CAPITOLO
QUINTO
Il
ritorno li vide carichi di legna e stranamente vicini, sembrava non
riuscissero a non sfiorarsi anche solo casualmente ma non si
guardavano, preferendo tenere gli occhi puntanti a terra quasi
temessero che una radice gigantesca potesse emergere improvvisamente
dal sottosuolo per mangiarseli.
A
Eleonora scappò una risatina e diede una gomitata a Manuele, il ragazzo
si voltò a guardarli storcendo la bocca in una smorfia: “Cazzo e ora il
livello di diabete in questa casa crescerà vertiginosamente” commentò
sarcastico, la ragazza rise apertamente e replicò ironica:
“Impossibile, ci pensava già Jessica a mantenerlo alle stelle”
continuando a fare quello che stava facendo prima: un ‘niente’
meraviglioso che consisteva nello stare comodamente sdraiata sullo
stomaco di Manuele, quest’ultimo si era sollevato per metà, usando le
mani per puntellarsi e rivolgendo continui sorrisetti irritanti a
Gabriele.
“Beh
ma almeno prima lui non la considerava mentre ora … guardali santo
cielo!” rispose Manuele indicando Giò che aveva posato la legna per
terra e aveva allungato le braccia per afferrare quella di Matt,
sfiorandogli inavvertitamente
la mano e sostandovi più a lungo del dovuto. Lo sguardo che si
scambiarono era assolutamente imbarazzato ma un imbarazzo che li faceva
sorridere inavvertitamente e il mondo per loro poteva pure sparire.
“Ecco
li abbiamo persi:si sono rincitrulluliti anche loro…ti prego uccidimi
prima che io arrivi a fare una cosa del genere!” la supplicò Manuele
guardandola con i grandi occhi blu spalancati, colmi di terrore per la
sorte avversa che avrebbe potuto colpire anche lui un domani lontano.
La
ragazza rise e allungò un braccio per dargli una piccola sberla sulla
nuca, sapeva che quella del ragazzo era tutta scena e che era felice
quanto lei che i due si fossero chiariti, ma tuttavia dubitava che le
cose fossero così semplici, con Matt e Giò non lo erano mai, ed era
pronta a scommettere che rientrati alla Villa avrebbero avuto dei
grossi problemi a gestire la cosa. Conoscendoli si erano saltati
addosso senza poi chiarire la loro situazione né parlare assieme di
quello che avrebbero fatto adesso.
Fu
interrotta dal tono disperato di Manuele che si rivolse a Nana:
“Nana!Dimmi qualcosa di stronzo, acido e cattivo, ti prego!” Eleonora
si mise a ridere convulsamente mentre Nana si limitò ad alzare un
sopraciglio e lo accontentò: “Sei uno stronzo mononeurotico pieno di se
e non trovi uno straccio di ragazza perché ce l’hai piccolo” attimo di
silenzio prima che tutti scoppiassero a ridere e Manuele commentasse:
“Come
insulti tu nessuno mai!” mentre Giò e Matt li guardavano straniti.
“Quando
vuoi” rispose la ragazza alzando una mano con noncuranza verso di lui.
Eleonora
si alzò in piedi trillando allegra verso i ragazzi: “su e ora accendete
il fuoco!” dopo vari tentativi per lo più disastrosi -nessuno credeva
che accendere un dannato fuoco fosse così difficile- si ritrovarono
tutti in mano il loro bastoncino con la salsiccia infilzata che si
cuoceva lentamente. Era bello guardare come il fuoco dipingeva di un
caldo color arancio tutto quanto attorno a loro, sembrava meno
minacciosa la notte e creava un atmosfera suggestiva in cui era
difficile non lasciarsi andare a sussurri lievi e scherzi più o meno
divertenti.
“Sai
vero che dovrai raccontarmi tutti i dettagli” sussurrò Eleonora
stringendosi a Matt, gli aveva circondato la vita con le braccia e
posato la testa sul petto, strofinando la guancia di tanto in tanto,
non lo faceva tanto per la sensazione di calore che le dava stare
abbracciata a Matt, ma perché era troppo divertente vedere gli sguardi
omicidi di Giò, non avrebbe mai detto che fosse così possessivo.
“Se
prima Giò non ti ammazza” replicò atono Matt, osservando come Manuele
non si sforzasse nemmeno di trattenere un ghigno divertito.
Ma
perché aveva degli amici così sadici?
“Oh
sono troppo piccola e tenera per morire” fu la risposta di Eleonora che
alzò la testa per scoccargli un bacio sulla guancia.
“Non
carina e coccolosa?” Matt cercò di mantenere un tono di voce serio ma
non era facile con la scena che aveva davanti: Giò spingeva il suo
bastoncino nel fuoco con aria assassina, tanto che quella povera
salsiccia ormai era carbonizzata, e il ghigno di Manuele si allargava
sempre di più.
“Non
sono mica un pinguino!” esclamò lei ad alta voce, facendo voltare Nana
e Gabriele che erano immersi in un’interessantissima discussione sui
messaggi subliminali della musica Metal.
“Per
fortuna… sei stonata come una campana!” commentò Nana, come se fosse
una cosa del tutto normale sentire la propria migliore amica che nega
la sua appartenenza alla razza dei pinguini.
“Però
so ballare il tip-tap!” rispose del tutto incoerentemente Eleonora,
ecco, rifletté Matt, tutte le volte che qualcuno aveva dubbi sul perché
quelle due fossero amiche lui avrebbe raccontato quella scena: solo
loro erano in grado di seguire i voli pindarici dell’altra ritenendoli
del tutto normali. Nessuno si azzardò a chiedere nulla, solo Gabriele,
nella sua sconfinata ingenuità azzardò un:
“Cosa
c’entrano i pinguini col canto e il tip- tap?”
non
essendosi ancora rassegnato ai loro dialoghi incomprensibili.
La
risposta giunse quasi scandalizzata e all’unisono :
“Non
hai mai visto Happy Feat?”
Il
ragazzo scosse la testa ancora frastornato e l’occhiata che ne ricavò
fu talmente scandalizzata che per un attimo si vergognò di cotanta
ignoranza.
Manuele
posò un braccio sulle spalle di Gabriele scuotendo la testa rassegnato
“Lascia perdere Gabri, sai che quelle due hanno un neurone in comune
che ogni tanto scappa dall’una per andare all’altra”
Gabriele
voltò la testa verso di lui, arrossendo quando si rese conto di preciso
quanto
fosse vicino a lui Manuele che, ad ogni buon conto, non tolse il
braccio lasciandolo appoggiato con assoluta indifferenza sulle sue
spalle.
“Subito
Manu lo stupra” commentò nuovamente sottovoce Eleonora, Giò, che si era
avvicinato con studiata noncuranza ai due, le rispose con lo stesso
tono sussurrato: “Nahh a lui piacciono consenzienti, anzi meglio, pazzi
di lui … lo stuzzicherà finché Gabri vedrà e vorrà solo lui… non vorrei
essere in quel povero ragazzo, lo farà impazzire.”
La
risposta giunse impietosa da parte della ragazza: “Basta che me lo levi
dai piedi” Matt e Giò le rivolsero uno sguardo vacuo, era sempre così
bambolina che ci si scordava come riuscisse a essere spietata a volte.
“Beh
che c’è?” chiese lei guardandoli sulla difensiva e staccandosi da Matt
“Io adoro Gabri ma voglio un uomo, non qualcuno che mi segua implorante
… prima capirà che potremmo essere solo amici e meglio sarà per lui”
Matt scosse la testa, ormai si era rassegnato alla schiettezza della
sua amica “Ma allora perché non glielo dici chiaramente scusa?”
Commentò Giò, avvicinandosi a Matt sempre di più, e quando quest’ultimo
volse lo sguardo verso di lui rivolgendogli un sorrisetto ironico, non
poté impedirsi di provare l’irrazionale desiderio di scostargli la
frangia dagli occhi, pur di avere una mera scusa per toccarlo. Non
poteva più tornare indietro ormai, ne era consapevole ed era stufo di
ammazzarsi il cervello a furia di pensare a come potrebbe essere, o
ammazzarsi il cervello per
impedirsi
di pensare a come potrebbe essere, per ora voleva solo vivere quello
che sentiva al momento, viverlo appieno, senza più doversi trattenere.
“Tu
non capisci il sottile modo di gestire la cosa che ha Eleonora … è una
ragazza e quindi per definizione ragiona tramite percorsi mentali
astrusi” la ragazza si alzò da terra ridendo “E’ un modo come un altro
per dire che ho deciso di lasciare che se ne renda conto da solo per
non sbattergli in faccia la realtà troppo duramente” e detto questo si
allontanò per dirigersi da Nana e cercare coccole da lei.
Giò
scosse la testa ancora incredulo per poi guardare Matt di sottecchi,
stava ancora seguendo con lo sguardo l’amica ma era sicuro che pensasse
a tutt’altro. Conosceva quell’espressione svagata e quel sorriso che
alzava leggermente gli angoli della bocca: li aveva anche lui quando
Jess gli parlava di qualcosa e lui stava pensando a Matt.
“Non
sarebbe più divertente
fare
piuttosto che pensare?” sussurrò malizioso, vide Matt spalancare
leggermente gli occhi e voltarsi verso di lui: “Mi preoccupa il modo in
cui riesci a capire cosa sto’ pensando solo quando riguarda qualcosa di
sconcio” rispose rivolgendogli un sorriso sarcastico.
“Questo
vuol dire che avevo ragione” Ribatté lui, per poi far scivolare la mano
verso la sua in modo che le dita si sfiorassero senza davvero toccarsi,
ma era pur sempre un contatto.
“E
poi non ti capisco solo quando pensi a cosa sconce! In questo ultimo
periodo mi sono sorpreso a capire esattamente cosa pensavi solamente
guardando come inarcavi un sopracciglio e questo mi spaventa molto”
tirò su col naso sorridendo lievemente quando sentì la risata divertita
di Matt raggiungerlo, era sempre bello sentirlo ridere così
spontaneamente.
“Sei
forse l’unica persona che ci riesce sai … nemmeno Ele ha mai capito
cosa pensavo solo dal mio sopracciglio” replicò Matt sovrapponendo
casualmente un mignolo al suo “Oh lo so che sono unico … Qualcuno lassù
appena sono venuto al mondo si è scolato un paio di birre e ha preso
una sbornia colossale al pensiero di quanto unico e perfetto io sia … e
non ridere sai!” Giò finì la sua tirata con un finto tono scocciato al
suono delle risate di Matt e non poté fare a meno di pensare che se per
farlo ridere doveva fare l’idiota allora si sarebbe fatto assumere in
un circo come clown.
“Quanto
scemo sei!”e l’insulto di Matt fu talmente inconsistente che si perse
immediatamente sfumando fra le loro risate.
“Visto
che sono così scemo racconta tu qualcosa adesso … insomma ancora un po’
sai perfino che mutande porto io! Devi equilibrare la faccenda!”
Matt
inarcò il famoso sopracciglio, indicandoselo: “Dimmelo tu cosa penso
adesso!” e Giò gli agganciò il collo strofinandogli il pugno sulla nuca
e aprendo poi la mano in una carezza che finì sulla fronte, per poi
correre sulla guancia e restarci un attimo, non avrebbe smesso mai di
toccarlo ora che finalmente poteva e il pensiero di doversi trattenere
per gli altri lo frustrava oltremodo.
“Stai
pensando a quanto io sia una macchina da sesso divina!” e per poco Matt
non si soffocò con la sua stessa saliva, liberandosi dalla sua stretta
e puntandogli un dito contro, aprì la bocca per parlare e scoprì che
nessun insulto poteva esprimere degnamente quello che pensava, così
limitò a bofonchiare un : “Coglione” a mezza voce. Dopo gli sguardi che
gli aveva lanciato per tutta la sera e quella carezza quasi furtiva sul
viso, la sua pelle sembrava andare a fuoco, tutto quello che avrebbe
voluto era dare libero sfogo ai suoi ormoni trattenuti fino a quel
momento, e quell’idiota cosa faceva? Buttava pure benzina sul fuoco!
Consapevole di farlo!
“Però
avevo ragione … stavi pensando a quanto ti piacerebbe che fossimo soli
per essere ancora mio”
solo
un sussurro roco all’orecchio ma già le sue terminazioni nervose
implodevano impietosamente, tremò e artigliò la terra per non
artigliare la sua schiena e non aprire le gambe supplicandolo di fare
quello che voleva con lui. Da quando era diventato un ninfomane?
“No,
sto’ pensando che se non la pianti mi dovrò fare un bagno gelato nel
laghetto” rispose atono, cercando di non far vedere quanto le sue
parole l’avessero turbato e fallendo miseramente “Ma dai … è normale
aver voglia di farlo continuamente, siamo sedicenni! Ragioniamo col
cazzo!” Matt lo guardò sbalordito mentre registrava distrattamente
Manuele chiedere a Nana di insultarlo per non si sa quale motivo.
“Tu
… sei senza parole!” esclamò Matt, osservando come gli altri fossero
immersi in conversazioni apparentemente interessantissime, mentre con
tutta probabilità stavano tendendo schifosamente l’orecchio per non
perdersi una sillaba. Inutile, avevano bisbigliato tutto il tempo ed
era sicuro che non avessero sentito una parola, ipotesi che trovò
conferma nelle loro espressioni frustrate.
“Tu
con quanti sei stato?” Chiese Giò con voce leggera, che tentava di
coprire quanto invece reputasse serio l’argomento. Aggrottò la fronte,
aveva l’impressione che quella domanda inaspettata non fosse
completamente disinteressata.
Vedendo
la sua reticenza a rispondere Giò lo guardò supplice: “Eddai! Mi sono
beccato in ordine: dello scemo, del coglione e del ‘senza
parole’!Insomma merito qualcosa in cambio no?” Matt alzò gli occhi al
cielo, in realtà dirlo gli costava molto, non perché si vergognasse, ma
perché il riflesso condizionato che l’aveva portato per anni a dover
pesare e misurare ogni parola era difficile da debellare; ma Giò era
stato davvero sincero con lui e gli aveva detto cose che era sicuro non
avesse mai confessato a nessuno.
“In
realtà con nessuno. A parte te intendo. Era la mia prima volta” rispose
diminuendo ulteriormente il tono della voce, era così lieve che perfino
Giò fece fatica a sentirlo.
“Ma
nemmeno baciato?” e non c’era semplice curiosità nella domanda di Giò,
lo percepiva chiaramente, era un qualcosa di più profondo che aveva a
che fare col modo che aveva il ragazzo di darsi completamente a
qualcuno senza riserve, una volta che Giò decideva -a fatica e dopo
molte spinte- di aprire il suo mondo, lo faceva totalmente e sentiva
l’esigenza di conoscere l’altro altrettanto pienamente.
“In
realtà baciato si” rispose in un soffio Matt stringendosi le braccia
come se sentisse freddo, cominciò a dondolare lievemente avanti e
indietro sotto lo sguardo preoccupato di Giò, intuiva che questo doveva
essere un argomento che scavava in profondità dentro di lui, mangiando
lentamente interi brandelli di carne fino ad arrivare al cuore.
Se
lo inquietava al punto da fargli perdere la calma in quel modo doveva
essere qualcosa che lo aveva toccato così in profondità da aver
condizionato totalmente il suo modo di essere.
“Non
devi dirmelo se non vuoi” sussurrò posandogli una mano sulla schiena
incurante degli altri, non sopportava vederlo in quello stato e l’unica
cosa che voleva era che tornasse a ridere come prima e non aver mai
iniziato quel dannato discorso.
“No
va bene” rispose lui scuotendo la testa e spingendosi un po’ contro la
sua mano “Va tutto bene” e lo diceva per convincere se stesso, ne era
consapevole.
“Ero
in terza media, sapevo già che mi piacevano i ragazzi e sapevo che
avrei dovuto stare molto attento a chi lo dicevo, ma a quell’epoca non
avevo davvero compreso quanto potessero essere stronzi gli altri”
sorrise amaro “Ero convinto che prima o poi qualcuno mi avrebbe capito,
che avrei trovato una persona come me e che avrei potuto confrontarmi
con lui o semplicemente innamorarmi … era una cosa che sembrava tanto
facile e bella! I miei compagni erano già pieni di fidanzatine e Dio
solo sa che ci facevano, e a me sembrava una cosa perfettamente
normale, così beh … quando mi innamorai di un mio amico non mi disperai
così tanto, insomma era una cosa che poteva succedere no? Bastava stare
attenti a non farsi scoprire e avrei potuto vivere il mio sofferto
primo amore da lontano, come un eroina tragica delle telenovela” il
dondolio si era fatto sempre più persistente e Giò si mordeva l’interno
della bocca quasi convulsamente adesso, aveva una dannata paura di dove
sarebbe andato a parare Matt.
“Quello
che non avevo calcolato era che evidentemente quelli come me devono
avere un qualche segnale luminoso con su scritto ‘fottuto frocio’ o una
cosa del genere, perché lui se ne accorse. Non penso sia stato davvero
lui a dire il vero, a quell’età non si pensa davvero che un maschio
possa innamorarsi di te, ma lui era una specie di teppistello e a me
piaceva per quello … faceva quel cazzo che voleva, come lo voleva e
quando lo voleva, mi sembrava così libero…
quasi un eroe romantico” fece una smorfia con le labbra “insomma aveva
amici più grandi e decisamente più maliziosi di lui che evidentemente
colsero la cosa” si interruppe portandosi una mano agli occhi, Giò
sapeva che era inutile dirgli di smettere perché ormai non poteva.
Quella era una storia che non aveva raccontato a nessuno e intuiva che
doveva avere un dannato bisogno di sfogarsi, anche se quello sembrava
più un autoflagellazione che uno sfogo.
Rivolse
un occhiata preoccupata a Manuele e scoprì che l’amico li stava già
guardando fissi, con un espressione seria e uno sguardo assorto che gli
mise i brividi. Non ebbe bisogno di chiedergli nulla, non appena Giò
l’aveva guardato lui aveva già fatto cenno agli altri di andare, il più
silenziosamente possibile, per lasciarli tranquilli. Passandogli
accanto gli mise una mano sulla spalla stringendo.
Non
appena furono soli le sue braccia scattarono ad abbracciarlo, e sentì
il ragazzo sussultare per poi aggrapparsi alla sua maglietta quasi
spasmodicamente e continuare da lì a raccontare.
“Beh
insomma, improvvisamente quel tipo cominciò a parlarmi, a notarmi
capisci? E io ne ero così dannatamente contento da non aver avuto
nessun dubbio in merito, finalmente la ruota stava girando e forse
dopotutto non ero obbligato a guardarlo da lontano ma potevo
avvicinarmi a lui. Ero così idiota all’epoca! Dio avevo solo tredici
anni, mi sembrava di volare quando mi chiese un appuntamento e come un
idiota ci andai, da solo, ci trovammo al parco un sabato pomeriggio,
mia madre aveva appena cominciato a darmi il permesso per uscire
qualche ora con i miei amici e io tutto contento camminavo su una
nuvoletta” si interruppe stringendosi più forte a Giò, era quasi
disturbante il modo in cui riusciva a mettere una parola di fila
all’altra solo perché le braccia del ragazzo lo stringevano forte,
odiava dipendere così da qualcuno, odiava mostrarsi così debole ma
ormai non c’era verso, ormai il vaso era scoperchiato.
“Così
andai e lui mi portò in un punto abbastanza nascosto e cominciò a dirmi
quanto ci teneva a me e quanto gli sarebbe piaciuto stare più tempo con
me e… e io non capivo più un cazzo, non sentii nemmeno gli altri dietro
di me, sentivo solo lui e quando mi baciò quasi non ci credevo. Ancora
oggi non so perché l’ha fatto, non me lo spiego… avrebbe potuto farmi
confessare tutto a parole e invece mi ha baciato e quando ha sentito
che rispondevo e lo abbracciavo forte allora arrivarono gli altri” la
voce scemò in un sussurro quasi inudibile mentre la mascella di Giò si
contraeva spasmodicamente, cercando inutilmente di calmarsi. Aveva
capito come finiva la storia e solo all’idea si sentiva contrarre le
viscere e gli saliva in corpo la voglia inarrestabile di uccidere i
colpevoli.
“Mi
picchiarono e mi diedero calci, non troppo forti fortunatamente, non
volevano certo uccidermi però evidentemente gli prese la mano perché
uno di loro tirò fuori un coltello e si mise in testa di scrivermi non
so cosa sul torace. Forte ‘fottiti’. Solo che prese male le misure e
ora mi ritrovo con questa cicatrice da parte a parte quasi. Mi
lasciarono li, imbrattando i muri vicini su profondi pensieri riguardo
l’omosessualità: la mia per la precisione. Poi il resto te lo
risparmio. Sono stato mesi in ospedale e in terapia ma ormai la
situazione nella mia città era invivibile così ci siamo trasferiti”
Sembrò
non voler aggiungere altro e Giò ormai si tratteneva solamente perché
sapeva che Matt aveva bisogno di lui e non della sua rabbia.
“Maledetti
figli di puttana” sibilò mentre gli posava piccoli baci sulla testa,
Matt tremava ma non piangeva, forse era una cosa così grande da non
riuscire a trovare uno sfogo così semplice. Lo sentì scuotere la testa
“è stata colpa mia, non avrei dovuto essere così stupido e fidarmi così
ciecamente, non avrei dovuto…” non lo lasciò finire, lo afferrò per le
spalle stringendo forte e lo scosse lievemente “Non dirlo nemmeno per
scherzo” ruggì quasi Giò “Quei bastardi non meritano di stare al mondo
e giuro che se li trovo spacco loro la faccia” Vide gli occhi di Matt
spalancarsi, quasi sorpresi di sentirlo parlare in quel modo, sorpreso
di sentire che prendeva le sue parti e non si allontanava e quello fu
davvero troppo per Giò. Lo avvicinò bruscamente a se ma quando la bocca
si posò sulla sua fu lieve, così lieve da sembrare un raggio di sole
che scivola sulle cose illuminandole a poco a poco. Strofinò appena le
labbra per poi tracciare il loro contorno con la lingua e accedere alla
sua bocca senza fretta, baciandolo con una struggente dolcezza che non
pretendeva niente in cambio: dava e basta.
Dava
calore, tenerezza, appartenenza, amore.
Giò
si staccò solo quando sentì Matt rilassarsi leggermente e abbandonarsi
contro di lui, le sue parole furono un mormorio sulle sue labbra “Era
la mia prima volta … non l’avevo mai fatto con nessuno, nessuna ragazza
né tantomeno nessun ragazzo, penso inconsciamente di averti sempre
aspettato perché quello che ho sentito per te quella sera è solo una
minima parte di quello che sento adesso, però è bastata per lasciarmi
andare a te” e fu solo allora che le lacrime solcarono il suo viso
scivolando silenziosamente verso il mento, raccolte poi dalle labbra di
Giò “Io non so cosa accadrà ora e come riuscirò a gestire la cosa ma
giuro che non mi separerò mai più da te” un altro bisbiglio sulla sua
pelle “Grazie Gioele” disse solo Matt chiudendo gli occhi e lasciando
le lacrime libere di correre, sicuro che Giò le avrebbe raccolte.
Matt
si era addormentato stretto a lui, in un angolo della piccola grotta
che condividevano con Manuele, Giò era semiseduto e gli accarezzava
lievemente la schiena; non poteva impedirsi di stringere gli occhi
guardando il suo torace nascosto, non poteva impedirsi di calare lo
sguardo verde come un laser mortale dove sapeva essere la cicatrice,
non poteva impedirsi di assicurarsi che Matt dormisse per fare un cenno
a Manuele che non li aveva persi di vista un attimo. Era rimasto
sorpreso oltre ogni dire quando li aveva visti tornare indietro così,
il viso di Matt devastato dalle lacrime e quello di Giò devastato dalla
rabbia, camminavano abbracciati ma era come se Matt riuscisse a mettere
un passo davanti all’altro solo perché c’era Giò che lo sosteneva, e
quella non era una visione tollerabile.
Giò
non avrebbe voluto lasciare Matt ma aveva un urgente e disperata
necessità di parlare con Manuele, e ora stavano seduti a terra, la
schiena rivolta alle grotte e lo sguardo che si posava sul laghetto,
senza vederlo davvero. Manuele aveva afferrato un sasso e lo stringeva
spasmodicamente serrando la mascella, lo sguardo gelido.
Giò
aveva appena finito di raccontargli tutto.
“Li
ha denunciati quei figli di puttana?” Manuele sputò fuori le parole
come fossero velenose, Giò scosse la testa, aveva strappato
meticolosamente e rabbiosamente tutti i fili d’erba davanti a lui, se
fosse stato solo in una stanza avrebbe devastato tutti i mobili
urlando.
“No,
i suoi non hanno voluto erano troppo occupati a coprire le tracce della
vergogna e a dimenticare.” Uno sguardo incredulo, l’amico aveva intuito
che Matt nascondesse un segreto e un passato pesante almeno quanto il
suo ma non aveva sospettato una cosa del genere, c’era da capire
appieno perché non si fidasse di nessuno, perfino Eleonora per
diventare sua amica ci aveva messo un anno e probabilmente era l’unica,
a parte Giò, ad essere a conoscenza di quella storia.
“Me
ne occupo io” sibilò Manuele alzandosi in piedi, la postura rigida e le
mani ancora contratte. Giò lo seguì meno compostamente, tirando calci
ai sassi e ringhiando sottovoce: “Voglio massacrarli, ucciderli,
spaccargli il culo, Manu trovameli perché altrimenti giuro che vado in
quel dannato paese e massacro tutti indistintamente!” Manuele annuì
avvicinandosi a lui e posando le mani sulle sue spalle “Te li troverò
ma ora calmati, Matt non ha bisogno di vederti così, ha già visto
abbastanza violenza” Giò respirò profondamente, sapeva che Manuele
aveva ragione ma si era trattenuto così tanto con Matt che ora sentiva
la necessità fisica di sfogare tutta la rabbia che provava.
“Manu
perché? Come si può fare una cosa simile? Era un bambino Cristo Santo,
aveva tredici anni! E mentre noi correvamo dietro alle prime cotte lui
veniva massacrato e accoltellato e ringrazio Dio che non ci siano
andati più pesanti perché sai bene cosa avrebbero potuto fargli”
Manuele scrollò la testa, sapeva che Giò non aveva fatto quella domanda
a lui per caso.
“Cosa
devo dirti Giò? Che avranno avuto dei traumi infantili? Che
probabilmente quel tipo era un gay represso e che l’ha accoltellato con
quella foga perché probabilmente gli è piaciuto baciarlo e se non ci
fossero stati i suoi amici se lo sarebbe pure fatto?” la voce che era
la punta di una matita che si spezza su un foglio, stridente, acuminata.
“Non
me ne frega un cazzo del perché, l’hanno fatto e se quello che ho
passato servirà a trovarli allora per una volta benedico quel bastardo
di mio fratello” concluse Manuele, gli occhi blu che ora sembravano una
distesa interminabile di puro ghiaccio.
Giò
annuì infilandosi le mani in tasca, la testa scivolò a guardare il
terreno mentre Manuele sorrideva - un sorriso vero, non uno dei suoi
sorrisi sarcastici o ironici- “Ci sei dentro eh?” disse solo,
sapeva che l’equilibrio su cui si reggeva Giò adesso era molto precario
e che interferenze esterne avrebbero rischiato di farlo crollare. Era
certo che Matt sapesse gestire la situazione molto meglio di loro,
quindi non si era mai fermato a parlarne chiaramente con Giò, anche se
aveva avuto numerosi sospetti, lasciando che fosse Matt a fare qualcosa
e spingendo giusto un po’ le cose nel momento in cui aveva visto Giò
vacillare. Mordicchiare l’orecchio di Matt e poi passarci la notte
assieme era stato un colpo di genio, doveva solo congratularsi con se
stesso.
“Fino
al collo cazzo” esalò Giò alzando la testa a vedere le stelle “Uno si
aspetta che prima o poi si innamorerà ed è sicuro che sarà una cosa
fantastica, che vedrà le stelle e tutto lo stracazzo di firmamento e
mille cose romantiche, non si aspetta certo che la prima volta che si
innamorerà sarà di un ragazzo e che sarà così dannatamente difficile
ammetterlo e viversela in santa pace” Manuele sorrise aspettando il
resto, era sicuro che ci fosse un resto, Giò non era il tipo da tenere
nulla dentro solo per sé e per tutto quel tempo aveva invece covato un
segreto che aveva rischiato di farlo impazzire “E ora ho creato un
casino immenso con Jess e Matt e mi sento un coglione madornale… e non
commentare!” ingiunse puntando un dito contro Manuele che alzò le
braccia in segno di innocenza e fece il gesto di chiudersi le labbra
con una cerniera invisibile.
“E
poi lui mi dice una cosa del genere e io non so davvero come
comportarmi ora perché ho paura di farlo star male con il mio
atteggiamento da cazzone e non voglio, non se lo merita… ma mi conosco,
gestisco da cani le situazioni come questa e farò star male sia Jess
che Matt… sono solo un fottuto pezzo di merda che ha incasinato le cose
in una maniera assurda” concluse mettendosi le mani nei capelli e
strofinandoseli istericamente, parlarne con Manuele adesso era uno
sfogo assolutamente perfetto, ne aveva avuto un bisogno quasi fisico
fin dalla prima volta che aveva avuto dei dubbi sui suoi sentimenti
verso Matt e ora che finalmente si era lasciato andare e gliene parlava
sentiva come se un grosso peso gli si stesse alzando dalle spalle.
“Finiscila
o diventerai calvo” commentò Manuele afferrandogli il polso e
togliendoglielo dai capelli, non tolse la mano, continuò a tenergli
fermo il polso stavolta in una carezza gentile “Giò è normale
incasinare le cose… non è che hai chissà quale esperienza in questo
campo, nessuno ce l’ha, e tutti combinano casini, non illuderti di
esserne immune, l’importante è che l’hai riconosciuto e stai facendo
del tuo meglio…” Giò lo guardò nervosamente, sembravano essere le
solite frasi fatte ma sapeva che Manuele le pensava veramente e che in
fondo era davvero così. “Non hai nascosto la testa sotto la sabbia
aspettando che passasse, sei andato fino in fondo e ti stai apprestando
ad affrontare le conseguenze delle tue coglionate quindi beh… sei un
cazzone con le palle dopotutto” concluse sorridendo ironico, vide Giò
annuire più tranquillo “Grazie” borbottò solo.
“Dai
torniamo da Matt, non voglio che si svegli solo” replicò solamente
Manuele, dirigendosi verso la grotta e guardando di nascosto come Giò
si sistemasse accanto a Matt e come Matt nel sonno tornò ad
abbracciarlo sospirando, posando la testa sul suo torace e rilassando
il volto prima contratto. Stimava e rispettava davvero quel ragazzo, ed
era una cosa rara per lui, l’unico che poteva fregiarsi del suo
rispetto era Giò, e Dio solo sapeva se non avrebbe mosso tutti i suoi
contatti per trovare quei bastardi e dar loro una lezione.