CAPITOLO SECONDO
Ma nel cuore
Nessuna croce manca;
È il mio cuore
Il paese più straziato
(Ungaretti)
 
“Non essere megalomane come tuo solito” commentò lei a fatica, quasi come se dire quelle parole fosse la cosa più faticosa che avesse mai fatto “Non sei stato tu e non voglio più sentire questa storia” secca e dura, gli occhi due lame che perforavano qualunque cosa gli si ponesse davanti, “E poi non è davvero a me che vuoi chiedere scusa vero?” più dolce adesso, e lui si chiese come faceva a restare li, davanti a lei, e guardarla, sapendo che in quel momento si stava dimostrando una donna con le contro-palle per dirla alla sua maniera, senza sentirsi un verme. Piccolo piccolo.
Lui amava James più di qualunque altra cosa e aveva fatto davvero l’impossibile per portarglielo via eppure lei era li, e lo guardava come se fosse lui quello con il cuore strappato dal petto. E l’unica cosa che riusciva a provare era amarezza perché in fondo adesso non importava più. Erano morti tutti e tre per Harry, per proteggere quella piccola parte di futuro più importante di qualunque altra cosa e ormai quelle questioni erano così poca cosa in confronto a quello che avevano affrontato che davvero in un certo senso Lily aveva ragione a pensarla così. Ma se chiudeva gli occhi rivedeva ancora quei pomeriggi assolati in cui si fermavano nel parco a combinare danni, appostati dietro qualche tronco ad aspettare il momento migliore per tirare qualche maledizione a Snape, o le labbra di James che lo cercavano affamate e colpevoli, consapevoli che era la cosa più sbagliata e folle e bastarda che potessero fare ma consapevoli anche che la vita ti offre un certo numero di possibilità per essere felice e non torna più indietro… e se loro avevano la possibilità di stringere le mani e afferrarne un brandello allora dovevano farlo.
Strinse gli occhi, il dolore della morte era nulla confronto a questo, questo minuzioso sterminio che gli provocava la vista di lei e non osava immaginare cosa sarebbe successo se avesse permesso ai ricordi di scorrere liberi. Per quindici anni li aveva richiusi dentro, in una scatola in fondo all’anima, li aveva legati così stretti che la vista di Harry per lui era stato come un schiantesimo in pieno petto.
E ancora aveva resistito.
Ma ora…ora che aveva davanti lei era fin troppo facile lasciare al senso di colpa la sua via.
E alla paura la sua strada dritta fino al cuore.
Perché se lei era lì e gli stava implicitamente dicendo che James non c’era avrebbe potuto strapparsi il cuore dal petto -se solo ne avesse avuto ancora uno- e farlo a pezzi perché non era un pensiero tollerabile.
“Riassumendo: sono morto, questo è il Paradiso o qualunque cosa sia, che però ho creato io Ma perché ci siamo solo noi? Un po’ vuoto questo Paradiso” non era il momento di lasciarsi andare, voleva capire più cose possibili su quel posto perché lui non era il tipo che si arrendeva, e i Dissennatori lo sapevano bene, e non c’era cosa che non avrebbe fatto per lui -persino morire se solo non fosse già morto-
“Non è che l’hai creato tu, in realtà ognuno vede il paradiso che si immagina, può essere il posto dov’è stato più felice o un luogo che l’ha colpito o semplicemente le classiche nuvole col cancello dorato” Sirius la guardò interrogativamente e lei si rese conto che essendo un mago non doveva poi saperne molto di quelle cose li, più da Babbani. “Lascia stare… ma il concetto l’hai capito spero: non c’è un vero e proprio paradiso, ognuno ha il suo e può entrare in contatto col paradiso degli altri, entrandoci se desidera o creandone uno assieme” lui si massaggiò le tempie con le dita, faticava a seguirla però ora le cose acquistavano più senso.
E nella sua voce gli parve di scorgere un'urgenza nuova, che sostituiva la calma di poco prima.
E non era un buon segno per nessuno quando Lily Evans perdeva la calma.
“Quindi io non vedo nessuno perché ancora non riesco a entrare in contatto con gli altri…spiriti? A parte te?”
Di nuovo quello sguardo verde vagò attorno a loro, a frugare fra i boschi e gli alberi, continuavano a camminare ma sembravano vagare senza mai trovare una meta, il caldo faceva frinire le cicale però non scaldava il corpo, né li faceva sudare o desiderare del fresco. Era la mancanza di un corpo suppose.
E immaginò che non arrivassero da nessuna parte perché era lui che non aveva una meta. Era strano come man mano che passava del tempo lì cominciava a capirne i meccanismi ed il senso, aveva l’impressione che in realtà anche senza le spiegazioni di Lily ci sarebbe arrivato da solo. Quindi questo poneva un altro interrogativo.
“Uno alla volta” Scherzò lei cercando di controllare l’ansia che ora non riusciva più a nascondere, o almeno a tentare di farlo.
“Esatto comunque. Di solito vedi le persone a te care, quelle a cui tieni di più, la morte è come un richiamo per loro e riescono a trovarti facilmente per aiutarti nel…trapasso”
Ormai cominciava ad abituarsi al fatto che lei gli leggesse nel pensiero e non gli dispiaceva molto la cosa, normalmente non si sarebbe mai abituato a una cosa del genere.
Era quel posto che cambiava le persone?
Per questo lei era così tranquilla all’idea di lui e James?
“In un certo senso sì” rispose lei sfoderando un sorriso malizioso così da marauders da far male al cuore “Però come vedi non cambia proprio tutto…continuo a rispondere solo alle domande che voglio io”
“Sei una mocciosa sfacciata” borbottò.
Altri ricordi.
Sarebbero finiti mai?
Doveva calmarsi e arginarli altrimenti sarebbe impazzito, lo sentiva. E non voleva. Ricordare faceva male, faceva male al cuore e all’anima e a tutto quello che di umano aveva lasciato in lui Azkaban, non voleva ricordare tempi felici che non sarebbero più tornati. Non voleva ricordare il corpo di James stretto a lui e la pelle che scivolava imperlata di sudore non voleva ricordare la felicità estrema e la feroce disperazione che aveva provato la prima volta che aveva fatto l’amore con lui e aveva capito che quella era tutt’altra cosa rispetto al semplice sesso fatto con altre persone che non fossero lui.
Era troppo doloroso.
“Eppure sarà l’unica cosa che riuscirà a salvarlo” commentò lei, la prudenza lasciata ormai alle spalle.
Il cielo cominciava a incupirsi e lui sospettava di sapere perché. La paura che provava, ma soprattutto la paura che vedeva nel volto di lei, era un qualcosa di così assoluto che aveva provato solo poche volte nella sua vita.
E tutte erano state preludio di una disperazione senza fondo e confine.
“Cosa ti divora Evans?” chiese, secco e sbrigativo, non c’era tempo da perdere, questo lo sentiva dentro, come un pugno nello stomaco che mandava impulsi al cervello, quella cosa chiamata istinto che l’aveva sempre fregato -in fondo- ma di cui adesso sentiva di doversi fidare.
“Tu sai che Harry sta bene e che ora ci sono Moony e Albus con lui, per questo non ti sei preoccupato” ora la sua voce era asciutta e aveva un'urgenza che lo che lo confuse per un attimo. Cercò di capire quello che gli stava dicendo e nell’attimo in cui capì che era vero il viso gli si contorse in una smorfia interrogativa “Ma come…?” la domanda vagò sospesa nell’aria, in effetti il primo pensiero era stato per lui ma aveva subito sentito che tutto andava bene e senza che nessuno glielo dicesse aveva saputo come stavano andando le cose.
“E’ questo posto” ora non gli lasciava più il tempo di capire, gli occhi verdi lo fissavano some supplici e non riuscire a capirne il perché lo stava facendo impazzire
“E’ così per tutti…non devi farti domande, non serve guardare o desiderare sapere come vanno le cose sulla terra, tu lo sai, e questa è una certezza che dovrebbe rassicurarti, dovrebbe sempre andare tutto bene perché in fondo noi siamo l’aldilà e se l’aldilà è così non è poi questo gran brutto posto no?” se prima non aveva scorto tracce di risentimento nella voce cristallina di Lily ora cominciava a percepire rabbia gelida che arrivava a ondate, immaginava che il suo Paradiso dovesse essere un posto molto poco piacevole in questo momento.
“Però ci sono cose peggiori della morte no? C’è il senso di colpa per essersene andati in un posto dove nessuno può toccarti, lasciando sulla terra le persone che ami a lottare contro la disperazione e il dolore che ci siamo lasciati alle spalle e ci sono anime che non riescono a sopportarlo e allora fanno una cosa così pericolosa e stupida che pochi hanno fatto senza impazzire o subire conseguenze irreversibili”
La voce si era alzata di tono fino a toccare vette quasi isteriche, il viso chiuso in una maschera di dolore e amarezza. Sirius ebbe davvero paura in quel momento perché se una cosa era pericolosa e con pochissime speranze di riuscita quella cosa avrebbe attirato James come una calamita, specialmente se quella cosa avrebbe aiutato lui.
Lo sapeva con granitica certezza, l’amico per lui avrebbe fatto qualunque cosa, anche morire di nuovo. Lo aveva sempre saputo e c’erano stati momenti in cui questa consapevolezza gli aveva lacerato l’anima fino a farla sanguinare, perché anche lui provava la stessa cosa e avrebbe fatto lo stesso per James, anche se alla fine era riuscito a rovinare tutto fidandosi della persona sbagliata e la rabbia, il dolore e la disperazione provati erano un qualcosa di così grande da annientarlo, da desiderare che i Dissennatori gli portassero via quel poco di anima che ancora era riuscito a salvare, perché se doveva fare così male era meglio essere dannati per sempre.
Ma lui si chiamava Sirius Black e non era abituato ad arrendersi così, senza combattere, senza far pagare l’atrocità commessa in nome di un ideale abominevole: la vendetta era la cosa che lo teneva in vita e lo faceva andare avanti, che lo salvava dal dolore che minacciava ogni minuto di ogni giorno della sua vita da allora di fargli perdere il senno definitivamente.
Desiderato e dolce oblio da ricercare per non pensare alle sue labbra, al suo corpo, ai suoi capelli e alle sue mani.
E ai suoi occhi vuoti, alle pupille nere che guardano vacue una notte infinita.
“Smettila” Quasi lo urlò Lily, gli occhi fiammeggianti nel cielo che ora minacciava tempesta.
“Così non lo aiuti, per cui smettila di sentirti in colpa e apri per un attimo quel cazzo di cervello che ti ritrovi per pensare a qualcos’altro che non sia il tuo dolore!” Sgranò gli occhi, aveva sentito poche volte Lily furibonda e mai al punto da perdere le staffe e diventare sboccata.
“Hai idea di come si sia sentito lui quando ha saputo in che condizioni eri per colpa sua? Per colpa della sua morte? Sai che cosa ha provato quando ti ha visto ridotto in quel modo?” furono parole che lo colpirono fino in fondo all’anima perché era vero.
Non ci aveva pensato.
Eppure la prima cosa che aveva fatto lui era stato preoccuparsi per Harry e solo dopo aver saputo che stava bene era andato avanti.
Quel suo maledetto egoismo l’aveva rovinato già una volta impedendogli di capire Remus e ora aveva commesso l’imperdonabile errore di ignorare proprio i sentimenti di James.
Aprì la bocca ma non uscì alcun suono, come poteva uscire se alla sola idea di formulare la domanda si sentiva morire?
“Esiste ancora” sbottò lei come se dirglielo le fosse costato e avesse preferito tenerlo ancora nel dubbio.
Sempre detto che quella ragazza aveva l’anima di un Marauders.
Il viso di Sirius si rischiarò diventando il ragazzo sbruffone e sicuro di sé di un tempo, la bocca gli si contrasse in un ghigno ed esclamò:
“Potevi fare a meno di spaventarmi in questo modo. Se esiste ancora lo troverò e lo riporterò qui” da me avrebbe voluto concludere, ma sapeva che non era cosa da dire davanti a Lily.