CAPITOLO SETTIMO

Alla fine non erano più riusciti a parlarsi Giò e Matt, era arrivata sera troppo in fretta e l’indomani sarebbero andati via. Matt sospirò, non che avessero niente di particolare da dirsi… non avevano litigato in fondo, e lui si era detto d’accordo a nascondere la loro storia se Giò voleva così, quindi non c’era davvero motivo di intristirsi in quel modo. Però la vacanza stava finendo, già avevano deciso di allungarla un giorno andando via l’indomani e saltando scuola, invece di partire quel pomeriggio. La paura che tornati a scuola, in città, le cose cambiassero
inevitabilmente, di scoprirsi lontani, di perdere quello che si aveva… era inutile, era inutile dirsi di farsi meno paranoie perché quelli erano pensieri che si insinuavano nel profondo e non volevano staccarsi più, come sanguisughe orrende che succhiano via i sogni lasciandoti in cambio incubi. Erano tutti seduti in cerchio, lui e Giò erano seduti di fronte e ogni tanto si regalavano sguardi fuggevoli. A ogni sguardo Manuele chiamava Nana e quella le rispondeva con un insulto, la cosa strana era che lui dopo sembrava sentirsi molto meglio: prima o poi avrebbe dovuto chiedergli se stavano sviluppando un rapporto sadomaso o che altro. “Dai dai è l’ora dei pettegolezzi piccanti!” esordì Eleonora scambiandosi un occhiata complice con Manuele, Matt tremò: quando quei due si alleavano aveva sempre paura che la casa potesse cadergli sulla testa. “Di che tipo?” chiese subito il ragazzo, interessato dall’argomento, Matt scosse la testa, quanto era ipocrita! Sicuramente avevano architettato chissà cosa.
“Uhm… tipo che ci raccontiamo la nostra prima volta! Dai!” a Matt andò di traverso la birra che stava bevendo e Nana seduta accanto a lui gli batté violentemente la schiena, rischiando seriamente di procurargli contusioni e lividi niente male.
“Ma anche no!” replicò immediatamente, notando però come Nana sorrideva maliziosa e come Gabriele - nonostante fosse arrossito- guardava Eleonora interessato, evidentemente non vedeva l’ora di sentire il suo racconto.
L’unico a disagio quanto lui era Giò, sicuramente per il suo stesso motivo. La loro prima volta l’avevano fatta assieme.
“Ma daaaaaai Matt! Sarà divertente!”
Jess sorrise caustica, stendendo le belle gambe e guardandosi le unghie: “Magari non ha nulla da raccontare” insinuò leggera, non ce l’aveva con Matt in particolare, ma dopo aver visto come i ragazzi si erano stretti attorno a Giò intimandole di smetterla di tormentarlo, aveva cominciato a distribuire i suoi commenti acidi a tutti, non si dicesse che non era equa poi!
Giò strinse la mascella, trattenendosi chiaramente dallo spaccarle la faccia, perfino Manuele le rivolse un occhiata seccata e replicò: “Vuoi cominciare tu allora? Evita di dire quanti anni avevi però… sai qui c’è gente impressionabile, non vorrei mai che ti scambiassero per una ragazza poco seria” e per poco Matt non si strozzò nuovamente con la birra. Le aveva praticamente dato della puttana e così abilmente che lei non avrebbe nemmeno potuto risentirsi per l’offesa. Tecnicamente non aveva detto niente di male.
Era inquietante come Jess e Manuele avessero lo stesso modo sottile di insultare gli altri. Doveva però ammettere che lo stile del ragazzo era ineguagliabile.
Jess strinse gli occhi e cominciò a raccontare, alla fin fine niente di che, l’aveva fatto con suo cugino mentre era alle medie ancora, erano in vacanza al mare e lei aveva provocato quel povero ragazzo fino a che non aveva ceduto e l’avevano fatto. Lei l’aveva descritto come una cosa fantastica ma Giò, che evidentemente sapeva tutta la storia, la guardava con un sopraciglio inarcato, indicando come chiaramente la storia che sapeva lui fosse diversa.
Matt lo guardò trattenendo una risata a stento, gli piaceva ogni cosa di lui, dal modo in cui la barba leggermente incolta gli dava un fascino quasi selvatico, al modo in cui gli occhi verdi cambiavano tonalità a seconda dell’umore e di quello che provava. In quei momenti erano verde scuro, la stessa tonalità di alcuni laghi di montagna, dove le acque erano così profonde da non riuscire a intravedere il fondo.
Deglutì, doveva inventarsi qualcosa da dire, subito sarebbe stato il suo turno.
Intanto sentì Eleonora raccontare di come l’avesse fatto con un amico di suo fratello, più grande di 5 anni ma evidentemente inesperto quanto lei perché il commento finale fu: “Sono stati i venti secondi più lunghi della mia vita”
Gabriele rise, non sapeva se essere geloso o sollevato, forse era più che altro sollevato dal fatto che l’esperienza fosse stata così disastrosa, la sua risata aveva un che di isterico.
“Venti secondi?” ribadì incredulo, “E ti assicuro che sono stati anche troppi!” rispose lei voltandosi verso Matt: toccava a lui ora.
Giò deglutì, sapeva che non avrebbe mai raccontato la verità, su questo era tranquillo, però doveva inventarsi in fretta un racconto credibile e non aveva ancora pensato a nulla. Dopo Matt c’erano Manuele e Nana e dopo sarebbe toccato a lui.
Non aveva ancora detto una parola, era troppo occupato a guardare Matt che era leggermente arrossito, fissava ostinato il pavimento mordendosi un labbro, quasi stesse decidendo in fretta cosa dire e quando alzò lo sguardo e per un attimo lo fissò, fu così intenso da sentire i brividi corrergli lungo la schiena. Era lo sguardo che usava sempre prima, quel concentrato di sensualità, passione e amore che lo faceva andare fuori di testa.
Per un attimo tutti i pensieri si resettarono e rimase semplicemente ad ascoltare, ascoltare Matt che non aveva inventato nessuna storia, non stava raccontando nessuna balla, semplicemente raccontava loro. Quello che era successo davvero, con un intensità e una tenerezza che gli strinsero il cuore e gli fecero percepire chiaramente quanto fosse grande quello che il ragazzo provasse per lui.
E all’improvviso, sentendo raccontare quella notte dal punto di vista di Matt, gli fu chiaro cosa intendesse dire Manuele quel pomeriggio: Matt aveva paura, quello che provava per lui era così intenso da farlo star male e lui non l’aveva capito. Ora Matt si stava scoprendo completamente davanti agli altri, inventando nomi e luoghi ma erano loro e questo era inequivocabile. Stava raccontando la sua prima volta con un uomo rendendosi volontariamente un bersaglio facile, perfino davanti per Jess che lo guardava incredula. Si stringeva le braccia attorno alle spalle in un gesto che gli provocò una fitta di tenerezza assoluta, la voglia di andare li e abbracciarlo era enorme. Nessuno fiatava, erano tutti immobili ad ascoltare, gli occhi un po’ lucidi per l’intensità che traspariva dal racconto, per come lui avesse narrato la sua certezza che per l’altro fosse solo una notte e basta e di come invece lui ne era totalmente innamorato, come la mattina dopo l’altro gli avesse chiesto di metterci una pietra sopra e lui l’avesse esaudito pur sentendosi un po’ morire perché contro ogni logica, fino all’ultimo, aveva sperato che non finisse così. Ed erano cose che Giò sapeva, aveva intuito e capito quella notte, ma sentirlo così, sentire chiaramente quanto lui ci avesse sofferto, gli dava stilettate dirette al cuore.
“Ma perché non gli hai detto che invece tu non volevi dimenticare? Perché non hai lottato per lui?” chiese Gabriele, protendendosi verso di lui e afferrandogli una mano, stringendola. Vide Manuele sorridere fra se, quasi tenero, a quel gesto e Matt guardarlo incredulo “Non… ti fa effetto?” domandò, incerto.
Il ragazzo sembrò pensarci seriamente su, le altre lo guardavano serie, quasi tese aspettando il verdetto.
“No. E’ un po’ strano ma a dire la verità ho baciato anche io un ragazzo una volta, anche se ero ubriaco, e devo dire che mi è piaciuto abbastanza, anche se non so se ripeterei l’esperienza… mi piacciono troppo le donne!” esclamò divertito per alleggerire l’atmosfera.
Manuele lo guardò improvvisamente interessato e assottigliò gli occhi, era uno sguardo di una sensualità quasi crudele, quello sguardo prometteva piaceri indicibili e perversi e ti giurava l’oblio se solo ti fossi abbandonato a lui.
“Comunque beh, non ho detto niente perché era lui che doveva restare. Non io. Io sapevo cosa volevo e lui no, lui ancora era convinto di volere tutt’altra cosa e cosa avrei dovuto dirgli? Lo avrei messo ancora di più in confusione e non sarebbe stato giusto. Non volevo farlo soffrire”
A quelle parole non riuscì più a sostenere la sua vista, il modo in cui le mani si torcevano fra loro e come sorrideva nervosamente a Gabriele, vederlo e sapere di averlo fatto stare così male era davvero troppo.
“Ma ora come siete?” Chiese Nana, stranamente delicata. Eleonora e Manuele non avevano ancora detto una parola, nemmeno loro conoscevano questa storia, ne era certo, e non guardò nemmeno loro, sentire il loro sguardo di muto rimprovero addosso sarebbe stato più di quanto potesse sopportare.
Matt scrollò le spalle: “Devo ancora capirlo. Ora lui sembra essersi sciolto un po’, ha ammesso che mi vuole ma penso debba ancora capire in che senso e non so davvero come andrà a finire” e sentire dalle sue labbra come in realtà Giò non avesse fatto altro che creare ulteriore confusione gli fece abbassare la testa, era stato un idiota totale, Manuele aveva ragione. Era così preso da se stesso e dalle sue paranoie che aveva perso di vista quanto Matt avesse bisogno di essere rassicurato sul loro rapporto, quanto ci tenesse a lui e quanto lo avesse ferito tutta quella storia, e adesso che potevano essere felici lui lo feriva ulteriormente, con le sue paure e il suo nascondersi sempre.
Sentì distrattamente i commenti degli altri e poi Manuele raccontare la sua storia. Una balla colossale ovviamente. Non avrebbe mai detto la verità, la verità nel caso di Manuele era crudele e strisciava nei labirinti della memoria, cercando di portare via anche la poca luce che c’era.
La verità non era cosa da raccontare così facilmente davanti agli altri.
Inventò una storia assurda corredata dai suoi commentini ironici e gli altri la bevvero ridendo e commentando a loro volta, solo Matt lo guardò perplesso, col suo solito intuito doveva aver capito che quella era una bugia.
Toccava a Nana e Giò si mosse nervosamente sul cuscino, dopo sarebbe stato il suo turno e lui non aveva la minima idea di cosa dire.
“Ma niente, che volete che vi dica… ho conosciuto un tipo al bar, ci siamo presentati e siamo andati sul retro della sua macchina. E’ stato terribile e mi ha fatto un male cane, tanto che dopo gli ho dato giù con i miei anfibi. Però la volta dopo è stato decisamente migliore.” fu il racconto stringato e coinciso di Nana, ci fu un attimo di silenzio generale seguito da uno scoppio di risate da parte di tutti, mentre Nana guardava con estrema noncuranza in giro, l’aria soddisfatta.
E ora panico.
Assoluto.
Toccava a lui e avrebbe dovuto inventare una storia assurda con Matt che lo guardava mordendosi un labbro, con ancora nelle orecchie il racconto di quella notte, che portava chiusa nel cuore come un segreto, un tesoro troppo prezioso. Si passò una mano nei capelli, nervoso, ma perché diavolo Eleonora aveva dovuto tirar fuori quel gioco assurdo proprio in quel momento?
Poi guardò nuovamente Matt, aveva addolcito lo sguardo e lo incitava silenziosamente a raccontare. Sapeva cosa voleva dire quello sguardo, gliel’aveva rivolto anche l’altro giorno, al lago. Era lo sguardo che lo accettava incondizionatamente, senza imporgli nulla, senza giudicarlo o disprezzarlo, era lo sguardo che gli diceva - senza dirgli nulla- che qualunque cosa fosse successa non lo avrebbe perso e gli sarebbe sempre stato vicino.
Così si decise. Guardò tutti gli altri con aria quasi di sfida, si soffermò un attimo su Jess sfidandola con lo sguardo a commentare quello che avrebbe detto di li a poco e si fermò su Matt.
Era il momento di tirare fuori le palle, per dirla alla sua maniera.
“Penso che la mia prima volta l’abbia raccontata Matt più che esaurientemente. Quel ragazzo ero io”
E non diede a nessuno il tempo di commentare, nemmeno a Matt, perché gattonò fino a lui e inginocchiatosi davanti lo abbracciò.
Lo abbracciò forte, sentendo le sue mani che artigliavano la maglietta e la sua testa che si nascondeva nell’incavo del suo collo, lo abbracciò come aveva voluto fare fin da quando aveva cominciato a raccontare.
“Scusami…” sussurrò, baciandogli la testa “Scusami…” scivolando sulla tempia, “Magari non volevi che lo dicessi a tutti ma non potevo…” si interruppe per posargli un altro bacio sui capelli “Non potevo…” ripeté, lo sentì alzare la testa dal suo rifugio e lo interruppe, sussurrandogli all’orecchio: “Non avrei potuto dirlo meglio” si guardarono negli occhi, mordendosi le labbra, mentre Nana insultava Manuele senza sosta e lui continuava a ringraziarla sentitamente, non avevano intenzione di baciarsi davanti a tutti, questo no, ma restare abbracciati si; Giò si posizionò dietro Matt e gli passò le braccia attorno alla vita, spingendolo ad appoggiarsi a lui. Fece scivolare lo sguardo fra i loro amici e vide Gabriele con gli occhi spalancati che li guardava grattandosi la testa, probabilmente stava ancora cercando di mettere assieme tutti i pezzi, Nana indifferente nemmeno li guardava, continuava a bere birra e insultare Manuele che da parte sua gli rivolse uno sguardo dove si intrecciavano ironia, affetto e soddisfazione.
Eleonora aveva gli occhi lucidi e non riuscì a trattenersi, si catapultò su Matt facendo crollare tutti e tre a terra e lo abbracciò baciandogli la guancia ripetutamente. “Te lo dicevo io di lasciar fare a me!Sono contenta contentissimissima!” esclamò con voce da esaltata.
“Ma solo io penso che questa sia una cosa assurda?” esclamò Jessica, saltando in piedi e guardando arrabbiata  i tre a terra “Tante belle parole e intanto mi tradivi con lui! E poi sono io la zoccola?” sbottò puntandogli il dito contro e immobilizzando all’istante i tre che la guardarono dal pavimento. Nessuno riusciva a condannarla, in effetti era vero che Giò l’aveva tradita e ingannata, era sacrosanto il suo sentirsi la parte lesa e non sapevano davvero cosa dirle.
“Mi fai schifo e basta, e se pensi di passarla liscia non sai quanto ti sbagli!” terminò voltandosi per uscire a grandi passi dalla porta, sbattendosela alle spalle.
Eleonora si districò dall’abbraccio all’istante e balzando in piedi la seguì, tallonata da Manuele che sfoderò uno sguardo tagliente e gelido.
“Abbiamo gli angeli custodi” borbottò Giò alleggerendo l’atmosfera e cercando di riprendere la posizione iniziale.
Posò due dita sul mento di Matt e lo forzò a voltare la testa, per guardarlo, sapeva che aveva sentito e superato ben di peggio di un paio di insulti di una ragazzina gelosa e che non lo avrebbero toccato più di tanto, però voleva assicurarsene.
Matt gli sorrise: “La capisco sai… non è facile venirlo a sapere così”
Giò annuì triste e lo strinse più forte: “Ho gestito la situazione da cani, hai un ragazzo idiota” il sorriso di Matt si allargò e si morse un labbro, era la prima volta che Giò si definiva così, il suo ragazzo e sentirlo gli faceva salire un nodo di commozione in gola, stringendogliela.

“Di più” ansimò Matt, inarcando violentemente il corpo e spalancando più che poteva le gambe, per sentirlo meglio, voleva che fosse impetuoso, passionale, selvaggio quasi, ma Giò aveva ancora quelle stupide riserve che non gli consentivano di lasciarsi andare totalmente, quasi avesse paura di fargli male, dopo tutto quello che aveva saputo.
Ma Matt voleva perdersi, Matt voleva solo che lo prendesse fino a che non avrebbe ricordato nemmeno il suo nome tanto stravolto ne sarebbe uscito.
Quindi fece un azione di forza, puntando le mani sul letto e sollevandosi a sedere, strinse i muscoli sapendo che così lo avrebbe fatto impazzire e si mosse sensualmente, languido, mentre Giò lo guardava con occhi annebbiati e gemeva incontrollato.
“Non sono fatto di porcellana sai” sussurrò cominciando ad andare su e giù sempre più velocemente, scendendo sempre di più fino a pensare che alla fine avrebbe sanguinato ma non importava.
Ne aveva bisogno.
E Giò finalmente si sciolse facendo un verso simile a un ringhio, probabilmente un tentativo di articolare qualcosa che somigliava a un ‘bastardo’ ma non ne era del tutto sicuro.
Rovesciandolo di nuovo sul letto ricominciò a spingere, quasi violento stavolta, schiacciandolo sotto di sé e soffocandolo con la lingua che gli arrivava quasi in gola, aveva perso il controllo ed era tutto quello che Matt voleva. Gli piantò le unghie sulla schiena, graffiando, tracciando sulla pelle sudata i segni del suo piacere e stavolta davvero gli parve di annullarsi, di impazzire, perché niente era paragonabile a questo, a Giò che spingeva e gemeva e lo baciava, a lui che singhiozzava quasi e si avvinghiava ancora di più per lasciarlo entrare più in profondità e raggiungere l’orgasmo in un urlo che fu soffocato dalla bocca di Giò.
Si lasciò andare sul letto, sfinito, mentre sentiva tendersi anche Giò e con un gemito venire dentro di lui, mordendogli la spalla a sangue per non fare troppo rumore. Erano soli a casa di Matt ma i vicini avevano orecchie lunghe, questo valeva dappertutto.
“Sei un bastardo perverso” ansimò Giò crollando sopra di lui e cercando di riprendere fiato, la fronte premuta sulla sua spalla e le mani di Matt fra i suoi capelli. Aveva affondato le mani in essi prima lamentandosi perché erano troppo corti e non riusciva ad afferrarli bene, mentre lui i suoi riusciva a prenderli a piene mani e adorava strattonarli per dettargli il ritmo.
“Adoro quando me lo dici con quel tono sfinito” rispose Matt con un mezzo sorriso, ansimando a sua volta.
“Adoro farti perdere il controllo in questo modo” continuò, baciandogli la tempia, Giò non accennava a voler scendere da sopra di lui e a lui stava bene così, oddio, una doccia l’avrebbe fatta volentieri visto anche il caldo che faceva, ma certo non lo avrebbe mandato via.
“Perché sei perverso” rincarò Giò sollevando la testa per guardarlo, stravolto. Matt non riuscì a reprimere un sorriso malizioso, era bellissimo con quell’aria distrutta.
“Non mi hai nemmeno preparato il pranzo, mi hai trascinato in camera tua e hai cominciato a spogliarti in quel modo dannatamente sensuale… ma dove cazzo l’hai imparato a fare?” finì borbottando e guardandolo con sospetto. Matt alzò gli occhi al cielo, la sua possessività aveva raggiunto record ineguagliabili da quando erano tornati a scuola, sembrava voler urlare a tutti che Matt era proprietà privata, gli lasciava segni e succhiotti ovunque, non appena qualcuno lo guardava con particolare insistenza lo trascinava dentro il primo sgabuzzino libero e rimarcava con forza il suo possesso.
Non che a lui dispiacesse troppo, chiaramente, ma con quella storia della gelosia stava rasentando l’ossessione.
“In un set di film porno” rispose atono, cercando di soffocare la risata che gli nacque spontanea all’espressione di Giò.
“Scemo che sei, dove vuoi che l’abbia imparato… ho improvvisato ecco!” leggermente rassicurato Giò si spostò da sopra per accoccolarsi vicino a  Matt e godere delle carezze leggere che gli riservava sulla schiena, adorava quando lo accarezzava così.
“Che poi devo ancora capire cosa voleva dire Manu all’uscita” riprese Matt, leggermente accigliato, bloccando per un momento il movimento delle dita.
La mente di Giò per un attimo andò nel panico, Matt non doveva sapere quello che Manuele stava facendo, non avrebbe approvato, lo sapeva.
Per lui invece era una questione importante, vitale quasi, trovare i bastardi che lo avevano rovinato e riservargli lo stesso trattamento, non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo spaurito di Matt mentre glielo raccontava, ed era una cosa che lo avrebbe tormentato fino a che non avesse trovato quei rifiuti. Non bastava stringerlo forte a sé, non bastava annullarsi in lui e vivere assieme una quotidianità che assaporava quasi incredulo, non pensando davvero che avrebbe potuto essere così bella.
“Niente di che… ma tu continua a fare i grattini” rispose noncurante, spingendo la testa nell’incavo del suo collo, sperava che Matt non indagasse oltre perché gli era difficile mentirgli.
“Come niente di che… tu gli hai chiesto a che punto era e lui ti ha risposto ‘buono’. Dubito si riferisse a una ricerca scolastica Gioele” ecco, ora pure i colpi bassi… adorava sentirlo pronunciare il suo nome.
“E’ una cosa che riguarda Manu, davvero, non riguarda me… non posso parlartene sai com’è riservato” sperava che la sua voce fosse abbastanza sicura, di sicuro il fatto che non potesse guardarlo in viso aiutava, non ci avrebbe messo molto a sgamarlo altrimenti.
“Ok” rispose Matt dubbioso, non voleva insistere troppo, non era nemmeno il momento adatto d’altronde. I suoi sarebbero tornati tra meno di due ore dal lavoro e c’era ancora qualcosa che voleva fare con Giò.
“Io mi faccio una doccia” esclamò districandosi dall’abbraccio e alzandosi dal letto, Giò lo guardò dubbioso e leggermente esasperato dalla sua mania, ma dovette cogliere una sfumatura che gradì molto nello sguardo caldo di Matt, perché si alzò seguendolo e posandogli una mano sul fondoschiena.
“Lo dico io che sei perverso”

Fine.