CAPITOLO TERZO

I cuori non saranno mai una cosa pratica finché non ne inventeranno di infrangibili.
-Il Mago di Oz -

Aveva visto molte volte la camera di Eleonora, erano amici da una vita e lei aveva sempre avuto un’estrema fiducia in lui, concedendogli di vedere cose che a nessun altro ragazzo avrebbe mai concesso, compresa la sua camera o il suo vero aspetto appena sveglia.
Che questo implicasse un rapporto di fratellanza più che d’amore era subito apparso chiaro a tutti, solo Gabriele continuava a illudersi.
Ma ora, mentre osservava i poster di Mana, un cantante giapponese che Eleonora adorava come fosse un Dio, e tutti i vestiti creati da lei disposti su altrettanti manichini, pensava che gli mancherà quel delizioso disordine. Seppure una fievole speranza era sempre presente non si illudeva al punto da non sapere come sarebbero andate le cose, sapeva che prima di trovare il coraggio di entrare ancora in quella camera sarebbe passato molto tempo.
Eleonora era vestita da casa, una salopette in jeans che terminava con una gonna corta e una semplice maglietta, i capelli tirati indietro con una fascia azzurra fermata da forcine di mille forme e colori, raccolti poi in due codini che scendevano lisci sulle spalle. Non si era curata di arricciarli.
Raccoglieva tutti i dettagli su di lei con un sorriso triste, il viso era struccato e la pelle leggermente abbronzata rendeva un piacevole contrasto con i grandi occhi azzurri, che ora lo guardavano un po’ tristi.
Non era stupida, sapeva cos’era venuta a dirle Gabriele e, anche se aveva aspettato con ansia questo momento, voleva bene al suo migliore amico e non poteva impedirsi di dispiacersi per lui.
“Sai cosa sono venuto a dirti” esordì lui, di norma si sarebbe seduto sul letto accanto a lei per poi abbracciarla e stendersi, rimanendo così, a coccolarsi mentre parlavano sommessamente di tutto, ma questa non era un conversazione normale e quindi rimase in piedi, appoggiato alla scrivania, lo sguardo fisso su di lei e sulle reazioni del suo viso.
Lei sospirò accarezzando distrattamente un velo azzurro contornato da strass e perline che scendeva dal baldacchino sopra il letto, e rispose: “Si… mi dispiace” e per un attimo lui avrebbe voluto prendere a pugni Manuele e Matt che gli avevano consigliato di fare questa cosa, era inutile e faceva solo male, ne faceva a tutti e due, non era molto meglio tacere e lasciare che le cose scemassero da sole?
“Ti dispiace di cosa esattamente?” quasi ringhiò il ragazzo, era a pezzi, stanco emotivamente e voleva solo andarsene di lì il più velocemente possibile perché faceva male cazzo, faceva un male che non te lo potevi nemmeno immaginare.
“Di non ricambiarmi? Non è mica colpa tua” e la voce sottile di Eleonora lo interruppe, non si alzò ad abbracciarlo, non lo toccò nemmeno perché sapeva che avrebbe fatto solo peggio, anche se lo desiderava ardentemente perché era il suo migliore amico e vederlo così era come strapparsi un pezzo si sé. Però era la cosa giusta, non se la sarebbe mai tolta dalla testa altrimenti e Dio solo sapeva quanto aveva provato a farglielo capire in altri modi, baciando altri ragazzi davanti a lui, parlandogli di altri ragazzi, ci aveva provato in una quantità di modi davvero variegata ma niente pareva funzionare.
Allora forse si, un discorso diretto era l’unico modo.
“Mi dispiace perché ora starai male” si risparmiò le solite frasi di circostanza sull’amicizia e di questo Gabriele gli era eternamente grato.
Non avrebbe retto davvero un discorso simile proprio da lei perché era scontato che sarebbero rimasti amici, era scontato che lei per lui avrebbe sempre rappresentato un po’ l’altro pezzo della sua anima e per lei valeva la stessa cosa, per cui era inutile puntualizzarlo.
“Non so davvero cosa speravo di fare venendo qui e dicendotelo” replicò lui in un soffio, il viso basso e i capelli biondi che lo coprivano celandole lo sguardo che ora non la cercava più, ora faceva troppo male guardarla.
“Speravi di chiudere una volta per tutte questa cosa Gabri, è stata la scelta migliore” rispose lei dolcemente, non lo toccava però il suo sguardo e tutto il suo corpo era proteso verso di lui, in un abbraccio muto e discreto che avrebbe voluto concretizzarsi ma che restava inespresso fra loro.
“Non lo so” mormorò lui passandosi una mano fra i riccioli biondi, stringendola forte per un attimo, quasi che il dolore fisico potesse distrarlo da quello mentale. “So che mi ci vorrà un po’ di tempo ora… quindi scusami se non mi farò vivo per un po’”
Lei annuì prima di rendersi conto che lui non la stava guardando, ed era una sensazione strana non avere gli occhi di Gabriele sempre puntati su di sé, sapeva che nonostante tutto ci avrebbe messo del tempo anche lei per abituarcisi.
“Ok” rispose quindi, togliendo la mano dalla tenda azzurra e spostandola sui propri capelli, tormentandosi distrattamente un codino.
“Non devi nemmeno pensarlo, tu non hai nulla di cui scusarti e quando vorrai tornare sai che sarò sempre qui” era strano davvero sentire questa delicatezza nella ragazza, di solito diretta e sincera, non quanto Nana a dire il vero, però in ogni caso sicuramente non era una persona dolce o delicata.
“Lo sai vero?” insistette lei dolcemente, abbassando il viso per cercare i suoi occhi che il ragazzo continuava a negarle. Aveva l’impressione che in quella camera, in quel momento, fosse finito il periodo più bello della sua vita e non solo perché stavano dando addio alla scuola superiore, iniziando un’altra vita. Gabriele che la seguiva con lo sguardo era sempre stato una costante nella sua vita e pensare di non averlo più tutto per sé, pensare di non potersi più rifugiare nelle sue braccia quando qualcosa non andava, pensare di non farsi più coccolare in quel modo così tenero, pensare di non potersi più stendere con lui nel letto e parlare a ruota libera, era davvero devastante in un certo senso. Però voleva abbastanza bene a Gabriele da sapere che se questo per lei andava bene, per lui invece rappresentava il vincolo più grande alla sua felicità che potesse esistere, e nonostante lei fosse fondamentalmente piuttosto egocentrica non era egoista.
“Lo so” la voce davvero un sussurro ora, lei capì che questo era il massimo che l’amico poteva sopportare, ancora un po’ e sarebbe scoppiato davanti a lei ed era un cosa che entrambi volevano evitare con tutte le loro forze.
Non disse nulla quando lui alzò gli occhi, rispondendo finalmente allo sguardo della ragazza, non disse nulla perché quello che vi lesse era una sofferenza così profonda e incancellabile da strapparle via un pezzo di cuore a sua volta. Quelli erano occhi di una persona che lì, in quel momento, non c’era.
Il verde era appannato dalle lacrime che lui cercava di trattenere con tutto sé stesso, perché una sua dignità l’aveva ancora e non sarebbe mai scoppiato in lacrime davanti a lei, nemmeno per tutto l’oro del mondo. L’orgoglio in quel momento era l’unica cosa che gli faceva alzare la testa, alzare una mano in un cenno di saluto e uscire da quella camera, per non rientrarvi più per molto, molto tempo.
Appena richiuse la porta dietro di sé, salutando velocemente i genitori della ragazza, si bloccò appoggiandosi contro il muro. Sapeva che sarebbe finita così, lo sapeva come sapeva il suo nome, però sentirselo dire in faccia era un’altra cosa e Manuele aveva ragione, finché non lo avesse fatto non sarebbe mai potuto andare avanti. Però saperlo era devastante ugualmente, si era illuso di essere preparato, aveva pensato di riuscire a gestire tutto e invece si ritrovava contro il muro a scivolare per terra, sotto lo sguardo stranito dei passanti e quello lucido di Eleonora che lo guardava dalla finestra, si ritrovava a mettersi le mani nei capelli per nascondere il suo viso a chiunque e mordersi le labbra a sangue per non piangere.
Sussultò quando una mano si posò sulla sua spalla, stringendo.
Inizialmente aveva pensato a Matt, sicuramente il ragazzo sapeva che aveva chiesto ad Eleonora di vedersi, ma poi venne investito da quel odore pungente, così tipicamente suo da stringergli per un attimo lo stomaco. Alzò il viso sconvolto e vide quello di Manuele, un espressione così tenera in viso da sconvolgerlo davvero per un attimo, ma in quel momento non aveva davvero voglia di notare quanto strano fosse il comportamento del ragazzo, così inusuale la mano che lo stringeva e il corpo che scivolava seduto accanto a lui per poi stringerlo in silenzio. In quel momento era terribilmente stanco e si sentiva come se il suo corpo dovesse rompersi da un momento all’altro, in quel momento sentiva solo che l’abbraccio di Manuele era il via libera, via libera alle lacrime che presero a scendere inarrestabili scuotendogli il petto e facendolo tremare nella sua stretta forte. Si accucciò più che poté, premendo la guancia contro il suo petto e stringendo spasmodicamente la sua canottiera, era un abbraccio che aveva il sapore della disperazione e della tenerezza, era un abbraccio di cui Gabriele non si era reso conto di avere bisogno fino a quando le braccia di Manuele si erano strette attorno a lui e le sue mani erano scivolate sulla sua schiena, a tracciare il contorno delle sue vertebre e sfiorarlo in lievi tocchi che riuscivano a farlo sentire in un certo senso protetto.
“Passerà… se vuoi conto con te” ed era una cosa che Gabriele non poteva davvero capire, però capiva che Manuele gli stava dando un po’ di sé stesso dicendoglielo e questa constatazione lo fece piangere ancora più forte, annullandosi fra le braccia forti del ragazzo e concedendosi di essere debole, fragile ed esposto.
Poi il rumore di altri passi lo distrassero e lo costrinsero ad alzare la testa dal suo nascondiglio privilegiato, per vedere Giò e Matt che si erano fermati davanti a lui, guardandolo preoccupati e tristi, una mano di Giò sfiorava quella di Matt e intuiva che se fossero stati solo loro quattro la stringerebbe forte, perché era davvero desolante vederlo in quello stato e soprattutto vedere Manuele abbracciarlo in quel modo. Era così strano e triste da sentire la necessità di sfiorare in qualche modo il suo ragazzo per sentire che lui invece c’era e non lo avrebbe mai ridotto così.
“Tutta la delegazione?” sussurrò sorridendo fra le lacrime, vederli tutti lì con quello sguardo preoccupato era davvero la cosa più dolce che avesse mai sperimentato.
“Siamo amici” disse solo Matt stringendosi nelle spalle e tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
“E io ho preparato le Crepes… con tanta Nutella”
“E io ho preparato la birra” puntualizzò Giò, “Crepes e birra… perfetto”commentò Manuele ironico, le vibrazioni della voce che si propagavano sulla guancia che aveva tornato a premere contro il suo petto, rise nonostante le lacrime, afferrando la mano di Matt e lasciandosi tirare in piedi, per poi tornare a cercare il corpo di Manuele e appoggiarcisi contro, perché non gli importava di sentirsi debole o stupido in quel momento, importava solo che per qualche motivo piangere fra le braccia del ragazzo lo faceva sentire un po’ meglio e allora si fottessero tutti, lo avrebbe fatto.

Non c’era un motivo reale perché Manuele dovesse per forza fare il cretino a tutti i costi, Matt e Giò esasperati dalla sua ennesima buffonata stavano pensando seriamente di chiedere asilo politico a Nana (Jess non era stata presa in considerazione ovviamente), ma quando videro Gabriele ridere, gli occhi ancora pesti e il viso rosso come un cocomero dal troppo pianto, capirono che forse avrebbero potuto sopportarlo per il bene del loro amico.
E, mentre Manuele faceva il giocoliere con le creme della madre di Matt, capirono anche che tutta quella storia era andata un po’ troppo oltre anche rispetto ai canoni di Manuele. Non si era mai ridotto a fare il pagliaccio in quel modo per far ridere qualcuno, lui faceva ridere gli altri a suon di battute sarcastiche e commenti al vetriolo, non certo facendo lo scemo, ma a Gabriele piaceva e quindi lui lo faceva.
Matt scosse la testa osservandoli dalla porta della cucina, aveva appena finito di pulire tutto dopo il pranzo e quando si era visto piombare in cucina Giò col viso stravolto e un dito puntato al salotto aveva capito che era successo qualcosa di imprevedibile.
“Potremmo ricattarlo a vita con sta cosa sai?” borbottò Giò appoggiandosi al suo ragazzo, mentre osservava Manuele tenere in equilibrio un tubetto di crema sul naso.
“Non pensavo davvero potesse spingersi così in basso solo per far ridere Gabri…ma non è che è più seria di quel che pensassimo?” proseguì poi, strofinando il naso contro il collo di Matt che alzò una mano per accarezzagli distrattamente i capelli; “Onestamente ho sempre pensato che fosse seria… solo che non so se Manuele sarà mai disposto ad ammetterlo” Giò alzò la testa per guardarlo, negli occhi ancora la vista di Gabriele accucciato per terra che piangeva stravolto fra le braccia di Manuele. Manuele che aveva rivolto loro uno sguardo che era una richiesta di aiuto, così impotente e triste come mai lo avevano visto e questo gli aveva fatto intuire per la prima volta l’esatta portata dei sentimenti di Manuele.
“Io non…” cominciò sicuro ma la voce si incrinò appena e dovette fermarsi per prendere fiato, Matt lo guardava incuriosito e non smetteva di accarezzargli i capelli.
“Uccidimi prima che io ti faccia una cosa simile… non voglio vederti così” e poi distolse lo sguardo imbarazzato.
Matt sorrise e si morse un labbro, sapeva che non aveva voluto colpevolizzare Eleonora con quella frase, ma vedendo scene simili era scattato automatico in lui il desiderio di volerlo proteggere da tutto questo, di stringerlo forte per illudersi che a loro non sarebbe mai accaduto.
“Non gli sta mica andando troppo male…guarda” replicò Matt intenerito, indicando con un cenno del capo il salotto dove Manuele si era seduto sul divano accanto a Gabriele, Gabriele era rannicchiato contro il bracciolo e parlavano a bassa voce, l’espressione seria ma rilassata, le teste, una bruna e una bionda, vicine a creare un piacevole contrasto. “Spero che vada tutto bene” commentò Matt, stringendo ancora più forte Giò. Non si riferiva solamente alla probabile storia fra i loro amici, e questo il suo ragazzo lo intuì immediatamente, si riferiva all’atteggiamento teso che aveva Manuele in questo periodo, si riferiva al fatto che aveva capito che stessero complottando qualcosa assieme e non faceva loro il terzo grado perché sapeva che non avrebbero scucito una parola. C’era tutto questo in quella semplice frase e come Matt riuscisse a farcelo stare e Giò a capirlo tutto, sfumature incluse, era un tratto del loro rapporto che adoravano entrambi.
“Andrà tutto bene. Stai parlando di Manuele… voglio dire, la vita gli deve qualcosa porca puttana, è arrivato il momento di riscuotere” E gli impedì di replicare bloccandogli la risata in gola, strofinando le labbra alle sue e prendendosi tutto il tempo del mondo per esplorargli la bocca minuziosamente.

“Alla fine di tutta la storia non hai mica fatto la tua parte nel gioco” rifletté Manuele lasciandosi andare contro la spalliera del divano, i capelli ricadevano in onde disordinate sulla fronte, sfiorando gli occhi, schegge blu ora addolcite in un espressione rilassata insolita sul viso del ragazzo, almeno in quel periodo. Non si era davvero reso conto di quanto lo facesse sentire bene stare accanto a Gabriele, quanto la sua sola presenza riuscisse a rilassarlo, inducendolo ad abbassare le sue difese, lasciandolo esposto in un modo che aveva visto solo Giò fino a quel momento. Sapeva che avrebbe dovuto analizzare meglio tutto questo, ma in quel momento, con gli occhi di Gabriele puntati addosso, non voleva davvero mettersi a rifletterci. Avrebbe significato porsi domande che andavano a sommarsi a tutti gli interrogativi che negli ultimi giorni stavano ripresentandosi nella sua vita e onestamente di domande a cui dare risposta ne aveva già a sufficienza. Per cui, per ora, si limitava a godersi l’espressione totalmente abbandonata di Gabriele, la voglia soffocata ma costante di mordere le labbra morbide che teneva leggermente socchiuse per respirare meglio dopo il tanto piangere, e soprattutto godersi la sensazione di calore che il semplice stare seduto accanto a lui gli provocava. Avrebbe avuto tempo in seguito di preoccuparsene.
“Quale parte?” rispose Gabriele aggrottando le sopracciglia, appoggiando a sua volta la testa sullo schienale del divano.
“La prima volta” la voce maliziosa di Manuele gli fece alzare gli occhi al cielo, un operazione che, se ne rendeva conto in quel momento, stava effettuando sempre più spesso ultimamente con il ragazzo.
Si riferiva sicuramente al gioco che aveva proposto di fare Eleonora poche settimane prima in montagna, quando ognuno di loro aveva raccontato la sua prima volta e così si era scoperto che la prima volta di Giò e Matt era stata assieme. In effetti mancava solo lui per terminare il giro ma la rivelazione dei suoi amici era avvenuta proprio prima che avesse il tempo di parlare e alla fin fine si era ritrovato a tranquillizzare Matt sulla sua reazione alla sua omosessualità, svelando davanti a tutti il fatto di aver baciato un ragazzo.
“Ti pareva… Dio i tuoi ormoni devono essersi bevuti qualcosa come due litri di Red Bull in un fiato” Manuele rise a bassa voce, puntualizzando: “No erano almeno quattro, li ho visti io” e nemmeno Gabriele riuscì a reprimere un sorriso, scuotendo la testa mentre pensava a come rispondere.
“Vediamo… beh è stato due anni fa, c’era questa ragazzina di seconda che non mi dava tregua e per un periodo ci sono uscito assieme, era divertente e stravagante, anche se lei preferiva definirsi ‘creativa’, siamo stati assieme per un po’, quasi tre mesi prima di farlo. Potrà sembrare strano ma ci tenevo che fosse con una persona a cui volevo bene e soprattutto che lei ne fosse sicura. Alla fine però quello insicuro mi sono rivelato essere io. Insomma subito dopo averlo fatto mi sono reso conto che non era davvero lei quella che volevo e che somigliava incredibilmente ad Eleonora… fu così che cominciò tutto.” Manuele stette in silenzio per un po’, ammirando sinceramente la capacità di aprirsi totalmente che aveva l’altro, si stava raccontando senza porsi problemi, crearsi imbarazzi o gonfiare la realtà e questa era una cosa di cui lui era totalmente incapace.
“Insomma sei stato uno stronzo va! Ma povera, le avrai spezzato il cuore e ora sicuramente ricercherà in ogni ragazzo il tuo viso, e in ogni corpo la consistenza dei tuoi muscoli forti e dei tuoi pettorali scolpiti e del tuo…” Gabriele si affrettò a interromperlo, “Manu! Non provare ad aggiungere un’altra parola!” il viso, ancora arrossato da prima, ormai aveva raggiunto l’esatta tonalità di un pomodoro maturato sotto il sole cocente della Sicilia. Il ragazzo alzò le mani, guardandolo con un espressione innocente palesemente finta come Giuda: “Mi immedesimavo” si difese, abbassando le mani e portandosene una al cuore, per poi continuare con tono melodrammatico: “Immagino come mi sarei sentito io al suo posto… sedotto e abbandonato nel fiore della mia gioventù da un angelo biondo che mi ha spezzato il cuore… come minimo ora avrà sviluppato un allergia congenita a tutto quello che è sacro e che ricorda gli angeli, sii consapevole che hai sulla coscienza una futura e probabile adepta di un qualche culto oscuro” Gabriele si coprì il volto con le mani, esasperato, non riusciva davvero a capire come la mente dell’amico riuscisse a partorire tutte quelle cazzate a ripetizione.
“Ma quante stronzate sei capace di mettere in fila nello spazio di cinque minuti?” esalò, rendendosi conto solo in quel momento che mischiato in quel marasma di cavolate c’era un ‘angelo’ usato come appellativo alla sua persona, e ciò per un attimo lo portò a trattenere il fiato.
“Oh infinite” rispose Manuele con un sorriso enorme, intimamente soddisfatto di essere riuscito a distrarre il ragazzo dal pensiero di Eleonora, averlo fatto ridere e averlo portato esattamente dove voleva lui.
Gabriele si rese conto della direzione pericolosa che aveva raggiunto la conversazione solo quando l‘espressione dell‘amico si tese in un sorriso soddisfatto che ricordava quello del famoso gatto Silvestro quando riusciva a mangiare quel dannato canarino, rendendolo consapevole dell’esattezza del suo precedente sospetto, e cioè che la curiosità di Manuele non fosse limitata a quello ma che quello fosse solo un mezzo per arrivare a un punto ben preciso.
“E quand’è che in tutto questo spezzare giovani vite, tu avresti baciato un ragazzo?” ecco appunto.
“Dovevo immaginarlo che volevi arrivare lì” borbottò Gabriele passandosi nervosamente le mani nei capelli biondi, lasciando che si impigliassero nei ricci particolarmente ingarbugliati e lasciandole lì, quasi a sostenere la testa impegnata a ragionare sulla possibilità di raccontargli quel particolare episodio.
Manuele poteva vedere le rotelline del suo cervello girare a velocità supersonica e stava per fare un’altra battuta su questo quando ci ripensò, (e i ripensamenti erano una cosa rara e bellissima per lui, insoliti quanto un eclissi di sole) considerando che forse non era il caso di offrirgli una possibilità per sviare il discorso.
Quindi si risolse a sorridere quando vide l’amico vincere (o perdere a seconda dei punti di vista) una qualche sorta di battaglia dentro di sé, per poi risolversi a raccontargli esattamente quello che voleva lui.
“Beh niente di che alla fine, eravamo in gita scolastica l’anno scorso e come al solito stavamo tutti in camera di tutti a turno, per fare stronzate a discapito dei professori, e a un certo punto un ragazzo dell’altra classe si ammala” ridacchiò leggermente a disagio, era strano perché non l’aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno ad Eleonora, ma ora le parole fluivano leggere e venivano raccolte dallo sguardo serio di Manuele che lo fissava con quegli occhi dannatamente intensi e seri e tutto, e se almeno avesse potuto scorgervi un’ombra di malizia o divertimento si sarebbe sentito legittimato a interrompere il racconto, offeso, ma non era così e quindi non aveva scuse.
“Non è che fossimo amici o che altro però mi dispiaceva, insomma che sfiga dai!Ammalarsi in gita scolastica! Così una sera andai in camera da lui per controllare che non gli servisse nulla, anche perché i suoi compagni si erano mischiati alla nostra classe e i professori erano troppo occupati a tenere tutto sotto controllo, e insomma quel povero Cristo era solo, così sono andato da lui e mi sono seduto sul letto per parlare un po’” Arrossì leggermente e Manuele trattene un sorriso intenerito perché quasi se lo vedeva, Gabriele, sempre a preoccuparsi per qualcuno anche se sto tizio qui non lo conosceva nemmeno, a precludersi il divertimento assicurato con gli altri per andare da lui, semplicemente perché era ammalato ed era solo, e magari non gli stava nemmeno simpatico. Si ce lo vedeva eccome e questo era un altro episodio che poteva spigare in parte come ragionasse il suo cuore.
“A dire la verità poi non è che fosse molto chiaro nemmeno a me il motivo per cui ero lì, insomma avevo bevuto e io l’alcool non lo reggo per nulla, quindi mi ero un po’ rifugiato lì anche per stare tranquillo un attimo e tornare lucido. Solo che lui doveva aver capito tutta un’altra cosa perché ad un certo punto si mette seduto sul letto e mi bacia. Così. Ci sono rimasto di merda. Non perché fosse un uomo…” si interruppe grattandosi la testa perplesso, come a cercare di districarsi dai contorti percorsi mentali che dovevano intrecciarsi in questo momento dentro di lui. “Beh si anche per quello d’accordo, però il fatto era che io ero andato da lui solo per gentilezza e non pensavo minimamente a una cosa del genere e quando poi gliel’ho detto lui è caduto dalle nuvole. Aveva completamente frainteso tutto. In ogni caso è stato carino, si è scusato e abbiamo continuato a parlare per un po‘. Probabilmente ha capito che ero mezzo ubriaco.” Distolse lo sguardo imbarazzato, incapace di sostenere ancora lo sguardo intenso di Manuele che non lo perdeva di vista un attimo. Gli era balenata in mente l’assurda idea che se fosse stato Manuele a baciarlo forse non si sarebbe staccato così presto. E aveva l’impressione che Manuele ne fosse perfettamente consapevole e che lo stesse guardando in quel modo per dargliene conferma.
“Durante il gioco hai detto che ti è piaciuto” si limitò a commentare Manuele, non disse nient’altro ma non ce n’era davvero bisogno, avevano già parlato i suoi occhi e sapeva che avevano fatto centro. Il modo in cui Gabriele non riusciva a distogliere il suo sguardo da lui, fissandogli le labbra senza nemmeno rendersene conto, era abbastanza emblematico.
“Si, suppongo si possa dire così… cioè non mi ha fatto schifo, è stato strano perché diverso, ma non diverso in senso negativo, solo… diverso ecco.” Manuele rise, ma non era una risata da presa in giro, se avesse solo intuito una cosa del genere Gabriele sarebbe già uscito dalla stanza e probabilmente dalla casa, no, era una risata leggera, per stemprare la tensione. “Diverso ma non brutto, ok. E’ già qualcosa.” E Gabriele non ebbe il coraggio di chiedergli cosa esattamente presupponesse quell’: ‘è già qualcosa’ perché l’intuizione dell’altro giorno non lo lasciava un attimo in pace, la sua mente continuava a lavorarci suo malgrado e lo sguardo malizioso, irritante, tenero, protettivo, pungente, provocante, dolce che aveva Manuele quando lo guardava gli si era piantato nel cervello come un chiodo, e aveva provato in mille modi a liberarsene ma decisamente era superiore alle sue forze. Tornava sempre. E allora per un attimo di pura follia si chiese come sarebbe stato togliersi il pensiero e semplicemente baciarlo e basta, vedere se davvero non si sarebbe fermato, vedere come sarebbe stato divorargli le labbra e lasciarsele divorare, sciogliersi sotto il suo tocco e ridursi a mugolare di volerne ancora. Perché in fondo ne era quasi certo che sarebbe finita in quel modo e non sapeva cosa aspettasse Manuele a baciarlo, dannazione, l’aveva capito che lo voleva eppure sembrava giocare con lui avvicinandosi e poi allontanandosi continuamente, fino a farlo impazzire per cercare di decifrare quello che pensava (cosa assurda pensare di capirlo in effetti, ma Gabriele era sempre stato enormemente testardo) e soprattutto per cercare di decifrare quello che voleva lui dal ragazzo.
“Mentre tu?” Gabriele sapeva di fare il gioco dell’altro ponendogli quella domanda, ma voleva chiarezza e da Manuele non l’aveva mai avuta nemmeno, sapeva che andava con le ragazze ma di pettegolezzi con ragazzi non si era mai sentito e Manuele non aveva mai scucito mezza parola di sé. Si intuiva che gli piacessero entrambi, visto soprattutto gli sguardi continui che gli rivolgeva, ma non si poteva mai essere davvero certi di nulla con lui.
“Io sono alto, moro e molto affascinante” rispose il ragazzo ironico, con l’aria tipica di chi adesso che lo stava prendendo in giro.
“E molto idiota” concluse Gabriele leggermente frustrato, perché diavolo doveva sempre chiudersi a riccio in quel modo rifiutandosi di rispondere anche a una domanda semplice come questa?
“Vedo che hai capito molte cose durante questa conversazione illuminante con lui” replicò la voce sarcastica di Matt, Gabriele sussultò leggermente, si era dimenticato di essere a casa del ragazzo e che chissà cosa avevano fatto Matt e Giò oltre a sistemare la cucina, in tutto quel tempo. Lo sguardo soddisfatto di Giò e l’aria stranamente scarmigliata di Matt gli suggerirono che no non voleva davvero sapere cosa avevano fatto.
“Sono sempre stato una persona che impara in fretta” replicò lui sorridendo grato a Matt che gli aveva offerto una via di fuga dai pensieri scomodi che stavano agitandosi in testa. Tuttavia non era tipo da lasciar perdere una domanda una volta che l’aveva posta, la sua testardaggine ormai era leggendaria e come altro si poteva definire una persona che si fissava per ben due anni su una ragazza che gli aveva fatto capire in tutti i modi di essere solo un amica per lui? Quindi non si lasciò scoraggiare dall’ingresso degli altri e pose nuovamente la sua domanda.
“Dai rispondi” insistette quindi all’indirizzo di Manuele.
Il ragazzo valutò attentamente se rispondere o no, ma poi venne quasi spontaneo dirgli quello che voleva sapere, i suoi occhi sinceri e chiari continuavano a guardarlo e lui sapeva che non vi era malizia o desiderio di sapere fino a se stesso in loro, poteva leggervi come uno specchio ed era consolante che esistesse ancora una persona in grado di guardarti così, interessato davvero a te e non solamente curioso.
“Diciamo che io non sospetto che mi possano piacere entrambi i generi, io lo so” e questo fu sufficiente perché Matt lanciasse uno sguardo trionfante a Giò su cui non voleva indagare il motivo, e Gabriele si ritenesse soddisfatto della sua piccola vittoria.