CAPITOLO 23
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C’è ancora mondo per noi
- Liga -


La casa è esattamente dove la ricorda.
Il vento gelido spira scompigliando i capelli biondi di Jhoann, portando con se ricordi che come maledizioni entrano in testa e non la lasciano più.
La piccola stradina che un tempo era terriccio, ora è asfaltata, nel campo in cui andava a giocare sparito ora sorgono solo case moderne, ville a schiera, dunque la modernità è arrivata anche li.
Suo padre che lo prendeva per mano e con una bottiglia d’acqua andavano ad allagare le tane dei grilli, fino a che questi venivano fuori protestando e lui ridendo li prendeva in mano per portarli alla madre, come piccoli trofei, regali. Non bene accetti comunque.
Ricorda ancora gli urli strazianti e il grillo che correva allegramente per casa con sua madre sul tavolo terrorizzata. Sorride, era stata bella la sua infanzia, spensierata, andava a scuola in bici e giocava coi suoi amici nei campi che circondavano la casa, ormai spariti quasi del tutto.Si volta a guardala. Gialla.
Storce il naso, sua madre ha perso tutto il suo buongusto dunque? Allunga una mano stringendosi nella giacca, fa davvero freddo quel giorno, forse è una punizione per non permettergli di dimenticare tutto quello che è stato. Ogni particolare è un pugno nello stomaco, la chiave sempre al suo posto all’interno del cancello, infila la mano fra le sbarre e apre.
Sorride.
E' sempre aperta la porta quando c’erano loro, tutti i parenti e gli amici potevano entrare, gli aveva detto mille volte di toglierla che non è poi un gran bel posto sicuro questo mondo, ma loro non gli davano mai retta. Il vialetto circondato da roseti lo avvolge, ora sono tagliati fin sotto per permettere l’anno dopo di crescere meglio ma se solo chiude gli occhi può immaginare di essere colpito dal loro inebriante profumo, può quasi vedere i colori brillanti e delicati invadergli la vista, rose e spostando appena lo sguardo sul prato Astri e Iris, Gladioli e Girasoli, Piante grasse dalle forme più strane, rampicanti, Violette e Margherite. E’ un giardino meraviglioso e sua madre lo tiene con cura maniacale, ogni mattina si alza alle 5 solo per bagnare tutti i fiori che ha.
Percorre il marciapiede che fa il giro della casa per affacciarsi sul retro, un orto enorme fa bella mostra di se, alberi da frutto sparsi per l’orto e un nocciolo che è nato dentro il pollaio, il vento scuote i rami nudi facendo quasi credere di potersi spezzare da un momento all’altro, ma non si sarebbero rotti. Lo sa.
Si era arrampicato mille volte su di loro, in alto, in alto, fino a raggiungere la cima e poi guardare il cielo che sembrava molto più vicino da li. Chissà se adesso gli avrebbe dato la stessa sensazione. La stessa sensazione di infinito, di potenza, si sentiva grande li sopra, si sentiva invincibile.
Distoglie lo sguardo puntandolo sull’entrata, la piccola veranda sembra guardarlo, sale gli scalini lentamente, sta gelando ma il gelo che sente provenire da li dentro è molto più grande, un gelo come se il cuore si lacerasse. È stato stupido, ora lo comprende appieno, l’hanno sempre amato, a modo loro, maldestri, un po’ tonti forse, ma l’hanno amato più di loro stessi.
Anche se avevano paura di lui.
Sale le scale ed entra in casa.
Dio come fa male… in un posto così segreto, così *suo*, fa un male tale da costringerlo a fermarsi sulla soglia per dare una breve occhiata in giro, il tempo sembra essersi fermato, tutto è come lo aveva lasciato anni fa. I piatti decorati appesi alla parete sopra il piccolo divano, il tavolo da cucina in mezzo con una cerata decorata con motivi autunnali sopra, i mobili di legno sopra i quali capeggiano pentole e ninnoli in rame, d’estate ci sono vasi pieni di fiori ovunque. I fiori di sua madre.
E lei che cucina una delle sue cene interminabili, prende le ricette alla televisione e poi sperimenta facendo mangiare al marito. Lui si era sempre rifiutato guardano quei piatti con espressione sospetta, ma ora stringe le mani, è più difficile di quello che si era aspettato.
Il nodo è li, in gola, e minaccia di sciogliersi alla prima occasione, suo padre è ancora al lavoro, per questo ha scelto quell’ora, dovrebbe rientrare tra poco comunque.
Gesti piccoli, quotidiani, lo immagina.
Immagina la porta che si apre e sua madre che si gira verso la veranda per vedere chi è, sorride e poi comincia a parlare di tutte le persone che conosce, aggiornandolo sui pettegolezzi che lui ascolta con aria assorta, pensando a tutt’altro e annuendo di circostanza per poi prenderla in giro bonariamente.
Immagina lei che mette in tavola una delle sue nuove ricette tutta orgogliosa e suo padre che alza gli occhi al cielo e mangia in silenzio.
E lui.
Li.
In mezzo.
Era sempre stato in mezzo a loro, sia a tavola che poi sul divano, gli piaceva sentire il calore dei suoi genitori stretti a lui, gli piaceva. Adesso quel posto emana un gelo come mille fiocchi di neve tutti insieme.
“Ciao” mormora piano, uno dei suoi tanti ritorni… erano sempre così, lui entrava noncurante e si sedeva sulla cassapanca vicino alla vecchia stufa-cucina di quelle di una volta, si sfregava le mani e sua madre gli preparava il caffè subissandolo di domande.
Non aveva mai avuto problemi, non una telefonata, nemmeno una cartolina, ma lui tornava come se niente fosse, come se fosse appena partito.
Sempre.
Forse perché non gli importava così tanto, così come gli importa adesso.
Adesso sente il cuore battere velocemente, se lo sente in gola quasi, un ritmo insostenibile, un tamburo.
Si volta, sua madre, i capelli biondi raccolti sopra la nuca in una morbida crocchia, gli occhi azzurri spalancati, i lineamenti delicati contratti in una smorfia di puro stupore. Gli sembra di guardarsi allo specchio, è la sua versione femminile, sembra ancora una ragazzina, soprattutto con quei jeans e quel maglioncino aderente nero, può quasi sembrare sua sorella maggiore invece di sua madre. La radio, c’è Vasco alla radio. Questo registra. Sally. Gli corre incontro abbracciandolo stretto, serra gli occhi,
non è mai stata il tipo da manifestazioni d’affetto sua madre, cosa gli ha preso? Non dice nulla, lo fa sedere sulla cassapanca e mette su il caffè, in silenzio, solo la voce roca di Vasco invade la stanza, e si sente un po’ soffocare, in fondo tutti i suoi ritorni a casa sono stati segnati da questa stretta al petto, dalla sensazione di non essere nel posto giusto, che non c’era più posto per lui li, adesso è un po’ la stessa cosa, ha rotto la sua famiglia e si è rifiutato di rimetterla insieme, e ora cosa gli rimane?
Sta bene.
Sta bene così, sta bene con Alistair, di questo è sempre stato convinto, ma adesso, adesso che ha visto il suo ragazzo distrutto, adesso che ha saputo in che modo la sua famiglia si è distrutta, adesso può almeno tentare di rimettere insieme la sua, questo almeno glielo deve ad Alistair.
Ma è un’altra la ragione no? Vuole affrontare i suoi fantasmi per poi essere forte davvero, per poi crescere sul serio e capire che non c’è niente di davvero cattivo ci sono solo degli errori.
Guardandosi indietro ne può cogliere molteplici, tutti dettati dalla stupidità, dall’ignoranza e dalla fretta, ma niente è davvero irrecuperabile. Ripensa ad Alistair, niente è così grave e tutta la sofferenza che ha percepito parlando con lui, con la sua anima straziata gli ha messo addosso una voglia incredibile di tentare di fare qualcosa.
Così.
Come se la vita gli fosse colata addosso tutto d’un tratto, con la violenza di una fucilata in pieno petto.
“come stai?” chiede sua madre, non lo ha subissato subito di domande, segno che anche lei è davvero senza parole.
Alza le spalle, è troppo complicato spiegare tutto così si rifugia nella risposta che ha sempre dato “bene” ,
Sua madre sembra accontentarsi, comunque, “sei tornato per restare?” il solito copione, il solito cliché, le solite domande. “per restare nelle vostre vite” ed è la risposta che spezza tutto, tutta la solitudine provata, tutta la rabbia espressa malamente, tutta la voglia di fuggire via da una vita troppo stretta, tutta la paura che aveva di amare davvero qualcuno.
È questa la differenza, adesso ne è certo, non è diverso l’amore che prova per Ali e quello che ha provato per Syren, è *lui* ad essere diverso. È lui che adesso prende la sua voglia di vita, di amore, di essere importante per qualcuno e stringerla forte, stringerla perché diventi davvero così, perché tutto fugge in fondo, non solo lui, tutto fugge ma se solo si ha il coraggio necessario per fermarlo e stringerlo, per inchiodare li la vita o semplicemente fermarsi e fregarsene, allora, solo allora puoi dire di aver afferrato tutta la libertà che c’è.
Allora vivi davvero.
Abbassa gli occhi “io sono…sono così mamma… non cambierò perché voi lo volete, non posso…” si interrompe, la domanda più importante di tutte, l’essenza di tutte le cose, stare davanti a un’altra persona, a sua madre, così com’è, con il suo carico di dubbi e di imperfezioni, senza pretendere niente, senza urlare niente, solo chiedere, chiedere :”mi vuoi bene lo stesso?” con la voce che trema un po’, si è sempre nascosto dietro un dito, dietro un ’ massì in fondo vivo lo stesso’ ma adesso che sua madre spalanca gli occhi e lo guarda sorpreso, solo adesso capisce che in quella risposta è chiuso un po’ tutto il suo futuro, e capisce che sono stati tutti e due ad aver sbagliato, i suoi genitori troppo duri, troppo assolutisti, e lui troppo libero, troppo giovane, troppo convinto di avere ragione.
Bastava forse un po’ di umiltà da parte di entrambi, e adesso che lui l’aveva avuta, adesso che aveva capito, lei sarebbe stata capace di seguirlo?
Abbassa gli occhi, è sempre stata maldestra a mostrare i suoi sentimenti, le sue emozioni, però traspaiono lo stesso no?
Scappano da ogni fessura di lei, e può quasi vedere le piccole invisibili lacrime che vorrebbe versare, non ci riesce ancora, non ci riesce ma lui le può vedere incastrate in fondo agli occhi azzurri, lucidi, si limita a dire un “si” flebile.
Si limita a dare una nuova speranza a tutti e due.
E dopo ci sono solo piccoli gesti automatici, sua madre raddrizza le spalle e dal suo viso scompare ogni traccia di commozione, prende fiato e parte con la sua solita predica.
Improvvisamente Jhoann sembra molto interessato all’aspetto delle sue unghie, però un sorriso felice si può intravedere attraverso i capelli biondi che gli spiovono nel viso.
È tornato tutto alla normalità.
“sarà meglio preparare adeguatamente tuo padre però! Non fare come tuo solito non ti presentare davanti a lui con il sorriso strafottente, lascia che lo prepari io e poi…” Jhoann accentua il sorriso facendolo diventare malizioso “oh si mamma….lo preparerai…adeguatamente?” e può godersi lo spettacolo della donna che spalanca la bocca cercando di capire e poi arrossisce chiudendola di scatto e lanciandogli una maledizione irripetibile in dialetto per poi sbottare “oh finiscila!! Ti pare il modo! Hai sentito quello che ho detto? Ti chiamo io per dirti come…e togliti quel sorriso dalla faccia!”
Il suddetto sorriso si accentua “si mamma” un gesto molto poco carino lo spedisce in un luogo molto lontano.
Gli mancavano quei battibecchi, certo è consapevole del fatto che ci vorrà molto tempo prima di riuscire a fare accettare a tutti e due -ma specialmente a suo padre- quello che era e la sua scelta di vita, ma quello era un inizio.