CAPITOLO QUARTO

Il posto che avevano scelto per accamparsi era davvero suggestivo.
Eleonora li aveva guidati in spedizione per buona parte della mattinata, zaini in spalla, cartina in mano e bussola nell’altra. Il suo passato da scout si faceva sentire mentre indicava con sicurezza un sentiero dopo aver consultato la cartina e con precisione infallibile li guidava esattamente dove voleva. Aveva raccolto i capelli in due grossi codini sopra la testa, avvolgendo poi il resto dei capelli su loro stessi in modo che non la impicciassero, appena era scesa conciata in quel modo Manuele non aveva potuto fare a meno di fare una delle sue battutine e, prima che Matt potesse fermarlo, le aveva già dato del lecca-lecca, insinuando maliziosamente che avrebbe potuto leccarla lui per assicurarsi che fosse buona.
Matt aveva scosso la testa ridendo e in quel momento Giò era sceso e li aveva visti così, Eleonora che picchiava Manuele e Matt che rideva tenendosi la pancia, non aveva mai riso così apertamente, sentendosi così a suo agio e Giò lo sapeva; faceva parte di quelle piccole cose che aveva capito di lui, osservandolo costantemente da lontano non appena era entrato a far parte delle loro vite, un anno e mezzo fa più o meno.
In quel momento si era passato una mano nei capelli neri, consapevole che quel giorno erano ancora più spettinati del solito, guardandosi allo specchio quella mattina aveva rinunciato a priori all’idea di infilarci un pettine dentro.
In quel momento Matt aveva girato la testa e il sorriso gli era morto sulle labbra, aggrottando la fronte non aveva potuto fare a meno di preoccuparsi, Giò aveva un aspetto terribile.
Le occhiaie profonde testimoniavano la sua notte insonne e sottolineavano ancora di più i grandi occhi verdi che in quel momento sembravano voler divorare il resto del viso, pallido come un cencio.
Non si era nemmeno fatto la barba e quella peluria nera sottolineava la mascella volitiva e le labbra carnose.
Non riusciva a fare a meno di preoccuparsi per lui, di chiedersi cosa fosse successo, fino a che Manuele si alzò e andò dal suo amico.
Non rideva più.
Lo aveva guardato seriamente e in quello sguardo c’era stata una conversazione che solo loro due erano in grado di capire, Matt era riuscito in parte a decifrarne il senso nel modo in cui gli occhi di Giò guardavano accusatori quelli di Manuele e nel modo in cui Manuele ricambiava quello sguardo intensamente, con una serietà che nessuno gli aveva mai visto. Quando quello scambio terminò sembravano tutti e due più sereni e si sedettero accanto scambiandosi battute sarcastiche e parlando di tutto come al solito.
Eleonora aveva sorriso e aveva servito il caffè mentre Matt si era ritrovato ad invidiare il rapporto che evidentemente li univa, erano amici da una vita e si vedeva, la loro intesa aveva dello straordinario; non c’era stato bisogno di dire mezza parola, Giò aveva domandato e Manuele aveva risposto, ed ora era sicuro che tutti e due sapessero esattamente cosa fosse successo e cosa pensasse l’altro senza che nemmeno una sillaba fosse uscita dalla loro bocca.
C’erano amicizie così, che ti travolgevano quando magari stavi pensando a tutt’altra cosa e ti costringevano ad alzare gli occhi sulla persona che ti era improvvisamente piombata addosso e in quel momento la riconoscevi.
Non avevi nemmeno avuto bisogno di cercala, ti era capitata davanti e avevi capito che ci sarebbe stata sempre e che di lei potevi fidarti più che di te stesso. Avresti potuto mettere la tua vita nelle sue mani certo che quella persona l’avrebbe protetta e quando capitava qualcosa che ti feriva sapevi che sicuramente una ragione c’era, continuavi a fidarti nonostante le apparenze perché dubitare era pura follia.
Avere un amico simile era come avere un pezzo di anima riposto in un’altra persona e non si dubitava della propria anima.
Matt capì tutto quello guardandoli e si scoprì ad invidiare intensamente un legame del genere, scevro da ogni aspetto romantico nel significato più stretto del termine, ma pregno di una valenza emotiva e di un significato intrinseco così profondo da superare qualunque altro legame con chiunque altro.
Poi Eleonora aveva trillato allegra che quel giorno voleva portarli in un posto speciale, di preparare il necessario per una notte e prendere i sacchi a pelo che erano sistemati in soffitta.
Tutti avevano accolto l’idea entusiasti, tutti tranne Jessica ovviamente, che si era lamentata intimando a Giò di rimanere li con lei, che lei non aveva intenzione di infilarsi in nessun bosco e che era sicura che il posto fosse magnifico ma quelle cose non facevano per lei.

“Giò che ti costa rimanere qui con me?Dopotutto questa è anche la nostra vacanza, me l’hai detto tu per convincermi a venire no?Beh abbiamo la possibilità di restare soli ora!” Gli aveva detto fissandolo supplice con i grandi occhi castani che aveva sottolineato sapientemente con matita e ombretto. Giò non era stupido, sapeva che Jess aveva ragione e che quella sarebbe stata la cosa migliore da fare, migliore per Matt che non li avrebbe avuti sotto gli occhi e migliore per lui e Jess, per provare a far funzionare meglio un rapporto che lui sentiva sempre più distante.
Aveva fissato il volto bellissimo della compagna, sospirando, era davvero perfetta, la bocca piccola e ben disegnata, gli zigomi alti e la pelle liscia e leggermente abbronzata, i capelli lisci le cadevano lucenti sulle spalle. Era bellissima ma non riusciva a godere della sua compagnia come prima, di lei l’aveva colpito il suo essere sempre appropriata in ogni situazione, le sue battute maliziose e i suoi sguardi insinuanti, l’aveva divertito con i suoi commenti sarcastici fatti alle altre ragazze, commentando il loro abbigliamento. Una punta di acidità c’era ma lui sapeva che lei non lo faceva con cattiveria, in fondo era una ragazza gentile, le piaceva vestirsi alla moda e frequentare un certo tipo di locali e sicuramente all’inizio aveva insistito per mettersi con lui per via della sua popolarità, ma poi aveva finito col tenerci davvero, lo capiva da come lo abbracciava, si faceva piccola piccola contro di lui e non faceva il minimo movimento se non era necessario, gli faceva una tenerezza infinita. Sapeva che il suo voler essere perfetta e criticare sempre chi non lo era nascondeva una fragilità di fondo che lei cercava in tutti i modi di superare e l’ammirava per questo. Ma non riusciva a tenerci quanto teneva agli altri e di questo gli dispiaceva davvero.
“Hai ragione piccola ma ho davvero voglia di andare a vedere questo posto e passare una notte fuori, dai dev’essere divertente!” solo che il loro concetto di divertimento era estremamente differente e lui lo sapeva.
La vide contrarre le labbra in una smorfia amara “Ho sempre saputo che i tuoi amici sono più importanti di me, ma pensavo che venendo qua ti avrei dimostrato che ero disposta a fare un passo verso di te e che forse in questo modo anche tu ne avresti fatto uno verso di me”
Giò sospirò posandole una mano sulla guancia, accarezzandola lievemente “Non sono più importanti…lo sono in maniera diversa, io tengo a tutti e due… per questo vorrei che tu venissi con noi” sapeva di non essere sincero, sapeva che lei aveva ragione per l’ennesima volta e che in effetti aveva sempre reputato i suoi amici più importanti, ma ammetterlo apertamente voleva dire chiudere tutto con lei, e non era ancora disposto a farlo. Lei gli regalava la normalità che lui agognava con tutto se stesso, lei così apparentemente sicura di sé e perfetta e invece così fragile e vulnerabile, lei che non avrebbe mai voluto ferire e che sapeva diventare una belva quando qualcuno lo faceva.
“Vai con loro allora. Vai con loro e divertiti e non azzardarti a dirmi più una balla come questa perché nonostante tutto quello che tu puoi pensare non sono un idiota Giò” e detto questo se n’era andata di sopra infuriata, lasciandolo li a prendersi la testa fra le mani e a dirsi che stava solo combinando un casino più grande dell’altro e nessuno si meritava una cosa simile. Era andato con gli altri alla fine, sicuro che Jess gliel’avrebbe fatta pagare al suo ritorno, e amaramente.

Così ora si ritrovava a fissare a bocca aperta lo spettacolo che gli appariva davanti, rivoli d’acqua scendevano dalla montagna, inseguendosi fino a schiantarsi al suolo in una pozza d’acqua di un blu così intenso da poterlo solo immaginare. Gli alberi proteggevano in parte quello specchio d’acqua, allungando i loro rami verso il laghetto e creando l’illusione che quel posto fosse davvero un prezioso segreto di cui solo loro erano a conoscenza.
“Dio Ele…è davvero meraviglioso” Mormorò Nana rivolta verso l’amica che le scoccò un occhiata orgogliosa. Alzando la mano con l’indice puntato verso il cielo ordinò:
“seguitemi ora, ciurma!”
E Manuele si era portato la mano alla fronte, eseguendo il saluto militare:
“Sissignora!Tutti all’arrembaggio!” esclamò facendo chiaramente il verso a One Piece e al piglio da capitano che aveva assunto la ragazza.
Ridacchiarono tutti cominciando a cantare la sigla del cartone a gola spiegata e scendendo lungo il sentiero che indicava loro Eleonora, fino a giungere sulla riva del’laghetto e scoprire cosa la vegetazione impediva loro di vedere. Una serie di piccole grotte si aprivano sulla parete della montagna, coperte da felci e morbido muschio verde.
Dando loro le spalle godevi appieno della vista della cascata, mille raggi di luce colpivano l’acqua creando arabeschi intricati sulla sua superficie.
Manu tirò su col naso posando lo zaino “beh direi che potremmo battezzare questo lago no?” disse, e senza aspettare risposta si tolse le scarpe e si gettò in acqua così com’era, con tanto di vestiti addosso.
Giò rise e lo imitò, senza aspettare di vedere cosa gli altri avevano intenzione di fare, la discussione con Jess ormai dimenticata.
E tutto sfumò nella gioia di stare con i suoi amici, mentre Eleonora li seguiva ridendo e Nana scuoteva la testa afferrando Gabriele e costringendolo a immergersi con loro, schizzando Matt che era rimasto sulla riva. Tutto sfumava mentre Manuele e Giò guardandosi complici uscirono dall’acqua per afferrare Matt, caricandoselo in spalla e buttandolo a peso morto in acqua, incuranti delle sue proteste.
Era un momento talmente perfetto che, quando uscirono ormai stanchi e infreddoliti, si guardarono scoppiando a ridere si gettarono a terra rimanendo in silenzio per un po’.
In quel momento Matt si rese conto che non avrebbe mai voluto perderli e che forse loro erano davvero le persone giuste, quelle capaci di capire tutto di lui e di accettarlo per com’era. Quelle che lo avrebbero sempre sostenuto e che lui avrebbe sostenuto sempre.
Mentre Eleonora e Nana parlottavano fra loro sottovoce e gli altri si godevano il meritato riposo dopo una lotta all’ultimo sangue su chi si accaparrava il pezzo di prato migliore, Gabriele, nella sua sconfinata ingenuità, fece l’unica domanda che aveva il potere di rovinare quell’atmosfera rilassata che si era creata:
“Ma Jess come mai non è venuta?” Gabri era un ragazzo estremamente buono e dolce, ed era davvero l’unico a trovare il modo di andare d’accordo con tutti e trovare in ogni persona il lato positivo.
Per un attimo solo gli uccellini gli risposero, e anche nel loro cinguettio al ragazzo parve di notare una nota di rimprovero.
“Ho detto qualcosa che non va?” Chiese esitante, notando il gelo che era sceso sulla radura.
“Ma no… tutti adoriamo quella cara ragazza”
Uno sguardo omicida di Giò andò a posarsi sul profilo di Manuele che aveva appena parlato.
“E tutti siamo distrutti dal dolore al pensiero che lei sia tutta sola in quella grande casa… povera cara” Matt voltò la testa verso l’acqua riflettendo per l’ennesima volta su quanto Manuele potesse essere un amico prezioso; aveva capito l’imbarazzo di Giò e la stretta al cuore che aveva provato sentendo quel nome, e stava alleggerendo l’atmosfera riuscendo a far ridere tutti.
Giò intervenne prima che Manuele sproloquiasse ulteriormente e nella sua voce Matt percepì un tono incerto, come di chi avrebbe voluto assolutamente dire qualcosa ma si trattenesse per paura di ferire gli altri.
O se stesso.
“Non se la sentiva di venire, non stava molto bene”
Si voltò per un attimo a guardare Matt e in quell’istante nello sguardo verde dell’amico gli riuscì di leggere tutta la confusione che provava e la stanchezza che stava crescendo in lui. Tutti i suoi sogni, i suoi progetti, tutte le illusioni che aveva cullato per sedici anni di vita… tutto stava andando in pezzi minuscoli, così minuscoli da pensare che le loro schegge avrebbero vagato per sempre nelle sue vene, correndo a velocità supersonica verso il cuore.
Prima o poi l’avrebbero infranto.
E Jess era solo lo scudo che momentaneamente lo riparava dalla rovina, ma era uno scudo pieno di crepe e troppo debole per sostenere tutto quel peso, e Giò ne era consapevole.
Non avrebbe retto a lungo e il terrore di sapere cosa sarebbe successo quando finalmente lo scudo si sarebbe infranto e i pezzi di se stesso l’avrebbero ucciso, lo stavano lentamente portando a impazzire.
C’era paura in quello sguardo, paura e desiderio e una richiesta di aiuto così disperata che non riuscì a restare indifferente.
Così avvicinò un poco la mano alla sua, il palmo strisciò non visto sull’erba e arrivò con le dita a sfiorare quelle di Giò che tremavano lievemente.
Appena sentì quel piccolo contatto il ragazzo sospirò, e Matt percepì distintamente come quel sospiro fosse il preludio di una sconfitta.
La sconfitta di tutto quello che si era sempre imposto su se stesso.
La mano di Giò afferrò la sua e strinse, così forte da fargli male ma non importava, nulla importava perché sentiva Giò andare a pezzi e non aveva mai voluto quello. Non aveva mai voluto essere felice a costo della felicità dell’altro ma c’era un prezzo per tutto e spesso le cose che facevano più male erano quelle che dopo ti portavano a un passo dal paradiso.
Loro erano a un passo dal paradiso ma quel passo doveva compierlo Giò.
Matt accarezzò lentamente il dorso della mano col pollice, non voleva essere un gesto malizioso o provocatore ma era al contempo così intimo e perfetto che Giò si sentì davvero perso per un attimo. Chi altri sarebbe mai riuscito a fare un gesto tanto semplice eppure così giusto se non Matt? Sentiva tutto il calore che l’altro con quel gesto aveva voluto infondergli e sentiva anche tutte le parole che avrebbe voluto dire. ‘Ci sarò sempre’ stava a significare quella mano ‘solo io capisco davvero come sei, solo io sono in grado di camminare nei labirintici spazi della tua mente senza perdermi, e non importa cosa farai, importa il fatto che io ci sarò in ogni caso. Perché voler bene vuol dire questo.’ Poteva percepirlo dal modo in cui gli occhi di quel castano così caldo lo stavano accarezzando lievemente, dal modo in cui le sue labbra si erano atteggiate a un sorriso quasi tenero e dal modo in cui nell’espressione del suo viso non ci fossero astio o disprezzo.
Era con lui qualsiasi cosa avesse fatto, qualunque decisione avesse preso, e in un modo o nell’altro lo avrebbe sostenuto comunque.
Non era possibile continuare a far finta di nulla con quella consapevolezza dentro, chi altri sarebbe mai stato in grado di fare una cosa simile maledizione? Quello che Matt stava facendo aveva dell’assurdo e non era assolutamente giusto che lui prendesse tutto questo dal ragazzo senza dargli nulla in cambio, quando tutto quello che voleva era assaggiare ancora le sue labbra e sbatterlo al muro baciandolo fino a farlo soffocare come stava soffocando lui.
Giò si morse le labbra e senza lasciare la mano lentamente la alzò e se la portò alle labbra, non sapeva ancora cosa fare ma sapeva che quella era una cosa che avrebbe voluto fare da sempre e ‘fanculo a tutto, lui non era il tipo che ci pensava su due volte.
Gli baciò le nocche, una a una, nessuno li stava guardando e anche se fosse stato in quel momento onestamente non gli interessava.
Era un attimo solo loro, come sospeso nel tempo.
Lasciò che labbra indugiassero sulla pelle chiara, sentì distintamente Matt trattenere il fiato ma non smise, a occhi chiusi fece scivolare la bocca sul dorso, lasciando scie umide dietro di se, fino a posarsi sul polso e schiuse le labbra per succhiare una piccola porzione di pelle.
Non era bisogno come la prima volta che avevano fatto sesso assieme, questa era tenerezza.
E quanto aveva desiderato farlo fin dalla prima volta che l’aveva visto solo ora se ne rendeva conto.
Solo ora che le labbra non accennavano a voler lasciare la pelle di Matt, avrebbe voluto risalire verso il braccio per poi perdersi nuovamente sul suo corpo ma andava bene così per ora.
Per ora voleva solo sentire i respiri spezzati di Matt e le chiacchiere senza senso di Manuele, al solo scopo di distrarre gli altri.
Per ora voleva solo chiudere gli occhi e concentrarsi sul sapore un po’ salato che sentiva sciogliersi in bocca e in quel momento capì che non avrebbe potuto stare ancora senza quel sapore, senza quella tenerezza, senza quella passione, senza quello sguardo su di se.
Ormai le schegge erano arrivate al cuore, distruggendolo.
“Ragazzi anche se fa caldo, qui la sera la temperatura scende abbastanza, è il caso di accendere un fuoco per scaldarsi quando scende il sole” la voce di Eleonora li raggiunse spingendoli a staccare le mani di scatto, imbarazzati, e guardare la ragazza con uno sguardo che definire spiritato era sminuirlo.
Non si era accorto che fosse passato tutto quel tempo ma guardando il sole si rese conto che in effetti stava per scendere la sera e loro non avevano nemmeno pranzato. Un certo langurino si stava impossessando di tutti loro.
“Poi penso che le grotte siano abbastanza grandi da contenerci in due gruppi da tre, così non avremo freddo” Nana annuì alzandosi in piedi “quindi chi va a prendere la legna?” non aspettò risposta, si diresse verso Giò e Matt e dando un calcio a testa ordinò “su in piedi e lavorate” con il suo solito piglio deciso. Sentì Gabriele ridacchiare “si ragazzi su, voi raccogliete la legna e noi sistemiamo tutto per la notte, appena tornate accendete il fuoco così cuciniamo le salsicce” Giò e Matt guardarono gli altri sbalorditi, ma cos’era una congiura?
“Ah e ricordatevi di prendere dei piccoli rami ancora verdi per infilzare le salsicce, se no brucia tutto!” esclamò Eleonora “Ma grazie al cazzo eh?Facciamo tutto noi!Cosa ci sarebbe da preparare per la notte scusa?Mica dovete montare le tende!”rimbrottò Giò alzandosi in piedi combattivo, seguito da un Matt taciturno.
“Dobbiamo disinfestare le grotte dai pipistrelli”annunciò Manuele guardandolo ironico “E poi apparecchiare il tavolo con le candele e la cristalleria” Giò lo guardò male per poi fargli un gestaccio, afferrato Matt borbottò un “Idiota” sparendo nella boscaglia.

C’era un silenzio surreale fra loro e Giò non pensava facesse così male.
Sapeva che dopo il gesto di prima gli doveva una spiegazione come minimo ma non sapeva da dove cominciare, non sapeva nemmeno lui cosa pensare e cosa avrebbe dovuto fare ora, figurarsi come avrebbe fatto a spiegarlo a Matt!
Sospirò e aprì la bocca per parlare, senza sapere cosa ne sarebbe venuto fuori, come al suo solito.
“Non appena tu sei arrivato in questa scuola ho sentito che mi avresti fatto male” esordì mordendosi le labbra, non sapeva dove voleva andare a parare, sapeva solo che si era stufato di misurare ogni gesto e ogni parola, lui era una persona istintiva, quello che pensava diceva, non aveva filtri e mettersi a costruirli adesso era stato sfiancante.
Era arrivato al limite, soprattutto dopo l’altra sera, e se non parlava spontaneamente sentiva che sarebbe scoppiato.
Vide Matt irrigidire le spalle, continuando a raccogliere legna voltandogli la schiena.
“Da una parte c’era l’irrazionale desiderio di starti vicino, sapere com’eri, cosa pensavi, mi incuriosivi un casino e non c’era momento della giornata in cui non ti osservassi di nascosto per cercare di capire i tuoi atteggiamenti o perché fossi sempre solo … sembrava non ti interessassero gli altri. Avevi sempre quell’atteggiamento distaccato, quasi superiore, quasi ti sentissi più maturo e intelligente di tutti, mi mandava in bestia! Poi ho capito. Non è che non ti interessavano gli altri, tu avevi una voglia matta di stare con gli altri, solo che non sapevi come fare … avevi paura e reagivi in quel modo, ostentando sicurezza ad oltranza.” Rise leggermente in risposta a un pensiero suo che gli espose subito “Mi ricordavi terribilmente Manu, tanto che ne ho parlato con lui e lui mi ha guardato in un modo strano-me lo ricordo perfino adesso- e mi ha detto che se ero così interessato a te forse dovevo chiedermene la ragione.” Vide Matt voltarsi leggermente verso di lui, si mordeva il labbro inferiore e sembrava non fiatare nemmeno, quasi ad aver paura che un respiro troppo forte potesse fermare il discorso di Giò.
“Fu li che mi spaventai per la prima volta, pensando che Manu aveva ragione, che non era una cosa normale questa ossessione che avevo sviluppato per te, e allora cercai di allontanarmi un po’, di non far caso  a te, ma non era facile … ero già amico di Ele all’epoca e un giorno, per caso, saltò fuori il tuo discorso, sai quello strano ragazzo che non parlava mai con nessuno … così beh insomma anche Ele si incuriosì e ti avvicinò, e scoprì che ti adorava e … beh il resto è storia”
Concluse passandosi la mano fra i capelli, ma perché diavolo gli stava raccontando tutto quello? Erano cose che nessuno sapeva e nessuno doveva sapere e lui che faceva? Le raccontava al diretto interessato!
Ma Matt aveva un espressione così intensa in quel momento che era impossibile fermarsi, sembrava pregarlo con tutto il corpo - proteso verso di lui- di finire il discorso.
Sembrava essere vitale per Matt ascoltare tutto quello che Giò aveva da dire.
“Così cominciammo a uscire assieme e scoprii che mi piacevi anche più di quello che avevo pensato guardandoti da lontano, scoprii che portavi una cicatrice, e non parlo di quella che tu hai nel petto, e scoprii che sebbene tu con noi stessi bene c’era sempre qualcosa che ti impediva di aprirti completamente, di fidarti. Ma al contempo eri sempre attento agli altri, mi piacquero immensamente i tuoi modi gentili e quasi dolci, e l’affetto che ti univa ad Ele, eri tenero e protettivo assieme, eri indubbiamente un uomo ma possedevi una delicatezza e un modo di guardare il mondo che non avevo mai visto in nessun altro mio compagno. Mi hai incantato.” Le guancie ora gli andavano a fuoco, non aveva il coraggio di guardarlo e così fissava il terreno, aveva registrato in un angolo della testa il movimento di Matt che si avvicinava, ma lo aveva ignorato continuando a parlare gesticolando, aveva bisogno di buttare fuori tutto, tutto quello che provava.
“Poi quando quello che provavo fu chiaro perfino a me stesso mi prese un panico da paura. Non potevo, non potevo assolutamente essere gay, non poteva piacermi un ragazzo, non esisteva, così mi misi con Jess e cercai di dimenticare l’attrazione che provavo per te. Ma ci sono cose che non si dimenticano. Non si possono dimenticare e più le reprimi più esplodono e così e successo a me. Quella notte sono esploso. Con te. Salvo poi cercare di affogare in Jess perché pensavo che una volta che ti avrei avuto mi sarei dimenticato di te, mi sarei tolto il pensiero, e invece no cazzo, eri più presente che mai, sei  più presente che mai e io non so più come toglierti dalla testa” finì con la testa sempre più bassa, finché sentì il respiro di Matt davanti a lui e alzò la testa sorpreso, non si era accorto che si fosse avvicinato così tanto.
Non ricordava quanto i suoi occhi fossero grandi e come assumessero sfumature quasi dorate quando era emozionato, come in quel momento, o come i suoi lineamenti fossero spigolosi ma in un certo senso armoniosi e perfetti.
Non ricordava quanto fosse bello baciarlo finché le labbra di Matt si chiusero sulle sue e gli succhiò l’anima assieme al labbro inferiore, gli succhiò il cuore assieme alla sua lingua e quando la intrecciò alla sua sentì che stava intrecciando indissolubilmente anche le loro vite.
Perché il suo sapore lo stava facendo impazzire, erano due mesi che non lo sfiorava e ora la frenesia di averlo nuovamente lo stava uccidendo. Non c’era modo di stargli lontano, non c’era modo di soffocare tutto quello perché ci aveva provato ma aveva finito per soffocare lui stesso.
Gli infilò le mani sotto la maglietta ancora umida, frenetico, non c’era niente al mondo che importasse come toccare la sua pelle e sentire i gemiti che la bocca di Matt gli regalava, e non c’era niente al mondo che gli avrebbe impedito di scendere lungo la sua gola per baciargliela, mordergliela e lasciargli segni che l’altra volta non si era azzardato a fare ma che ora voleva a tutti costi imprimergli. Perché era suo, Matt era suo e lo dimostrò chiaramente stringendogli le natiche e spingendo il bacino contro il suo. Sentì un singhiozzo sfuggire dalle sue labbra e non ce la fece più, infilò una mano dentro i suoi pantaloni e lo strinse, ascoltando rapito i gemiti che si alzavano da Matt e il corpo che si spingeva contro il suo, frenetico, mentre anche Matt gli infilava una mano dentro i pantaloni e finalmente impazzirono definitivamente, ma insieme.