CAPITOLO TREDICESIMO
È
in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo;
se li creo esistono; se esistono li vedo. La vita è ciò che facciamo di
essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che
vediamo, ma ciò che siamo.
- Pessoa -
La
casa di Eleonora era davvero immensa, ci si poteva perdere con una
facilità disarmante. Solo Gabriele e Nana sembravano possedere una
mappa abbastanza precisa della disposizione delle stanze, per cui ogni
volta che qualcuno doveva andare al bagno o voleva uscire a prendere un
po’ d’aria, andava a cercare i suddetti e rompergli le scatole
all’infinito fino a che uno dei due si decideva a distogliersi dalla
sua precedente occupazione per accompagnare lo sventurato ovunque
volesse andare. Chiedere ad Eleonora era fuori questione visto come si
dimenava in mezzo alla stanza assieme ad altre centinaia persone.
Quando Gabriele aveva detto agli altri dell’intenzione di Eleonora di
dare una festa a casa sua invitando tutta la scuola per festeggiare la
fine dell’anno e gli esami ormai ultimati, Giò l’aveva guardato
inarcando un sopracciglio, chiedendogli dove diavolo avesse intenzione
di mettere l’intero istituto d’arte. Manuele e Gabriele erano scoppiati
a ridere scuotendo la testa, davvero aveva posto una domanda del genere
dopo aver visto e sbavato indecentemente sulla sua ‘casetta di
montagna’?
“Vedrai” aveva risposto Gabriele con un sorrisetto indecifrabile.
E in effetti aveva visto, eccome.
Tra
l’altro Giò era quasi certo che non ci fosse solo l’intero istituto
d’arte ma anche qualche istituto limitrofo, c’era davvero troppa gente
in quel posto.
Si
guardò attorno in cerca dei suoi amici, Matt era andato a recuperare
qualcosa da bere visto che Giò aveva ballato come matto, divertendosi
schifosamente, fino a quel momento. Vide Nana seduta scompostamente su
uno dei divani spostati contro il muro, un ragazzo sembrava volerci
provare con lei ma la ragazza lanciava sguardi seccati e decisamente
poco rassicuranti al suo indirizzo, per cui si diresse verso di lei per
salvare il povero malcapitato.
Si
lasciò cadere al fianco della ragazza, circondandole le spalle con le
braccia e lasciando che la mano scivolasse accidentalmente sulla vita
scoperta.
“Tesoro, ti sono mancato?” domandò sensuale, lanciandole un occhiata infuocata che prometteva notti insonni e piene di passione.
Nana
lo guardò inarcando un sopracciglio, prima che potesse rispondere in
qualche modo il ragazzo vicino a lei si sporse verso di loro: “Ma sei
fidanzata?” senza evidentemente riuscire a staccarle gli occhi di
dosso, sembrava la stesse spogliando. Effettivamente il top che aveva
indossato copriva giusto il seno, per non parlare dei pantaloni di
pelle nera che la fasciavano strettissima. C’era da chiedersi come
diavolo facesse ad indossarli in piena estate.
E come fosse riuscita a sopravvivere ai rimbrotti da animalista convinta che sicuramente le aveva rivolto Eleonora.
“Sì,
è fidanzata con noi” rispose una seconda voce, il ragazzo si voltò a
guardare da dove provenisse e spalancò gli occhi quando vide Manuele e
Gabriele accanto a lui, lo stavano guardando malissimo e
contemporaneamente lanciavano occhiate languide a Nana.
La
ragazza non si scompose a questo sfoggio di imbecillità suprema, si
limitò ad alzare gli occhi al cielo quando il ragazzo proruppe:
“
Ma con tutti e tre?” dimostrando senza ombra di dubbio che il suo
intuito era andato a fare un orgia assieme al suo buon senso e alla sua
intelligenza.
“Sì,
facciamo a turni” rispose Manuele, subito seguito da Giò nel suo
delirio: “Io i giorni pari” iniziò, indicando se stesso “Lui quelli
dispari” concluse indicando Manuele.
Il
ragazzo posò lo sguardo su Gabriele e mormorò un flebile: “E lui?”
Manuele ghignò, non aspettava altro evidentemente, “Lui si occupa delle
coccole post-sesso, sai è sfiancante dover soddisfare due uomini
contemporaneamente” a queste parole l’Incauto ragazzo capì che proprio
non era aria e si dileguò, fuggendo nell’angolo più estremo della sala.
Quelli erano una manica di pazzi, esistevano modi più normali per
allontanare qualcuno che importunava un’amica!
La
suddetta manica di pazzi, intanto, stava ridendo come se non esistesse
un domani. Giò e Manuele erano piegati su loro stessi mentre Nana e
Gabriele si limitavano a fissarli, scuotendo la testa.
“Siete dei coglioni” fu il commento illuminante della ragazza.
“Ma
dai, te l’abbiamo pur levato dalle palle!” protestò Giò, avvicinandosi
a Nana con un’espressione ferita e addolorata in viso.
“Io
ti amo follemente, nelle giornate dispari non faccio che pensarti e
struggermi d’amore pensando a quando finalmente ti avrò!” disse con
tono appassionato, avvicinandosi a lei e posandole la bocca
sull’orecchio.
“Ti
farei di tutto…” sussurrò, per poi abbassare ulteriormente la voce e
mormorarle qualcosa nell’orecchio che fece indietreggiare Nana.
“Ma sei un porco!” esclamò, spalancando gli occhi senza tuttavia mostrare la dovuta indignazione.
Erano cose irripetibili ma decisamente stuzzicanti.
“Sono
d’accordo” sibilò Matt, comparendo davanti a loro con due bicchieri
pieni di uno strano liquido verde e un espressione omicida negli occhi.
“E
aggiungerei che è un porco morto se non si allontana immediatamente da
lì e non si sbriga a spiegarmi un po’ di cose” concluse con un tono
gelido almeno quanto la sua espressione.
Manuele
rise, sedendosi sul divano e allungando le mani davanti a sé: “Ah io
non c’entro niente stavolta, ha fatto tutto lui” si affrettò a
chiarire, per poi essere contraddetto da Gabriele: “Come non c’entri!
Sei tu che hai stabilito i turni per stare con lei… ma poi, perché io
dovrei limitarmi alle coccole post-sesso, scusa?” protestò,
avvicinandosi al suo ragazzo e rimanendo in piedi davanti a lui, con le
mani sui fianchi e un espressione truce in viso.
“Ma
perché nessuno deve toccarti se non con intenti del tutto innocenti,
ovviamente” si giustificò Manuele, alzando su di lui un paio di
occhioni blu colmi dello stupore più genuino, come a ribadire che per
lui era una tale ovvietà da non meritare nemmeno una spiegazione.
Gabriele scosse la testa, sciogliendo la sua espressione in un sorriso.
“Quanto sei scemo” mormorò per poi sedersi a cavalcioni sopra di lui e nascondere il viso nell’incavo del suo collo.
L’espressione
di vittoriosa soddisfazione che comparve sul suo viso, tuttavia, ebbe
breve durata. Non appena Gabriele cominciò a muovere le labbra sul suo
collo e le mani in un’altra direzione, Manuele sgranò gli occhi
mordendosi le labbra, imprecando.
“Ma
che fa?” chiese Nana, allontanandosi di scatto dai due ragazzi,
d’accordo che loro non si facevano scrupoli a mostrare al mondo la loro
inclinazione sessuale, ma da lì ad amoreggiare sul divano a pochi
centimetri da lei ce ne passava.
“Si vendica” spiegò divertito Matt, prima di guardare significativamente Giò e cominciare ad avvicinarsi a lui.
Il
ragazzo tese le mani davanti a sé, terrorizzato: “Non provarci nemmeno,
non ho tutto il controllo di Manuele io!” esclamò, per poi venire
smentito da un gemito appena trattenuto del suddetto.
“Nemmeno
Manuele ha tutto questo autocontrollo a quanto pare… vediamo chi
resiste di più senza trascinare l’altro nel primo bagno disponibile?”
propose Matt ammiccando.
“Vediamo chi invece la pianta di limonare in giro e si ricorda che ci sono anche gli altri?” li interruppe Nana seccata.
“Ma noi non limoniamo!” fu la giusta protesta di Giò, troncata sul nascere da Nana che indicò i loro amici “Loro sì”
Manuele
e Gabriele non mostrarono particolare fastidio nel venire additati in
questo modo, anzi, continuarono quel che stavano facendo con assoluta
convinzione. Gabriele stringeva il viso del compagno fra le mani e
sembrava volergli divorare la bocca, mentre le mani di Manuele erano
scese ad artigliargli con forza i fianchi, tanto che sicuramente sulla
sua pelle delicata sarebbero apparsi dei lividi niente male.
Solo
quando una sensazione di fastidio pungente si insinuò definitivamente
fra loro, distraendoli, si decisero a staccarsi e guardarsi attorno,
curiosi. Quel che videro li costrinse a scoppiare a ridere
istantaneamente: Giò era ad appena due centimetri da loro, li fissava
insistentemente e con espressione assolutamente interessata, mentre
Matt, dietro di lui, scuoteva la testa con forza, chiaramente
sconsolato. Nana alzava gli occhi al cielo annegando la serata in una
birra. Una Corona forse, Gabriele non ne era del tutto sicuro,
avvertiva con troppa forza, come una frustata esattamente al centro del
suo essere, il corpo di Manuele premuto al suo e le sue mani che ancora
afferravano i fianchi. Mani che parlavano di percorsi eccitanti e
tortuosi sul suo corpo, di piaceri sconvolgenti e indecenti che non
vedeva l’ora di provare, anche lì-subito-immediatamente. A giudicare
dallo sguardo appannato e dall’espressione languida, comunque, Manuele
non se la passava molto meglio.
“Giò
ma la pianti?” proruppe Matt dandogli uno schiaffo leggero sulla nuca,
il ragazzo voltò la testa guardandolo con i grandi occhi verdi
spalancati: “Sto prendendo appunti! Lo faccio anche per te, apprezzerai
stanotte vedrai!” proruppe, assolutamente a sproposito, tanto che Nana
si strozzò con la birra e mugolò uno sconfitto: “Ma se poteste
piantarla di parlare di sesso a una povera Crista in astinenza nera…”
In quel momento un piccolo terremoto biondo crollò su di lei,
scaraventandosi sulle sue gambe e spingendo la testa nell’incavo del
suo collo: “Ma povero tesoro mio, sai che quando vuoi io sono qui, la
mia umile persona ti consolerà in tutti i modi a me conosciuti” esclamò
Eleonora,
“Che
non sono certo pochi” puntualizzò Manuele, che stringeva ancora il suo
ragazzo e non aveva intenzione di farlo scendere dalle sue gambe.
Eleonora gli scoccò una lunga occhiata maliziosa e si strinse
ulteriormente a Nana, aveva il fiato corto per il ballo in cui si era
esibita fino a poco fa, ed era terribilmente sudata, tuttavia Nana non
l’allontanò, non lo faceva mai.
Le
avvolse le braccia attorno alle spalle, come fosse un gattino da
coccolare e proteggere, e strinse leggermente, per non farle sentire
caldo ulteriore.
“Oh,
forse un giorno lo scoprirai, chissà…” rilanciò la ragazza, in un
sussurrò malizioso che le sue labbra si lasciarono sfuggire
schiudendosi appena, come se stessero pregustando le lettere una a una
prima di lasciarle cadere nell’aria.
“Ma
anche no!” proruppe Gabriele, stringendosi forte il suo ragazzo
addosso, afferrandogli una nuca con la mano e guidandola possessiva
verso il suo petto.
“Non
ti facevo così possessivo Gabri!” commentò immediatamente Giò, che nel
frattempo si era tirato addosso Matt, facendolo sedere accanto a sé e
passandogli un braccio attorno alle spalle. Era davvero raro che si
lasciasse andare a gesti del genere in pubblico, di solito perdeva il
controllo solamente quando era ubriaco, per cui Matt, non appena aveva
sentito le dita di Giò chiudersi sul suo polso e attirarlo con
decisione a sé, ne era rimasto piacevolmente stupito e si era
immediatamente lasciato andare, concedendo al compagno di stringerlo
quanto e come voleva.
“Gabriele
sa essere estremamente geloso e possessivo, solo che si controlla bene.
Basta non risvegliare il suo lato isterico” rispose Eleonora, che nel
frattempo si stava godendo le lievi carezze che Nana rivolgeva alla sua
schiena lasciata quasi totalmente scoperta dal top, rabbrividendo
leggermente.
“Oh
interessante!” proruppe Giò, immediatamente attento e ricettivo, quando
si trattava di portare allo sfinimento il prossimo lui non temeva
rivali, era un occupazione a cui si dedicava fin troppo volentieri.
“Interessante
stì cazzi, qualunque cosa tu stia pensando di fare non coinvolgerai il
mio ragazzo… ho altri programmi per la serata” Manuele aveva parlato
con voce quasi sepolcrale, col viso quasi del tutto nascosto dal petto
del suo compagno, ma non per questo meno minacciosa.
Conosceva
Giò e sapeva a quali picchi di pazzia e demenzialità era in grado di
arrivare se si applicava. E portare all’estrema sopportazione la
pazienza altrui era un’attività fin troppo piacevole per l’amico.
“Non
voglio saperli! E che cazzo come devo dirtelo che non scopo da una
vita? Un po’ di pietà Cristo Santo!” esclamò Nana, l’espressione di
autentica sofferenza che contrasse il suo viso fece provare un moto di
solidarietà a tutto il gruppo, per cui si decisero a spostare il
dialogo su versanti meno pericolosi.
“Ma
quindi ti trasferisci Ele?” domandò Manuele, il tono della sua voce, a
un osservatore distratto, poteva parere del tutto casuale, una frase
detta solo per cambiare sfacciatamente discorso.
Ma Eleonora non era un’osservatrice distratta, per cui capì immediatamente l’intenzionalità della domanda.
Probabilmente
l’amico aveva voluto fargliela dal primo momento e aveva pilotato la
conversazione fin dall’inizio per farli giungere a quel punto esatto.
Perché
non avesse potuto chiederglielo prima restava un mistero noto solo a
Manuele, ma l’amico evidentemente non si sentiva contento se non
manipolava nessuno. Con Gabriele non c’era gusto, ci cascava subito
come un pollo.
“Sì…
il corso di Moda che voglio frequentare lo fanno solo a Firenze, per
cui andrò lì” Giò si voltò a guardare Manuele stupito, solo adesso
aveva capito appieno il perché della sua domanda.
Firenze era la sua città d’origine, lì stava suo fratello.
Nessuno
parve capire la portata di quell’informazione, perfino Gabriele, che
pur sapeva tutto, seguiva il discorso con aria distratta, senza capire
l’importanza che aveva per Manuele.
Probabilmente Manuele nel suo racconto non aveva fatto nomi.
“Non
è troppo lontano da qui in fondo… potremmo venire a trovarti spesso e
volentieri!” disse Manuele, con estrema noncuranza, senza guardare Giò
nemmeno per sbaglio.
“Beh io mi trasferirò con lei” informò Nana, con estrema calma.
“Davvero?”
Matt si risvegliò dal suo torpore, anche se Giò era più che certo che
non si fosse lasciato sfuggire una sola sfumatura di quella
conversazione.
Nana annuì, era un progetto che non aveva ancora condiviso con nessuno ma di cui aveva ampiamente parlato con l’amica.
“Sì,
ci vive il fratello di mio padre e ha una carrozzeria abbastanza
grande… mi prenderebbe per ampliarla e creare così anche la possibilità
di aerografare macchine, moto e quant’altro” espose Nana con estrema
soddisfazione, si vedeva che il progetto la rendeva entusiasta.
“Quindi
vivrete assieme” concluse Gabriele che aveva seguito il discorso molto
più di Giò e Manuele, uno impegnato a cercare lo sguardo dell’amico e
l’altro impegnato a negarglielo.
Eleonora annuì contenta, muovendosi entusiasta all’interno dell’abbraccio della ragazza.
“Sì!
I miei hanno un appartamentino lì e condivideremo le spese” Gabriele
sorrise, era carina Eleonora a metterla in quel modo, ma era sicuro che
l’appartamentino in questione fosse una reggia, e che Nana non avrebbe
dovuto sborsare un euro, anche se la ragazza avrebbe insistito fino
alla nausea per farlo ugualmente.
“Mi
sembra un bel progetto” commentò Matt che era riuscito a seguire sia la
conversazione delle ragazze sia il gioco di sguardi di Manuele e Giò,
dando prova della sua superiorità nella scala evolutiva, almeno
rispetto agli altri tre ragazzi.
“Io
mi levo, vado in bagno” esclamò Giò improvvisamente, Matt lo guardò
stupito ma non disse nulla, Gabriele invece sospirò, guardando le
ragazze che sembravano non avere la minima intenzione di alzarsi.
“Ok,
ok ho capito, ti faccio strada” alzandosi dalle gambe di Manuele e
rimediando un grugnito insoddisfatto da parte di quest’ultimo.
Gabriele non pensava davvero che Giò l’avesse fatto di proposito, tuttavia non perse di certo l’occasione.
Aspetto
di essere arrivato al bagno, fece entrare Giò e poi, invece di fermarsi
fuori dalla porta, entrò a sua volta senza curarsi di chiudere a
chiave. L’aveva portato nel bagno più lontano dalla sala, nessuno
sarebbe venuto a disturbarli.
Giò
a quel gesto incrociò le braccia al petto, fissandolo. Manuele avrebbe
sparato qualche battuta sarcastica, ma lui non era Manuele quindi si
limitò a ghignare e fissarlo, inarcando un sopracciglio.
Gabriele arrossì istantaneamente e mise le mani avanti, sventolandole come in una negazione frenetica.
“No,
no! Non voglio fare niente!” in quel momento era delizioso, con il
volto di un acceso color pomodoro, i capelli biondi che si arricciavano
attorno al viso in modo scomposto e del tutto incontrollabile e
quegl’occhi verdissimi, simili a un laser.
Erano
insostenibili occhi così, soprattutto quando guardavano qualcuno come
Gabriele stava guardando lui. A fondo e senza farsi distogliere dal suo
intento. Ecco, in quel momento Giò ebbe l’esatta intuizione di come
potesse sentirsi Manuele quando Gabriele lo guardava così, con
quell’espressione decisa e tuttavia imbarazzata, timido ma sicuro di
quello che voleva. Era letteralmente impossibile resistergli.
“Ci mancherebbe anche! Matt prima uccide me, poi ti lascia alla mercé di Manuele, onestamente non so a chi andrebbe peggio”
L’imbarazzo
colse Gabriele ancora più intensamente, aveva agito d’impulso, senza
pensare a cosa quell’invasione potesse far pensare, e proprio con Giò,
la persona di cui era stato più geloso in assoluto, o non proprio di
lui quanto del rapporto che aveva con Manuele. C’erano cose che solo
lui sapeva, ne era perfettamente consapevole. Manuele gli aveva
raccontato gran parte del suo passato ma sapeva che non gli aveva certo
detto tutto, solo Giò aveva questo privilegio.
Il
problema era che questo lo faceva impazzire, proprio perché gli piaceva
nell’esatta misura in cui lo odiava. Odiava che Manuele avesse un
rapporto tanto profondo con qualcuno che non fosse lui, che questo
qualcuno sapesse cose di cui nemmeno lui era a conoscenza e che fosse
in grado, per questo, di comprenderlo meglio di chiunque altro. Sarebbe
stato sempre un passo indietro a Giò, lo sapeva. E lo sapeva anche Giò,
per questo adesso si era voltato e stava espletando i bisogni per cui
era entrato in bagno, per dargli tutto il tempo di riprendersi.
Lo
adorava perché Giò c’era stato quando Manuele era a pezzi, così
minuscoli da aver paura di poterli perdere da un momento all’altro e
lui non l’aveva fatto, li aveva raccolti, uno a uno, rischiando di
ferirsi le mani coi bordi taglienti, e li aveva incollati assieme. Era
solo merito suo se Manuele era ancora in piedi, lo sapeva bene. E non
poteva non adorarlo per questo, non poteva non capire che il loro era
un rapporto incredibilmente simile a quello che aveva con Eleonora.
Però il senso di esclusione feroce che provava era una cosa che non si sarebbe mai scrollato di dosso, lo sapeva.
“Volevi
solo guardarmi pisciare o ti decidi a parlare?” sbottò alla fine Giò,
mentre si lavava le mani e cercava di scrutare la sua espressione
attraverso lo specchio.
“Perché
hai fatto quella faccia quando Ele ha parlato di Firenze?” disse alla
fine, sparò fuori la frase tutta d’un fiato, come se tenerla ancora
dentro potesse avvelenarlo.
Giò
sospirò, evidentemente Gabriele non era così distratto come sembrava,
ed altrettanto evidentemente Manuele non gli aveva detto proprio tutto.
Aggrottò le sopracciglia, era strana quella domanda in particolare.
“Di tutto quello che potevi chiedermi sul passato di Manuele…” rifletté ad alta voce, ancora perplesso.
“Non
voglio sapere cose che lui non si sente pronto a dirmi” si difese il
ragazzo, sedendosi sul coperchio del water e osservando come Giò si
appoggiava ai lavandini, le mani afferravano il bordo e i gomiti erano
portati all’indietro, fin quasi a sfiorare lo specchio. Sembrava
dovesse balzare in avanti da un momento all’altro.
“E
questa cosa in particolare invece, in cosa sarebbe diversa?” chiese
ancora più perplesso Giò, proprio non capiva come ragionava la mente di
Gabriele, ne aveva avuto una vaga idea, erano amici da tanto dopotutto,
ma da quando si era messo con Manuele aveva superato ogni sua
aspettativa.
Gabriele
si strinse nelle spalle, senza sapere cosa dirgli. La verità era che
non lo sapeva nemmeno lui, in cosa era diverso. Forse pensava davvero
che il suo ragazzo gli avesse detto tutto, si fosse aperto
completamente con lui, e scoprire che invece c’erano cose che ancora
non gli aveva detto gli aveva fatto male. Certo, era normale,
pensandoci a mente fredda poteva ben dire che sarebbe stato strano il
contrario, sarebbe stato davvero allarmante se Manuele si fosse messo a
raccontargli il suo passato per filo e per segno dopo appena un mese
che stavano assieme, già quello che sapeva gli dava una vaga idea di
quanto dovesse essere stato devastante per lui.
Però
vedere quanto si capivano quei due, vedere quante cose ancora non
sapeva e non riusciva a capire, gli dava un ansia incredibile,
strisciante e insidiosa, nasceva al centro del petto e si diramava per
tutto il suo essere. L’ansia di non poter mai essere davvero il suo
sostegno, l’ansia di vedere in futuro Manuele spezzarsi e non poter
fare niente, guardare impotente come Giò lo rimetteva assieme senza
essere capace di aiutarlo in nessun modo.
E
queste cose erano un groviglio di pensieri ed emozioni così confuso,
perfino per lui stesso, da rendere impossibile l’idea di esternarle.
Sapeva che con Giò parlare era necessario, lui non avrebbe capito al
volo come Manuele o Eleonora, lui non avrebbe letto dentro di lui con
quella facilità estrema e non gli avrebbe tolto il peso di dover
esprimersi in un modo coerente e comprensibile all’umana gente.
“Ho paura” riuscì a dire solo, abbassando lo sguardo e nascondendo il viso sotto una cascata di ricci biondi.
Giò abbassò a sua volta il volto, cercando invano di agganciare il suo sguardo.
“Paura
di cosa?” chiese delicatamente, un idea ce l’aveva ma non voleva
forzarlo, sembrava strapparsi a forza dalla bocca quelle parole e che
quello sforzo fosse davvero sovrumano per lui. Aveva l’impressione che
una parola sbagliata sarebbe stata la fine.
“Non
lo so!” esclamò Gabriele alzando di scatto il viso e fissandolo
finalmente negli occhi, per un breve istante, prima di lasciar
scivolare lo sguardo per la stanza, frenetico, come se le piastrelle
potessero suggerirgli le parole giuste.
“Di
scoprire che non sarò mai in grado di sostenerlo come fai tu, suppongo”
sospirò alla fine, arrendendosi a guardarlo in faccia.
“Ma che idiozia!” proruppe Giò, incrociando le mani davanti al petto e spalancando gli occhi per la sorpresa.
“E’ una cosa diversa Gabri, devi dargli il tempo di…”
Gabriele lo interruppe, frenetico, non voleva che Giò fraintendesse.
“Ma
io lo so che si fida di me, se no non mi avrebbe raccontato nulla e non
starebbe nemmeno con me, suppongo, non è quello il fatto, è che… non
so… tu sei lì, e sei quasi intoccabile per lui e io non so davvero se
sarò in grado di esserci come ci sei tu”
Giò sospirò, avvicinandosi a lui e inginocchiandoglisi di fronte.
“Ma
tu non devi esserci come ci sono io” Gabriele fece per parlare ma Giò
non glielo permise, gli posò una dito sulle labbra e sorrise lievemente
“No, ascolta. Quando siamo andati a vendicarci per conto di Matt,
quando lui ha rivisto suo fratello… in treno ha pianto. Tornando
indietro dico, e non si fermava mai, Cristo sembrava un rubinetto
aperto e non avevo idea di come fare a fermarlo. Siamo arrivati a casa
tua che aveva appena smesso e mi chiedevo cosa cazzo ci facesse lì,
dato che era evidente che non fosse in condizione di vederti senza
crollare. Però poi siete spariti in camera e quando siete usciti,
quell’espressione persa, di chi proprio non sa dove diavolo girarsi
perché ovunque si volti c’è solo un fottuto casino, ecco era scomparsa.
Stava bene. E allora ho capito perché aveva voluto venire da te.” si
interruppe un attimo, posando le mani sulle sue ginocchia. Gabriele lo
stava guardando come un bambino guarda suo padre, con un espressione
incantata e del tutto fiduciosa, sicuro che il genitore possedesse
tutte le risposte.
Una persona così veniva voglia di proteggerla da tutto il male del mondo, compreso quello che era capitato a te.
“Non
ti ha detto tutto perché non voleva che tu ti preoccupassi, non perché
pensa che tu non sia in grado di sostenerlo, perché lo sei. In modo
diverso ma lo sei.”
Gabriele spalancò gli occhi, non l’aveva mai vista sotto questo punto di vista.
“Ma io voglio preoccuparmi con lui! Voglio che viviamo assieme preoccupandoci di ogni stupida piccola cosa, Firenze compresa!”
Giò
sospirò alzandosi in piedi, molleggiando leggermente le gambe per darsi
lo slancio e decidersi a parlare. Erano cose di cui avrebbe dovuto
discutere con Manuele, ne era consapevole, ma era anche consapevole che
avere a che fare con l’amico era tutto tranne che semplice.
“Gabri, voleva solo proteggerti” si rassegnò a dirgli alla fine.
“Proteggermi
da cosa?” esalò l’altro, seguendo con la testa tutti i movimenti
nervosi che stava sfoggiando Giò, lo stava mettendo in una brutta
situazione, lo sapeva, tuttavia non riusciva davvero a fermarsi.
Fu in quel momento che la porta si spalancò di scatto, facendo sobbalzare entrambi.
“Proteggerti
dalla tua idiozia principalmente. Ma vedo che non ci sono riuscito per
niente se invece che fare il terzo grado a me lo fai a Giò” sbottò
Manuele fermandosi in mezzo alla stanza per fissare ferocemente
Gabriele.
“Tu,
fuori” sibilò poi, guardando appena Giò che gli rivolse a sua volta un
occhiata implorante, “Manu…” cominciò, ma l’amico non lo lasciò finire,
si voltò del tutto e l’espressione che aveva in volto non era delle più
rassicuranti, per cui si limitò a sospirare e lasciare la stanza
sperando che di Gabriele restasse ancora qualche pezzo.
Non
appena furono soli Gabriele si aspettava una ramanzina coi fiocchi che
non arrivò. Manuele restava lì, immobile e gelido, a guardarlo come a
se si stesse chiedendo cosa doveva fare di lui.
“Non
volevo costringere Giò a parlarmi di te perché tu non mi dici…” iniziò
il discorso, insicuro, non sapeva mai che direzione prendere quando
Manuele sfoggiava quell’aria infuriata e ormai sapeva che più era
gelido più era arrabbiato.
“Cosa?
Non vengo a dirti tutto per filo e per segno? Non vengo a piagnucolare
da te quando qualcosa non va?” lo interruppe, la voce trattenuta appena.
Gabriele scosse la testa, era sul punto di entrare in panico, se non c’era già, ne era consapevole.
“Ma no, sai che non intendevo questo!” riuscì a dire, prima che Manuele proseguisse, imperterrito.
“Doveva
venire a dirtelo Giò che mi comporto così per proteggerti? Che tu mi
sostieni in modo diverso da come lo fa lui? Che mi siete indispensabili
entrambi?”
Gabriele
cominciò a muoversi irrequieto, non voleva arrabbiarsi ma sentiva già
l’ondata di isteria e rabbia salire, si alzò in piedi per cercare di
calmarsi ma essere più vicino a Manuele non aiutava.
Con quella dannata camicia quasi del tutto aperta, che lui gli
aveva quasi del tutto del tutto aperto, gli dava il sangue alla testa
in tanti di quei modi da non volerli nemmeno processare tutti.
“Non
sto mettendo in dubbio il rapporto che hai con Giò, né le tue
intenzioni, ma cazzo Manu! Lo so che ci sono cose che non conoscerò mai
e mi sta bene, mi sta bene tutto ma non puoi pretendere che dopo io
faccia finta di nulla” Gabriele ansimava, nel chiaro tentativo di non
urlargli addosso, mentre Manuele stringeva le labbra e induriva la
piega della mascella.
“Chi
ti dice che non te ne avrei parlato? Sembri dare per scontato un po’
troppe cose di me” sibilò, il compagno serrò i pugni e poi li rilasciò,
abbassando le spalle sconfitto. Manuele capiva sempre tutto di lui, al
primo sguardo, ma quella volta sembrava non riuscirci davvero.
“Ma
non mi importa davvero se tu me l’avresti detto o no. Non è questo
Manu, si tratta di una cosa che dovevo chiarire con Giò e basta, se me
l’avresti detto tu sarebbe stato diverso, avevo bisogno di sentirmelo
dire da lui” sentì il suo ragazzo sospirare e
avvicinarsi ulteriormente a lui, forse non era poi così arrabbiato,
dopo tutto.
“Era
così importante avere la benedizione di Giò? Non è mio fratello, sai”
ridacchiò leggermente, dando a Gabriele la prova che si era sbagliato,
Manuele aveva capito alla perfezione cosa aveva voluto fare, l’aveva
capito meglio di Giò.
Finalmente
lo guardò in faccia, rendendosi conto che erano molto più vicini di
quanto non si aspettasse. Alzò una mano per aggrapparsi alla sua
camicia e posò la testa sul suo petto; era come se un enorme macigno si
fosse sollevato, non era arrabbiato con lui, Manuele non era
arrabbiato. O almeno non più.
“Invece
lo è” sussurrò Gabriele “Dovevo solo capirlo per bene una volta per
tutte, penso” sentì le braccia del compagno avvolgerlo e si fece più
piccolo che poteva, rilassandosi sotto le lievi carezze che Manuele
riservava alla sua schiena.
“Quindi
suppongo di dover ringraziare Giò” mormorò Manuele, stringendoselo
contro più forte e baciandogli lieve la curva del collo, sentendo
Gabriele sospirare più forte e inclinare la testa per fargli spazio.
“Da
quanto tempo eri lì dietro?” chiese il compagno mentre si faceva strada
con le dita sotto la camicia e accarezzava la pelle bollente, farlo era
sempre come ricevere la scossa, la sua morbidezza lo stordiva e
accendeva il desiderio di averne ancora di più, sempre di più.
“Da
quando ti sei alzato dal divano con Giò” ghignò Manuele, lasciando
andare un ansito sottile quando le dita di Gabriele slacciarono
l’ultimo bottone e le mani si allargarono sulla schiena, percorrendo
febbrili tutta la colonna vertebrale.
“Non
posso sperare di tenerti un segreto insomma” disse fra un bacio e
l’altro Gabriele, si stava dedicando al suo torace, scendendo sempre
più giù. Sentire le mani di Manuele incastrate sui suoi capelli, che lo
spingevano decisamente verso il basso, gli stava dando il sangue alla
testa. Vedere come il suo ragazzo lo desiderasse e lo volesse, sempre,
era qualcosa capace di stordirlo e mandarlo al manicomio.
“No,
dovresti averlo capito ormai. Come non ne sono capace io” I loro occhi
si agganciarono, Gabriele ormai quasi del tutto inginocchiato sul
pavimento e Manuele con le mani ancora infilate in mezzo ai riccioli
biondi.
“Ci
vorrà tempo, lo sai, e pazienza” Gabriele sorrise prima di infilare i
pollici nei suoi pantaloni e tirarli giù di colpo, assieme ai boxer.
“Pazienza
ne ho quanta ne vuoi” mormorò, immergendo il viso in mezzo alle sue
cosce e perdendosi a mordicchiare e baciare, seguendo i gemiti di
Manuele e i suoi sospiri.
E
sentendo come le sue mani lo stringevano, come i muscoli delle sue
cosce si irrigidivano e lui alla fine lo strappava da sé per
appoggiarlo frenetico contro il muro, non poté fare a meno di benedire
il fatto di essere come era, di aver avuto la pazienza di aspettarlo e
accettare quello che il compagno poteva dargli, senza forzarlo,
l’intelligenza di capire cosa rappresentava davvero Giò e liberarsi
quindi della sua gelosia. E l’amore per accettarlo com’era: stronzo,
dispotico, ironico e assolutamente splendido così.