altro da dare…allora forse diventerebbe
finalmente degno di custodire l’anima di Alistair.
Diventerebbe
un uomo dal ragazzino che era.
Sospirò
alzandosi in piedi e aprendo il cavalletto, cercando di fare il meno
rumore possibile, non è possibile continuare
così, lo capisce bene, e capisce la decisione che ha preso
Alistair…di più, la approva incondizionatamente,
anche se comprende quanto questo lo faccia sentire *sconfitto*
Ma
forse la vera sconfitta non è lasciare perdere e la vera
vittoria non è andare avanti nonostante tutto. Forse la vera
sconfitta è perdere il proprio cuore e la vera vittoria
è invece riuscire a portarlo con se e donarlo alla persona
più degna, e allora tutto acquisterebbe un senso nuovo.
A
questo pensa Jhoann mentre dipinge l’aurora farsi strada sul
grigiore della città, se davvero tutto è marcio e
non ce n’eravamo accorti, se davvero è tutto da
buttare, conserviamo se non altro quell’ultimo spiraglio di
amore e coraggio, per andare incontro a tutta la vita che
c’è, a tutto l’amore di cui abbiamo
bisogno.
Sorride,
già, l’importante è non cedere mai ed
essere in grado di cambiare e crescere.
E
crescendo capire qual è il nostro posto e accanto a chi
desideriamo diventare finalmente ‘adulti’.
È
stufo di essere inconcludente, è stufo di viaggiare, di
cercare di capire, di trovare un senso dove invece il senso non esiste,
è stufo di vedere le persone accanto a se soffrire.
Se
davvero c’è anche solo la minima
possibilità di riuscire a crescere e migliorarsi per
diventare qualcuno su cui si può contare e non avere
più *rimorsi*… allora lo avrebbe fatto.
Anche
sacrificando ciò che di più caro ha al mondo.
La
sua libertà.
Però
sa che non è davvero così no? Sa che in ogni
posto del mondo in cui si troverebbe la sua anima insoddisfatta lo
raggiungerebbe, quindi forse si tratta solo di credere.
Credere
che tutto andrà bene, che quando smetti di sperare,
è allora che cominci a morire, credere nell’amore
di Alistair e all’uomo che lo sta facendo diventare.
Ogni
verità fa bene e nel contempo male, ma la linea sottile che
le divide è sempre Alistair.
E
in fondo crede anche che finché c’è
lui, che finché può credere ancora a tutto
questo, allora tutto andrà bene.
Perché
nessuno ha il libretto di istruzioni, tutti cercano di cavarsela come
possono girando la vita un po’ a modo loro, ma basta che sia
efficace no? Forse è da scemi, anzi sicuramente, ma se
questo serve agli altri per incasellarlo e farli sentire meglio nella
loro stupida grettezza, allora chiamatelo pure scemo.