CAPITOLO DECIMO

Oltrepassiamo i nostri ponti dopo esserci arrivati e ce li bruciamo alle spalle, e niente mostra  il cammino percorso, tranne il ricordo dell’odore del fumo, e la sensazione che una volta  i nostri occhi hanno lacrimato.
Tom Stoppard

“Ma sei sicura che andare in giro per negozi sia la strategia migliore per superare lo stress pre esame?” chiese perplesso Gabriele, mentre Eleonora camminava a passo di marcia fra le corsie del negozio, trascinandosi dietro un riluttante Gabriele.
La ragazza gli scoccò un occhiata seccata: 
“Ma certo, ormai dovresti conoscere il mio shopping folle quando sono tesa” 
il ragazzo alzò gli occhi al cielo, cercando di vedere dove metteva i piedi, visto che aveva le braccia cariche di pacchetti.
“Sì ma ormai è mezzogiorno Ele, potremmo concederci una pausa in cui tu mi paghi il pranzo?” Eleonora ridacchiò e annuì, uscendo dal negozio, miracolosamente senza pacchi aggiunti. Si diresse verso la macchina per posare quelli già acquistati e voltandosi appena verso Gabriele sorrise appena, un sorriso dolce che da molto non si vedeva sulle labbra della ragazza.
“Sono contenta che sia tutto risolto Gabri” disse poi, mentre camminavano verso la pizzeria. Si erano sentiti per la colazione, Eleonora aveva preteso gli aggiornamenti e lui le aveva raccontato tutto, stupendosi di come le parole uscissero naturali e tranquillizzandosi quando si era reso conto che la sensazione dell’altra volta era esatta. Ora era davvero solo un amica e sapeva che il merito era esclusivamente di Manuele. 
Per festeggiare, l’amica l’aveva portato a fare un giro di acquisti che avrebbero steso un maratoneta, nel mentre avevano continuato a parlare per tutto il tempo, aggiornandosi sulle loro vite ed evitando di parlare della situazione più spinosa. Evidentemente Eleonora aveva deciso che era giunto il momento di fare anche quello. 
Osservò le sue labbra piene, che risaltavano ancora di più grazie al lucidalabbra color fragola che aveva applicato, e non rimpianse nemmeno per un istante il fatto di non averle mai assaggiate. Ora quando pensava a labbra da baciare l’immagine di Manuele arrivava come un pugno allo stomaco, costringendolo a controllare il suo corpo che si contraeva in uno spasimo di voglia e bisogno. Sperava che sarebbe passato prima  o poi, insomma non avrebbe mica passato tutto il suo tempo libero scopando con Manuele, no? Non che gli dispiacesse, ma lui al ragazzo ci teneva davvero, voleva diventare la persona che l’avrebbe sostenuto e  cui sostenersi, voleva diventare una persona degna di farsi amare da lui. 
“Sto bene” rispose Gabriele onestamente, osservando quelle stesse labbra piene aprirsi in un sorriso mentre entravano nel locale e prendevano posto.
“Avrei potuto gestire la situazione in modo diverso” ammise lei, rigirandosi nervosamente un anello piuttosto vistoso composto da tante pietre di varie gradazioni di viola. 
Lui scosse la testa, sì all’inizio l’aveva pensato, ma poi tutto aveva perso importanza rispetto un pensiero ben più pregante e ossessionante.
“Forse, ma ormai non fa nulla, davvero. Sono contento di non averti persa del tutto” ed Eleonora sorrise, perché non si poteva fare altro che amare il modo così diretto e dolce che aveva Gabriele di dire le cose, cose che avrebbero imbarazzato chiunque altro, ma lui no. Lui capiva l’importanza delle parole, capiva quanto fosse essenziale alle volte sentirsi dire anche un semplice ‘ti voglio bene’, capiva che le persone troppo spesso tacevano per paura e quei silenzi scavavano spazi enormi fra le persone. 
“Suppongo di dover ringraziare Manuele per questo” alle parole dell’amica, Gabriele si morse un labbro e annuì: “Suppongo di sì” 
Lo sentì prima ancora che vederlo, sentì l’odore pungente del suo dopobarba e, ancora più profondamente, il suo odore, quel miscuglio incredibile che avrebbe potuto riconoscere fra mille.
“Per ringraziarmi potresti offrirmi la pizza” detto mentre si sedeva accanto al compagno, con estrema naturalezza.
“Tu devi spiegarmi come cazzo fai ad arrivare sempre al punto in cui si parla di te. Ma cos’hai doti sovrannaturali?” chiese seccata la ragazza, ignorando le risate di Gabriele che aveva fatto sparire una mano sotto il tavolo per posarla sopra la gamba di Manuele e stringere un po’, giusto per salutarlo e stuzzicarlo. Insomma l’immagine delle sue labbra, in ogni contesto immaginabile, l’aveva perseguitato per tutto il giorno, doveva rendergli pan per focaccia.
“Ma certamente, Principessa, non sai che io in realtà sono il figlio segreto di Darth Vader e fratellastro di Luke?” i ragazzi scossero la testa all’unisono, poi Gabriele spostò lo sguardo sul viso del compagno, rivolgendogli un occhiata in cui era mescolata ansia e tenerezza: “Tutto bene, sì?” non sapeva quello che Manuele stava combinando con Giò ma aveva imparato a conoscere Manuele e in quel periodo c’era qualcosa che non andava.
Vide il ragazzo sgranare leggermente gli occhi, sorpreso, e poi rispondere, con tutto il sarcasmo di cui disponeva: “Sì adesso che i miei occhi si sono posati sul tuo splendore… sorgi bel sole e uccidi l’invidiosa luna, già malata e livida di rabbia, perché tu sei tanto più luminoso di lei!” Gabriele scosse la testa, rinunciando all’idea di avere una risposta seria.
L’ironia era sempre stata la sua arma nei momenti di tensione o di confusione. 
“Prima di compiere un qualunque omicidio ordiniamo la pizza?Ho fame io” intervenne noncurante Eleonora, sebbene fosse strano vedere insieme quei due, era chiaro che Manuele non era cambiato per niente. O forse sì, invece.
Forse il modo in cui ora guardava Gabriele possedeva una luce calda e intensa che non gli aveva mai visto prima, non c’era niente di diverso nelle sue parole o nel suo modo di comportarsi, ma non c’era necessariamente bisogno che si comportasse in modo differente, erano i dettagli quelli da cui si poteva carpire quanto tenesse a Gabriele. 
La cameriera li interruppe e dopo essersene andata con le loro ordinazioni, Manuele si appoggiò allo schienale guardando Eleonora. Non si era stupito quando Gabriele gli aveva detto che avrebbe passato la mattinata con lei. Conosceva il compagno e sapeva che la prima cosa che avrebbe voluto fare dopo una nottata come la loro, era parlarne con Eleonora per spazzare via tutti i fantasmi che aveva chiuso a doppia mandata nell’armadio ma che continuavano a bussare per uscire, fantasmi che avevano il sapore amaro dell‘ incomprensione. E lui aveva reagito nell’unico modo che conosceva, di petto. Aveva spalancato l’armadio e li aveva abbracciati forte, per ricordare sempre a sé stesso e a loro che non sarebbe mai scappato lontano da quello che era stato, che quello che era stato con Eleonora era incancellabile e rappresentava un ricordo sacro, da legare al cuore per non farlo sbiadire mai. Lei era stata testimone della persona che era stata e aveva contribuito a formare la persona che era diventata ora e che diventerà in futuro, Manuele aveva sempre saputo che non l’avrebbe mai cancellata dalla sua vita e ne era contento. 
Lui probabilmente l’avrebbe fatto, anzi, lui l’aveva fatto con Davide perché i ricordi che lo legavano a lui erano dolorosi e riducevano a brandelli l’anima, mangiandone pezzi sempre più grandi. Per questo non riusciva a non ammirare Gabriele e la sua tenacia nel voler trasformare un rapporto che avrebbe potuto fermarsi e perdersi, in qualcosa di diverso, mettendoci tutta la sua forza di volontà. Eleonora era importante e se doveva lottare per averla al suo fianco come amica l’avrebbe fatto, anche se il nemico era il suo stesso cuore. 
Li sentiva chiacchierare tranquillamente e li vedeva interagire fra loro con una tenerezza del tutto scevra dal tipo di affetto che Gabriele ci metteva prima, quando le sfiorò una guancia per pulirle il mascara che era sbavato, poté chiaramente vedere quanto tutti e due stessero lottando per non perdere quello che avevano. 
“Sapete, mi sono sempre chiesto… ma davvero voi due non siete mai stati assieme? Nemmeno per curiosità?” 
Gabriele quasi si soffocò con l’acqua, mentre Eleonora fu estremamente grata della scelta delle parole che aveva fatto Manuele. Già la domanda in sé era imbarazzante, considerando da chi proveniva. 
“Ma che cazzo vai a chiedere?” disse Gabriele, la voce era uscita acuta e leggermente stridula, l’espressione incredula era da incorniciare.
“No, ma se lo ritieni un passaggio essenziale per la nostra crescita psico fisica, se vuoi possiamo colmare questa lacuna” rispose Eleonora, con un tono dolce che grondava ironia e sarcasmo, era l’unica capace di risponde per le rime a Manuele, usando la sua stessa moneta. L’ironia.
L’espressione di Manuele si incupì immediatamente alla sola idea, mentre Gabriele guardava allucinato sia lei che il compagno, cercando di capire il senso di quella conversazione.
Poi Eleonora affondò il coltello, non contenta: “Tu che sai… che dici ne vale la pena? Dovrei provare?” l’espressione gelida e l’occhiata da serial killer che le lanciò Manuele, furono una risposta sufficiente. 
“Touchè” rispose solo il ragazzo, inclinando la testa di lato per sottolineare il concetto. Ad ogni modo si avvicinò a Gabriele, lanciandogli un occhiata che significava più o meno:non ti azzardare se non vuoi che ti eviri, e questo Gabriele lo capì benissimo, tanto che scoppiò a ridere allungando una mano per accarezzargli brevemente i capelli, con una naturalezza che uccise Manuele. 
Mangiarono la pizza ridendo e scherzando, i motivi di tensione che li avevano tenuti separati, lontani anni luce, superati grazie a un qualcosa su cui Gabriele e Manuele non avrebbero scommesso un centesimo, ma che alla fine era successo e li aveva devastati come un treno in corsa in pieno petto, spazzando via qualunque altra cosa. 
Eleonora e Manuele comunicavano a colpi di ironia pungente che avrebbe terrorizzato qualunque altro astante al tavolo che non fosse Gabriele, che conosceva alla perfezione entrambi. Quest’ultimo, da parte sua, addolciva le frecciatine con frasi ingenue e tenerissime che facevano sciogliere i due sadici, riducendoli a guardarlo scuotendo la testa e chiedersi come avessero fatto a vivere serenamente prima di conoscerlo. Davvero, il candore che aveva a volte Gabriele era capace di uccidere. 
Poi Manuele ripensò a quella mattina, quando si era inginocchiato sul pavimento e gli aveva fatto cose indecenti che lui non riusciva a rapportare nemmeno per scherzo al ragazzo che ora sedeva vicino a lui e lo guardava con quegl’occhi verdissimi, e poi a quando l’aveva implorato di scoparlo e poi quando l’aveva fatto sul serio.
Dio, se ripensava a quei momenti gli veniva un caldo assurdo, nonostante l’aria condizionata al massimo, e si chiedeva come facessero due esseri così differenti a convivere nel corpo di un unico ragazzo. Corpo che avrebbe preso e con cui avrebbe giocato senza interruzioni per tipo tutta la vita. 
Eleonora parve capire quello che stava pensando, con un occhiata divertita si appoggiò allo schienale, portandosi una mano sullo stomaco e azzarezzandolo, come se facendo quel gesto la pizza potesse digerirsi più facilmente: “Hai la faccia di uno che sta pensando molte cose, e nemmeno una di queste è pura e casta” lui ghignò e rispose: “Quel che mi stupisce è che io alle volte possa avere una faccia pura e casta” poi entrambi posarono lo sguardo su Gabriele, come se quel dialogo potesse turbarlo a livelli indicibili. 
“Piantatela! Non sono mica un bambino, ho visto entrambi in condizioni indicibili e non mi si è mai bloccata la crescita” esclamò stanco dello sguardo da genitori preoccupati che il loro unico adorato figlioletto potesse venire turbato dai loro dialoghi da ‘grandi’. 
Manuele gli rivolse un occhiata maliziosa e avvicinò la bocca al suo orecchio, per poi sussurrare un: “E queste condizioni indicibili pensi si possano mettere in pratica ora?” Gabriele sussultò sentendo il fiato caldo del compagno infrangersi contro la pelle sensibile del suo collo, e il suo primo impulso fu rispondergli con un mugolio, sussurrando ‘si ora subito, spogliati!’ ma erano in un locale ed Eleonora li stava guardando incrociando le braccia sotto il seno, del tutto interessata allo svolgersi della situazione. 
Si allontanò a malincuore, guardandolo torvo: “Sei… sei un buco nero!” Eleonora scoppiò a ridere incredula, mentre Manuele inarcava un sopraciglio e lo guardava interrogativo, finché Gabriele si decise a spiegare l’uscita: “Perché una volta che ti si conosce devasti tutto… non si sa bene cosa accada ma niente è più come prima” Eleonora osservò l’espressione incredula di Manuele e si decise a dire qualcosa, perché sembrava che l’amico fosse troppo spiazzato per farlo: “Per quanto mi riguarda è una descrizione troppo poetica” 
Manuele lasciò andare il respiro e si limitò a guardarlo. Come faceva a dire cose che lo spiazzavano in continuazione proprio non sapeva. 
“Io vado da Nana tanto nemmeno lei starà studiando.” i ragazzi annuirono distratti, troppo occupati a guardarsi l’un l’altro per darle retta. 
“Ci venite domani a vedermi, vero?” chiese lei, con quegl’occhioni enormi a cui non potevi assolutamente negare nulla. 
“Certo” rispose tenero Gabriele, salutandola con un bacio sulla guancia e guardandola andare via, sottile e aggraziata, bellissima Eleonora che avrebbe sempre fatto parte di lui, lo sapeva. 
Fu mentre rigiravano il cucchiaino nel caffè che Gabriele interruppe quell’attimo di quiete in cui ognuno si era rintanato nei propri pensieri: “Non mi dirai nulla vero? Di quello che stai facendo con Giò” non sapeva perché l’aveva chiesto, ma sapeva che Manuele aveva un espressione tirata che non gli piaceva per nulla, lo nascondeva dietro chili di ironia e sarcasmo e battutine sceme, ma lui lo vedeva lo stesso. Probabilmente dopo una certa soglia di intimità diventava naturale imparare a decifrare i discorsi complicati del partner o i suoi silenzi. Soprattutto i suoi silenzi. 
Manuele si voltò a guardarlo sorpreso e poi sorrise, quasi tenero, rispondendogli silenziosamente che: no non gli avrebbe detto nulla. 
Sospirò, alzandosi per dirigersi alla cassa, seguito da un silenzioso Manuele. Avrebbe dovuto studiare, anche lui a giorni avrebbe avuto gli orali. Uscendo dal locale lanciò un occhiata al compagno che lo seguiva soprapensiero e si ritrovò a pensare che era bello che lo facesse, era bello che si fidasse di lui al punto da seguirlo ovunque lui avesse voglia di condurlo senza nemmeno fargli una domanda. 
Faceva quasi male il pensiero di quanto necessario gli fosse diventato Manuele e di quanto questi piccoli gesti gli bastassero, anche se Manuele non voleva dirgli nulla del suo passato, di cui solo Giò, a quanto pareva, aveva l’esclusiva. 
Si fermò davanti a casa sua, sapeva che sua madre era a casa e sicuramente stava ribaltando la cucina in uno dei suoi attacchi da pulizie estive in cui si rendeva conto del disastro dove vivevano. 
E sapeva che doveva studiare.
“Manu…” cominciò, lui lo interruppe subito: “Non importa, non ti disturbo” dando dimostrazione di come, una volta di più, avesse capito alla perfezione cosa stesse pensando.
Scrollò le spalle ed entrò in casa, vedendo come le sue previsioni si fossero rivelate esatte: sua madre armata di fazzoletto legato in testa per tirare indietro i capelli e straccio, stava pulendo sistematicamente tutta la cucina che ora pareva splendere.
Manuele sgranò gli occhi, in mente ancora l’immagine del caos indescrivibile che vi aveva trovato l’altro giorno, poi indicò la stanza col dito e voltandosi verso Gabriele esclamò: “Non è la stessa stanza! Non lo sembra!” il compagno rise dandogli un pugno leggero sulla spalla e, prima che sua madre potesse avere il tempo di cominciare a parlare a ruota libera, salutò velocemente con un: “Mamma noi andiamo a studiare in camera mia” l’occhiata che gli rivolse la donna dava a intendere quanto poco ci credesse, ma prima che potesse dire qualcosa in grado di farlo sprofondare nell’imbarazzo più totale, si affrettò ad entrare in camera con il suo ragazzo e chiudere per bene la porta. A chiave. 
All’occhiata perplessa di Manuele rispose scrollando le spalle: “Mia madre ha il vizio di entrare in camera mia quando le pare, sperando di beccarmi in atteggiamenti compromettenti” e questo ebbe il potere di far scoppiare il ragazzo in una risata potente e sincera “Non siete una famiglia normale voi!” disse fra le risate, vedendo come anche Gabriele stesse sorridendo mentre tirava fuori i libri e li apriva e capì che la prospettiva di essere fuori dal comune gli piaceva. Una famiglia normale non avrebbe superato il tradimento dell’uomo che avrebbe dovuto proteggerla e amarla, non avrebbe superato il silenzio che ne era seguito, soprattutto non rimanendo così uniti, non respirando la serenità che si percepiva entrando lì dentro. Quindi in definita Gabriele sì, era fiero di non avere una famiglia normale. 
Questo lo capì ben prima che Gabriele potesse spiegarglielo, perché non ce n’era necessità, lo leggeva benissimo negli occhi verdi che ora rilucevano di un orgoglio feroce. 
Quando Manuele si avvicinò lentamente, lo fece per dirgli che capiva e che andava bene così. Ognuno trovava i propri modi di sopravvivere e lui più di tutti lo sapeva bene. 
Quando invece gli intrecciò le dita dietro la nuca, avvicinando la testa alla sua e baciandolo piano, fu per dirgli che per questo lo ammirava ancora di più, perché forse quello che era successo a loro era diverso ma era una cosa che aveva devastato ugualmente il piccolo mondo di entrambi e Gabriele non ne era uscito incattivito e devastato come lui, ne era uscito vincitore, non aveva nascosto il proprio dolore nella maglietta umida di lacrime di Giò, ma l’aveva sviscerato e affrontato e sebbene questo l’avesse dilaniato, poi era riuscito a diventare la persona che era adesso.
Quando invece Gabriele si sciolse sotto le sue labbra e accolse la sua lingua, lo fece per dirgli che andava bene così, era vero, ognuno trovava i propri modi per sopravvivere, e se lui aveva trovato le braccia di Giò che avevano retto per lui il mondo, dandogli il tempo di rimettere assieme i pezzi, allora era orgoglioso dell’uomo che era riuscito a diventare nonostante tutto. 
Quando gli posò le mani sulle guance, accarezzando lo zigomo col pollice e stringendosi a lui maggiormente, lo fece per dirgli che non esistevano uomini migliori o peggiori, non esisteva una graduatoria o un premio e il solo pensiero che lui si ritenesse inferiore lo imbestialiva perché non gli interessava che fosse perfetto. Gli interessava che fosse e basta.
Quando infine si staccarono e posarono la fronte una sull’altra, gli occhi di Manuele bruciavano di lacrime trattenute a stento, solo per la feroce convinzione che non era giusto far pesare tutto quello addosso a lui. Gabriele lo guardò sorpreso e poi lo avvolse fra le braccia, stringendolo a sé, vincendo la resistenza iniziale. Se avesse detto qualcosa, se al silenzio che li avvolgeva avesse aggiunto parole inutili o gesti diversi da quell’abbraccio caldo e spontaneo, Manuele sarebbe uscito da quella camera per non rientrarvi mai più. Ma le braccia che lo stringevano erano sincere e salde, le mani che salirono ad accarezzargli le spalle e il collo erano leggere e delicate, come se lui potesse andare in pezzi da un momento all’altro.
Solo molto tempo dopo Manuele si staccò da quell’abbraccio che bruciava quasi la pelle, per sorridere debolmente e stendersi nel letto di Gabriele, intrecciando le braccia dietro la testa e chiudendo gli occhi.
“Tu studia, io sto qui buono buono” lo informò, Gabriele lo guardò scettico, non riusciva a immaginarsi un Manuele tranquillo sul suo letto mentre lui studiava a neanche un metro di distanza. 
Anche perché, porca miseria, Manuele era steso sul suo letto, con la maglietta che si alzava mostrando lo stomaco e le gambe lasciate disordinatamente ricadere un po’ dove volevano, in quella posa da gatto indolente che lo faceva impazzire, come diavolo pensava che lui riuscisse a studiare? Deglutì distogliendo lo sguardo, era malefico Manuele, sempre detto lui.