CAPITOLO
SESTO
It’s
time to run
Take
us away from here
Protect
us from further harm
(è
il momento di correre
portateci
via dall’inferno
proteggeteci
per il male che verrà)
-Muse-
Erano
più o meno le cinque del mattino quando Gabriele prese il cellulare in
mano guardandolo dubbioso. Erano tornati a casa da due ore, sicuramente
Manuele dormiva il sonno dei giusti e gli avrebbe urlato dietro di
tutto, ma ancora una volta non riusciva a dormire. Solo che questa
volta poteva affermare con cognizione di causa che il colpevole fosse
decisamente Manuele.
Inviò
un sms prima, giusto per scrupolo.
‘Dormi?’
Aspettò
la risposta sbattendosi ritmicamente il cellulare sulla fronte, finché
vibrò e lui si affrettò a leggere il messaggio.
‘Sì’
Sorrise
facendo partire la chiamata e appena rispose lo salutò con un gentile:
“Idiota”
“Io!
Hai un coraggio Gabri…” bofonchiò Manuele, si strofinò gli occhi con la
mano libera e sbadigliò rumorosamente.
“Non
dirmi che non te l’aspettavi la chiamata”
“Mh…’spetta
un secondo” rispose allungandosi per afferrare il pacchetto di
sigarette e accendersene una. Di solito non fumava in camera ma era
estate e aveva la finestra spalancata, il fumo sarebbe uscito subito. E
poi aveva bisogno di una bella dose di nicotina per affrontare quella
telefonata. Come se baciarlo non lo avesse scosso abbastanza.
“Ti
sei acceso una sigaretta? Ho sentito il rumore dell’accendino”
La
voce di Gabriele era bella sveglia, doveva dedurne che non aveva chiuso
occhio nemmeno per sbaglio.
“Se
lo sai che lo chiedi a fare?” rispose col suo solito tono ironico.
“Sempre
gentile e disponibile vedo” lo sentì borbottare, sorrise. Si chiedeva
quando si sarebbe deciso a fargli quella
domanda.
“Disponibile
si” commentò Manuele ghignando, poté quasi vedere Gabriele alzare gli
occhi al cielo per poi arrossire e rispondere: “Posso farti una
domanda?” eccocipensò
divertito Manuele, l’amico era una persona spontanea e quello che
pensava diceva, non si faceva problemi e lo ammirava profondamente per
quello.
“Se
ti dico di no non la fai?” rispose quasi rassegnato. Non aveva voglia
di sentirla né tantomeno di rispondere, non aveva
una risposta per quella domanda e aveva paura di trovarla.
Odiava
profondamente quel lato di sé, odiava aver paura di qualcosa e quello
che sentiva per Gabriele, al di là del lato fisico che l’aveva sempre
attratto, gli faceva una paura fottuta.
“Cosa
provi per me?” Manuele quasi si soffocò col fumo, sapeva che l’amico
era una persona diretta e che gli avrebbe fatto una domanda del genere,
ma proprio quelladomanda
sperava di evitarla per lungo tempo ancora.
“Certo
che tu le domande le sai fare eh?” borbottò sistemandosi meglio contro
il cuscino e sospirando. Silenzio dall’altra parte, Gabriele non voleva
sviare il discorso e non era disposto ad accettare niente di meno che
una riposta esaustiva.
“Senti
Gabri… cosa ti devo dire? Non lo so. All’inizio credevo di saperlo ma
ora non ne sono così sicuro e… devo pensarci”
Sentì
rumore dall’altra parte, probabilmente Gabriele si era alzato e si era
affacciato alla finestra.
“Hai
paura?” chiese alla fine, Manuele non sapeva perché avrebbe dovuto
rispondere, era una domanda che lo costringeva a riaprire troppe porte
e non aveva nessun’diritto di fargliela, ma denotava che in questi
pochi mesi aveva davvero imparato a conoscerlo profondamente.
“Che
domanda del cazzo” disse poi, passandosi una mano sul viso e sospirando
per l’ennesima volta.
“Sai,
mi piacerebbe arrampicarmi sulla grondaia di casa tua per arrivare alla
tua finestra e vedere la tua faccia in questo momento” la voce di
Gabriele era leggermente divertita adesso, come se stesse accarezzando
l’idea di farlo davvero, un novello Romeo che probabilmente si
romperebbe le ossa del collo precipitando dal secondo piano.
“Tu
sei fuori come la torre di astronomia” rise Manuele, per poi spegnere
la sigaretta e posarsi l’avambraccio sul viso, coprendoselo. Quella
stava diventando la conversazione più assurda della sua vita, e lui ne
aveva avute di conversazioni strane.
“Però
se lo facessi davvero potresti vedere cosa sto facendo ora”continuò
poi, la voce si era fatta roca e insinuante, provocava per non essere
provocato e per non dover rispondere ad altre domande del genere, però
nel momento stesso in cui l’aveva detto la mano era scivolata sul suo
ventre, fermandosi immediatamente sopra l’elastico dei boxer.
“Piantala
Manu o salgo davvero su quella dannata grondaia e non potrò sostenere
gli esami perché mi sarò rotto una gamba” però il fiato si era
accorciato impercettibilmente e Manuele se ne accorse.
“Però
ne varrebbe la pena sai… puoi immaginare perché?” ed era sufficiente
già solo sentire il respiro di Gabriele fermarsi bruscamente, come se
si fosse strappato qualcosa all’altezza dei polmoni. Non aveva detto
nulla, ma sapeva che le insinuazioni erano molto peggio e il lieve
rumore delle lenzuola che frusciavano poteva confermare a Gabriele la
veridicità delle sue supposizioni.
Gabriele
non rispose e lui si morse le labbra, dall’altra parte c’era silenzio
assoluto. Bene, voleva dire che doveva spingere la fantasia ancora un
po’.
“Mi
hai chiesto di tornare dagli altri troppo presto Gabri… puoi immaginare
cosa ti avrei fatto se fossimo rimasti lì?”
Ora
poteva sentire chiaramente il respiro di Gabriele farsi più affannato e
il rumore delle molle del letto accoglierlo.
Un
sussurro spezzato gli rispose: “Sì” e poi un gemito trattenuto, la mano
di Manuele si mosse più veloce mentre sentiva dall’altra parte l’amico
fare lo stesso.
“Parla
ancora” sussurrò Gabriele, la voce bassa e inconsapevolmente sensuale
lo fece tremare mentre un sorriso gli increspava le labbra.
“Ho
desiderato farlo da tempo immemore… da sempre penso… e ora non ti
lascerei nemmeno il tempo di pensarea
cosa vorresti ti facessi, perché te lo farei immediatamente” sentì un
gemito sfuggire dalle labbra di Gabriele e si trattenne a stento dal
seguirlo, era consapevole che il suo respiro affannato lo tradiva ma
non gliene importava molto in fondo, se aveva scoperto una cosa in
quest’ultimo periodo era che scoprirsi con Gabriele non faceva poi così
male.
“Sei
un bastardo” mugugnò l’amico, la voce ancora impastata di desiderio e
voglia, per un momento rimpianse quel teatrino, rimpianse non averlo lì
e non poter fare nient’altro.
“Mai
negato” rispose ridendo piano, per non svegliare mezza casa, mentre
cercava di ripulirsi alla meglio.
“E
non pensare che mi sia dimenticato che non hai risposto a un cazzo alla
fine” buttò il fazzolettino sotto il letto e tornò a sistemarsi
comodamente sul cuscino, rispondendo: “Sono cose di cui parlare a voce
Gabri” insolitamente serio, non aveva idea di cosa dirgli, di cosa
provava e di cosa voleva, o meglio, un idea l’aveva ma non pensava
davvero fosse possibile. Non aveva mai nemmeno provato a supporre che
potesse innamorarsi sul serio di Gabriele, che quello stupido gioco
iniziato solo per portarselo a letto gli si potesse ritorcere contro.
“So
che hai ragione. Ma riesci sempre a trovare un modo per sviare il
discorso e distrarmi, mentre così non puoi scappare in molti
modi”Manuele rise: “Beh come vedi non è poi molto vero”
“Ti
sto odiando lo sai?” borbottò Gabriele “Bene, meglio essere odiato che
risultare indifferente” fu la risposta quasi sussurrata, il sonno si
stava facendo sentire nuovamente e Manuele faceva fatica a tenere gli
occhi aperti per non addormentarsi.
“Non
mi sei mai risultato indifferente… penso sia una cosa impossibile, tu
sei così…” si interruppe per cercare il termine adatto e l’amico
concluse a modo suo: “Stronzo?” sentì Gabriele ridere sommessamente e
replicare: “Si anche, ma non intendevo quello. Nel senso che tu
colpisci la gente, in positivo o in negativo, non sei una di quelle
persone che le guardi e pensi: ‘ma questo chi cazzo è? Non l’avevo mai
notato.’ Sai quelle persone grigie che nascono grigie e conducono la
loro vita interamente nel grigio? Dove grigio sta per mediocrità non
per sfumatura.” Manuele non fiatava, non capitava spesso che qualcuno
gli parlasse in quel modo ed era bello ascoltare cosa pensava Gabriele
di lui.
Non
uno qualunque, non Giò, non Davide, non Eleonora.
Gabriele.
Lo
riteneva importante in un modo che non capiva appieno ma di cui
riusciva a cogliere l’inevitabilità.
Forse
dal primo momento in cui l’aveva guardato una parte di sé aveva intuito
che sarebbero arrivati a questo punto prima o poi, inutile girarci
attorno, inutile nascondersi dietro al sesso, inutile negarlo.
E
quando Gabriele continuò a parlare chiuse gli occhi, lasciandosi
cullare dal suono suadente della sua voce.
“Tu
non sei così, tu sei un casino di colori vividi che implodono creandone
ancora di diversi, sono colori in cui uno si può perdere o annegare, ma
sicuramente non restare indifferente”
La
riusciva quasi a sentire, la tenerezza che permeava la voce di
Gabriele, e in quel momento desiderò davvero
averlo lì, anche solo per un attimo. Il tempo di guardarlo negli occhi
mentre gli diceva quelle cose.
“Ti
lancerò un salvagente se annegherai” commentò con voce roca Manuele,
sentì l’amico ridere e dopo una breve pausa rispondere:“Troppo tardi”
“Mi
chiedo come fai a dire queste cose con tutta questa
naturalezza”bofonchiò, coprendo uno sbadiglio con la mano.
“Dai
ti lascio dormire” gli occhi di Manuele si stavano già chiudendo, per
cui fu estremamente grato a Gabriele per quella concessione.
“Troppo
gentile” mormorò.
“Ci
vieni giovedì fuori da scuola? Ho la prima prova”
Sentiva
la voce dell’amico sprofondare sempre di più nel sonno e sorridendo
capì che anche quella notte era riuscito a farlo addormentare.
“Devo
tenerti per manina?Guarda che pretendo almeno un caffè per il disturbo”
“Scemo
che sei”
“Eh…
se lo dice un esperto” si posizionò sul suo fianco preferito
appallottolandosi, pronto per riprendere il sonno da dove l’aveva
lasciato.
“Ti
aspetto giovedì allora” rispose Gabriele ignorando la provocazione.
“Seeeh”
la risposta appena distinguibile.
“Buona
notte idiota”
“’notte
scemo”
I
capelli neri scintillavano al sole cocente di inizio Luglio, era strano
vedere Davide nella sua città, era strano che fosse venuto a cercarlo
invece di dirgli come sempre di raggiungerlo, anche troppo strano.
Voleva
sicuramente parlargli di qualcosa che esulava da quello che lui aveva
chiesto al fratello. Sperava solo che facesse presto, tra meno di un
ora Gabriele sarebbe uscito dall’esame e lui voleva essere lì fuori.
Il
freddo penetrava nelle ossa, era una cosa che non ti raccontavano a
scuola quella, di quanto male facessero le dita dei piedi o delle mani
quando ti stringevi tutto su te stesso per cercare di disperdere meno
calore possibile.
Non
ti raccontavano la fatica per mantenere il respiro a un livello
accettabile e non battere troppo forte i denti.
Non
ti raccontavano un sacco di cose a scuola.
“Dade
secondo te possono cadere le dita se congelano troppo?” la voce di
Manuele uscì in piccole nuvolette di fumo, stavolta il piglio ironico
aveva perso un po’ di smalto, faceva troppo freddo e Davide era ridotto
troppo male.
Si
sarebbero stufati di lui prima o poi.
“Ma
che cazzo di domande, Manu” replicò l’amico guardandolo stralunato,
però spuntò un sorriso che piegò lievemente le sue labbra, Manuele si
congratulò segretamente con sé stesso. Almeno l’aveva fatto ridere.
Quello che lo preoccupava era che lui invece ancora non l’avevano
toccato, si limitavano a picchiarlo e nemmeno troppo forte, prenderlo
in giro, o mandarlo a fare commissioni pericolose, ma ancora non
l’avevano ‘battezzato’ e sapeva che non era normale, che prima o poi
sarebbe toccato anche a lui.
Immaginava
c’entrasse in qualche modo suo fratello.
“Se
ti avessi chiesto quante lune ha Saturno sarebbe stata una domanda del
cazzo, questa è perfettamente attinente alla situazione”
Davide
sbuffò leggermente per poi avvicinarsi a lui e stringersi leggermente
al suo fianco. Immediatamente si sentì un po’ meglio, il freddo sembrò
penetrare meno rispetto a prima.
“
Ma perché sei qui Manu? Me lo sono sempre chiesto. Lo fai per tuo
fratello?” la domanda sussurrata per non farsi sentire, in una speranza
illusoria di diventare invisibili ed essere dimenticati da tutti.
“E
poi sono io che faccio domande del cazzo eh?” rispose Manuele
passandogli un braccio attorno alle spalle e pressandoselo contro.
Le
labbra cercarono la tempia di Davide, scivolando sulla sua pelle gelida
e raccogliendo brividi di freddo, paura, aspettativa forse; mordicchiò
l’orecchio ascoltando il respiro accorciarsi impercettibilmente.
“Sono
qui perché è il posto dove devo stare. Con mio fratello” sussurrò sulla
pelle delicata del collo, sapeva vagamente di disperazione baciarlo in
quel modo, stringerlo in quel modo, amarlo in quel modo. Sapeva di
panacea per non sentire il terrore che arrivava strisciando, sapeva di
preghiera elevata al cielo per non sprofondare sempre di più, sapeva di
troppe cose per poterle districare tutte, ma Manuele non aveva
intenzione di farlo proprio ora. Ora voleva solo far finta di non
essere lì, e che Davide potesse essere solo suo.
“Hei”
lo salutò Manuele, Davide si limitò ad alzare il mento verso di lui
spostando poi la testa verso un vicolo nascosto agli occhi dei più.
Per
un attimo si perse a guardarlo, a guardare come in fondo non fosse
cambiato poi molto, aveva sempre quel modo un po’ strano di camminare,
la bocca si alzava sempre nel solito ghigno storto, più amaro forse ma
l’essenza era quella di un tempo.
Troppi
dettagli erano rimasti uguali a loro stessi e troppo poco tempo era
passato.
Doveva
fare fatica a ricordare che erano solo due anni, non una vita intera. A
volte gli sembrava un periodo lontano anni luce, quasi che non
appartenesse davvero a lui, quasi che quelle sensazioni, quella paura,
quell’adrenalina, non l’avesse davvero vissuta ma solo immaginata.
Un
incubo contorto, di quelli che si facevano prima di svegliarsi e di cui
poi non si ricordava nulla, restava solo il vago e amaro sapore della
paura a riempire la bocca di fiele.
“A
cosa devo l’onore?” chiese Manuele appoggiandosi al muro e infilando le
mani in tasca, si aspettava una risposta ma non così presto e
soprattutto non così.
“Tuo
fratello ha trovato quello che cercavi” rispose Davide tirando fuori un
foglio dalla tasca e porgendoglielo. Manuele non lo lesse, lo ripose in
tasca senza smettere di fissarlo intensamente, sapeva che non era lì
solo per quello.
Che
poi uno si aspettava ci fossero tuoni o fulmini o perlomeno un qualche
barlume di tragedia quando accadevano cose simili.
Invece
la maggior parte delle volte semplicemente succedeva e ci si ritrovava
a chiedere-disperati- dov’era quel segnale che avrebbe dovuto
prepararci alla disfatta.
Succedevano
troppo repentinamente, questa era la verità, come se fosse la
normalità. In un angolo della sua testa Manuele si rendeva conto che
non era normale vivere in questo modo, ma gli sembrava che quella fosse
l’unica vita che avesse mai conosciuto. Anche prima c’era paura, di un
altro tipo ma sempre paura era. A pensarci bene non c’era un istante
della sua vita in cui non l’avesse avuta, quindi ormai aveva imparato a
conviverci e sarebbe stato dannatamente strano per lui non muoversi con
quella silenziosa compagna accanto.
Aveva
ancora la testa di Davide appoggiata sul petto e il corpo strettamente
intrecciato al suo quando arrivarono, l’unico pensiero che Manuele fu
in grado di formulare fu: ‘no cazzo, non ancora’. Non ce l’avrebbe
fatta Davide, era stanco, infreddolito e dolorante, non si era ancora
ripreso. Di solito aspettavano più tempo, ma quella notte faceva freddo
e Manuele aveva sentito che un grosso colpo era sfumato all’ultimo
momento, erano tutti arrabbiati e nervosi.
C’era
anche suo fratello.
Afferrarono
Davide per le spalle, vincendo la debole resistenza che le braccia di
Manuele fornivano e lo alzarono in piedi. Non era un gesto preventivato
quello di Manuele, sapeva riconoscere la differenza tra stupidità ed
eroismo e quello che stava per fare era estremamente stupido perché non
sarebbe servito a niente, non a lui e tanto meno a Davide.
Fu
lo sguardo di Davide a farlo muovere.
Non
era disperato o terrorizzato, era rassegnato. Una smorfia di dolore gli
contorse il viso a un movimento troppo brusco, e semplicemente lo
guardò. Come se lui potesse scongiurare quello che stava per succedere,
come se lui potesse entrare in una cabina telefonica e infilarsi un
dannato costume blu per sconfiggere i malvagi.
Sapeva
cos’era quello sguardo, c’era suo fratello e prima non c’era mai stato,
c’era suo fratello e forse lui avrebbe potuto fare qualcosa.
Si
alzò in piedi di scatto, i capelli scuri si aggrovigliavano in onde
sempre più intricate e gli occhi bruciavano nel viso pallido.
Scostò
bruscamente le mani che tenevano Davide e semplicemente rimase fermo.
Sapeva cosa sarebbe successo e sapeva che se l’era cercata, vide lo
sguardo di suo fratello incupirsi e le risate eccitate degli altri.
Poi
cominciò.
“Bene”
disse Manuele dopo un po’, “E ora dimmi quello che sei venuto a dirmi
davvero” scacciando dalla mente ricordi che minacciavano di nausearlo
al punto da perdere il controllo lì, in quel momento.
Davide
si strinse nelle spalle guardandosi attorno, quasi temesse che da un
momento all’altro qualcuno potesse spuntare fuori ad ucciderlo. Questo
diede a Manuele un idea della portata esatta di quello che era venuto a
dirgli e di come lo stesse facendo contravvenendo agli ordini di Dom.
“Tuo
fratello…” appunto. Manuele si accese una sigaretta, era a disagio ma
il suo viso era una maschera immobile, non esternava nessuna emozione,
non diceva assolutamente nulla. Sapeva come fare per impedire a
chiunque di leggergli dentro.
Davide
continuò. “Non è davvero come sembra Manu, non dovrei dirtelo però devi
sapere… c’è molto altro dietro quello che ha fatto due anni fa.” Non
mostrò davvero quanto quelle parole lo scossero, si limitò ad alzare
gli occhi per guardare il cielo di un azzurro troppo sbiadito per via
del caldo, e tirò una lunga boccata di fumo, per calmarsi.
“Perché
me lo dici se non devi?” replicò, la voce era gelida e acuminata,
sembrava fosse la punta di una matita che si spezzava su un foglio
troppo bianco.
“Perché
lui non te lo dirà mai e non potevo permettere che tu pensassi…” lo
interruppe, sapeva che insistendo un po’ avrebbe potuto farsi dire
tutto quello che voleva sapere, che aveva voluto sapere all’inizio,
solo che non era più così certo di riuscire a sopportarlo.
Troppe
cose, stavano succedendo troppe cose, perché proprio adesso?
“Non
ti interessa quello che penso o che non penso Dade, non ti deve
interessare più” anche l’espressione era dura adesso, granitica,
nessuno spiraglio lasciava intuire quello che davvero provava.
Davide
scosse la testa, i capelli neri seguirono il suo movimento e lui si
trovò a pensare irrazionalmente che quella era una cosa che sperava non
cambiasse mai. Il modo che aveva Davide di scuotere la testa quando lui
lo esasperava.
A
pezzi. Stava andando inesorabilmente a pezzi e Giò lo sapeva, l’aveva
sempre saputo, per quello lo aveva pregato di lasciar perdere.
“Noi
saremo là Manu, in qualunque momento tu deciderai di intervenire noi
saremo là e quella sarà l’ultima occasione per parlargli” il tono di
Davide era pacato e calmo però una vena di trepidazione si intuiva lo
stesso, sapeva quanto doveva essergli costato venire qui a dirgli
questo, col rischio che suo fratello lo scoprisse e gli facesse Dio
solo sapeva cosa, sapeva cosa stava rischiando per lui e tutto quello
che riusciva a fare era scuotere la testa, alzare una mano come a
pregarlo di non aggiungere altro e andarsene.
Le
ragioni… era tutto quello che aveva voluto sapere all’inizio e ora si
ritrovava ad avere quasi il terrore di saperlo, di sapere cosa in
realtà aveva spinto suo fratello ad abbandonarlo in quel modo
terribile, cosa lo aveva spinto a farsi odiare in quel modo, perché
pensava di averlo intuito e se era davvero così allora era davvero un
coglione, lui e suo fratello compreso.
Buon
sangue non mente in fondo.
Occhieggiò
la scuola, non sapeva quando Gabriele sarebbe uscito, il termine ultimo
del tempo concesso scadeva fra mezz’ora e stava già per voltarsi ed
andarsene quando lo vide.
Imprecò
mentalmente, non avrebbe dovuto perdere tempo a tornare lì davanti, ora
lo avrebbe visto in quelle condizioni e non era sicuro di riuscire a
mantenere la calma adesso.
“Hei”
lo salutò felice Gabriele quando l’ebbe raggiunto, era praticamente
madido di sudore, quel tema doveva averlo quasi ucciso.
“Ti
si può strizzare” rispose Manuele accendendosi l’ennesima sigaretta, il
tono era stato calmo e controllato. Bene.
“Non
mi chiedi nemmeno com’è andata?” replicò l’amico guardandolo in modo
strano, la mano che teneva la sigaretta tremava impercettibilmente,
probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto ma lui era diventato
particolarmente ricettivo nei confronti di Manuele ultimamente.
“Sei
bravo a scrivere, sicuramente è andata bene” rispose l’amico osservando
come i capelli biondi si inanellavano sulla fronte sudata, incantandosi
seguendo il movimento della mano che si infilava fra i riccioli e li
tirava indietro, liberando la fronte e sventolandosi cercando un po’ di
aria.
“Non
mi chiedi nemmeno che tema ho fatto?” replicò Gabriele ostinato,
cominciando ad avviarsi verso un bar dove avrebbe potuto bere qualcosa
per rinfrescarsi.
“Tanto
me lo dirai lo stesso” rispose ironico Manuele, la mano aveva smesso di
tremare e sembrava più tranquillo adesso, forse aveva fatto bene a
rimanere in fondo. Gabriele riusciva sempre a placarlo in un certo
senso, bastava che lo toccasse o anche solo lo guardasse ed era come se
lo stesse avvolgendo in un bozzolo di calore che gli faceva dimenticare
tutto il resto.
“Quello
sugli ufo” continuò imperterrito Gabriele, occhieggiava di nascosto
Manuele, vedeva come le mani si agitavano irrequiete e come il suo
sguardo saettava in giro, quasi come se cercasse qualcuno, era
sicuramente successo qualcosa.
“Cosa
succede?” domandò diretto come al suo solito e successe una cosa
strana, la sua espressione prima così calma e controllata, ora cominciò
a contrarsi, le mani si serrarono e la bocca si piegò in una smorfia,
gli dava l’impressione che la sua intera persona si stesse disfacendo
davanti a lui e che non ce la facesse più a continuare a far finta che
andasse tutto bene
“Un
amico mi ha portato delle notizie che aspettavo da un po’” rispose
Manuele gettando la sigaretta e afferrando nuovamente il pacchetto.
Non
ci provò nemmeno a mentirgli, sapeva che avrebbe potuto nascondersi
dietro una scusa qualunque, che Gabriele non l’avrebbe capito, ma si
era scoperto quasi adesiderare
che
lui sapesse tutto, a chiedersi cosa avrebbe detto, come avrebbe
reagito, a condividere con lui quel pezzo di sé, e questa era una cosa
che non gli era mai successa con nessuno.
“E
queste notizie sono brutte o inaspettate?” provò ad indagare
delicatamente Gabriele, sapeva che un movimento troppo brusco e sarebbe
scappato via, chiudendosi in sé stesso e graffiandolo a morte.
“Tutte
e due” mormorò Manuele, fece per sfilare una sigaretta dal pacchetto ma
la mano calda dell’amico si chiuse sulla sua, impedendoglielo. Il
pollice sfiorò leggermente il dorso della mano, in una lenta carezza
che gli accese brividi inaspettati lungo il corpo e lo lasciò per un
attimo col desiderio irrazionale di venire abbracciato forte, una cosa
stupida e infantile. Stava già per togliere la mano quando le dita di
Gabriele si strinsero sul suo polso e lo strattonarono per alcuni metri
verso una stradina poco frequentata, lo trascinò con sé fino a che non
fu sicuro che nessuno li avrebbe disturbati, e anche se qualcuno
comunque avesse visto non gli importava poi molto. Manuele era a pezzi,
questo lo aveva capito perfino lui, se era così agitato da non rendersi
conto di mostrarlo in modo così plateale allora la situazione era
grave.
“Cosa
fai?” chiese Manuele, la voce divertita non riusciva a nascondere del
tutto quello che provava.
Gabriele
non rispose, si fermò guardandosi attorno e poi lo appoggiò con le
spalle al muro avvicinandosi a lui, la mano ancora non aveva
abbandonato il suo polso e lo stringeva forte, le labbra erano a un
centimetro dalle sue.
“Ti
bacio” rispose soltanto, prima di avventarsi sulla sua bocca quasi con
furia e strappargli un gemito sorpreso che soffocò subito con la sua
lingua. Era una strana frenesia quella che provava adesso, si ritrovava
a baciarlo con foga, intrecciando la lingua con la sua e facendo
scorrere la mano libera sulla sua nuca per avvicinarlo ulteriormente a
sé. Non aveva realmente riflettuto su quello che tutto questo
significava, per adesso sapeva solo che Manuele ne aveva bisogno, che lui
ne
aveva bisogno, e su quelle labbra avrebbe potuto passarci il resto
della sua vita.
Sentì
Manuele rispondere al bacio dopo un primo momento di immobilità, gli
artigliò la maglietta e lo baciò con una foga così grande da temere di
ritrovarsi risucchiato improvvisamente dentro di lui, così per intero.
Lo baciava come se fosse l’ultima cosa che gli restava da fare e gli
scatenava dentro brividi che scendevano lungo la schiena in scie di
fuoco liquido. Premette il bacino contro di lui e sentì Manuele
mugolare sulle sue labbra, un mugolio che grondava voglia e impazienza,
si stava sciogliendo fra le sue braccia e i movimenti stavano
acquisendo una frenesia che sapeva di passione e desideri troppo a
lungo nascosti. Stavano per scoppiare, lo sentiva.
Manuele
era stato davvero colto di sorpresa dal bacio, inizialmente pensava lo
avesse trascinato in quel vicolo per parlare con calma -ma quanto
andavano di moda i vicoli ultimamente?- ma quando lo aveva appoggiato
al muro e baciato il cervello si era azzerato, tutte le sue sensazioni
amplificate a mille. Le labbra di Gabriele, così desiderate e odiate
per le paure che recavano con sé, le labbra erano premute alle sue, la
sua lingua lo cercava e lo trovava e poi più niente, la cosa essenziale
era stata ricordarsi di respirare, perché davvero avrebbe potuto
morirci su quelle labbra. Non voleva staccarsi, questa era l’unica cosa
chiara, non avrebbe mai voluto separarsi da loro, ne voleva di più,
sempre di più. Quando Gabriele premette il bacino contro il suo la sua
mente esplose in mille frammenti e non capì più nulla.
La
sua pelle, dov’era la sua pelle? Infilò le mani sotto la sua maglia e
gli percorse la schiena, graffiandolo, gli morse il mento e il collo e
lo sentì appoggiarsi con le braccia al muro, per non crollargli addosso
e permettergli di esplorarlo ancora con la bocca, era l’unica cosa che
voleva. Le mani si insinuarono sotto i jeans, andarono ad afferrare i
glutei a piene mani, stringendoselo addosso il più possibile e
avvertendo il gemito di Gabriele alzarsi quasi frustrato adesso, erano
in un vicolo, chiunque poteva arrivare, non potevano certo andare più
avanti di così.
Ma
pensare di fermarsi adesso era pura follia perché Gabriele gli era
entrato nelle vene, gli scorreva sottopelle a velocità supersonica,
diretto verso il cuore. Quando si sarebbe schiantato contro esso?
Quando
insinuò un dito dentro di lui lo sentì trattenere il fiato e abbassare
la testa per baciarlo ancora, stavolta fu un bacio umido e aperto, le
lingue si cercavano senza il riparo confortante delle bocche. Vennero
colte da una frenesia sempre più grande mentre le mani di Gabriele
scorrevano su di lui, sul suo petto a stuzzicare i capezzoli e
strappargli un mugolio, sul suo addome facendogli trattenere il
respiro, finché non gli abbassarono leggermente i pantaloni,
strusciandosi così finalmente contro di lui.
“Dio
Manu” ansimò Gabriele mentre l’amico infilava un altro dito e gli
strappava un singhiozzo simile a un urlo, le mosse lentamente e vedere
Gabriele chiudere gli occhi per poi mordersi le labbra per non urlare,
fu quanto di più erotico e sensuale avesse mai visto. Le premette più a
fondo che riuscì, lo sentì combattuto fra l’istinto di andare incontro
alle dita o al suo bacino, ma non gli diede modo di capire davvero
quello che stava succedendo. Lo voleva e lo voleva subito, sentì la
mano di Gabriele stringersi su di lui e strappargli un gemito, stava
impazzendo sotto le sue mani, non capiva più nulla e più l’amico lo
baciava e lo toccava, più lui si perdeva, la voglia di entrargli dentro
lo stava uccidendo. Più muoveva le dita e lo sentiva andare a fuoco,
più aveva il desiderio spasmodico di voltarlo contro il muro e
prenderlo fino a farlo supplicare di smettere. Finché trovò quel punto
dentro di lui, il punto che lo fece impazzire letteralmente, lo vide
spalancare gli occhi stupito, la bocca aperta per aspirare più aria
possibile, poi serrò le palpebre e inconsciamente i movimenti su di lui
diventarono più veloci, costringendolo a chiudere gli occhi a sua
volta.
Con
la fronte premuta sulla sua spalla, Gabriele cercava di far riprendere
ai suoi polmoni un minimo di funzionalità, il respiro si calmava
lentamente e il sudore scendeva in rivoli lungo la schiena,
appiccicando la maglietta alla pelle. Non voleva davvero staccarsi ma
adesso che era tutto finito il caldo lo stava opprimendo, alzò la testa
sfiorando con le labbra il collo di Manuele e sentendolo rabbrividire,
gli mordicchiò l’orecchio e si perse giocherellando con una ciocca di
capelli che creava un boccolo quasi perfetto.
“Se
non la pianti stavolta non mi frenerò perché siamo praticamente in
strada” sentì Manuele rivolgersi a lui con la voce ancora spezzata e il
respiro affannoso, si erano risistemati i vestiti e puliti ma non
volevano davvero decidersi a staccarsi uno dall’altro, avrebbero dovuto
rispondere a troppe domande scomode, avrebbero dovuto
porsi troppe
domande scomode, e non erano davvero sicuri di volerlo.
Si
stava bene così.
Gabriele
sorrise contro la sua pelle e lo baciò nuovamente, stavolta fu un bacio
lento e languido, gli circondò il viso con le mani strofinando gli
zigomi col pollice e premendosi nuovamente a lui.
“Dillo
che vuoi essere stuprato” borbottò Manuele quando le loro labbra si
staccarono e Gabriele si risolse ad allontanarsi dal suo corpo.
“Eh…
non propormelo due volte” rispose Gabriele, lanciando un occhiata ai
suoi capelli totalmente scarmigliati e alle guance rosso acceso che
testimoniavano l’eccitazione non ancora scemata del tutto.
“Dai
andiamo a berci qualcosa che ho bisogno di un po’ di alcol”propose
Manuele staccandosi dal muro e passandosi le mani sui capelli per
sistemarseli un po’ meglio, tirò fuori una sigaretta e l’accese, stava
tirando la prima boccata quando le dita di Gabriele gliela portarono
via dalle labbra: “Ci vuole una sigaretta ora” soggiunse a mo’ di scusa
quando vide lo sguardo irritato che gli rivolse Manuele.
Fumare
la stessa sigaretta, non sapeva spiegarsi perché, ma aveva per Manuele
un significato forse addirittura più intimo di quello che avevano
appena fatto, quasi come se un segreto fosse appena passato da uno
all’altro. Prima di arrivare in strada, quando ancora non c’era nessuno
che li osservava, Manuele si voltò di scatto verso di lui, lo afferrò
per la maglietta e lo tirò verso di sé, rubandogli il respiro in un
ultimo bacio intenso, quasi volessero divorarsi a vicenda, quasi non
fossero mai davvero sazi uno dell’altro. Fu mentre le loro labbra si
staccavano che Gabriele si rese conto che quella era la prima volta che
Manuele lo baciava per primo, che si scopriva così apertamente con lui
e non lasciava che a prendere l’iniziativa fosse Gabriele. Lo trovò
tenero in un certo senso.
“Dai
mi sento così gentile da offrirti il pranzo… hai impegni dopo?”chiese
Gabriele sorridendo, si sentiva bene accanto a lui, il pensiero degli
esami o quello più pregante e doloroso di Eleonora erano lontani, ai
margini, quasi che accanto a lui perdessero importanza.
“Mi
vuoi proporre qualcosa di sconcio?” chiese Manuele sogghignando,
nemmeno troppo per scherzo.
“No,
solo una cosa per rinfrescare i miei neuroni fusi… poi da domani mi
ributto sui libri” replicò Gabriele, non era male l’idea di qualcosa di
sconcio ma l’istinto gli suggeriva che prima di andare davvero fino in
fondo era essenziale fare un po’ di chiarezza su quello che provavano e
che volevano.
Manuele
scrollò le spalle “Se mi offri il pranzo poi sarò tuo per il resto
della giornata” e Gabriele ringraziò il fatto che non stava bevendo
nulla, altrimenti gli sarebbe andato sicuramente tutto di traverso.
“Potresti
evitare di fare riferimenti poco casti alla mia o tua persona e doppi
sensi opinabili?” borbottò entrando in un bar e guardandosi attorno per
vedere quali tavolini erano liberi.
Quasi
gli prese un colpo vedendo Eleonora e Nana sedute vicine che
sceglievano cosa mangiare dal menù.
Sentì
Manuele irrigidirsi al suo fianco ed ebbe l’impulso assurdo ed
irrazionale di uscire dal locale, non perché lui
non avesse voglia di vedere Eleonora, ma perché sapeva che era Manuele
a non volerla vedere ancora. Stavano a fatica costruendo qualcosa che
era simile a un
noistentato
e un po’ zoppicante, e adesso ritrovarsi davanti la ragazza per cui
Gabriele aveva perso la testa per un periodo così lungo della sua vita
li destabilizzava entrambi, anche se in modo diverso.
Aveva
raccolto i capelli in un nodo sopra la nuca, lasciando che i boccoli
sfuggissero da tutte le parti in modo assolutamente studiato, gli occhi
azzurri sembravano ancora più grandi sotto lo strato abbondante di
kajak e glitter blu che aveva usato per enfatizzarli. Guardandola non
poté negare che gli era mancata, con i suoi vestiti stravaganti e i
suoi brillantini e mille gloss luccicanti. Li vide e li riconobbe, non
esitò un attimo ad alzare la mano e sventolarla allegra per salutarli e
poi fargli cenno di sedersi con loro. Lanciò un occhiata a Manuele,
l’espressione nuovamente chiusa e criptica come quando era uscito da
scuola, e le mani infilate a forza in tasca. Non lasciava trapelare
nulla ma ormai aveva imparato a conoscerlo, non era per niente
contento.
“Ciao
ragazzi!” salutò allegra Eleonora non appena presero posto davanti a
loro, “Come è andata la prova Gabri?Non ti ho visto uscire, hai finito
prima di me?” lui sorrise tenero, si aspettava qualcosa di più forte
rivedendola, quasi di apocalittico, invece si rendeva conto che l’amore
era scemato in tenerezza e in un affetto sincero, l’istinto di
pretenderla per sé era ancora presente ma soffocato dal pensiero di
Manuele che ancora non aveva detto una parola e dalla paura che questo
potesse rovinargli la giornata più di quanto non lo era già.
“Sì
quando sono uscito scrivevi ancora” rispose Gabriele osservando il
vestito stravagante della ragazza, non si era risparmiata nemmeno per
l’esame, anzi aveva dato fondo a tutta la sua creatività indossando un
vestito blu con le maniche a sbuffo di tulle che si stringeva in un
corsetto pieno di stringhe per poi allargarsi in una gonna fatta di
veli sovrapposti, corta fin sopra il ginocchio.
“Bene
comunque, ho fatto il tema sugli ufo” lei rise felice, gli era mancato
il modo che aveva di inarcare la testa indietro per ridere, più era
felice più la risata era squillante. “Lo immaginavo! Vediamo se
indovini che tema ho fatto io!” e nel dirlo si muoveva sulla sedia come
una bambina che cercava di far indovinare alla sua amichetta i regali
fantastici che aveva ricevuto per il suo compleanno. Era bello vederla
così tranquilla, era bello vedere che il loro rapporto era scivolato
nuovamente in binari amichevoli, forse era presto perché questo
accadesse in modo totale, però comunque le basi che c’erano non erano
andate perdute ed era qualcosa di cui tutte e due erano felici, e si
vedeva.
Rispose
sicuro: “Quello sul piacere” ed Eleonora annuì e poi sospirò“Penso di
essermi seriamente rotta le dita a furia di scrivere, spero che la
seconda prova non mi porti via tutte queste energie” Nana portò alla
bocca il calice di Spritz Aperol e bevve un lungo sorso. “Ele, chiunque
conoscendoti un minimo l’avrebbe indovinato sai?” prendendola in giro
amichevolmente per poi richiamare la cameriera alzando un braccio.
Nonostante il caldo non aveva rinunciato a vestirsi di nero come suo
solito, indossando un paio di pantaloncini corti e una canottiera nera
con il cappuccio e la zip.
“Tu
invece hai sicuramente fatto il tema sulla musica” disse Gabriele
all’indirizzo di Nana, con un sorriso saputo, era da tanto che non
parlava così tranquillamente con le ragazze e si stupiva di quanto bene
stesse. “Non era difficile indovinarlo” borbottò lei seccata, quando la
cameriera si avvicinò, una ragazzina dai capelli castani piuttosto
impacciata a dire la verità, Nana nemmeno le lasciò il tempo di
parlare, ordinando immediatamente.
“Un
sandwich club Vulcano” disse senza nemmeno guardarla, la cameriera
scrisse veloce per poi rivolgersi ad Eleonora, la ragazza la guardò con
sguardo di scuse per i modi dell’amica e poi ordinò: “Per me un
insalata mista, grazie” quando poi la ragazza si rivolse a Manuele
chiedendo: “Mangiate anche voi?” Gabriele ebbe l’esatta dimensione
dell’irritazione di Manuele, temette per quella povera ragazza non
appena notò come l’espressione dell’amico si fosse inacidita. “No siamo
qui per fare una rapina e scappare coi soldi” Gabriele alzò gli occhi
al cielo e si rivolse alla ragazza che guardava Manuele mortificata e
con gli occhi lucidi, doveva essere nuova di lì, scriveva lentamente e
prima aveva notato come l’altra cameriera le stesse spiegando le dosi
esatte per fare lo Spritz Aperol.
“Ignoralo…
è geloso perché prima l‘hai ignorato, non sembra ma è molto
egocentrico” la ragazza gli rivolse uno sguardo grato per poi fare una
piccola risatina e dire: “Vi lascio un po’ di tempo per scegliere?” ma
Gabriele scosse la testa, voleva mettere in salvo quella povera ragazza
prima possibile quindi ordinò la prima che gli venne in mente. “Portaci
due toast farciti grazie” Al tavolo era sceso il silenzio, Gabriele si
azzardò a voltare la testa verso l’amico e lo trovò con lo sguardo
rivolto ostinatamente verso la vetrina. Eleonora tentò di rompere
l’imbarazzante silenzio che era sceso ma non fu l’idea migliore che le
fosse venuta nell’ultima settimana.
“E
tu come stai Gabri?” e il sottinteso era chiaro a tutti, fu chiaro
perfino a lui, stava per rispondere quando sentì la sedia spostarsi e
vide Manuele alzarsi “Vado a fumare” disse atono prima di avviarsi
verso l’uscita.
Gabriele
scosse la testa dispiaciuto, non voleva far torto a nessuno dei due e
se Eleonora fosse stata al corrente degli ultimi sviluppi fra loro
sarebbe stata la prima a tentare di sviare il discorso, ma purtroppo
non le aveva raccontato assolutamente nulla.
“Vai
dai, dopo però mi racconti tutto” disse la ragazza guardandolo con aria
finta-minacciosa.
Borbottò
un ringraziamento alzandosi dalla sedia e uscendo, si guardò attorno
per cercarlo e lo trovò seduto sui gradini di un palazzo, osservava i
passanti con occhio critico.
Lo
raggiunse sedendosi vicino a lui e sfiorandogli la gamba con la sua.
Manuele non lo guardò neppure, non sembrò avere reazioni particolari.
“Manu
mi spiace, non sapevo fosse qui, davvero, non l’ho fatto apposta”se ne
rese conto mentre lo disse che poteva davvero sembrare che lui avesse
organizzato tutto, ma contava sul fatto che Manuele lo conosceva,
sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa simile.
“Lo
so” rispose infatti, ma non si voltò ancora a guardarlo, portandosi la
sigaretta alla bocca.
“Ma
sei arrabbiato lo stesso” sussurrò Gabriele mordendosi un labbro, si
sentiva davvero uno stupido perché aveva capito subito che per Manuele
quella era un brutta giornata, che doveva essere successo qualcosa di
brutto e sapeva anche che non era colpa sua se avevano incontrato
Eleonora, ma forse avrebbe potuto salutarla e basta, evitando di
sedersi al suo tavolino ed evitando di ordinare lì da mangiare.
Si
rese conto di aver fatto tante piccole cose per dare l’idea a Manuele
che fosse ancora innamorato di lei, senza nemmeno pensarci.
Lui
rimase ancora in silenzio, lo sguardo immobile sui passanti davanti a
sé, Gabriele non pensò davvero a quello che stava per fare, sapeva solo
che si era comportato da stupido e che Manuele stava male e lui non
aveva fatto nulla per aiutarlo, a meno che sbatterlo al muro e fargli
una sega potesse essere considerato un aiuto.
Quindi
alzò la mano verso il suo viso e lo voltò verso di sé, costringendolo a
guardarlo e lasciando la mano posata sulla guancia anche quando gli
occhi del ragazzo furono puntati su di lui. Occhi freddi e lontani,
odiava vederlo così nei suoi confronti.
“Scusa”
disse, e lo disse perché lo pensava davvero, questo Manuele lo sapeva.
“Mi sono seduto lì perché mi ha fatto piacere rivederla ma è davvero
solo un amica adesso” vide il sopraciglio dell’amico scattare verso
l’alto e la risata un po’ amara riempire l’aria: “Ma certo, in appena
due settimane, ma che veloce” l’ironia tagliente, la mano scattò a
liberarsi di quella di Gabriele.
“Non
è questione di velocità, è un amica perché ora come ora non riesco a
fare a meno di pensare a te” e ora che lo aveva detto sentiva bruciante
dentro di sé la consapevolezza che il gesto che aveva fatto Manuele per
allontanarlo gli aveva fatto male, lo aveva ferito in un posto così
profondo da dargli l’esatta idea della diversità dei sentimenti che
provava per lui rispetto a quelli che aveva provato per Eleonora. Era
una cosa più profonda, più totalizzante, più bruciante ed intensa.
“E
non so per te, ma per me non è certo una cosa facile, sai io ero
davvero convinto di amare Eleonora, ero davvero convinto che nel mio
futuro ci fosse quantomeno una donna, sicuramente non un uomo, e sto
imparando a conviverci, non è una cosa molto facile. E ora mi ritrovo a
pensare a te, solo a te, è leggermente destabilizzante.” la voce quasi
dura ora, sapeva che non aveva fatto nulla per spingerlo a dirgli
quelle cose, ma già per il fatto che in un certo senso lo aveva obbligato
a provarle sentiva una sorta di sorda rabbia scuotergli il petto. “Per
cui non venirmi a dire che sono stato veloce cazzo, e non dirmi che non
era quello che volevi dall’inizio, tu e le tue dannate
macchinazioni…”Manuele non gli diede tempo di finire la frase, gli
prese il volto fra le mani e annuì piano: “Ok” disse solo, guardandolo
con una tenerezza tale da ammutolirlo davvero.
“Scusami,
sono stato uno stupido, ma ho avuto davvero una giornata del
cazzo”continuò poi, non voleva davvero ferirlo in quel modo ma alla
fine era quello che aveva fatto e ora vederlo così, vedere come stava
cercando di respirare ad ampie boccate per calmarsi, gli faceva male
nell’esatta proporzione di quanto ne faceva a lui.
“Dai,
basta” sussurrò avvicinando la testa dell’amico al suo petto e
stringendolo forte, non gli importava molto del fatto che fossero in
mezzo alla strada e che i passanti li guardavano straniti, non gli
erano mai importate queste cose.
Le
mani si infilarono in mezzo ai riccioli biondi e man mano che le
carezze proseguivano sentiva l’amico rilassarsi sotto il suo tocco,
respirare più lentamente e strofinare leggermente la guancia contro il
suo petto.
“Non
vuoi dirmi nulla di quello che ti sta succedendo?” mormorò Gabriele,
senza staccarsi dal suo abbraccio, sentire le braccia di Manuele
avvolgerlo lo faceva stare bene a livelli quasi illegali.
“Non
so cosa potrei riuscire a dirti… era tutto chiarissimo fino a ieri, poi
qualcosa ha scombinato del tutto la mia idea sui fatti e ora non so che
pensare” non aveva capito molto Gabriele, anzi diciamo che non aveva
capito nulla se non che era confuso, questo era riuscito ad
estrapolarlo.
“E
non c’è niente che potrebbe chiarirti le idee?” tentò di rispondere,
staccandosi dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi, vide Manuele
sospirare e guardarsi attorno, c’era troppa gente in giro, altrimenti
era certo che lo avrebbe baciato e forse stavolta non si sarebbero
fermati.
“Si,
parlare con una persona… ma è una persona che non voglio rivedere,
voglio chiuderla nel mio passato senza dargli possibilità di uscirne,
voglio dimenticare” Gabriele aggrottò le sopracciglia posando le mani
sulle sue ginocchia, era stupido ma sentiva la necessità di avere un
minimo di contatto con lui, lo faceva sentire bene.
“Boh
io sono dell’opinione che per lasciarsi le cose alle spalle prima devi
averle sviscerate, comprese e ammortizzate, altrimenti sa troppo di
fuga,per vivere davvero tranquillo. Prima o poi tornerai a chiederti
cosa davvero sarebbe stato giusto fare e rimpiangerai l’attimo che hai
avuto per chiarire tutto”
Manuele
annuì appena, le aveva pensate anche lui tutte queste cose, e sentirle
dire da Gabriele che pur non conosceva la situazione, era solo una
conferma. Per Giò avrebbe dovuto andare avanti fregandosene di tutto e
lasciandosi alle spalle suo fratello, ma quando gli sarebbe giunta
notizia di una sparatoria in cui suo fratello aveva avuto la peggio,
era preparato al fatto di non sapere davvero cos’era successo quella
volta?
Era
preparato a dimenticarsi di avere un fratello?
Non
si tornava indietro, questa era l’ultima possibilità.
“Fa
male però” sussurrò, era una cosa che non aveva mai ammesso con
nessuno, nemmeno con Giò perché con lui era superfluo, però dirlo ad
alta voce era un’altra cosa, dirlo ad alta voce significava ammettere
che per lui Gabriele era più importante di quello che credeva.
“Allora
vuol dire che non hai dimenticato nulla e che potrai davvero farlo solo
quando avrai espulso sul serio tutto il veleno che ti porti dentro” la
voce morbida e le mani che stringevano appena le sue ginocchia. Vide
Eleonora fargli cenno dalla porta del bar, probabilmente i toast erano
arrivati da un po’ e si stavano raffreddando. Le annuì per poi tornare
a guardare Manuele e finire. “E poi ricordati che non sei solo…
ricordi?Ci sono io” Manuele sorrise, sì, ricordava, la prima volta che
Gabriele gli si era rivolto in quel modo, facendogli contorcere lo
stomaco da una sensazione che quella volta non aveva davvero capito.
“E
ora ci conviene entrare perché mi sa che quelle due stanno spiando
dalla vetrina del bar tutte le nostre mosse” concluse l’amico alzandosi
in piedi seguito da Manuele.
Era
vero, quella volta c’era solo Giò con lui ad aiutarlo ad affrontare
tutto, questa volta c’era anche Gabriele.