FOLLIA
5
CAPITOLO
GOING’
HOME
Vieni a
prendermi
Ho
sanguinato per troppo tempo
Proprio qui,
proprio ora
Voglio
smetterla in qualche modo
(korn)
Jhoann osserva
la
schiena di Fabien allontanarsi e sembra che abbia visto
un
fantasma, si stringe nuovamente ad Alaistair
circondandolo con le
braccia forti, annegando nel suo calore, sapeva
che tornando in
città avrebbe rivisto il suo
ex ragazzo ma
non pensava
così presto. Quello è Fabien, il fratello di
Syren.
Syren, coi suoi morbidi capelli castano
chiaro e gli
occhi
profondi, sempre sottolineati dal Kajal, la pelle candida e
profumata. Dio
quanto lo aveva amato. Lampi di lui gli
scorrono
negli occhi, la sua voce, la sua espressione mentre canta, il suo
cuore… nonostante tutti i suoi atteggiamenti
disinvolti era
straordinariamente puro, come un bambino. E lui
l’ha spezzato.
Andandosene così, senza dirgli nulla e
portandosi
dietro
il ricordo della sua voce e delle sue labbra. Gli
erano entrate
negli occhi, quelle due immagini,
come la
percezione di una
felicità assoluta e incondizionata.
Se le sarebbe
portate
dietro per sempre . Perché è così
che ti
frega la vita, ti piglia quando hai ancora
l’anima
addormentata
e ti semina dentro un immagine, un odore o un suono, che
poi non
te lo togli più. E quella lì è la
felicità.
Lo scopri dopo quando è troppo tardi. E già sei per
sempre un esule: a migliaia di chilometri da quel suono,
da quel
immagine, da lui. Alla deriva. Lontano da Syren.
Nella testa solo
l’orribile certezza della sofferenza che provava in quel
momento, quando era partito senza dire nulla.
Quante volte se
n’era pentito…tante troppe. Il viso ferito di Syren
l’aveva
perseguitato tutte le notti, Forse avrebbe
dovuto rimanere
e
affrontare con lui tutto quello. Tutto quello che aveva
dentro.
Ma non ce l’aveva fatta.
Alaistair si
scosta di colpo, come se
solo in questo momento si sia
reso conto di quello che sta
facendo, delle
braccia di
Jhoann intorno a lui, delle sue che
ancora lo avvolgono
protettive. E il vuoto che sente ora, ora che
non ha
più
il ragazzo biondo fra le braccia, è
insopportabile. Così innegabilmente
forte che d’impulso
alza la mano e sfiora il
livido che si
è appena formato su
Jhoann, lieve, dolce. Sa quanto
può fare male. “sono
Alaistair” dice sempre
accarezzandolo e
lo sente rispondere “Io
Jhoann” e il desiderio di annegare ancora
nei suoi occhi
azzurri, profondi come il
mare e puri come
il cielo è
soffocante. Tanto da spaventarlo, da
ritrarre la mano
all’improvviso e guardarlo smarrito,
perché
si sente
così? Lo desidera…ma non è solo
questo, è
dolcezza,
è passione, è la sua espressione
tormentata, è
tutto questo.
Penetra dentro.
*no…no!
Sono pazzo! Non posso innamorarmi
adesso, non posso
assolutamente…non ce la faccio.*
E Jhoann gli
sorride, come
se gli avesse letto nel pensiero e
volesse dirgli che va tutto
bene, che capisce.
Alaistair
è lucidamente consapevole di
avere l’anima lisa come una
ragnatela abbandonata. Uno sguardo
–anche solo uno
sguardo- la
potrebbe squarciare per sempre. Non
sa tutto con precisione,
non sa molte cose Jhoann… ma sa che
anche la
sua anima
è a un passo dallo spezzarsi. Lo era
stato tante volte in
passato. Una continua sofferenza che lo
dilania
dentro, senza
motivo, c’e solo questa voglia di vivere
e l’angoscia
mortale, enorme, di non sapere come. Vuole
vivere
di sensazioni, escludere idee, concetti, emozioni, sentimenti.
Così forse non avrebbe più sofferto.
Così forse
quest’insostenibile
insoddisfazione sarebbe svanita. E quando
i suoi amici gli
fecero l’assurda proposta di attraversare
l’Europa
in autostop, lui accettò. Gli parve un buon
sistema per
squarciare la sua anima definitivamente. In fondo era
solo un altro
modo di correre incontro a un treno in corsa.
Non
funzionò, comunque, nemmeno quello. Jhoann partì
da
Torino esattamente un anno fa, senza salutare
nessuno /la sua
famiglia, Syren / ma il suo demone personale, inaspettatamente
rimase a Torino.
Viaggiava e
disegnava, i monumenti, le città
e le persone che vedeva. Ogni
pietra era una parola e ogni cuore
che sfiorava era un pezzetto di lui che riusciva ad afferrare per
tranquillizzare il suo cuore, e sui suoi disegni effimeri, come di
sensazioni sconfinate e di nostalgie eterne, si posavano lentamente i
fantasmi della sua mente. Attraverso l’Europa, fino in Olanda
gli
riuscì
di respirare la quiete.
“ti ha
fatto male?”
“chi?”
“lui”
“non
fisicamente”
E poi
più
niente.
Alistair lo
capisce perfettamente. Le percosse di suo
padre non sono
niente, quello che gli scatena dentro…quello
è tutto. Sono ancora vicini, tanto che possono sentire il
calore dell’altro inebriarli, ognuno con la sua sofferenza
dentro, simile eppure diversa, qualcosa che assomiglia alla
follia.
“usciamo
da qui”
Si alza, Jhoann,
trascinandosi
dietro Alistair, lo porta fuori, in
città, e mentre
camminano immergendosi fra la gente Alistair
ascolta il ragazzo
biondo che racconta di come è
immensa una strada e di come
è grande l’Europa. Racconta con voce lenta.
Infinita. Ma
a un tratto si interrompe e voltandosi verso
l’amico sussurra
“che faccia avevo?”
“
quando?”
“quando
mio padre mi
ha dato quella sberla”
Riflette un
attimo. Quasi a voler
catturare di nuovo quegli istanti
“la
faccia di uno
smarrito”
Lo sa Jhoann. Lo
sa benissimo che faccia aveva. Quel
pomeriggio con
suo padre e Tutte le altre
volte.
“ogni
tanto penso che tutto questo fuggire da me non serva a nulla. A
volte penso che solo un ragazzo spaventato e perso come me
può
fare un viaggio del genere. Sotto non c’è altro…
lo
capisci? È la magia di un viaggio… sfiori le cose
senza
farti travolgere… stai in un posto e puoi andare ovunque…
sentirsi dentro e sentirsi fuori, contemporaneamente.
Se tu vuoi
una cosa ma ne hai paura non hai che da fuggire da
essa…in
questo modo esisterà solo nel tuo ricordo e tu
sarai al
sicuro. Potrai andarle vicinissimo eppure rimanere al sicuro, non
c’è altro, io viaggio per fuggire da me
stesso, dai
desideri, perché anche questo è un modo di salvarci…
nella strada, nella fatica, nelle sensazioni, li dentro
si
rifugiano i desideri, al riparo della paura…per non pensare. Lo
capisci tu, tutto questo?”
Forse lo capisce
tutto quello
Alaistair. Pensa che anche lui avrebbe
voluto fuggire, ma non da
se stesso, da suo
padre. E pensa a
tutte le volte in cui ha avuto
paura in vita sua e a quella
che prova ancora adesso. Lo capisce,
tutto
quello, in
qualche modo deve averlo capito se alla fine
invece di rispondere
dice, più semplicemente
“sai
una cosa Jhoann? Sono felice di averti incontrato. E non
perché
ho bisogno di distrarmi o perché mi piace starti a
sentire…non
solo per quello… ma per come sei tu. Hai dei pensieri vivi,
reali, e dei desideri struggenti… ed è
bello ascoltarti.
Veramente.”
Per un attimo
dimenticano tutto, i problemi, loro
stessi, tutto.
Si perdono uno
nell’anima dell’altro.
Ed
è incredibile perché è la prima volta
che
entrambi si confidano in
questo modo, che parlano così. La
prima volta.
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L’orribile
casa rosa strappa a Shadè una smorfia disgustata…
offende oltremodo il suo senso estetico. La voglia di fuggire
è
fortissima, scappare, cercare di mettere in salvo gli ultimi
brandelli della sua anima. È confusa. Vede delle cose,
persone, voci…strane, sente la sua mente andare in pezzi e
resistere a quell’orribile disgregazione di se è
pura
utopia. Ma ha
promesso ad Alistair che avrebbe tentato, così
adesso allunga la mano, prima inizia prima finisce questa
tortura, prima può tornare nel suo mondo di sogno, prima
che
lei possa avere il tempo di suonare, la porta si spalanca e una
voce dolce e chiara la saluta “ ciao
Shadè… entra!
Ho
pensato che il campanello potesse spaventarti” Si stringe le
braccia intorno al corpo, quasi per proteggersi dal freddo
tremendo di quella giornata, sembra che debba spazzare via i
pensieri, i sentimenti, ogni cosa. Si passa le mani nei capelli e
guarda Fabien, ma non negli occhi.
Possono quasi
sentirlo.
L’assoluta
certezza che qualcosa sta' per cambiare
nelle
loro anime, tutta quella sofferenza, quel dolore
incredibile e la
certezza che è tutta un illusione, dove
l’avrebbero
portata?
Ma forse
è scritto che dovessero succedere quelle
cose in processione,
prima che arrivasse quel momento, prima che
Shadè
andasse da Fabien. Una in fila all’altra ma anche
un po’
una dentro l’altra. Stipate nella vita. La morte della
madre di
Shadè e Alaistair, le lacrime vere e quelle
false, Jhoann e Syren,
Syren e Jhoann, gli occhi di suo padre, la
nostalgia di
come parlava la madre di Shadè, l’odio
scivolato a
tradimento nella testa, gli anni uno dopo l’altro,
la mano del padre
su di se, piccoli miracoli, aspettare che
passi,
ricordarsi di quando Syren andava da lui a giocare e a
ridere. Syren che se ne andava distrutto, le debolezze e le
vendette, la forza di Fabien nell’andare da suo fratello e
tirarlo fuori da tutto quello, la follia di Shadè. Un sacco
di roba. Come una lunga attesa. Sembrava che non dovesse più
finire, e forse non sarebbe mai finita se alla fine Shadè
anziché scappare da Fabien non fosse entrata in casa, in un
silenzio che è quasi poesia e morte e vita.
Forse anche
lei sta cercando un sistema per salvarsi. Però nonostante
tutto sente la paura, /tremenda paura, viscida e insinuante/ che
si nutre di lei.
Come un mostro
assetato di orrore.
E la
situazione non migliora di certo quando vede un pazzo esaltato
correre incontro a Fabien e abbracciandolo sussurrare
“mi
tradisci così?” gli occhi le si spalancano in un viso
già pallido di suo, che per l’occasione sbianca
ancora di
più, lo sguardo passa dai capelli multicolori
all’abbigliamento
così aderente che non è che si
intuisce tutto…si vede proprio! Un
moto di ammirazione passa
come un
lampo
nell’anima...in fondo anche lei avrebbe voluto
essere così.
Invece sente che si sta perdendo. Non sa più
cosa è vero e cosa no, non
sa come reagire alle cose…tutto
le fa paura.
Anche un rumore
troppo forte se la potrebbe portare
via e a lei non
dispiacerebbe. Se solo ne avesse il coraggio. Se
solo
l’avessero lasciata in pace. Fabien allontana il fratello
mormorando fra i denti “ non è il momento razza di
pazzo
esaltato che non
sei altro” sempre restando appiccicato a lui,
Syren si volta fino a guardare negli occhi Shadè, gli occhi
neri come un mondo senza sogni, pare vogliano divorare il
piccolo
viso, occhi da bambina eppure da donna. Occhi
impauriti che
scappano cercando per la stanza un
appiglio per non
guardarlo. Si
avvicina a lei sotto la sorveglianza di
Fabien e fermandosi a 20
cm dice a bassa voce /in modo che lei non
si spaventi e il suono
delle parole non rimbombi
nell’aria come uno sparo/ “ io sono
l’amante di quel bellissimo
ragazzo che ti ha aperto la
porta…perciò se vuoi fare sesso
con lui devi prima
chiedere a me!” no. è troppo vicino.
Perché le fa
così paura il fatto che un uomo le si avvicini?
Perché
ogni volta che pensa a suo padre si sente come
frantumare? Corre
a proteggersi dietro Fabien,
proprio dietro
di lui, in una muta
richiesta d’aiuto.
Sa che non deve
toccarla, che nessuno
deve farlo. E istintivamente
allarga le braccia per celarla alla
vista di Syren e con
un’occhiata supplichevole sibila “vattene
per favore” lo sguardo che
gli lancia il ragazzo è tutto
fuorché rassicurante…però
almeno raggiunge lo
scopo! La vista della ragazza gli ha
procurato un tuffo al cuore
come sempre, ma sa di dover andare
piano con lei, con tutta la
dolcezza di cui dispone. La
conduce nel salotto elegante e la fa
accomodare su una sedia
“ io metto su un po’ di musica”
piano, per non spezzare il
silenzio che si è creato,
preferirebbe parlare ma sa che lei
non ne è in grado…
così riempie il silenzio altrimenti
imbarazzante con le
note dolci e malinconiche del ‘notturno’
di Chopin. “ mio
fratello non sopporta stà musica”
dice ridendo “ ma io
l’adoro…se ti piace qualcos’altro dimmelo
pure” la guarda
un attimo aspettando una risposta che sa non
arriverà, poi
si dirige anche lui verso il tavolo per iniziare a
spiegarle
qualcosa di storia.
Non parla per
tutto il tempo ma rimane
incantata dal suono caldo della voce
di Fabien, con lui tutto,
anche le cose più
banali, diventa bello. Trasportata in un
altro mondo, non importa se
più brutto o più bello
del suo, basta che sia diverso.
È la prima volta che prova
una sensazione del genere, si sente
avvolta da un tenero
abbraccio…senza che Faben abbia mosso un
dito. È la
prima volta che allunga la mano verso un ragazzo
/ che non sia
Alistair/ e con un gesto quasi pigro e
struggente insieme gli
sistema i capelli che
sono sfuggiti
alla coda, dietro l’orecchio.
Sente la pelle del ragazzo
rabbrividire al contatto delle sue
dita e la voce si spegne in un
mormorio roco, fantastici capelli
setosi e morbidi, ha una
voglia matta di affondarci la mano e
sciogliere la
coda che li imprigiona, ma improvvisamente tutto
quel desiderio
la spaventa. Lei non ha mai provato una cosa
simile per
nessuno. Quel brivido che gli percorre il corpo e la
vista del volto bellissimo di Fabien che la stordisce, cosa
significa? Ritira la mano di scatto, è stata bene con
lui,
il suo continuo parlare non l’aveva infastidita come
avrebbe
fatto con chiunque e l’espressione rapita del viso
le ha fatto
capire che lui crede davvero a quello che dice,
è stato
catturato quanto lei nelle sue stesse parole,
ammaliato, dalla
musica e da loro, dalla tremenda
nostalgia che il
pianoforte di
Chopin suscita, quasi li risucchiasse in
un territorio fatto solo
di sogni e dai suoni ovattati e dolci
che solo la nascita di una
stella può provocare. La
voce dolcissima di Fabien “ è
tardi tuo fratello sarà
in pensiero, vuoi che ti accompagni?” scuote la testa lievemente, non
ha paura di quello
che c’è fuori, solamente di quello che si
cela
all’interno di lei.