CAPITOLO DODICESIMO
Ho amato fino alla follia, ma quello che gli altri chiamano follia per me è l’unico modo sensato di amare.
Françoise Sagan
Matt
si era presentato a casa sua con una faccia cupa che avrebbe
scoraggiato chiunque a chiedergli qualsiasi cosa. Gabriele si era
limitato a scostarsi dalla porta per farlo entrare, si era scambiato un
occhiata perplessa con sua madre e poi si era diretto in cucina.
Qualcosa gli diceva che ci sarebbe voluto un caffè bello forte per affrontare qualunque cosa fosse venuto a dirgli Matt.
Sua madre lanciò un occhiata ai due e vedendo l’aria che tirava decise saggiamente di rifugiarsi in salotto davanti alla tv.
“Hai sentito Manu, oggi?”
chiese Matt mentre Gabriele preparava il caffè, gli lanciò un occhiata sorpresa da sopra la spalla e rispose:
“No oggi no, perché?”
Matt sbuffò voltandosi a guardare fuori dalla finestra
“Perché ho paura che quei due coglioni stiano facendo una cazzata”
l’amico
sospirò voltandosi e rimanendo appoggiando al mobile; che Manuele non
stava bene ultimamente era abbastanza lampante, ma non aveva chiesto
niente, non voleva forzarlo a dirgli qualcosa di cui non si sentiva
pronto a parlare.
“Di che tipo?”
indagò
inclinando la testa per guardarlo meglio. Era teso e spaventato, le
mani si muovevano nervosamente, sembrava che non riuscisse a stare
fermo un attimo.
“Del tipo che può finire male. Sono andati a cercare vendetta su dei ragazzi che mi hanno ridotto piuttosto male tempo fa”
questo era il massimo che Matt era disposto a concedere, lo sapeva bene.
Aggrottò la fronte voltandosi per spegnere il gas e versare il caffè nelle tazzine.
“Mi
pareva che per Manuele fosse una cosa personale a dire il vero”
rifletté ad alta voce “Non so niente del suo passato, se non che è
stato brutto, penso che solo Giò ne sia a conoscenza”
posò le tazzine sul tavolo e si sedette di fronte a lui, muovendo distrattamente il cucchiaino per mescolare il caffè.
Matt annuì a confermargli che nemmeno lui sapeva niente e cominciò a sorseggiare il caffè.
“Ecco, penso abbia a che fare con questo… ma perché ti spaventa tanto?”
se
l’amico era così turbato forse la cosa era più grande di quello che
aveva supposto e Manuele non gliene aveva parlato per quello, non
voleva farlo stare in pensiero.
“Perché non sono tipi con cui si possa scherzare e quei due idioti non dovevano, io non ho mai chiesto nulla del genere!”
Gabriele
ridacchiò osservando come le guancie dell’altro si fossero arrossate
dalla rabbia, Giò avrebbe avuto il suo da fare a calmarlo.
“Sai come ragionano quei due…o meglio, come non ragionano, ma sono sicuro che c’è altro dietro”
evitò
di raccontare come ora tanti pezzi si incastrassero, come le
conversazioni che aveva ascoltato di sfuggita e le telefonate di Giò a
Manuele nei momenti più assurdi.
Matt lo guardò intensamente, sperava forse di riuscire a nascondergli qualcosa?
“Tu sai qualcosa che non mi dici”
Gabriele
scosse la testa alzando le mani, era pericoloso parlare con Matt,
capiva sempre più di quello che tu volevi far intendere.
“No
no non so nulla davvero. Solo supposizioni, come te. Penso che quei due
avessero motivazioni diverse per fare la stessa cosa e la cosa che
muove Manuele non sia davvero la vendetta. Li ho sentiti parlare e…
davvero, Giò si diceva disposto a lasciar perdere è stato Manuele ad
insistere”
si
stava confondendo e forse stava peggiorando la situazione, per cui
tacque guardando di sottecchi Matt e la sua espressione sempre più
preoccupata.
“Ciò
non cambia la sostanza delle cose. Sono andati da quei tipi, qualunque
motivazione potessero avere non ce ne hanno parlato e ora sono soli
chissà dove!”
vedere
l’amico così in ansia stava mettendo una certa inquietudine anche a
lui, doveva ammetterlo, ma cercò di trattenersi, agitarsi non sarebbe
servito a calmare Matt.
“Sono sicuro che va tutto bene. Se la sanno cavare, lo sai”
gli sorrise dolcemente finendo di bere il caffè e alzandosi in piedi
“Dai andiamo a vedere un po’ di televisione che mia madre scalpiterà per avere il dominio della cucina.”
Matt
annuì e si alzò a sua volta, la sua preoccupazione non era diminuita di
un oncia, ma aspettare con Gabriele era sicuramente meglio che
aspettare da solo.
Un
ora dopo erano ancora sul divano, Matt si mangiava nervosamente le
unghie cercando di seguire quella stupida trasmissione sul basket che
gli ricordava Giò, Gabriele con lo sguardo perso nel vuoto che non
faceva nemmeno finta di guardare. Matt sospirò voltandosi a guardare
l’amico:
“Scusa… ho messo in ansia anche te ma non ce la facevo ad aspettare a casa da solo”
ricevette
un sorriso così tenero in risposta da costringerlo a sorridere a sua
volta, convincendosi che invece la scelta era stata perfetta. La sola
presenza di Gabriele era in grado di calmarlo ed era consapevole che se
fosse stato a casa da solo a quest’ora sarebbe impazzito.
Appena
il campanello suonò Gabriele si precipitò alla porta, spalancandola di
scatto e abbracciando stretto Manuele. Lo slanciò spinse indietro il
ragazzo, costringendolo a fare due passi per restare in equilibrio ed
ansimando sorpreso.
Sicuramente non si aspettava un’accoglienza del genere.
Continuò
a tenerlo stretto finché non sentì le braccia dell’altro salire ad
avvolgergli la vita e stringersi a lui con un sospiro stanco. Era
strana una simile arrendevolezza da parte del ragazzo, tutta la
situazione era strana e Manuele ancora non aveva detto una parola.
Era un brutto segno.
Continuava
a stringersi a lui senza parlare, lanciò un’occhiata a Giò ma questi
distolse lo sguardo e capì che lui aveva già fatto il possibile per
l’amico. Sospirò allontanandolo leggermente per potergli prendere il
viso fra le mani e osservarlo bene, aveva un espressione così persa da
stringere il cuore.
“Hei” sussurrò “Hei va tutto bene?”
lui
si morse un labbro e annuì, non gli avrebbe detto niente, ancora, ma
gli occhi rossi e gonfi testimoniavano che no, non stava bene per
niente.
Lo
trascinò dentro senza accorgersi che stava per andare a sbattere contro
Matt, il ragazzo si era piazzato alle sue spalle e guardava Giò con un
misto di sollievo e rabbia. Ora tutta la tensione si sarebbe sciolta e
non osava nemmeno immaginare come avrebbero risolto la faccenda. Per un
attimo pensò a sua madre chiusa in cucina e intenta a preparare il
pranzo, si augurò che si fosse portata dietro l’mp3 e che avesse la
musica piuttosto alta.
Poi trascinò Manuele in camera lasciando soli i ragazzi.
Matt
guardò Giò duramente, l’ansia si era sciolta lasciando solo un immensa
rabbia a imperversare nel petto, aveva voglia di prenderlo a pugni fino
a farsi male ed era una sensazione che provava di rado.
“Tu… ti rendi conto che poteva finire male? Che poteva finire malissimo?”
la voce gelida che cercava di trattenere il tono isterico che avrebbe voluto assumere realmente.
E
Giò sapeva che qualunque cosa avesse detto ora sarebbe stata quella
sbagliata, ma parlò lo stesso perché… beh perché non sarebbe riuscito a
tacere comunque.
“Matteo, l’ho fatto…”
Matt lo interruppe alzando appena la voce:
“Se ti azzardi a dire che l’hai fatto per me giuro che ti pesto a sangue! Non l’hai fatto per me l’hai fatto per te stesso! E non me l’hai nemmeno detto!”
rimase
per un attimo senza parole mentre realizzava che forse il punto della
situazione non era la vendetta in sé ma l’averlo escluso
consapevolmente, perché sapeva che lui non avrebbe approvato.
“Matt mi dispiace. Non te ne ho parlato perché avrei dovuto spiegare troppe cose, cose che riguardavano Manuele e non potevo”
sperò che bastasse ma ovviamente non era così. Non sarebbe mai potuta bastare una spiegazione del genere.
“Gioele non tirarmi scemo, perché non lo sono!” infatti.
“Non
ho mai pensato che lo fossi” si accorse di aver parlato a sproposito
non appena ebbe pronunciato la frase, ma ormai era tardi.
“E ALLORA AVRESTI DOVUTO DIRMELO, CAZZO!”
urlò
Matt, il viso sconvolto e le mani che affondavano nei capelli per
cercare di calmarsi, respirare, doveva respirare, non poteva certo
ucciderlo lì, nel salotto di Gabriele.
“Cristo
Giò” disse poi in tono più controllato “Ma si può sapere cosa ti
passava per la testa? Davvero eri convinto che non me ne sarei accorto?
Che non mi sarei accorto delle vostre macchinazioni e delle frasi
criptiche e tutto il resto?” Giò distolse lo sguardo, faceva male
vederlo così scosso e sapere che avrebbe potuto gestire la cosa
diversamente fin dall’inizio, per evitare tutta questa scena.
“Ci speravo”
borbottò.
Matt sospirò perché non avrebbe potuto fare altro ormai, Giò era uno
stupido, idiota, testardo e la cosa avrebbe potuto finire molto male ma
ora era lì e tanto bastava.
“Fammi vedere quella mano”
disse
porgendogli la sua, alzò un sopraciglio quando Giò la nascose dietro la
schiena guardandolo con un paio di occhioni stupiti.
“Giò mi pare di aver assodato che non sono un idiota”
il ragazzo sospirò porgendogliela, era rossa e un po’ gonfia, le nocche sbucciate.
“Almeno loro stanno peggio?”
chiese
Matt ormai rassegnato accarezzandogli con delicatezza il dorso della
mano. Sorrise quando un ghigno spuntò sulla faccia di Giò:
“Oh puoi scommetterci”
poi
si arrese all’espressione leggermente implorante che aveva Giò, con un
sospiro si avvicinò ulteriormente per appoggiare la testa sulla sua
spalla.
Era uno stupido ma era ancora lì con lui, tanto bastava.
Manuele
seduto sul letto guardava fuori dalla finestra, cercando di catturare
il momento esatto in cui Gabriele gli si sarebbe avvicinato e avrebbe
cominciato a fare domande. Si irrigidì quando fece esattamente quello
che aveva previsto, ossia si sedette sul letto accanto a lui e si voltò
a guardarlo. Aspettava che parlasse, sapeva che lo avrebbe fatto come
sapeva che lui lo avrebbe mandato a ‘fanculo, perché era ancora troppo
presto, faceva ancora troppo male, per dirlo a qualcuno.
Quindi aspettava che parlasse e aspettava di sentire se stesso rispondere in modo acido e stronzo.
Aspettava
di vedere quell’aria ferita sulla faccia del compagno e aspettava di
sentirsi una merda di conseguenza, perché si sentiva sempre così quando
rispondeva male a Gabriele e lui faceva quella faccia.
Forse non sarebbe dovuto venire.
Ma
Gabriele non fece nulla di tutto questo, stupendolo ancora una volta.
Si sedette accanto a lui e allungò una mano ad accarezzargli la nuca,
lentamente, con tanta di quella delicatezza da fargli pensare che lo
considerasse una cosa preziosa e fragile, da maneggiare con cura.
Appena sentì le dita sfiorare la pelle non poté fare a meno di chiudere
gli occhi e lasciare andare un sospiro, come se avesse trattenuto il
respiro fino a quel momento e ora lo avesse finalmente ritrovato.
Forse invece andare lì era stata la cosa migliore.
Era
andata, era finita. Era stato un pezzo della sua vita, non il più
importante ma sicuramente il più doloroso e intenso e vivido. L’aveva
lasciato andare e ora non riusciva a capire esattamente il perché
sentisse il cuore schiantarsi nel petto.
Si
appoggiò a Gabriele quasi senza forze e non appena le sue braccia lo
avvolsero stretto capì che andava bene così. Che non era per forza una
fine e non era per forza una cosa brutta. Alzò il viso per cercare un
bacio che trovò subito e la dolcezza che ci mise Gabriele lo incantò.
Fece scivolare la lingua all’interno delle sue labbra, accarezzando la
sua con riverenza quasi; era un po’ sentirsi spezzare quel bacio, era
il desiderio di mettersi completamente nelle sue mani, perché forse il
suo ragazzo avrebbe saputo cosa fare di lui, come rimetterlo assieme.
E fu esattamente ciò che fece.
Afferrò
la maglietta di Gabriele per il colletto e si stese nel letto
tirandoselo addosso, senza smettere di baciarlo un solo istante.
Era come respirare, sentiva che se avesse smesso ne sarebbe morto.
Era
la prima volta che lasciava tutto nelle sue mani ma era così facile
lasciarsi andare con lui da aver voglia di farlo all’infinito. Le mani
di Gabriele si insinuavano sotto la maglietta accarezzando la pelle
calda, lasciando dietro di sé brividi che lo scossero da tanto intensi
erano. Non doveva smettere, non doveva smettere mai perché era la cosa
più bella che avesse provato da tanto, troppo tempo. Sentire il corpo
nudo premersi al suo fu puro delirio perché ormai lo voleva con un
intensità da far male, la mano di Gabriele scivolò in basso e quando lo
afferrò sospirò, mordendosi le labbra e inarcandosi, stava impazzendo.
Quando
Manuele schiuse le cosce e se lo tirò contro mugolando, finalmente
Gabriele capì cosa voleva esattamente da lui il suo ragazzo e si bloccò.
“Manu…ma…”
non
sapeva perché ma aveva sempre avuto la sensazione che questo fosse un
tabù per Manuele, ora si ritrovava spiazzato dalla fiducia che gli
stava accordando e decisamente terrorizzato dall’idea di sbagliare e
rovinare tutto.
“Potrei essere più esplicito di così, ma dubito che apprezzeresti”
fu la risposta di Manuele che gli diede conferma che sì aveva capito bene.
Gabriele
si premette contro di lui e per un momento videro tutto bianco
entrambi, erano così eccitati e lo volevano così tanto da non riuscire
davvero a mantenere nemmeno un minimo di controllo. Gemettero e
Gabriele prima di lasciar scorrere una mano lungo il suo corpo lo
guardò ancora negli occhi.
“Sei sicuro?”
E
Manuele rispondendo al suo sguardo si ritrovò a pensare che sì, era
davvero sicuro, perché non aveva mai voluto una cosa così intensamente
come questa. Non aveva mai permesso a nessun altro di farlo dopo il
periodo devastante con la banda di suo fratello, ma ora sentiva la
necessità quasi spasmodica di cancellare quel dolore, di andare davvero
avanti e farlo con Gabriele, farlo in questo modo. Si rendeva conto che
era un atto di fiducia enorme quello che stava concedendo a Gabriele,
ma era certo che non se ne sarebbe pentito.
Aprì
ancora di più le gambe e insinuò due dita fra le natiche, spingendo un
po’ e socchiudendo gli occhi, gemendo in modo indecente.
Sperava che questo fosse un incentivo sufficiente.
Evidentemente
lo era perché gli occhi verdi di Gabriele si scurirono e si lasciò
scappare un gemito strozzato alla vista del suo ragazzo che si
preparava da solo, per lui. Era una cosa vagamente oscena ma così
eccitante da convincerlo a mettere da parte ogni ritrosia, scostandogli
le dita per sostituirvi qualcosa di più grosso.
Fu
delicato e si fermò non appena sentì un ansito strozzato sfuggirgli
dalla gola, ma comunque per un attimo si sentì trasportato indietro nel
tempo, per un momento non c’era più calore o un letto sotto di lui ma
il pavimento e il freddo a penetrare ogni spiraglio di sé; fu il
momento in cui spalancò gli occhi per guardare per bene Gabriele sopra
di sé. Guardare gli occhi chiusi e il sudore che scendeva lentamente ad
accarezzargli il viso, guardare il modo in cui lo sfiorava con
riverenza e il modo in cui si stava trattenendo per non fargli male. Si
mordeva un labbro così forte da sanguinare e quella fu una vista che lo
spinse a lasciarsi andare definitivamente e abbandonarsi alle sue mani.
Il corpo premeva sul suo e le labbra seguivano il contorno del suo
viso, mordicchiandogli l’orecchio per poi scendere lungo la linea della
mascella e fermarsi sul mento. Ed era così tenero e appassionato
assieme, che il dolore che provava gli sembrò davvero poca cosa a
confronto di quello che sentiva. Le spinte erano lente e vedeva quanto
si stava trattenendo per lui, inarcò al schiena spingendolo più in
profondità dentro di sé e gemendo quando toccò quel punto, quasi
sorpreso dal piacere che si riversò nel suo corpo incendiandogli le
terminazioni nervose. Anche Gabriele si lasciava andare a gemiti che
sembravano più singhiozzi, la bocca era socchiusa ad aspirare quanta
più aria possibile, la mano corse alla sua erezione, la circondò e
nello stesso tempo cominciò a muoversi più velocemente e con più
decisione, sempre più a fondo. Fu lì che perse definitivamente il
controllo e si ridusse a gemere e mugolare sempre più indecentemente,
finché venne inarcandosi fra le sue mani, mordendosi un labbro forte
per non urlare. Quando anche Gabriele si abbatté sopra di lui
respirando pesantemente, alzò una mano per immergerla nei riccioli
biondi e finalmente sorrise, sorrise davvero, e pensò che non c’era
altro posto al mondo dove avrebbe voluto stare in quel momento. Questo
forse significava che davvero Gabriele era ormai un pezzo della sua
vita troppo importante. Lo era diventato quasi a tradimento, mentre lui
cercava di convincersi che lo faceva solo per scoparselo e che non
significava niente e alla fine si era ritrovato ad essersi
letteralmente perso per lui, gli aveva concesso di fare una cosa che
solo una settimana prima era impensabile. E non se ne pentiva nemmeno
ora, perché era stato quasi commovente nella sua perfezione anche se un
pensiero del genere era dannatamente sdolcinato e a lui non lo avrebbe
detto nemmeno sotto tortura.
Gabriele
alzò la testa per guardarlo, sorrise, le sue mani avevano preso ad
accarezzare il viso di Manuele e quest’ultimo ebbe l’impulso di
chiamare Nana per farsi insultare, perché sapeva che Gabriele stava per
dire una cosa dannatamente sdolcinata…
“Ti amo”
…anche se non si sarebbe certo aspettato che fosse una cosa genere.
Boccheggiò incapace di realizzare appieno la portata di quello che il suo compagno gli aveva appena detto, detto a lui, all’essere
umano che nella faccia della terra meno le meritava quelle parole. Fece
per parlare ma Gabriele gli posò un dito sulle labbra sorridendo.
“Non te l’ho detto per ricevere un ‘anch’io’ o delle proteste in cambio…”
si strinse nelle spalle e Manuele aspettò che terminasse, baciandogli il dito ancora posato sulle sue labbra.
“Te
l’ho detto perché lo sento e tu avevi bisogno di sentirtelo dire. A
dire il vero hai la faccia di uno che ha bisogno di sentirsi dire un
milione di frasi di questo genere”
ridacchiò mentre Manuele aggrottava la fronte e gli dava una sberla leggera sulla nuca,
“Scemo”
ribatté
mentre Gabriele non la smetteva di ridere e rotolava al suo fianco per
appoggiare la testa sul suo petto e godersi le carezze che Manuele
riservava alla sua schiena.
Fu nella pace quasi surreale che invase la stanza poco dopo, che Manuele parlò.
Strinse
involontariamente alcune ciocche di Gabriele, facendogli male, ma la
protesta del ragazzo morì quando alzando gli occhi vide l’espressione
di Manuele così dannatamente seria e triste. Di nuovo.
“Devo raccontarti una cosa”
solo
questo. Gabriele capì e si strinse maggiormente a lui, intrecciando le
gambe con le sue per creare un nodo ancora più stretto e poi tornò ad
accomodarsi sul suo petto.
“Ti ascolto” disse solo.
Manuele
cominciò a parlare e solo per un attimo si fermò a pensare che aveva
giurato a sé stesso che non avrebbe mai raccontato a nessuno del suo
passato, nessuno che non fosse Giò doveva sapere. Ma ora guardando la
testa del suo ragazzo adagiata su di sé e sentendo le carezze lievi che
sfioravano il suo petto, pensò che anche suo fratello avrebbe approvato.
Tutti e due i suoi fratelli.