CAPITOLO NONO
I’ll never let you go
If you promise not to fade away
Never fade away...
(non ti lascerò più scappare
se mi prometti di non scomparire
non scomparire mai…)
-Muse-
La
mattina dopo il sole li salutò mentre erano ancora saporitamente
addormentati. Gabriele era completamente steso di traverso sul letto e
aveva gettato un braccio attorno alla vita di Manuele, che era
rannicchiato in una piccola parte del letto e stava lottando
freneticamente per non cadere giù. E fortuna che Gabriele aveva un
letto a una piazza e mezza, altrimenti si sarebbe ritrovato sicuramente
a dormire sul pavimento.
Sbadigliò
cercando di torcere il collo per guardare che ore fossero, arrendendosi
all’evidente e impellente necessità di andare in bagno. Si districò dal
braccio di Gabriele che sembrava più una tenaglia, alzandosi in piedi.
Ieri sera non ci aveva fatto caso ma quella camera era quantomeno
strana, c’erano appesi poster su paesaggi fantasy che aveva
evidentemente disegnato lui, ed erano tutti paesaggi cui il colore
predominante era l’arancione, tramonti, città sulle nuvole e draghi di
fiamme che emergevano da vulcani. Si perse un attimo a contemplare
l’uso dei colori e il miscuglio di tecniche usate per ottenere
l’effetto desiderato. Nel vedere come tutti i dettagli fossero curati
in maniera quasi maniacale, sorrise. Lo poteva immaginare seduto alla
scrivania a impazzire dietro un dettaglio che avrebbe notato solo lui
alla fine. Non si poteva definire un tipo ordinato e preciso, Gabriele,
però sul disegno era ossessivo. Si infilò i pantaloni di Gabriele, i
suoi erano finiti chissà dove e anche se li avesse trovati infilarsi
adesso in quei cosi aderenti come una seconda pelle non era decisamente
la sua idea di comodità alle sette del mattino.
Gli stavano un po’ larghi e aveva dovuto praticare un risvolto alle gambe, però erano sicuramente più comodi di quelli di Giò.
Uscì
con cautela dalla camera e per prima cosa si diresse in bagno, fu
tentato di tornare nel letto ma la cucina lo tentò irrimediabilmente,
forse c’era una moka in mezzo al casino che vi regnava, e se avesse
cercato bene forse avrebbe trovato anche il caffè.
Armato
di santa pazienza e speranza si mise a cercare quando la porta di casa
che si apriva lo gelò sul posto, cercò di capire chi fosse che
rientrava a quest’ora del mattino, non aveva fratelli Gabriele, quando
si ricordò che sua madre faceva l’infermiera e aveva il turno di notte,
stava sicuramente rientrando. Osservò la caffettiera ormai sul gas e
sospirò, era tardi per una ritirata strategica in camera di Gabriele,
ormai doveva stare lì, inventare una scusa credibile e sperare che
l’amante non l’ammazzasse dopo.
“Ciao” trillò allegra sua madre entrando in cucina e avvicinandosi a lui per posargli un bacio sulla guancia.
L’aveva
vista poche volte ma era esattamente come la ricordava, i capelli ricci
di un caldo color castano e il viso spruzzato di lentiggini, la
facevano assomigliare a una ragazzina quasi. Gli occhi erano verdi come
quelli del figlio, talmente uguali che si perse a osservarli notando
appena i fianchi rotondi e il fisico un po’ tozzo.
Aveva un visetto che incantava chiunque, a dispetto del fisico.
“Manuele
vero?Gabriele mi ha parlato tanto di te, vedo che finalmente è riuscito
a combinare qualcosa” disse, posando la borsa sul tavolo e ridendo
dell’espressione sconvolta che era apparso sul viso di Manuele. Si era
già preparato a tempo di record una scusa assolutamente credibile per
giustificare la sua presenza lì, ma evidentemente la donna aveva già
capito ogni cosa.
“Eh”
esalò il ragazzo, non sapendo assolutamente come comportarsi, l’idea
che lui avesse raccontato tutto a sua madre era semplicemente assurda,
Giò aveva un ottimo rapporto con i suoi ma sicuramente non aveva detto
loro nulla di Matt, né lui aveva mai parlato di ragazzi o ragazze con i
suoi.
“Oh
tranquillo, non ti pugnalerò la schiena appena ti volti” rise lei, era
una persona allegra e solare, in più proveniva da una notte passata a
lavorare eppure era ancora piena di energia, sicuramente era una donna
fuori dal comune.
“Bene,
allora posso bere il caffè con calma senza paura di attentati alla mia
persona?” chiese notevolmente più rilassato e tranquillo.
Osservando
sua madre con attenzione e risalendo al tipo di rapporto che doveva
avere con il figlio, riusciva a capire come mai Gabriele fosse una
persona così equilibrata e serena. Nonostante la brutta avventura col
padre evidentemente lei era riuscita a creare col figlio un intesa del
tutto particolare.
Lo doveva essere per forza, se Gabriele le raccontava tutto di sé.
“Ma
si, figurati! Anzi danne una tazza anche a me che poi vado a dormire”
rispose lei sedendosi su una sedia miracolosamente sgombra.
Manuele annuì e cominciò ad armeggiare con le tazzine finché non ne riuscì a posare due sul tavolo, sedendosi al suo fianco.
“Quindi
fammi capire. Adesso dovrò abituarmi a scene del genere quando rientro
dalla notte?” Manuele sorrise, era un modo nemmeno tanto sottile per
sapere se adesso stavano assieme o era stata una cosa passeggera. In
più doveva essere un modo per capire se doveva prepararsi a consolare
il figlio o gioire con lui.
Sicuramente era una persona diretta e a Manuele parve di capire da chi avesse preso il figlio.
“Penso
che dovrà abituarsi, sì” e l’espressione che aveva il suo viso doveva
essere particolarmente intensa e dolce, perché sua madre sorrise tenera
e finì il suo caffè, per poi alzarsi dalla sedia e posare le tazzine
sul lavello.
“Oh
beh, allora suppongo di doverti avvertire riguardo la schizofrenia di
mio figlio. E’ un tipo dolce e tranquillo, ma quando si arrabbia
diventa isterico e violento, casinista riguardo a tutto ma quando
disegna diventa pignolo da morire…” si capiva che avrebbe potuto
continuare all’infinito se la voce cupa di Gabriele non l’avesse
interrotta.
“Mamma!” esclamò minaccioso, avvicinandosi a Manuele e posandogli tranquillamente una mano sulla spalla, stringendo un po’.
Era il suo buongiorno.
Sua
madre rise alzando le mani e indietreggiando verso la porta: “Ok, ok me
ne vado a dormire!” disse, rassicurando notevolmente i ragazzi e
sparendo dalla stanza con una risata argentina.
Gabriele
scosse la testa e si abbassò per baciare il compagno, il braccio
scivolò attorno alle sue spalle e i denti mordicchiarono leggermente il
labbro inferiore, tirando un po’ per poi leccarlo e insinuarsi
all’interno, godendosi il sospiro deliziato che emise Manuele e
sedendosi a cavalcioni su di lui. Era estremamente più comodo baciarlo
in quel modo.
“Tua
madre è fuori come un balcone” commentò Manuele sulle sue labbra,
mentre artigliava i glutei a piene mani e lo avvicinava a sé, per
sentirlo ancora meglio.
“Capito
da chi ho preso?” rispose lui, muovendosi sul suo corpo languidamente,
stuzzicandolo fino all’inverosimile per poi abbassarsi a baciargli il
collo.
“Comunque
avresti potuto…” si interrupe per lasciar andare un sospiro più forte
degli altri, adorava quando Gabriele gli succhiava il collo in questo
modo, era capace di mandargli brividi fino alla punta dei piedi,
“…evitare di entrare indossando solo i boxer” concluse, per poi
infilare una mano in mezzo ai riccioli del compagno spingendo la testa
verso di sé, precisando: “I miei poi” sentì la risata di Gabriele direttamente sul suo collo e trattenne a stento un gemito.
“Tu
hai preso i miei pantaloni, mi sembrava giusto” replicò Gabriele per
poi scivolare lungo la clavicola e scendere ancora, tormentando un
capezzolo mentre le mani erano occupate a slacciargli i pantaloni, con
una lentezza tale da far impazzire Manuele che ormai mordeva il braccio
per non gemere troppo forte, la testa completamente inarcata indietro e
il corpo teso verso quello di lui, per cercare un po’ di sollievo alla
sua erezione decisamente dolorosa ora.
Quando
sentì Gabriele scivolare sul pavimento alzò di scatto la testa,
sbarrando gli occhi: “Cosa stai facendo?” non credeva davvero che
Gabriele avrebbe fatto una cosa del genere, non subito per lo meno.
Invece
la sua testa ora era praticamente sopra il suo inguine, “Devo
rispondere?” sussurrò Gabriele prima di tirare fuori la lingua per
lambirlo appena, sentendo il gemito di Manuele che colto di sorpresa
non era riuscito a soffocare.
“Cazzo,
Gabri…” un bisbiglio spezzato che divenne singhiozzo quando il compagno
si decise a prenderlo in bocca completamente, per succhiare prima la
punta e poi accoglierlo quanto più in profondità riusciva.
Gemette
e cercò con tutto se stesso di trattenere l’urlo che cercava di uscire
quando un dito di Gabriele si fece strada dentro di lui, quello era
decisamente troppo. Bocca e dita assieme. Gabriele stava sopperendo
l’inesperienza con una dose di fantasia decisamente apprezzabile.
Insinuò un altro dito e le mosse mentre apriva di più la bocca,
cercando di rilassare la gola per accoglierlo ancora più in profondità.
Se continuava in questo modo Manuele aveva seriamente paura di perdere
la ragione, le dita si muovevano sempre più velocemente e in
profondità, sembrava lo stesse scopando tanto violenti erano i colpi
che gli dava. Singhiozzò, un singhiozzo che grondava estasi e follia,
lo stava uccidendo con quella dannata bocca e quelle maledette dita.
Fu
quando si spinse in modo particolarmente violento in lui e
contemporaneamente aumentò la velocità con cui andava su e giù che
Manuele si abbassò a guardarlo. E quello fu il colpo di grazia, perché
vedere l’amante su di lui, le guance che si incavavano nella suzione e
le dita che sparivano dentro di lui, lo fece letteralmente uscire di
testa.
Con
uno strattone allontanò la testa di Gabriele e venne con un gemito
prolungato che solo per puro miracolo non si tramutò in un urlo.
Quando aprì gli occhi per guardarlo scoprì che l’orgasmo appena avuto non lo aveva soddisfatto per niente.
Il
viso leggermente sporco che Gabriele stava pulendo con le dita, la
bocca rossa e umida, il torace che si alzava affannato, era una visione
capace di risvegliare i morti.
Si alzò di scatto, afferrandolo per un braccio e sbattendolo a pancia in giù sul tavolo.
“Sai
che questo è stato scorretto, vero?” sibilò mentre gli baciava la nuca,
premendosi contro il suo corpo e facendogli sentire la sua erezione che
si stava lentamente risvegliando.
Gabriele
per risposta lasciò andare un lungo gemito e spinse il sedere verso di
lui, strofinandolo contro il suo inguine e facendolo letteralmente
andare a fuoco.
“Bene,
ora subisci le conseguenze delle tue azioni” concluse, mentre con una
mano gli tirava giù velocemente i boxer e si abbassava per leccargli la
colonna vertebrale, tenendolo fermo con le mani e scendendo per
arrivare alla sua apertura.
Ebbe
appena il tempo di sentire uno stupito Gabriele esclamare: “No, ma che
cazzo fai?” prima di infilare la lingua all’interno e godere dell’ urlo
appena trattenuto che lanciò Gabriele, si dedicò con dedizione a
prepararlo con la lingua, separando i glutei con le mani, sentiva
l’amante andargli incontro e singhiozzare per il desiderio di averlo
dentro, subito ora immediatamente.
“Dio Manu…” sibilò Gabriele, mentre la lingua continuava a torcersi dentro di lui, spingendosi quanto più in profondità poteva.
“Cosa?” chiese, staccandosi un attimo da lui per poi mordere leggermente la carne morbida del gluteo.
“Dai
Cristo!” fu l’esclamazione grondante impazienza e voglia, Manuele
sorrise, sussurrando: “Dimmelo” per poi tornare a torturalo, facendo
scivolare una mano davanti e cominciando ad accarezzarlo anche lì, i
gemiti di Gabriele si alzavano soffocati dalla mano che si era premuto
sulla bocca, e non appena sentì la voce spezzata e ansimante
rispondere: “Prendimi cazzo!” non ce la fece più nemmeno lui, scoparlo
con la lingua era estremamente soddisfacente ma non quanto lo era farlo
sul serio.
Si
alzò entrando in lui con un colpo secco e deciso, spingendosi dentro
così violentemente da sentire il respiro che trattenne Gabriele per non
lamentarsi. Si bloccò, dando modo al compagno di abituarsi a lui e per
un attimo si perse a contemplare con un sentimento che somigliava
all’adorazione la schiena bianca che si inarcava, la lunga distesa
della sua pelle morbida che pareva implorare la sua lingua e le sue
mani, la sua nuca scoperta dai capelli biondi che lui stesso aveva
scostato; sentiva il respiro affannato e poteva immaginarlo con le
labbra socchiuse a cercare di aspirare quanta più aria possibile per
calmarsi e rilassarsi. Quando ricominciò a muoversi andandogli incontro
capì che poteva lasciar andare anche lui ogni remora, ricominciò a
muoversi sempre più piacevolmente violento, sembrava volesse scavarsi
un posto dentro di lui, un posto in cui stare per sempre, e questo fece
perdere del tutto la ragione a Gabriele. Il piacere era troppo grande,
nemmeno ricordava di essere piegato sopra il tavolo della cucina, in
una posizione totalmente scomoda e leggermente oscena, aveva impresso
nella mente solo il viso dell’amante quando era venuto la sera prima, e
immaginava che adesso doveva avere un espressione molto più sconvolta
ed eccitante.
Quando
venne si morse forte la mano, l’impulso era quello di urlare perché era
impossibile trattenere il piacere devastante che gli era esploso
dentro, e anche solo cercare di farlo era follia.
Rimase
lì, col peso del compagno addosso, per un tempo indefinito, cercando di
calmare il respiro e lamentandosi sommessamente quando si sfilò da lui,
per poi essere blandito da un bacio sulla nuca e dalle mani che
sfioravano le spalle e la schiena, in una lenta carezza che scivolava
nel languore.
Solo
quando Manuele si allontanò per permettergli di voltarsi, Gabriele si
alzò dal tavolo per sistemarsi i boxer e assumere una posizione più
consona. Si appoggiò al tavolo attirando a sé Manuele e abbracciandolo
stretto.
Lui
amava il contatto fisico, di questo Manuele era sempre stato
consapevole, e ora si ritrovava a scoprire con piacere che anche se lui
era un uomo non aveva cambiato il suo modo di essere per compiacerlo.
Anche durante la notte passata, poco prima di addormentarsi, Gabriele
aveva allungato un braccio e aveva guidato la sua testa sul suo petto,
chiudendo gli occhi e posando lievi baci sui capelli. Una tenerezza a
cui Manuele non era certo abituato, come non era abituato a passare la
notte assieme a qualcuno dopo averci scopato d’altronde, ma che però
era stato in grado di sorprenderlo e commuoverlo assieme. Era bello
sentire come l’amico sembrava avvolgere ogni lato della sua persona con
una coperta calda che riscaldava l’anima e costringeva a fermarsi un
attimo dagli affanni della vita quotidiana per godersi semplicemente
quell’attimo di straordinaria quiete. Così adesso, quando Gabriele
l’abbracciò senza un particolare motivo e prese ad accarezzargli
pigramente la schiena, Manuele si scoprì ad avere paura, perché sentiva
che abituarsi a tutto questo sarebbe stato fin troppo facile. Sentiva
che avrebbe potuto dipendere dal modo in cui Gabriele inclinava la
testa per guardarlo, o dalle sue mani che lo cercavano sempre e lo
accarezzavano anche senza motivo, solamente perché passava dietro di
lui e la sua testa era nella direzione della sua mano.
Gesti
spontanei che avevano già abbattuto le sue difese principali e ora si
preparavano a spazzare via ogni residuo di velleità rimasta.
“Sei
consapevole di stare creando un mostro vero?” sussurrò, le labbra
premute sulla sua pelle, sentì la risata di Gabriele vibrare nel petto
e sorrise a sua volta.
“Ti sto viziando troppo?” rispose il ragazzo senza smettere di stringerlo.
“Il
problema è che in questo modo pretenderò sempre di più e arriverà il
giorno in cui ogni tuo minuto sarà dedicato a trovare sempre nuovi modi
per darmi piacere”
La risata di Gabriele stavolta esplose potente, bloccata dalle labbra di Manuele che sussurrò un: “Shhh!Svegli tua madre!”
Il
ragazzo scosse la testa, il corpo ancora scosso dagli ultimi singulti
di ilarità, e rispose: “Oh beh, non penso che come prospettiva di
lavoro futura sia poi così da buttare”, per poi perdersi a stringerlo e
basta, senza più parlare.
Amava
il modo in cui Manuele si lasciava abbracciare e toccare da lui, senza
dubbi né remore, come se solo a lui fosse concesso di toccarlo e fare
ciò che più desiderava col suo corpo senza avere limiti o impedimenti,
con un abbandono che sapeva di bisogno e fiducia incondizionata. Sapeva
che era estremamente difficile che Manuele si fidasse di qualcuno,
forse solo Giò poteva fregiarsi di avere la fiducia dell’amico, e
vedere come invece fosse riuscito a entrare così a fondo in lui, tanto
da poter vedere concretamente quanto il ragazzo gli avesse concesso di
sé, era una cosa capace di spazzare via ogni dubbio potesse avere
ancora su loro due.
Mentre
osservava Manuele lasciarsi stringere e chiudere gli occhi per
assaporare meglio il contatto, pensò di essere riuscito finalmente a
vincere una buona parte delle sue difese.
“Non
è che adesso mi vedo capitare qui i tuoi preoccupati a morte, vero?”
chiese Gabriele improvvisamente, muovendo una spalla per spingerlo ad
alzare la testa e guardarlo. Il compagno gli lanciò un occhiata ironica
e lo tranquillizzò: “Ho mandato un sms mentre davi da mangiare alla
gatta” lo rassicurò, ricevendo in cambio un occhiata stupita.
“Ma
come facevi a sapere che…” non riuscì a finire la frase che il
cellulare squillò da un punto imprecisato della camera da letto ed ebbe
solo il tempo di sentire Manuele imprecare, prima che quest’ultimo si
scostasse da lui in fretta e andasse a rispondere.
Quando
tornò in cucina con il cellulare all’orecchio, non poté fare a meno di
ridere vedendo l’espressione esasperata di Manuele e gli occhi levati
al cielo.
“Si
Giò, ho sentito non urlare…” si interruppe allontanando il cellulare
dall’orecchio e rassegnandosi con pazienza ad aspettare la fine delle
invettive dell’amico.
“Me
lo ricordo, ho solo avuto un… contrattempo. Piuttosto piacevole anche”
rispose Manuele all’evidente accusa dell’amico, lanciandogli un
occhiata amicante e preparandosi alle urla dell’amico.
“Dai, dammi venti minuti e arrivo… no che non perdiamo la corriera, calmati.”
Si
interruppe un attimo per poi assumere un espressione seccata e
ribattere: “No, non gli chiedo un bel niente, piantala con questa
storia”
Borbottò
qualcosa che sarebbe dovuto essere una specie di saluto e poi chiuse la
telefonata. Sospirò e si voltò verso Gabriele: “Devo andare” disse, con
una chiara supplica negli occhi. Gabriele si sorprese quando si ritrovò
a interpretarla fin troppo chiaramente, ma d’altronde era impossibile
fraintenderla: Manuele lo stava pregando, in silenzio, di non chiedere
nulla così non avrebbe dovuto mentirgli. Gli salì in gola un retrogusto
amaro che non pensava davvero di provare così presto, anche se avrebbe
dovuto metterlo in conto. Manuele era così, pregi e difetti, prendere
tutto il pacchetto o lasciar perdere. E lui aveva deciso di prendere,
quindi ora gli sorrise rassicurante e annuì: “Va bene” disse solo, per
poi aggiungere: “Sicuro che non vuoi un passaggio?Sai che non c’è
problema, a mia madre non serve la macchina stamattina” detto per puro
scrupolo, infatti Manuele scosse la testa in segno di diniego,
dirigendosi verso la camera per poi fermarsi sulla soglia, con le mani
sui fianchi mentre scrutava l’interno.
“Gabri…
hai tu i miei boxer, ne sei consapevole?” Gabriele rise piano, entrò in
camera e si mise a cercare qualcosa in un cassetto, porgendogli poi un
paio di slip puliti: “Ecco metti questi” disse.
Manuele
inarcò un sopracciglio: “Se è un modo subdolo per dirmi che devo
tornare qui al più presto, avresti potuto usare un metodo più piacevole
sai?” Gabriele rise, scuotendo la testa e lasciando che la luce del
sole si rifrangesse sui suoi capelli, accendendo mille riflessi dorati,
poi rispose: “Spero di non aver bisogno di mezzi subdoli per questo” il
compagno si chinò per sfilare i pantaloni, consapevole dello sguardo
bruciante che Gabriele gli stava riservando e ancora più consapevole
della sensazione di calore che si stava sprigionando nel suo petto, e
non solo a causa del suo sguardo.
“No”
rispose: “Non ne hai bisogno” detto con un tono soffuso e morbido che
avvolse Gabriele come una coperta di morbido cashmere.
“Allora,
che hai da raccontare?” Giò si accomodò sul sedile della corriera che
li avrebbe portati nel quartiere di Tommaso, per la seconda parte del
loro piano. Manuele gli lanciò un occhiata di traverso e poi sorrise,
malizioso: “Non vuoi davvero sapere tutti i dettagli vero?” l’amico
alzò gli occhi al cielo coprendosi poi il viso con una mano: “No,
grazie, quelli risparmiameli” l’altro ghignò prima di replicare:
“Peccato perché Gabriele ha un…” non riuscì a finire la frase, scoppiò
a ridere davanti all’espressione di Giò che si coprì le orecchie con le
mani e sospirò: “Ti prego Manu, non voglio sapere niente sulle
dimensioni di Gabri, al limite puoi raccontarle a Ele, così magari si
rende conto di quello che ha perso” vide l’amico assottigliare gli
occhi in due fessure omicide e ridacchiò, sfoggiando poi un espressione
del tutto angelica: “Te lo sei meritato!” replicò Giò, rispondendo al
mugugno che Manuele emetteva.
“Comunque
penso si possa dire che ora stiamo assieme. Si più o meno. Suppongo.
Non so, non ne abbiamo parlato molto a dire il vero” Giò alzò gli occhi
al cielo per l’ennesima volta, Manuele sapeva essere estremamente
idiota quando ci si metteva.
“Piantala o ti escono dalle orbite” borbottò il suddetto indicandogli gli occhi, ancora levati in alto.
“Ma
tu… oh non ho parole! Se tu avessi avuto a che fare con un’altra
persona ti avrebbe già mandato a ‘fanculo sai?” commentò Giò,
occhieggiando la strada e preparandosi a scendere dalla corriera.
“Potrei dirti la stessa cosa” sibilò Manuele, alzandosi a sua volta.
“L’importante
è arrivarci in un modo o nell’altro” rispose Giò alzando le spalle e
dirigendosi verso il quartiere dove viveva Tommaso, il piano era
semplice ma efficace. Attaccare su ogni superficie liscia e non
necessariamente piana, le foto scattate la sera prima, dove Tommaso
faceva un lavoretto di bocca a uno sconosciuto chiaramente uomo, e poi
veniva ricambiato godendone indecentemente. Chiaramente non dovevano
farsi vedere da nessuno, per quello avevano scelto di prendere la prima
corriera alle otto del mattino, quando ancora quasi tutti dormivano o
erano già al lavoro.
Giò
porse un fascio di fogli a Manuele e con un sorrisetto disse: “Beh devo
dire che una certa parte di te è davvero fotogenica” Manuele sospirò,
prendendo il fascio di fogli e cominciando ad attaccarli sui muri,
mentre Giò faceva attenzione che nessuno passasse di lì e li notasse.
“Ma perché non me ne sono stato da Gabriele? Sarebbe stato enormemente
più gratificante” l’amico si lasciò scappare un ghigno e rispose:
“Aspetta di vedere la faccia che farà Tommaso vedendo queste…” disse,
sventolando un fascio di fogli ancora da attaccare: “E poi vedrai se
non è gratificante” solo il sorriso glaciale di Manuele gli rispose. La
pensavano allo stesso modo.