CAPITOLO SESTO

It’s time to run
Take us away from here
Protect us from further harm

(è il momento di correre
portateci via dall’inferno
proteggeteci per il male che verrà)
-Muse-

Erano più o meno le cinque del mattino quando Gabriele prese il cellulare in mano guardandolo dubbioso. Erano tornati a casa da due ore, sicuramente Manuele dormiva il sonno dei giusti e gli avrebbe urlato dietro di tutto, ma ancora una volta non riusciva a dormire. Solo che questa volta poteva affermare con cognizione di causa che il colpevole fosse decisamente Manuele.
Inviò un sms prima, giusto per scrupolo.
‘Dormi?’
Aspettò la risposta sbattendosi ritmicamente il cellulare sulla fronte, finché vibrò e lui si affrettò a leggere il messaggio.
‘Sì’
Sorrise facendo partire la chiamata e appena rispose lo salutò con un gentile: “Idiota”
“Io! Hai un coraggio Gabri…” bofonchiò Manuele, si strofinò gli occhi con la mano libera e sbadigliò rumorosamente.
“Non dirmi che non te l’aspettavi la chiamata”
“Mh…’spetta un secondo” rispose allungandosi per afferrare il pacchetto di sigarette e accendersene una. Di solito non fumava in camera ma era estate e aveva la finestra spalancata, il fumo sarebbe uscito subito. E poi aveva bisogno di una bella dose di nicotina per affrontare quella telefonata. Come se baciarlo non lo avesse scosso abbastanza.
“Ti sei acceso una sigaretta? Ho sentito il rumore dell’accendino”
La voce di Gabriele era bella sveglia, doveva dedurne che non aveva chiuso occhio nemmeno per sbaglio.
“Se lo sai che lo chiedi a fare?” rispose col suo solito tono ironico.
“Sempre gentile e disponibile vedo” lo sentì borbottare, sorrise. Si chiedeva quando si sarebbe deciso a fargli quella domanda.
“Disponibile si” commentò Manuele ghignando, poté quasi vedere Gabriele alzare gli occhi al cielo per poi arrossire e rispondere: “Posso farti una domanda?” eccocipensò divertito Manuele, l’amico era una persona spontanea e quello che pensava diceva, non si faceva problemi e lo ammirava profondamente per quello.
“Se ti dico di no non la fai?” rispose quasi rassegnato. Non aveva voglia di sentirla né tantomeno di rispondere, non aveva una risposta per quella domanda e aveva paura di trovarla.
Odiava profondamente quel lato di sé, odiava aver paura di qualcosa e quello che sentiva per Gabriele, al di là del lato fisico che l’aveva sempre attratto, gli faceva una paura fottuta.
“Cosa provi per me?” Manuele quasi si soffocò col fumo, sapeva che l’amico era una persona diretta e che gli avrebbe fatto una domanda del genere, ma proprio quelladomanda sperava di evitarla per lungo tempo ancora.
“Certo che tu le domande le sai fare eh?” borbottò sistemandosi meglio contro il cuscino e sospirando. Silenzio dall’altra parte, Gabriele non voleva sviare il discorso e non era disposto ad accettare niente di meno che una riposta esaustiva.
“Senti Gabri… cosa ti devo dire? Non lo so. All’inizio credevo di saperlo ma ora non ne sono così sicuro e… devo pensarci”
Sentì rumore dall’altra parte, probabilmente Gabriele si era alzato e si era affacciato alla finestra.
“Hai paura?” chiese alla fine, Manuele non sapeva perché avrebbe dovuto rispondere, era una domanda che lo costringeva a riaprire troppe porte e non aveva nessun’diritto di fargliela, ma denotava che in questi pochi mesi aveva davvero imparato a conoscerlo profondamente.
“Che domanda del cazzo” disse poi, passandosi una mano sul viso e sospirando per l’ennesima volta.
“Sai, mi piacerebbe arrampicarmi sulla grondaia di casa tua per arrivare alla tua finestra e vedere la tua faccia in questo momento” la voce di Gabriele era leggermente divertita adesso, come se stesse accarezzando l’idea di farlo davvero, un novello Romeo che probabilmente si romperebbe le ossa del collo precipitando dal secondo piano.
“Tu sei fuori come la torre di astronomia” rise Manuele, per poi spegnere la sigaretta e posarsi l’avambraccio sul viso, coprendoselo. Quella stava diventando la conversazione più assurda della sua vita, e lui ne aveva avute di conversazioni strane.
“Però se lo facessi davvero potresti vedere cosa sto facendo ora”continuò poi, la voce si era fatta roca e insinuante, provocava per non essere provocato e per non dover rispondere ad altre domande del genere, però nel momento stesso in cui l’aveva detto la mano era scivolata sul suo ventre, fermandosi immediatamente sopra l’elastico dei boxer.
“Piantala Manu o salgo davvero su quella dannata grondaia e non potrò sostenere gli esami perché mi sarò rotto una gamba” però il fiato si era accorciato impercettibilmente e Manuele se ne accorse.
“Però ne varrebbe la pena sai… puoi immaginare perché?” ed era sufficiente già solo sentire il respiro di Gabriele fermarsi bruscamente, come se si fosse strappato qualcosa all’altezza dei polmoni. Non aveva detto nulla, ma sapeva che le insinuazioni erano molto peggio e il lieve rumore delle lenzuola che frusciavano poteva confermare a Gabriele la veridicità delle sue supposizioni.
Gabriele non rispose e lui si morse le labbra, dall’altra parte c’era silenzio assoluto. Bene, voleva dire che doveva spingere la fantasia ancora un po’.
“Mi hai chiesto di tornare dagli altri troppo presto Gabri… puoi immaginare cosa ti avrei fatto se fossimo rimasti lì?”
Ora poteva sentire chiaramente il respiro di Gabriele farsi più affannato e il rumore delle molle del letto accoglierlo.
Un sussurro spezzato gli rispose: “Sì” e poi un gemito trattenuto, la mano di Manuele si mosse più veloce mentre sentiva dall’altra parte l’amico fare lo stesso.
“Parla ancora” sussurrò Gabriele, la voce bassa e inconsapevolmente sensuale lo fece tremare mentre un sorriso gli increspava le labbra.
“Ho desiderato farlo da tempo immemore… da sempre penso… e ora non ti lascerei nemmeno il tempo di pensarea cosa vorresti ti facessi, perché te lo farei immediatamente” sentì un gemito sfuggire dalle labbra di Gabriele e si trattenne a stento dal seguirlo, era consapevole che il suo respiro affannato lo tradiva ma non gliene importava molto in fondo, se aveva scoperto una cosa in quest’ultimo periodo era che scoprirsi con Gabriele non faceva poi così male.
“Sei un bastardo” mugugnò l’amico, la voce ancora impastata di desiderio e voglia, per un momento rimpianse quel teatrino, rimpianse non averlo lì e non poter fare nient’altro.
“Mai negato” rispose ridendo piano, per non svegliare mezza casa, mentre cercava di ripulirsi alla meglio.
“E non pensare che mi sia dimenticato che non hai risposto a un cazzo alla fine” buttò il fazzolettino sotto il letto e tornò a sistemarsi comodamente sul cuscino, rispondendo: “Sono cose di cui parlare a voce Gabri” insolitamente serio, non aveva idea di cosa dirgli, di cosa provava e di cosa voleva, o meglio, un idea l’aveva ma non pensava davvero fosse possibile. Non aveva mai nemmeno provato a supporre che potesse innamorarsi sul serio di Gabriele, che quello stupido gioco iniziato solo per portarselo a letto gli si potesse ritorcere contro.
“So che hai ragione. Ma riesci sempre a trovare un modo per sviare il discorso e distrarmi, mentre così non puoi scappare in molti modi”Manuele rise: “Beh come vedi non è poi molto vero”
“Ti sto odiando lo sai?” borbottò Gabriele “Bene, meglio essere odiato che risultare indifferente” fu la risposta quasi sussurrata, il sonno si stava facendo sentire nuovamente e Manuele faceva fatica a tenere gli occhi aperti per non addormentarsi.
“Non mi sei mai risultato indifferente… penso sia una cosa impossibile, tu sei così…” si interruppe per cercare il termine adatto e l’amico concluse a modo suo: “Stronzo?” sentì Gabriele ridere sommessamente e replicare: “Si anche, ma non intendevo quello. Nel senso che tu colpisci la gente, in positivo o in negativo, non sei una di quelle persone che le guardi e pensi: ‘ma questo chi cazzo è? Non l’avevo mai notato.’ Sai quelle persone grigie che nascono grigie e conducono la loro vita interamente nel grigio? Dove grigio sta per mediocrità non per sfumatura.” Manuele non fiatava, non capitava spesso che qualcuno gli parlasse in quel modo ed era bello ascoltare cosa pensava Gabriele di lui.
Non uno qualunque, non Giò, non Davide, non Eleonora.
Gabriele.
Lo riteneva importante in un modo che non capiva appieno ma di cui riusciva a cogliere l’inevitabilità.
Forse dal primo momento in cui l’aveva guardato una parte di sé aveva intuito che sarebbero arrivati a questo punto prima o poi, inutile girarci attorno, inutile nascondersi dietro al sesso, inutile negarlo.
E quando Gabriele continuò a parlare chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal suono suadente della sua voce.
“Tu non sei così, tu sei un casino di colori vividi che implodono creandone ancora di diversi, sono colori in cui uno si può perdere o annegare, ma sicuramente non restare indifferente”
La riusciva quasi a sentire, la tenerezza che permeava la voce di Gabriele, e in quel momento desiderò davvero averlo lì, anche solo per un attimo. Il tempo di guardarlo negli occhi mentre gli diceva quelle cose.
“Ti lancerò un salvagente se annegherai” commentò con voce roca Manuele, sentì l’amico ridere e dopo una breve pausa rispondere:“Troppo tardi”
“Mi chiedo come fai a dire queste cose con tutta questa naturalezza”bofonchiò, coprendo uno sbadiglio con la mano.
“Dai ti lascio dormire” gli occhi di Manuele si stavano già chiudendo, per cui fu estremamente grato a Gabriele per quella concessione.
“Troppo gentile” mormorò.
“Ci vieni giovedì fuori da scuola? Ho la prima prova”
Sentiva la voce dell’amico sprofondare sempre di più nel sonno e sorridendo capì che anche quella notte era riuscito a farlo addormentare.
“Devo tenerti per manina?Guarda che pretendo almeno un caffè per il disturbo”
“Scemo che sei”
“Eh… se lo dice un esperto” si posizionò sul suo fianco preferito appallottolandosi, pronto per riprendere il sonno da dove l’aveva lasciato.
“Ti aspetto giovedì allora” rispose Gabriele ignorando la provocazione.
“Seeeh” la risposta appena distinguibile.
“Buona notte idiota”
“’notte scemo”

I capelli neri scintillavano al sole cocente di inizio Luglio, era strano vedere Davide nella sua città, era strano che fosse venuto a cercarlo invece di dirgli come sempre di raggiungerlo, anche troppo strano.
Voleva sicuramente parlargli di qualcosa che esulava da quello che lui aveva chiesto al fratello. Sperava solo che facesse presto, tra meno di un ora Gabriele sarebbe uscito dall’esame e lui voleva essere lì fuori.

Il freddo penetrava nelle ossa, era una cosa che non ti raccontavano a scuola quella, di quanto male facessero le dita dei piedi o delle mani quando ti stringevi tutto su te stesso per cercare di disperdere meno calore possibile.
Non ti raccontavano la fatica per mantenere il respiro a un livello accettabile e non battere troppo forte i denti.
Non ti raccontavano un sacco di cose a scuola.
“Dade secondo te possono cadere le dita se congelano troppo?” la voce di Manuele uscì in piccole nuvolette di fumo, stavolta il piglio ironico aveva perso un po’ di smalto, faceva troppo freddo e Davide era ridotto troppo male.
Si sarebbero stufati di lui prima o poi.
“Ma che cazzo di domande, Manu” replicò l’amico guardandolo stralunato, però spuntò un sorriso che piegò lievemente le sue labbra, Manuele si congratulò segretamente con sé stesso. Almeno l’aveva fatto ridere. Quello che lo preoccupava era che lui invece ancora non l’avevano toccato, si limitavano a picchiarlo e nemmeno troppo forte, prenderlo in giro, o mandarlo a fare commissioni pericolose, ma ancora non l’avevano ‘battezzato’ e sapeva che non era normale, che prima o poi sarebbe toccato anche a lui.
Immaginava c’entrasse in qualche modo suo fratello.
“Se ti avessi chiesto quante lune ha Saturno sarebbe stata una domanda del cazzo, questa è perfettamente attinente alla situazione”
Davide sbuffò leggermente per poi avvicinarsi a lui e stringersi leggermente al suo fianco. Immediatamente si sentì un po’ meglio, il freddo sembrò penetrare meno rispetto a prima.
“ Ma perché sei qui Manu? Me lo sono sempre chiesto. Lo fai per tuo fratello?” la domanda sussurrata per non farsi sentire, in una speranza illusoria di diventare invisibili ed essere dimenticati da tutti.
“E poi sono io che faccio domande del cazzo eh?” rispose Manuele passandogli un braccio attorno alle spalle e pressandoselo contro.
Le labbra cercarono la tempia di Davide, scivolando sulla sua pelle gelida e raccogliendo brividi di freddo, paura, aspettativa forse; mordicchiò l’orecchio ascoltando il respiro accorciarsi impercettibilmente.
“Sono qui perché è il posto dove devo stare. Con mio fratello” sussurrò sulla pelle delicata del collo, sapeva vagamente di disperazione baciarlo in quel modo, stringerlo in quel modo, amarlo in quel modo. Sapeva di panacea per non sentire il terrore che arrivava strisciando, sapeva di preghiera elevata al cielo per non sprofondare sempre di più, sapeva di troppe cose per poterle districare tutte, ma Manuele non aveva intenzione di farlo proprio ora. Ora voleva solo far finta di non essere lì, e che Davide potesse essere solo suo.


“Hei” lo salutò Manuele, Davide si limitò ad alzare il mento verso di lui spostando poi la testa verso un vicolo nascosto agli occhi dei più.
Per un attimo si perse a guardarlo, a guardare come in fondo non fosse cambiato poi molto, aveva sempre quel modo un po’ strano di camminare, la bocca si alzava sempre nel solito ghigno storto, più amaro forse ma l’essenza era quella di un tempo.
Troppi dettagli erano rimasti uguali a loro stessi e troppo poco tempo era passato.
Doveva fare fatica a ricordare che erano solo due anni, non una vita intera. A volte gli sembrava un periodo lontano anni luce, quasi che non appartenesse davvero a lui, quasi che quelle sensazioni, quella paura, quell’adrenalina, non l’avesse davvero vissuta ma solo immaginata.
Un incubo contorto, di quelli che si facevano prima di svegliarsi e di cui poi non si ricordava nulla, restava solo il vago e amaro sapore della paura a riempire la bocca di fiele.
“A cosa devo l’onore?” chiese Manuele appoggiandosi al muro e infilando le mani in tasca, si aspettava una risposta ma non così presto e soprattutto non così.
“Tuo fratello ha trovato quello che cercavi” rispose Davide tirando fuori un foglio dalla tasca e porgendoglielo. Manuele non lo lesse, lo ripose in tasca senza smettere di fissarlo intensamente, sapeva che non era lì solo per quello.

Che poi uno si aspettava ci fossero tuoni o fulmini o perlomeno un qualche barlume di tragedia quando accadevano cose simili.
Invece la maggior parte delle volte semplicemente succedeva e ci si ritrovava a chiedere-disperati- dov’era quel segnale che avrebbe dovuto prepararci alla disfatta.
Succedevano troppo repentinamente, questa era la verità, come se fosse la normalità. In un angolo della sua testa Manuele si rendeva conto che non era normale vivere in questo modo, ma gli sembrava che quella fosse l’unica vita che avesse mai conosciuto. Anche prima c’era paura, di un altro tipo ma sempre paura era. A pensarci bene non c’era un istante della sua vita in cui non l’avesse avuta, quindi ormai aveva imparato a conviverci e sarebbe stato dannatamente strano per lui non muoversi con quella silenziosa compagna accanto.
Aveva ancora la testa di Davide appoggiata sul petto e il corpo strettamente intrecciato al suo quando arrivarono, l’unico pensiero che Manuele fu in grado di formulare fu: ‘no cazzo, non ancora’. Non ce l’avrebbe fatta Davide, era stanco, infreddolito e dolorante, non si era ancora ripreso. Di solito aspettavano più tempo, ma quella notte faceva freddo e Manuele aveva sentito che un grosso colpo era sfumato all’ultimo momento, erano tutti arrabbiati e nervosi.
C’era anche suo fratello.
Afferrarono Davide per le spalle, vincendo la debole resistenza che le braccia di Manuele fornivano e lo alzarono in piedi. Non era un gesto preventivato quello di Manuele, sapeva riconoscere la differenza tra stupidità ed eroismo e quello che stava per fare era estremamente stupido perché non sarebbe servito a niente, non a lui e tanto meno a Davide.
Fu lo sguardo di Davide a farlo muovere.
Non era disperato o terrorizzato, era rassegnato. Una smorfia di dolore gli contorse il viso a un movimento troppo brusco, e semplicemente lo guardò. Come se lui potesse scongiurare quello che stava per succedere, come se lui potesse entrare in una cabina telefonica e infilarsi un dannato costume blu per sconfiggere i malvagi.
Sapeva cos’era quello sguardo, c’era suo fratello e prima non c’era mai stato, c’era suo fratello e forse lui avrebbe potuto fare qualcosa.
Si alzò in piedi di scatto, i capelli scuri si aggrovigliavano in onde sempre più intricate e gli occhi bruciavano nel viso pallido.
Scostò bruscamente le mani che tenevano Davide e semplicemente rimase fermo. Sapeva cosa sarebbe successo e sapeva che se l’era cercata, vide lo sguardo di suo fratello incupirsi e le risate eccitate degli altri.
Poi cominciò.

“Bene” disse Manuele dopo un po’, “E ora dimmi quello che sei venuto a dirmi davvero” scacciando dalla mente ricordi che minacciavano di nausearlo al punto da perdere il controllo lì, in quel momento.
Davide si strinse nelle spalle guardandosi attorno, quasi temesse che da un momento all’altro qualcuno potesse spuntare fuori ad ucciderlo. Questo diede a Manuele un idea della portata esatta di quello che era venuto a dirgli e di come lo stesse facendo contravvenendo agli ordini di Dom.
“Tuo fratello…” appunto. Manuele si accese una sigaretta, era a disagio ma il suo viso era una maschera immobile, non esternava nessuna emozione, non diceva assolutamente nulla. Sapeva come fare per impedire a chiunque di leggergli dentro.
Davide continuò. “Non è davvero come sembra Manu, non dovrei dirtelo però devi sapere… c’è molto altro dietro quello che ha fatto due anni fa.” Non mostrò davvero quanto quelle parole lo scossero, si limitò ad alzare gli occhi per guardare il cielo di un azzurro troppo sbiadito per via del caldo, e tirò una lunga boccata di fumo, per calmarsi.
“Perché me lo dici se non devi?” replicò, la voce era gelida e acuminata, sembrava fosse la punta di una matita che si spezzava su un foglio troppo bianco.
“Perché lui non te lo dirà mai e non potevo permettere che tu pensassi…” lo interruppe, sapeva che insistendo un po’ avrebbe potuto farsi dire tutto quello che voleva sapere, che aveva voluto sapere all’inizio, solo che non era più così certo di riuscire a sopportarlo.
Troppe cose, stavano succedendo troppe cose, perché proprio adesso?
“Non ti interessa quello che penso o che non penso Dade, non ti deve interessare più” anche l’espressione era dura adesso, granitica, nessuno spiraglio lasciava intuire quello che davvero provava.
Davide scosse la testa, i capelli neri seguirono il suo movimento e lui si trovò a pensare irrazionalmente che quella era una cosa che sperava non cambiasse mai. Il modo che aveva Davide di scuotere la testa quando lui lo esasperava.
A pezzi. Stava andando inesorabilmente a pezzi e Giò lo sapeva, l’aveva sempre saputo, per quello lo aveva pregato di lasciar perdere.
“Noi saremo là Manu, in qualunque momento tu deciderai di intervenire noi saremo là e quella sarà l’ultima occasione per parlargli” il tono di Davide era pacato e calmo però una vena di trepidazione si intuiva lo stesso, sapeva quanto doveva essergli costato venire qui a dirgli questo, col rischio che suo fratello lo scoprisse e gli facesse Dio solo sapeva cosa, sapeva cosa stava rischiando per lui e tutto quello che riusciva a fare era scuotere la testa, alzare una mano come a pregarlo di non aggiungere altro e andarsene.
Le ragioni… era tutto quello che aveva voluto sapere all’inizio e ora si ritrovava ad avere quasi il terrore di saperlo, di sapere cosa in realtà aveva spinto suo fratello ad abbandonarlo in quel modo terribile, cosa lo aveva spinto a farsi odiare in quel modo, perché pensava di averlo intuito e se era davvero così allora era davvero un coglione, lui e suo fratello compreso.
Buon sangue non mente in fondo.
Occhieggiò la scuola, non sapeva quando Gabriele sarebbe uscito, il termine ultimo del tempo concesso scadeva fra mezz’ora e stava già per voltarsi ed andarsene quando lo vide.
Imprecò mentalmente, non avrebbe dovuto perdere tempo a tornare lì davanti, ora lo avrebbe visto in quelle condizioni e non era sicuro di riuscire a mantenere la calma adesso.
“Hei” lo salutò felice Gabriele quando l’ebbe raggiunto, era praticamente madido di sudore, quel tema doveva averlo quasi ucciso.
“Ti si può strizzare” rispose Manuele accendendosi l’ennesima sigaretta, il tono era stato calmo e controllato. Bene.
“Non mi chiedi nemmeno com’è andata?” replicò l’amico guardandolo in modo strano, la mano che teneva la sigaretta tremava impercettibilmente, probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto ma lui era diventato particolarmente ricettivo nei confronti di Manuele ultimamente.
“Sei bravo a scrivere, sicuramente è andata bene” rispose l’amico osservando come i capelli biondi si inanellavano sulla fronte sudata, incantandosi seguendo il movimento della mano che si infilava fra i riccioli e li tirava indietro, liberando la fronte e sventolandosi cercando un po’ di aria.
“Non mi chiedi nemmeno che tema ho fatto?” replicò Gabriele ostinato, cominciando ad avviarsi verso un bar dove avrebbe potuto bere qualcosa per rinfrescarsi.
“Tanto me lo dirai lo stesso” rispose ironico Manuele, la mano aveva smesso di tremare e sembrava più tranquillo adesso, forse aveva fatto bene a rimanere in fondo. Gabriele riusciva sempre a placarlo in un certo senso, bastava che lo toccasse o anche solo lo guardasse ed era come se lo stesse avvolgendo in un bozzolo di calore che gli faceva dimenticare tutto il resto.
“Quello sugli ufo” continuò imperterrito Gabriele, occhieggiava di nascosto Manuele, vedeva come le mani si agitavano irrequiete e come il suo sguardo saettava in giro, quasi come se cercasse qualcuno, era sicuramente successo qualcosa.
“Cosa succede?” domandò diretto come al suo solito e successe una cosa strana, la sua espressione prima così calma e controllata, ora cominciò a contrarsi, le mani si serrarono e la bocca si piegò in una smorfia, gli dava l’impressione che la sua intera persona si stesse disfacendo davanti a lui e che non ce la facesse più a continuare a far finta che andasse tutto bene
“Un amico mi ha portato delle notizie che aspettavo da un po’” rispose Manuele gettando la sigaretta e afferrando nuovamente il pacchetto.
Non ci provò nemmeno a mentirgli, sapeva che avrebbe potuto nascondersi dietro una scusa qualunque, che Gabriele non l’avrebbe capito, ma si era scoperto quasi adesiderare che lui sapesse tutto, a chiedersi cosa avrebbe detto, come avrebbe reagito, a condividere con lui quel pezzo di sé, e questa era una cosa che non gli era mai successa con nessuno.
“E queste notizie sono brutte o inaspettate?” provò ad indagare delicatamente Gabriele, sapeva che un movimento troppo brusco e sarebbe scappato via, chiudendosi in sé stesso e graffiandolo a morte.
“Tutte e due” mormorò Manuele, fece per sfilare una sigaretta dal pacchetto ma la mano calda dell’amico si chiuse sulla sua, impedendoglielo. Il pollice sfiorò leggermente il dorso della mano, in una lenta carezza che gli accese brividi inaspettati lungo il corpo e lo lasciò per un attimo col desiderio irrazionale di venire abbracciato forte, una cosa stupida e infantile. Stava già per togliere la mano quando le dita di Gabriele si strinsero sul suo polso e lo strattonarono per alcuni metri verso una stradina poco frequentata, lo trascinò con sé fino a che non fu sicuro che nessuno li avrebbe disturbati, e anche se qualcuno comunque avesse visto non gli importava poi molto. Manuele era a pezzi, questo lo aveva capito perfino lui, se era così agitato da non rendersi conto di mostrarlo in modo così plateale allora la situazione era grave.
“Cosa fai?” chiese Manuele, la voce divertita non riusciva a nascondere del tutto quello che provava.
Gabriele non rispose, si fermò guardandosi attorno e poi lo appoggiò con le spalle al muro avvicinandosi a lui, la mano ancora non aveva abbandonato il suo polso e lo stringeva forte, le labbra erano a un centimetro dalle sue.
“Ti bacio” rispose soltanto, prima di avventarsi sulla sua bocca quasi con furia e strappargli un gemito sorpreso che soffocò subito con la sua lingua. Era una strana frenesia quella che provava adesso, si ritrovava a baciarlo con foga, intrecciando la lingua con la sua e facendo scorrere la mano libera sulla sua nuca per avvicinarlo ulteriormente a sé. Non aveva realmente riflettuto su quello che tutto questo significava, per adesso sapeva solo che Manuele ne aveva bisogno, che lui ne aveva bisogno, e su quelle labbra avrebbe potuto passarci il resto della sua vita.
Sentì Manuele rispondere al bacio dopo un primo momento di immobilità, gli artigliò la maglietta e lo baciò con una foga così grande da temere di ritrovarsi risucchiato improvvisamente dentro di lui, così per intero. Lo baciava come se fosse l’ultima cosa che gli restava da fare e gli scatenava dentro brividi che scendevano lungo la schiena in scie di fuoco liquido. Premette il bacino contro di lui e sentì Manuele mugolare sulle sue labbra, un mugolio che grondava voglia e impazienza, si stava sciogliendo fra le sue braccia e i movimenti stavano acquisendo una frenesia che sapeva di passione e desideri troppo a lungo nascosti. Stavano per scoppiare, lo sentiva.
Manuele era stato davvero colto di sorpresa dal bacio, inizialmente pensava lo avesse trascinato in quel vicolo per parlare con calma -ma quanto andavano di moda i vicoli ultimamente?- ma quando lo aveva appoggiato al muro e baciato il cervello si era azzerato, tutte le sue sensazioni amplificate a mille. Le labbra di Gabriele, così desiderate e odiate per le paure che recavano con sé, le labbra erano premute alle sue, la sua lingua lo cercava e lo trovava e poi più niente, la cosa essenziale era stata ricordarsi di respirare, perché davvero avrebbe potuto morirci su quelle labbra. Non voleva staccarsi, questa era l’unica cosa chiara, non avrebbe mai voluto separarsi da loro, ne voleva di più, sempre di più. Quando Gabriele premette il bacino contro il suo la sua mente esplose in mille frammenti e non capì più nulla.
La sua pelle, dov’era la sua pelle? Infilò le mani sotto la sua maglia e gli percorse la schiena, graffiandolo, gli morse il mento e il collo e lo sentì appoggiarsi con le braccia al muro, per non crollargli addosso e permettergli di esplorarlo ancora con la bocca, era l’unica cosa che voleva. Le mani si insinuarono sotto i jeans, andarono ad afferrare i glutei a piene mani, stringendoselo addosso il più possibile e avvertendo il gemito di Gabriele alzarsi quasi frustrato adesso, erano in un vicolo, chiunque poteva arrivare, non potevano certo andare più avanti di così.
Ma pensare di fermarsi adesso era pura follia perché Gabriele gli era entrato nelle vene, gli scorreva sottopelle a velocità supersonica, diretto verso il cuore. Quando si sarebbe schiantato contro esso?
Quando insinuò un dito dentro di lui lo sentì trattenere il fiato e abbassare la testa per baciarlo ancora, stavolta fu un bacio umido e aperto, le lingue si cercavano senza il riparo confortante delle bocche. Vennero colte da una frenesia sempre più grande mentre le mani di Gabriele scorrevano su di lui, sul suo petto a stuzzicare i capezzoli e strappargli un mugolio, sul suo addome facendogli trattenere il respiro, finché non gli abbassarono leggermente i pantaloni, strusciandosi così finalmente contro di lui.
“Dio Manu” ansimò Gabriele mentre l’amico infilava un altro dito e gli strappava un singhiozzo simile a un urlo, le mosse lentamente e vedere Gabriele chiudere gli occhi per poi mordersi le labbra per non urlare, fu quanto di più erotico e sensuale avesse mai visto. Le premette più a fondo che riuscì, lo sentì combattuto fra l’istinto di andare incontro alle dita o al suo bacino, ma non gli diede modo di capire davvero quello che stava succedendo. Lo voleva e lo voleva subito, sentì la mano di Gabriele stringersi su di lui e strappargli un gemito, stava impazzendo sotto le sue mani, non capiva più nulla e più l’amico lo baciava e lo toccava, più lui si perdeva, la voglia di entrargli dentro lo stava uccidendo. Più muoveva le dita e lo sentiva andare a fuoco, più aveva il desiderio spasmodico di voltarlo contro il muro e prenderlo fino a farlo supplicare di smettere. Finché trovò quel punto dentro di lui, il punto che lo fece impazzire letteralmente, lo vide spalancare gli occhi stupito, la bocca aperta per aspirare più aria possibile, poi serrò le palpebre e inconsciamente i movimenti su di lui diventarono più veloci, costringendolo a chiudere gli occhi a sua volta.
Con la fronte premuta sulla sua spalla, Gabriele cercava di far riprendere ai suoi polmoni un minimo di funzionalità, il respiro si calmava lentamente e il sudore scendeva in rivoli lungo la schiena, appiccicando la maglietta alla pelle. Non voleva davvero staccarsi ma adesso che era tutto finito il caldo lo stava opprimendo, alzò la testa sfiorando con le labbra il collo di Manuele e sentendolo rabbrividire, gli mordicchiò l’orecchio e si perse giocherellando con una ciocca di capelli che creava un boccolo quasi perfetto.
“Se non la pianti stavolta non mi frenerò perché siamo praticamente in strada” sentì Manuele rivolgersi a lui con la voce ancora spezzata e il respiro affannoso, si erano risistemati i vestiti e puliti ma non volevano davvero decidersi a staccarsi uno dall’altro, avrebbero dovuto rispondere a troppe domande scomode, avrebbero dovuto porsi troppe domande scomode, e non erano davvero sicuri di volerlo.
Si stava bene così.
Gabriele sorrise contro la sua pelle e lo baciò nuovamente, stavolta fu un bacio lento e languido, gli circondò il viso con le mani strofinando gli zigomi col pollice e premendosi nuovamente a lui.
“Dillo che vuoi essere stuprato” borbottò Manuele quando le loro labbra si staccarono e Gabriele si risolse ad allontanarsi dal suo corpo.
“Eh… non propormelo due volte” rispose Gabriele, lanciando un occhiata ai suoi capelli totalmente scarmigliati e alle guance rosso acceso che testimoniavano l’eccitazione non ancora scemata del tutto.
“Dai andiamo a berci qualcosa che ho bisogno di un po’ di alcol”propose Manuele staccandosi dal muro e passandosi le mani sui capelli per sistemarseli un po’ meglio, tirò fuori una sigaretta e l’accese, stava tirando la prima boccata quando le dita di Gabriele gliela portarono via dalle labbra: “Ci vuole una sigaretta ora” soggiunse a mo’ di scusa quando vide lo sguardo irritato che gli rivolse Manuele.
Fumare la stessa sigaretta, non sapeva spiegarsi perché, ma aveva per Manuele un significato forse addirittura più intimo di quello che avevano appena fatto, quasi come se un segreto fosse appena passato da uno all’altro. Prima di arrivare in strada, quando ancora non c’era nessuno che li osservava, Manuele si voltò di scatto verso di lui, lo afferrò per la maglietta e lo tirò verso di sé, rubandogli il respiro in un ultimo bacio intenso, quasi volessero divorarsi a vicenda, quasi non fossero mai davvero sazi uno dell’altro. Fu mentre le loro labbra si staccavano che Gabriele si rese conto che quella era la prima volta che Manuele lo baciava per primo, che si scopriva così apertamente con lui e non lasciava che a prendere l’iniziativa fosse Gabriele. Lo trovò tenero in un certo senso.
“Dai mi sento così gentile da offrirti il pranzo… hai impegni dopo?”chiese Gabriele sorridendo, si sentiva bene accanto a lui, il pensiero degli esami o quello più pregante e doloroso di Eleonora erano lontani, ai margini, quasi che accanto a lui perdessero importanza.
“Mi vuoi proporre qualcosa di sconcio?” chiese Manuele sogghignando, nemmeno troppo per scherzo.
“No, solo una cosa per rinfrescare i miei neuroni fusi… poi da domani mi ributto sui libri” replicò Gabriele, non era male l’idea di qualcosa di sconcio ma l’istinto gli suggeriva che prima di andare davvero fino in fondo era essenziale fare un po’ di chiarezza su quello che provavano e che volevano.
Manuele scrollò le spalle “Se mi offri il pranzo poi sarò tuo per il resto della giornata” e Gabriele ringraziò il fatto che non stava bevendo nulla, altrimenti gli sarebbe andato sicuramente tutto di traverso.
“Potresti evitare di fare riferimenti poco casti alla mia o tua persona e doppi sensi opinabili?” borbottò entrando in un bar e guardandosi attorno per vedere quali tavolini erano liberi.
Quasi gli prese un colpo vedendo Eleonora e Nana sedute vicine che sceglievano cosa mangiare dal menù.
Sentì Manuele irrigidirsi al suo fianco ed ebbe l’impulso assurdo ed irrazionale di uscire dal locale, non perché lui non avesse voglia di vedere Eleonora, ma perché sapeva che era Manuele a non volerla vedere ancora. Stavano a fatica costruendo qualcosa che era simile a un noistentato e un po’ zoppicante, e adesso ritrovarsi davanti la ragazza per cui Gabriele aveva perso la testa per un periodo così lungo della sua vita li destabilizzava entrambi, anche se in modo diverso.
Aveva raccolto i capelli in un nodo sopra la nuca, lasciando che i boccoli sfuggissero da tutte le parti in modo assolutamente studiato, gli occhi azzurri sembravano ancora più grandi sotto lo strato abbondante di kajak e glitter blu che aveva usato per enfatizzarli. Guardandola non poté negare che gli era mancata, con i suoi vestiti stravaganti e i suoi brillantini e mille gloss luccicanti. Li vide e li riconobbe, non esitò un attimo ad alzare la mano e sventolarla allegra per salutarli e poi fargli cenno di sedersi con loro. Lanciò un occhiata a Manuele, l’espressione nuovamente chiusa e criptica come quando era uscito da scuola, e le mani infilate a forza in tasca. Non lasciava trapelare nulla ma ormai aveva imparato a conoscerlo, non era per niente contento.
“Ciao ragazzi!” salutò allegra Eleonora non appena presero posto davanti a loro, “Come è andata la prova Gabri?Non ti ho visto uscire, hai finito prima di me?” lui sorrise tenero, si aspettava qualcosa di più forte rivedendola, quasi di apocalittico, invece si rendeva conto che l’amore era scemato in tenerezza e in un affetto sincero, l’istinto di pretenderla per sé era ancora presente ma soffocato dal pensiero di Manuele che ancora non aveva detto una parola e dalla paura che questo potesse rovinargli la giornata più di quanto non lo era già.
“Sì quando sono uscito scrivevi ancora” rispose Gabriele osservando il vestito stravagante della ragazza, non si era risparmiata nemmeno per l’esame, anzi aveva dato fondo a tutta la sua creatività indossando un vestito blu con le maniche a sbuffo di tulle che si stringeva in un corsetto pieno di stringhe per poi allargarsi in una gonna fatta di veli sovrapposti, corta fin sopra il ginocchio.
“Bene comunque, ho fatto il tema sugli ufo” lei rise felice, gli era mancato il modo che aveva di inarcare la testa indietro per ridere, più era felice più la risata era squillante. “Lo immaginavo! Vediamo se indovini che tema ho fatto io!” e nel dirlo si muoveva sulla sedia come una bambina che cercava di far indovinare alla sua amichetta i regali fantastici che aveva ricevuto per il suo compleanno. Era bello vederla così tranquilla, era bello vedere che il loro rapporto era scivolato nuovamente in binari amichevoli, forse era presto perché questo accadesse in modo totale, però comunque le basi che c’erano non erano andate perdute ed era qualcosa di cui tutte e due erano felici, e si vedeva.
Rispose sicuro: “Quello sul piacere” ed Eleonora annuì e poi sospirò“Penso di essermi seriamente rotta le dita a furia di scrivere, spero che la seconda prova non mi porti via tutte queste energie” Nana portò alla bocca il calice di Spritz Aperol e bevve un lungo sorso. “Ele, chiunque conoscendoti un minimo l’avrebbe indovinato sai?” prendendola in giro amichevolmente per poi richiamare la cameriera alzando un braccio. Nonostante il caldo non aveva rinunciato a vestirsi di nero come suo solito, indossando un paio di pantaloncini corti e una canottiera nera con il cappuccio e la zip.
“Tu invece hai sicuramente fatto il tema sulla musica” disse Gabriele all’indirizzo di Nana, con un sorriso saputo, era da tanto che non parlava così tranquillamente con le ragazze e si stupiva di quanto bene stesse. “Non era difficile indovinarlo” borbottò lei seccata, quando la cameriera si avvicinò, una ragazzina dai capelli castani piuttosto impacciata a dire la verità, Nana nemmeno le lasciò il tempo di parlare, ordinando immediatamente.
“Un sandwich club Vulcano” disse senza nemmeno guardarla, la cameriera scrisse veloce per poi rivolgersi ad Eleonora, la ragazza la guardò con sguardo di scuse per i modi dell’amica e poi ordinò: “Per me un insalata mista, grazie” quando poi la ragazza si rivolse a Manuele chiedendo: “Mangiate anche voi?” Gabriele ebbe l’esatta dimensione dell’irritazione di Manuele, temette per quella povera ragazza non appena notò come l’espressione dell’amico si fosse inacidita. “No siamo qui per fare una rapina e scappare coi soldi” Gabriele alzò gli occhi al cielo e si rivolse alla ragazza che guardava Manuele mortificata e con gli occhi lucidi, doveva essere nuova di lì, scriveva lentamente e prima aveva notato come l’altra cameriera le stesse spiegando le dosi esatte per fare lo Spritz Aperol.
“Ignoralo… è geloso perché prima l‘hai ignorato, non sembra ma è molto egocentrico” la ragazza gli rivolse uno sguardo grato per poi fare una piccola risatina e dire: “Vi lascio un po’ di tempo per scegliere?” ma Gabriele scosse la testa, voleva mettere in salvo quella povera ragazza prima possibile quindi ordinò la prima che gli venne in mente. “Portaci due toast farciti grazie” Al tavolo era sceso il silenzio, Gabriele si azzardò a voltare la testa verso l’amico e lo trovò con lo sguardo rivolto ostinatamente verso la vetrina. Eleonora tentò di rompere l’imbarazzante silenzio che era sceso ma non fu l’idea migliore che le fosse venuta nell’ultima settimana.
“E tu come stai Gabri?” e il sottinteso era chiaro a tutti, fu chiaro perfino a lui, stava per rispondere quando sentì la sedia spostarsi e vide Manuele alzarsi “Vado a fumare” disse atono prima di avviarsi verso l’uscita.
Gabriele scosse la testa dispiaciuto, non voleva far torto a nessuno dei due e se Eleonora fosse stata al corrente degli ultimi sviluppi fra loro sarebbe stata la prima a tentare di sviare il discorso, ma purtroppo non le aveva raccontato assolutamente nulla.
“Vai dai, dopo però mi racconti tutto” disse la ragazza guardandolo con aria finta-minacciosa.
Borbottò un ringraziamento alzandosi dalla sedia e uscendo, si guardò attorno per cercarlo e lo trovò seduto sui gradini di un palazzo, osservava i passanti con occhio critico.
Lo raggiunse sedendosi vicino a lui e sfiorandogli la gamba con la sua. Manuele non lo guardò neppure, non sembrò avere reazioni particolari.
“Manu mi spiace, non sapevo fosse qui, davvero, non l’ho fatto apposta”se ne rese conto mentre lo disse che poteva davvero sembrare che lui avesse organizzato tutto, ma contava sul fatto che Manuele lo conosceva, sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa simile.
“Lo so” rispose infatti, ma non si voltò ancora a guardarlo, portandosi la sigaretta alla bocca.
“Ma sei arrabbiato lo stesso” sussurrò Gabriele mordendosi un labbro, si sentiva davvero uno stupido perché aveva capito subito che per Manuele quella era un brutta giornata, che doveva essere successo qualcosa di brutto e sapeva anche che non era colpa sua se avevano incontrato Eleonora, ma forse avrebbe potuto salutarla e basta, evitando di sedersi al suo tavolino ed evitando di ordinare lì da mangiare.
Si rese conto di aver fatto tante piccole cose per dare l’idea a Manuele che fosse ancora innamorato di lei, senza nemmeno pensarci.
Lui rimase ancora in silenzio, lo sguardo immobile sui passanti davanti a sé, Gabriele non pensò davvero a quello che stava per fare, sapeva solo che si era comportato da stupido e che Manuele stava male e lui non aveva fatto nulla per aiutarlo, a meno che sbatterlo al muro e fargli una sega potesse essere considerato un aiuto.
Quindi alzò la mano verso il suo viso e lo voltò verso di sé, costringendolo a guardarlo e lasciando la mano posata sulla guancia anche quando gli occhi del ragazzo furono puntati su di lui. Occhi freddi e lontani, odiava vederlo così nei suoi confronti.
“Scusa” disse, e lo disse perché lo pensava davvero, questo Manuele lo sapeva. “Mi sono seduto lì perché mi ha fatto piacere rivederla ma è davvero solo un amica adesso” vide il sopraciglio dell’amico scattare verso l’alto e la risata un po’ amara riempire l’aria: “Ma certo, in appena due settimane, ma che veloce” l’ironia tagliente, la mano scattò a liberarsi di quella di Gabriele.
“Non è questione di velocità, è un amica perché ora come ora non riesco a fare a meno di pensare a te” e ora che lo aveva detto sentiva bruciante dentro di sé la consapevolezza che il gesto che aveva fatto Manuele per allontanarlo gli aveva fatto male, lo aveva ferito in un posto così profondo da dargli l’esatta idea della diversità dei sentimenti che provava per lui rispetto a quelli che aveva provato per Eleonora. Era una cosa più profonda, più totalizzante, più bruciante ed intensa.
“E non so per te, ma per me non è certo una cosa facile, sai io ero davvero convinto di amare Eleonora, ero davvero convinto che nel mio futuro ci fosse quantomeno una donna, sicuramente non un uomo, e sto imparando a conviverci, non è una cosa molto facile. E ora mi ritrovo a pensare a te, solo a te, è leggermente destabilizzante.” la voce quasi dura ora, sapeva che non aveva fatto nulla per spingerlo a dirgli quelle cose, ma già per il fatto che in un certo senso lo aveva obbligato a provarle sentiva una sorta di sorda rabbia scuotergli il petto. “Per cui non venirmi a dire che sono stato veloce cazzo, e non dirmi che non era quello che volevi dall’inizio, tu e le tue dannate macchinazioni…”Manuele non gli diede tempo di finire la frase, gli prese il volto fra le mani e annuì piano: “Ok” disse solo, guardandolo con una tenerezza tale da ammutolirlo davvero.
“Scusami, sono stato uno stupido, ma ho avuto davvero una giornata del cazzo”continuò poi, non voleva davvero ferirlo in quel modo ma alla fine era quello che aveva fatto e ora vederlo così, vedere come stava cercando di respirare ad ampie boccate per calmarsi, gli faceva male nell’esatta proporzione di quanto ne faceva a lui.
“Dai, basta” sussurrò avvicinando la testa dell’amico al suo petto e stringendolo forte, non gli importava molto del fatto che fossero in mezzo alla strada e che i passanti li guardavano straniti, non gli erano mai importate queste cose.
Le mani si infilarono in mezzo ai riccioli biondi e man mano che le carezze proseguivano sentiva l’amico rilassarsi sotto il suo tocco, respirare più lentamente e strofinare leggermente la guancia contro il suo petto.
“Non vuoi dirmi nulla di quello che ti sta succedendo?” mormorò Gabriele, senza staccarsi dal suo abbraccio, sentire le braccia di Manuele avvolgerlo lo faceva stare bene a livelli quasi illegali.
“Non so cosa potrei riuscire a dirti… era tutto chiarissimo fino a ieri, poi qualcosa ha scombinato del tutto la mia idea sui fatti e ora non so che pensare” non aveva capito molto Gabriele, anzi diciamo che non aveva capito nulla se non che era confuso, questo era riuscito ad estrapolarlo.
“E non c’è niente che potrebbe chiarirti le idee?” tentò di rispondere, staccandosi dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi, vide Manuele sospirare e guardarsi attorno, c’era troppa gente in giro, altrimenti era certo che lo avrebbe baciato e forse stavolta non si sarebbero fermati.
“Si, parlare con una persona… ma è una persona che non voglio rivedere, voglio chiuderla nel mio passato senza dargli possibilità di uscirne, voglio dimenticare” Gabriele aggrottò le sopracciglia posando le mani sulle sue ginocchia, era stupido ma sentiva la necessità di avere un minimo di contatto con lui, lo faceva sentire bene.
“Boh io sono dell’opinione che per lasciarsi le cose alle spalle prima devi averle sviscerate, comprese e ammortizzate, altrimenti sa troppo di fuga,per vivere davvero tranquillo. Prima o poi tornerai a chiederti cosa davvero sarebbe stato giusto fare e rimpiangerai l’attimo che hai avuto per chiarire tutto”
Manuele annuì appena, le aveva pensate anche lui tutte queste cose, e sentirle dire da Gabriele che pur non conosceva la situazione, era solo una conferma. Per Giò avrebbe dovuto andare avanti fregandosene di tutto e lasciandosi alle spalle suo fratello, ma quando gli sarebbe giunta notizia di una sparatoria in cui suo fratello aveva avuto la peggio, era preparato al fatto di non sapere davvero cos’era successo quella volta?
Era preparato a dimenticarsi di avere un fratello?
Non si tornava indietro, questa era l’ultima possibilità.
“Fa male però” sussurrò, era una cosa che non aveva mai ammesso con nessuno, nemmeno con Giò perché con lui era superfluo, però dirlo ad alta voce era un’altra cosa, dirlo ad alta voce significava ammettere che per lui Gabriele era più importante di quello che credeva.
“Allora vuol dire che non hai dimenticato nulla e che potrai davvero farlo solo quando avrai espulso sul serio tutto il veleno che ti porti dentro” la voce morbida e le mani che stringevano appena le sue ginocchia. Vide Eleonora fargli cenno dalla porta del bar, probabilmente i toast erano arrivati da un po’ e si stavano raffreddando. Le annuì per poi tornare a guardare Manuele e finire. “E poi ricordati che non sei solo… ricordi?Ci sono io” Manuele sorrise, sì, ricordava, la prima volta che Gabriele gli si era rivolto in quel modo, facendogli contorcere lo stomaco da una sensazione che quella volta non aveva davvero capito.
“E ora ci conviene entrare perché mi sa che quelle due stanno spiando dalla vetrina del bar tutte le nostre mosse” concluse l’amico alzandosi in piedi seguito da Manuele.
Era vero, quella volta c’era solo Giò con lui ad aiutarlo ad affrontare tutto, questa volta c’era anche Gabriele.