CAPITOLO
27
Comfortably
numb
Stai
al mio fianco, sotto cieli malvagiIl nero del giorno, l'oscurità della
notte, condividiamo questa paralisiSi sta aprendo una fessura nella
porta, ma non ci splende il sole attraversoUn cuore nero ferito è
ancora più scuro, ma non ci splende il sole attraversoNo, non ci
splende il sole attraversoNo, non ci splende il sole...
(Metallica)
Fabien
e Syren entrano nella stanza divorando con lo sguardo tutto quello che
la loro mente riesce a contenere ma quel che vedono è solo orrore.
Shadè
seduta sul divano, lo sguardo vuoto e il viso inespressivo, solo un
lieve sorriso aleggia sulla pelle bianca, un sorriso che sa di morte e
tenebra, il sorriso di una persona che, li, non c’è.
Alistair
è seduto sul pavimento con le gambe incrociate, la testa bassa e i
capelli a coprirgli gli occhi, le mani strette in grembo, serrate
quasi, non c’è più nessuno adesso, oh piccola mia non c’è più nessuno,
chi mai li guiderà adesso? Quale altro luogo potranno chiamare ancora
casa se non le pareti rovinate del loro cuore? Il loro cuore
inesistente.
Non
c’è nessuno in casa, no.
Nessuno.
Fabien
guarda tutto questo, lo guarda ed è come se non riuscisse a
sopportarlo, corre verso Shadè che immobile lo guarda e sorride del suo
sorriso vuoto, sono sporchi tutti e due di sangue, il rosso scivola
sulla loro pelle bianca macchiandola e contaminandola di follia e
morte, non sa cosa fare.
Per
la prima volta si trova inerme davanti a Shadè, la mente assolutamente
vuota e il cuore che pompa velocemente il sangue nelle vene, cosa è
successo adesso?
Come
faranno adesso ad andare avanti? A vivere?
È
tutto così tremendamente ingiusto che il ragazzo non resiste, si morde
le labbra e con un calcio scaraventa il tavolino sul muro, si sfracella
e il rumore sembra svegliare Alistair, alza lo sguardo verde e smarrito
a cercare nella stanza qualcuno che non c’è, nelle orecchie solo il
ricordo del -tut-tut- del telefono mentre chiamava Fabien per dirgli
che la sua vita era stata distrutta.
“andiamo
da Jhoann non possiamo restare qui” dice poi Syren avvicinandosi ad Ali
e tirandolo su, i gesti veloci e precisi di chi ha affrontato milioni
di queste emergenze e adesso sa esattamente cosa fare a differenza di
Fabien, circonda la vita di Ali per sostenerlo e guarda il fratello.
Due
paia di occhi identiche si contemplano per un attimo con muto stupore,
è come la precisa sensazione che un ricordo si stia affacciando alla
porta labile della loro memoria, già una volta avevano vissuto tutta
quella distruzione, ma era stato Fabien a salvare Syren allora.
Il
ragazzino crolla il capo sospirando, deve calmarsi e riprendersi, sa
che distruggere la casa non servirebbe se non a farlo sentire meglio,
ma attualmente non è il suo stato d’animo la prerogativa più
importante.
Prende
in braccio la piccola che gli circonda il collo posando il capo sulla
sua spalla ed escono da quella casa, escono chiudendosi la porta alle
spalle, solo un ultimo sguardo indietro per ricordarsi tutto quello che
la loro vita è stata fino a quel momento, per ricordarsi la morte e la
follia, la speranza e l’orrore, per ricordare i suoi genitori com’erano
un tempo quando la sua vita era ancora perfetta.
Solo
un ultimo sguardo prima di andarsene da quella casa e non tornarvi mai
più.
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La
piccola sta guardando dall’alto tutto quello che succede, non sente
niente ormai, il suo corpo è aggrappato a Fabien ma la sua anima
contempla quello spettacolo con stolida indifferenza.
E
sa che se anche vorrebbe non riuscirebbe a parlare, molti ci hanno
provato prima di lui e non hanno ottenuto nulla.
All’inizio
cercava di farsi sentire ma come rispondere a chi le chiedeva cos’era
successo o dove le faceva male?
Cercava
di parlare, cercava di spiegarsi ma era tutto inutile e si sarebbe
strappata le vene dal corpo se questo sarebbe servito ad abbattere il
muro ma non c’è alcuna possibilità di scelta, non c’è nessuno che possa
capirla, così ha rinunciato a parlare.
Vede
Fabien parlarle preoccupato, chiederle qualcosa ma non capisce, in
questo momento è come se il ragazzo stesse nuotando in un mare
intessuto di tenebra e muovesse le labbra cercando di farsi capire ma
lei non sente.
Lei
non sente niente e non capisce perché mai debbano preoccuparsi così di
quella sconosciuta, di lei.
Lei
adesso non sente niente più nulla, è piacevolmente insensibile, quel
corpo tanto ingombrante che la faceva soffrire ormai non lo sente
nemmeno più, se n’è liberata e non ritornerà mai indietro perché questa
indifferenza, questa insensibilità le piace tantissimo.
Quella
non è più lei, non è Shadè è solo un guscio vuoto e anche se tutti le
urlano di infrangere il muro, anche le mille voci nella sua testa si
sono unite e adesso è un coro unico, il rumore del muro che si infrange
a terra non lo sentirà mai.
Troppo
dolore reca con se, troppa sofferenza quella semplice parola,
Pazza
E
adesso
Adesso
Quella
È
diventata la sua unica…
…
consolazione
La
sua unica liberazione dalla prigionia che la teneva incatenata alla
terra, al mondo,
L’unico
modo in cui può sentirsi finalmente…
….libera.
E
questo è come la visione di un sogno, quando era bambina una volta ne
aveva fatto uno così struggente e malinconico che si era svegliata
piangendo, non ricordava cos’aveva sognato ma ricordava che le era
quasi sembrato che quella specie di visione avrebbe potuto osservarla
di nuovo, oltre l’angolo della vista, se solo si fosse voltata.
E
lei l’aveva fatto, aveva girato la sua testa da bambina, coi boccoli
scuri che scivolavano sulle spalle facendola assomigliare a una bambola
di porcellana, ma non aveva visto nulla, la visione era già sparita
lasciando dietro di se solo la struggente nostalgia di un ricordo
troppo sfuggente da afferrare eppure terribilmente *bello*, ecco adesso
è un po’ la stessa cosa, cerca di voltarsi, di afferrare quello che una
parte delle voci le stanno urlando di prendere ma non ci riesce, non
riesce nemmeno ad indicarla col dito.
La
bambina adesso è cresciuta e quel sogno che l’aveva fatta sperare e
l’aveva lasciata per tutto il giorno nell’alone ovattato dell’onirico è
svanito.
Il
sogno è svanito del tutto e lei è diventata piacevolmente insensibile.
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La
voce di Kurt si spande nella stanza, note martellanti e ritmiche, che
cercando qualcosa insistentemente, penetrano nella mente come un
punteruolo e non la lasciano più costringendoti a cercare…
Cercare
qualcosa di quello che stanno suggerendo, trovare quella sensazione di
vittoria che lo faceva volare sulle ali della libertà, cercare
l’esaltazione, la paura, la speranza, l’amore, cercare qualcosa che
ricapitolasse tutta la sua vita e gli dicesse che era stata grandiosa,
esaltante, bella, degna.
Qualcosa
che gli dicesse che non si era lasciato vivere ma aveva vissuto.
È
una reazione strana ma Jhoann non si è mai preoccupato di sembrare
normale quindi adesso è arrivato alla logica conclusione che non gliene
importa nulla se qualcuno non condivide la sua idea, dopotutto
l’importante è averne una, si dice.
E
probabilmente ha ragione.
Però
quando suonano alla porta così insistentemente si scuote e spalanca gli
occhi, seguendo i suoi pensieri contorti questo gli suona come una
specie di risposta mandata a lui da qualche Dio che doveva aver avuto
pietà della sua stupida umanità.
Apre
e la sua vista non riesce subito a cogliere tutto quello che gli si
presenta davanti, Alistair sostenuto da Syren e con uno sguardo…
-oh
uno sguardo-
Da
animale in trappola, Shadè in braccio a Fabien e l’espressione vuota da
bambola rotta, la mano che aveva alzato per salutarli scivola lungo il
corpo mentre si sposta per farli entrare e intanto la sua mente si
sblocca cercando di lavorare a velocità supersonica per dare un senso a
quello che vede, solo che non è facile, immagina che Alistair sia
scoppiato in qualche modo, vede il sangue e rabbrividisce, dev’essere
stato suo padre, non c’era dubbio, ma cosa centrano Syren e Fabien?
Si
scuote ma non fa domande, per ora ci sono cose più importanti da fare
senza preoccuparsi di saziare la sua curiosità, prende il suo ragazzo
sostenendolo per la vita e lo porta in bagno, accende l’acqua bollente
e intanto che si scalda comincia a togliergli i vestiti insanguinati,
il ragazzo non reagisce, alza solo lo sguardo un po’ smarrito e si
ferma un attimo a contemplare Jhoann inginocchiato che gli stà
togliendo i pantaloni, la sua testa bionda riflette la luce debole del
sole che tenta di entrare dalla piccola finestra, e forse ci
riuscirebbe se non fosse per le tende tirate.
“cos’ho
fatto Jhoann?”
E
in questa domanda sussurrata il biondo non vi coglie nulla di retorico,
bensì uno stupore genuino per qualcosa che realmente non riesce a
capire, come se la sua mente si fosse azzerata e avesse deciso di
ripartire da zero.
Una
cosa strana, Ali non è mai fuggito dalla realtà, o almeno nei limiti.
Si
interrompe e si alza coi Jeans in mano, li lascia cadere per afferrare
il viso del ragazzo, forte e allo stesso tempo dolce, non permetterà
che si perda, non lo permetterebbe mai, e sente che Alistair non vuole
realmente una risposta, non gli interessa davvero, quel che vuole è un
appiglio sicuro per continuare a navigare. Così lo abbraccia, forte,
più forte che può, lo abbraccia fino a fargli quasi del male, per
tentare di fondersi un’altra volta con lui, come ha fatto tante volte
in passato, sente che adesso è più importante che mai. Solo dopo un po’
sente i muscoli del suo ragazzo rilassarsi e la tensione affievolirsi,
allora si stacca leggermente e gli toglie la maglia, si sono lasciati
da nemmeno due ore, cosa può essere accaduto in quel lasso di tempo?
-il
mondo può crollare in 5 minuti Jhoann…non fare affidamento sul tempo,
esso è mutevole e inganna chiunque si avvicini ad esso con un intento
poco più che adorante-
Ma
lui non ci crede, si aggrappa a quella piccola speranza e mentre
accompagna Alistair sotto il getto frustante dell’acqua cerca di non
pensare a nulla per ora, adesso solo far riprendere Ali è importante,
solo questo. E mentre la doccia lava via il sangue aiutata dalle mani
di Jhoann, finalmente il suo viso riprende colore, dai suoi occhi
sparisce quella patina di irrealtà che l’aveva colto e vede Jhoann, lo
vede realmente, gli ferma le mani e le afferra, trascinandolo con se
sotto l’acqua che impietosa continua a scorrere inzuppando i vestiti di
Jhoann, può quasi percepirlo, la precisa, esatta, certezza che loro due
non sarebbero mai crollati, anche se il mondo stesso si fosse rivoltato
contro di loro, anche se il destino dopotutto esistesse e si accanisse
contro di loro, loro non si sarebbero mai arresi.
È
con questa determinazione nello sguardo che Alistair bacia con foga
Jhoann, trascinandolo per un momento nella sua mente, permettendogli di
percepire il baratro di disperazione in cui era caduto per poi
rialzarsi, dicendogli silenziosamente che finché avesse avuto fiato
avrebbe continuato a lottare per cercare di regalare a tutti loro un
po’ di serenità.
Molti
attimi dopo escono dal bagno fradici entrambi ma finalmente lucidi e
Jhoann ha appena il tempo di abbracciare con lo sguardo Shadè
rannicchiata contro Fabien che la medica come può e Syren col cellulare
in mano che la bomba è sganciata.
“Ho
chiamato la polizia”
Dice
solo Syren ma Alistar lo guarda terrorizzato per poi serrare gli occhi
e la mano di Jhoann ancora stretta alla sua e annuire.
“Hai
fatto bene”
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