SOLE
NERO
CAPITOLO
PRIMO
Protect
me from what I want
(Proteggimi
da ciò che voglio)
-Placebo-
Manuele
si passò una mano fra le morbide onde castane che gli solleticavano il
collo, guardandosi attorno.
La
gente si scatenava attorno a lui in una tempesta di corpi che si
strusciavano fra loro, sfiorandosi inavvertitamente o con intenzione,
in fondo non importava poi molto con la musica sparata nelle orecchie
ad annullare i pensieri. Una leggera brezza arrivò dal mare e la testa
del ragazzo la seguì, quasi a volerne trattenere la traccia,
rinfrescandosi. Per quanto fosse vestito leggero il caldo di luglio non
perdonava, e una discoteca, seppure all’aperto, non era effettivamente
il luogo migliore per ristorarsi.
Si
sistemò la maglietta nera senza maniche che già gli si appiccicava alla
schiena e cercò con lo sguardo i suoi amici.
Giò
stava ballando a una distanza ragionevole da Matt, ma chiunque non
avesse l’intelligenza di un paramecio poteva capire che in realtà quei
due non esistevano per nessuno che non avesse le sembianze, il corpo e
la voce dell’altro.
Nana
non era venuta perché lei odiava in modo viscerale le discoteche,
ritenendole il male in terra e questo era strano da una persona che si
vestiva sempre di nero e se non aveva un teschio stampato addosso non
era contenta, ma tant’è.
Jess
incredibilmente non aveva mollato la compagnia, dopo il discorso
piuttosto minaccioso e sibillino che gli avevano fatto lui ed Eleonora
quella notte in montagna, impedendole di divulgare a chicchessia la
natura del rapporto fra Giò e Matt, era scoppiata a piangere a dirotto
e tutto quello che aveva potuto fare un allibita Eleonora era stata
abbracciarla. Non che lui non l’avrebbe fatto volentieri, Jess non era
affatto una brutta ragazza e ormai il suo rapporto con Giò era storia
vecchia, ma intuiva che quel momento fosse una di quelle cose fra
ragazze, insomma, quei momenti in cui la persona che sta davanti a te
può essere la più stronza dell’universo creato- e Jess certo non era
una santarellina- ma sta piangendo e quindi è obbligatorio abbracciarla
e consolarla. Una di quelle cose che lui detestava dal profondo
insomma.
In
ogni caso da quel momento si era attaccata ad Eleonora e la ragazza non
aveva esitato a prenderla sotto la sua ala, dopotutto lei non rifiutava
mai nessuno a priori e in fondo Jess era solo immatura e un tantino
frivola, non certo cattiva.
Cercò
Eleonora e la trovò sul cubo, aveva indossato un vestito blu che le
stringeva il busto e il seno in un corsetto con tanto di lacci che si
incrociavano sul davanti, per terminare con una gonna svolazzante
corredata di pizzo, scandalosamente corta. Aveva anche cambiato colore
alle meches, tingendole di un blu elettrico davvero accecante. Stava
ballando con un ragazzo che se la stava palesemente mangiando con gli
occhi, e non solo, le mani erano posate suoi fianchi accompagnandone il
movimento e ogni tanto scivolavano più sotto, ad accarezzare i glutei o
la coscia, sotto lo sguardo divertito e leggermente eccitato della
ragazza, che a sua volta si stringeva a lui muovendosi sempre più
sensuale.
Non
era uno spettacolo che lo interessava particolarmente ma era sicuro che
a qualcun altro non sarebbe piaciuta minimamente la scena, quindi si
affretto a percorrere il bordo pista per trovarlo e non fu deluso.
Era
lì, appoggiato al muro che delimitava lo spazio della discoteca dalla
spiaggia, i capelli biondi raccolti in una coda bassa e alcuni ciuffi
che sfuggivano e cadevano in morbidi riccioli sul viso adombrato. Gli
occhi verdi rincorrevano nervosamente i movimenti di Eleonora
e i lineamenti delicati, sempre così distesi e gentili, erano tesi fino
allo spasmo. Lo accarezzò con lo sguardo e notò come la maglietta
azzurro ghiaccio che aveva indossato risaltasse i muscoli delle spalle,
ora irrigiditi, e i jeans stretti aderissero alle gambe come una
seconda pelle.
Si
leccò le labbra mordicchiandosi un labbro, sovrappensiero.
A
volte era spaventato dall’intensità del desiderio che provava verso
Gabriele, davvero non si capacitava di come uno come lui che non si era
mai fatto problemi a scopare con chiunque ora si fosse quasi
ossessionato all’idea di lui, di averlo per sé, di sentire le sue mani
stringerlo, le sue labbra cercare il suo corpo e i suoi occhi
piantati esclusivamente su di sé. Non era un desiderio sano, lo sapeva,
quando lo prendeva una smania del genere l’unico rimedio era avere il
soggetto dei suoi pensieri, finché ne avesse avuto voglia, finché
finalmente quel fuoco sottopelle che minacciava di ustionarlo non si
fosse quietato, finché non avesse divorato Gabriele di baci, morsi e
tutto quello che la sua mente perversa riuscisse a immaginare. Poi
forse l’ossessione sarebbe svanita, lasciandolo libero di tornare di
letto in letto, inseguendo soltanto il desiderio del momento senza
farsi domande scomode.
Si
avvicinò noncurante al ragazzo, lasciando che i pantaloni larghi
scivolassero sui fianchi e il viso assunse la sua solita espressione
ironica mentre si appoggiava accanto a Gabriele, accendendosi una
sigaretta.
“Brutta
serata?” commentò lasciando scivolare fuori il fumo, Gabriele gli
rivolse un occhiata cupa, stringendosi nelle spalle quasi a volersi
ritrarre da lui e rispose, sovrastando a fatica il frastuono della
musica.
“Prendi
per il culo?” Manuele alzò un angolo delle labbra in un sorriso
sornione, adorava il modo ingenuo che aveva Gabriele di rapportarsi con
gli altri, come adorava allo stesso modo quando diventava cupo e
mandava lampi verdi da quegli occhi assolutamente disturbanti.
Gabriele
dovette vedere quanto effettivamente le sue parole fossero
assolutamente inadatte rapportate all’altro e arrossì
impercettibilmente, distogliendo lo sguardo dall’espressione divertita
che aveva assunto il viso dell’amico. Anche perché non era del tutto
sicuro che fosse un espressione esclusivamente divertita, aveva letto
più di quello che avrebbe voluto sul viso accaldato di Manuele ed era
sicuro che quella fosse esattamente l’intenzione del ragazzo.
“Non
mi azzarderei mai” rispose, con un espressione che diceva esattamente
l’opposto. Gabriele sbuffò lasciando che il respiro scostasse
lievemente una ciocca bionda dagli occhi, il più delle volte era
davvero piacevole stare accanto a Manuele, insomma era divertente,
faceva casino, non rompeva mai le scatole e soprattutto sapeva
ascoltare, ascoltare davvero. Non come quelli che quando si sentivano
raccontare una cosa, anche importante, ti guardavano fissi con
quell’espressione che diceva: ‘non ho capito un cazzo e ho annuito solo
per farti pensare l’opposto’. Non che lui fosse molto bravo a notare
questo genere di cose, a dire il vero era una frana, tutti gli dicevano
che era ingenuo fino allo sfinimento e che non avrebbe notato una capra
nemmeno se gli fosse stata davanti; però insomma la differenza fra uno
che ti ascoltava davvero e uno che faceva finta alla fine l’aveva
imparata.
E
proprio grazie a Manuele.
Lui
era uno di quelli che ti guardava fisso, beveva ogni cosa gli si
dicesse senza interrompere mai con insulsi ‘si anche a me è successo
questo!’ E si concentrava esclusivamente sull‘interlocutore, con quello
sguardo che sembrava voler perforare l’altro da tanto in profondità
scavava. Per cui quando ti ritrovavi ad essere ascoltato in questo modo
poi era difficile non riconoscere la differenza, ecco.
Quindi
il più delle volte stava davvero bene vicino a lui, però c’erano
momenti in cui diventava davvero insopportabile, sparava un mare di
battute, non semplicemente acide come al suo solito, ma proprio
cattive, prendeva in giro spietatamente chiunque gli capitasse e non
c’era verso che ti rispondesse se tu gli chiedevi cos’avesse. Non
scuciva una parola su se stesso e questa era una cosa molto
disturbante, considerando il fatto che lui invece era una persona che
si apriva facilmente e volentieri con tutti.
Si
era scoperto a sentire quasi a pelle di che umore fosse il ragazzo, per
potergli stare lontano le volte in cui a toccare terra la mattina era
stato il piede sinistro e non il destro. Anche perché di solito il
bersaglio delle sue battute taglienti era lui, e se da un lato non
gliene importava molto, dopotutto sapeva
che l’opinione che aveva Manuele di lui doveva essere molto buona
altrimenti non si sarebbe nemmeno avvicinato a lui, dall’altro però lo
infastidiva molto.
“Bah
mi sto un po’ rompendo” disse Gabriele, lasciando cadere l’ultima
provocazione di Manuele. Lui guidava una delle due macchine quindi era
davvero impossibile pensare di mollarli lì e andarsene, però la vista
di Eleonora che ballava abbracciata ad un estraneo era devastante per
lui. Sapeva che le sue possibilità con la ragazza erano pari allo zero,
ma non poteva semplicemente schiacciare il tasto ’off’ e disinnamorarsi
… non funzionava esattamente in quel modo.
Manuele
si avvicinò un po’ a lui, più vicino di quanto il limite imposto dalle
convenzioni suggeriva, lo testimoniava il fatto che riusciva a sentire
l’odore del suo dopobarba, un profumo pungente e leggermente speziato
che in effetti era perfetto per lui. Aggrottò la fronte, non capiva
esattamente a cosa mirasse l’amico, inizialmente aveva pensato che lo
interessasse Eleonora ma osservando il loro rapporto aveva scorto una
scintilla troppo fraterna per poter essere attrazione, quindi la mente
brancolava nel buio, non riuscendo a cogliere il senso di gesti o
affermazioni che potevano suonare equivoche analizzate dall’esterno.
Ma
lui non era mai stato un asso a interpretare questi segnali quindi si
limitava ad aspettare che Manuele si scoprisse e si decidesse a dirgli
cosa voleva esattamente da lui. Solo che per quanto conosceva l’amico,
avrebbe potuto scalare l’Everest a piedi aspettando.
“E
ovviamente questo non ha nulla a che fare con una certa ragazza che ti
sta ignorando” diretto e senza peli sulla lingua, anzi… con una
sfumatura sarcastica difficile da ignorare.
“Stai
cercando di tirarmi su il morale? No perché se è così ti avverto che
non è che tu stia facendo un gran bel lavoro sai” rispose Gabriele
rabbuiandosi.
“Ma
io non sono bravo a consolare la gente o tirare su il morale a
qualcuno… sono fermamente convinto che sfogarsi spaccando qualche
mobile o, in alternativa, la faccia a qualcuno, sia decisamente un
metodo migliore” Gabriele chiuse gli occhi, lui era una persona calma e
serena, non aveva mai provato il desiderio di mandare a ‘fanculo
nessuno, né l’aveva mai fatto ma in quel momento provava
l’irresistibile impulso di mandare Manuele in quel posto, e
preferibilmente il più possibile lontano da lui.
“Ti
stai offrendo come pungi ball?” chiese, guardando come i suoi occhi
socchiusi lasciassero intravedere scintille di un blu più profondo e
cupo del mare in quel momento. Se avesse avuto abbastanza esperienza
probabilmente avrebbe saputo ricondurre l’espressione di Manuele
all’estrema necessità che sentiva di schiacciarlo contro la prima
superficie disponibile per fargli cose decisamente inenarrabili, ma
visto che, nonostante i suoi diciotto anni, non aveva avuto moltissime
storie, non seppe riconoscere il pericolo imminente e si limitò a
osservare come i capelli ora gli si appiccicassero alla fronte e come
la sua maglietta nera aderisse a un torace per niente spiacevole. Forse
aveva bevuto troppo, doveva smetterla se voleva riportare i ragazzi a
casa sani e salvi.
“Non
necessariamente… insomma ti sto offrendo di sfogare i tuoi istinti
sulla mia piacevolissima persona ma preferirei si trovasse un
alternativa migliore al pestarmi a sangue”
E
stavolta notò come le labbra ben disegnate si schiudessero per lasciare
fuoriuscire la lingua che le inumidì.
Chissà
che sapore avevano.
Scosse
la testa respirando più affannosamente, faceva dannatamente caldo lì,
doveva trovare una via di fuga il prima possibile. Fuga dal caldo
ovviamente, non da Manuele.
“Non
mi interessa pestare a sangue nessuno” borbottò distogliendo lo sguardo
dall’amico che lo stava guardando sornione, quasi avesse capito
esattamente cosa gli passasse per la testa.
“Quindi
ti rassegni semplicemente? Non farai nulla?” e quelle parole urlate
sopra il frastuono della musica, suggerivano come quello fosse
lontanissimo dal modo di pensare o di fare del ragazzo. Certamente
Manuele non era tipo che da rassegnarsi davanti a niente e nessuno.
“Bisogna
anche sapere quando è il caso di lasciar perdere” e questo Manuele
dovette intuirlo dal movimento delle labbra, perché Gabriele aveva
parlato talmente piano che nemmeno da una distanza così ravvicinata
l’aveva sentito.
“Ma
ci hai mai almeno provato prima di poter dire ‘non c’è nulla da fare?’
no perché sai le persone tendono a nascondersi dietro un velo di finta
rassegnazione per qualcosa che a loro dire è impossibile, quando invece
si tratta semplicemente di codardia. E’ più facile pensare di non avere
possibilità invece che provarci ed esserne certi. Ci si può continuare
a illudere invece che andare oltre”
Gabriele
sgranò gli occhi e lo fissò quasi sbalordito, aveva parlato con pigra
leziosità, quasi stesse conversando del tempo, ma ogni parola era
uscita come una stilettata. Come si faceva a provare il desiderio
improvviso di mordere quelle labbra rosse e umide e al contempo
spaccargliele a suon di pugni?
Era
certo che solo l’amico riuscisse a tirar fuori istinti così
contraddittori alle persone.
“Io
non mi sto nascondendo!” sbottò, i lineamenti delicati contratti dalla
rabbia e le mani che gesticolavano per sottolineare il concetto.
“Semplicemente
prendo atto della situazione e mi risparmio un rifiuto! Non mi sembra
di essere un codardo” replicò fissandolo furioso.
“Ma
io parlavo in generale. Ti sei sentito chiamato in causa? In tal caso
dovresti chiederti perché” e mano a mano che Gabriele si scaldava lui
diventava sempre più serafico, quasi quelle affermazioni le stesse
rivolgendo davvero a un’altra persona e non all’amico che ora provava
un desiderio sempre più feroce di circondare il collo con le mani e
stringere.
Una
risata tonante si alzò accanto a loro e salvò il collo di Manuele, ebbe
solo il tempo di allungarsi per vedere chi fosse che Giò gli mollò un
pugno scherzoso sulla spalla, commentando: “Non ammazzarmelo che torna
utile nei compiti in classe”. Matt accanto a lui ridacchiò leggermente,
lanciando un occhiata strana a Manuele, sembrava quasi rimproverarlo
anche se non ne capiva il motivo.
I
capelli neri di Giò erano sempre più sconvolti e sparati in tutte le
direzioni, il ragazzo aveva ormai rinunciato a farli stare
decentemente, c’era troppo caldo. Si passò una mano ad accarezzare la
mascella volitiva coperta da una leggera barba e sospirò umettandosi le
labbra carnose: “ Ma non c’è niente da bere?Sto morendo di sete”
esclamò poi, erano arrivati decisamente al momento giusto, anzi
probabilmente Matt, con l’istinto infallibile che possedeva,
aveva intuito gran parte di quella conversazione solo osservando il
mutarsi delle loro espressioni, e si era avvicinato per evitare
spargimenti di sangue.
“Si
anche io ho sete…vai a prendere qualcosa?” chiese quest’ultimo,
scostandosi la frangia castana che risultava quasi bionda ora che il
sole l’aveva schiarita. Si era tagliato leggermente i capelli per via
del caldo e ora li portava corti dietro la nuca per poi terminare con
una frangia irregolare che gli copriva gran parte della fronte. Non
aveva la bellezza sfacciata di Giò o quella delicata e classica di
Gabriele, ma c’era qualcosa nel suo sguardo ambrato e nei suoi
lineamenti spigolosi che attirava inesorabilmente, ti spingeva a
chiederti perché i suoi occhi parevano sapere sempre esattamente cosa
stessi pensando e perché il suo viso esprimesse ogni volta quello che
tu avevi bisogno di leggervi.
“Mh”
assentì Giò, incapace di negare alcunché a Matt e rivolgendosi agli
altri: “Cosa prendete?” Manuele non sembrava davvero contrariato da
quell’interruzione e senza scomporsi rispose: “Black russian” mentre
Gabriele nello stesso momento diceva “White russian” Matt li guardò
mordendosi il labbro per non scoppiare a ridere e parlò ignorando
ostentatamente l’occhiata sorniona che Manuele aveva lanciato a
Gabriele. Cominciava davvero a compatire quel povero ragazzo e a
pensare che in fondo non gli era andata male con Giò, lo aveva fatto
aspettare mesi per decidersi, facendo soffrire democraticamente lui e
Jess mentre cercava di dissipare la confusione che aveva in testa, però
almeno non lo aveva mai tirato scemo in questo modo.
“Io
una Caipiroska” e non ebbe il tempo di finire la frase che Giò
proruppe, del tutto a sproposito come sempre “White Russian?Ma ti pare
che con questo caldo abbiano la panna?Dai, qualcos’altro” il ragazzo
arrossì, effettivamente non ci aveva pensato, così disse la prima cosa
che gli passò per la testa per trarsi dall’impaccio: “E’ che la panna
mi piace, è dolce e ti si scioglie in bocca la mangerei in qualunque
modo penso” parole che ebbero il potere di scurire lo sguardo a Manuele
e spingere Giò a ridacchiare per poi passare un braccio attorno al
collo dell’amico e ordinare divertito: “Dai vieni e aiutami così ti
raffreddi” Manuele gli lanciò uno sguardo vacuo in cui Giò poté leggere
chiaramente quanti e quali usi alternativi della panna gli erano venuti
in mente e come la virtù di Gabriele fosse in serio pericolo se non si
affrettava a portarlo via.
Lanciò
uno sguardo d’intesa al suo ragazzo e si trascinò dietro un riluttante
Manuele.
Gabriele
guardò Matt ancora frastornato, era irritante la costante
consapevolezza che quando Manuele parlava lui non riusciva mai a
cogliere tutto quello che l’amico metteva dentro le sue frecciate.
E
intuiva che invece avrebbe dovuto perché era importante, intuiva che
Giò lo capiva perché era un suo caro amico e quei due erano tipo
inseparabili, e che Matt capiva perché era intuitivo da morire, ma lui
non era nessuna delle due cose e questo lo infastidiva un po’. Poi
Eleonora volse lo sguardo verso di loro facendo mille segni a Matt per
fargli capire che lei e Jessica andavano con i ragazzi con cui stavano
ballando a bere qualcosa, e quello sfortunatamente lo capì benissimo e
gli fece un male cane.
Matt
annuì alzando una mano per dargli la sua benedizione e con un gesto che
avrebbe dovuto significare ‘se hai problemi chiamami’ la salutò e tornò
a concentrarsi su Gabriele e sul suo viso ora ostinatamente fisso sul
pavimento.
“Manu
ha detto che dovrei parlarle, che sono un codardo e che in questo modo
mi impedisco di andare avanti” questo adorava in Gabriele, la sua
facilità a comunicare, aprirsi con gli altri e farsi amare.
“Manu
alle volte straparla” commentò Matt e queste parole ebbero il potere di
far alzare il viso al ragazzo e guardarlo speranzoso. Era una cazzata
perché le cose non sarebbero cambiate se anche Matt gli avesse detto
che non serviva parlare, che Eleonora lo amava e che sarebbero stati
felici assieme, però irrazionalmente ci avrebbe davvero creduto, ci si
sarebbe aggrappato vedendo solo quelle parole, solo quella speranza.
Ma
Matt era fin troppo consapevole di come girava la mente di Gabriele e
non intendeva fargli più male di quanto se ne stesse facendo lui stesso.
“Però
in questo caso ha ragione” concluse quindi impietoso.
Gabriele
si morse un labbro sospirando, tutta questa situazione stava diventando
la barzelletta di tutta la scuola per il semplice fatto che lui non
riusciva a trattenersi davanti a lei, non riusciva a far finta di nulla
e ingoiare il desiderio, la gelosia e l’affetto spropositato, no, lui
era fin troppo evidente nelle sue intenzioni.
“Mi
sto rendendo ridicolo vero?” non poteva davvero permettersi di
sussurrare in una discoteca, però sicuramente aveva parlato così piano
che Matt dovette guardare attentamente le sue labbra per capirci
qualcosa.
“Non
sei così evidente, diciamo che noi ti conosciamo bene” e questa davvero
era una bugia, perché si
Gabriele era davvero sfacciato ma non aveva cuore di dirglielo in quel
momento e ringraziò il fatto che fosse una persona sostanzialmente
ingenua e gli credette immediatamente, alzando su di lui uno sguardo
sollevato che gli strinse il cuore per quanto era sincero e bello. In
quel momento gli parve di capire Manuele e come mai si era fissato in
questo modo con lui.
“Dovrei
parlarle se non altro per togliermela dalla testa vero?” chiese.
Matt
assentì osservando Giò e Manuele tornare con le bibite parlottando con
espressione piuttosto seria; quei due stavano complottando qualcosa,
non gliela dicevano giusta.