NOTE: Allora, un due precisazioni che è bene leggere prima della storia, così posso dire di avervi avvertito XD: io ho visto solo i primi due film di Terminator, non gli ultimi due usciti, per questo non ho usato praticamente nessun personaggio dei film. Protagonista è un personaggio originale che fa parte della resistenza, attraverso i suoi pensieri e alcune scene finali, compare anche John Connor (Il capo della resistenza) e non avendo visto io i film di cui lui era protagonista, non posso sapere se è OOC o no, spero di non essere andata troppo fuori carattere comunque. Prometto che li vedrò e che farò un seguito, perché l’argomento e i personaggi creati mi ispirano molto XD. Ho scelto questo fandom per l’ambientazione soprattutto, per quello che avevo in mente io era perfetta e creare un mondo da zero con le stesse caratteristiche mi pareva francamente inutile, quando invece c’è già questo che è perfetto.
In ogni caso mi sono documentata su Wiki e quello che ho scritto non dovrebbe essere troppo campato per aria XD.
Questa fic partecipa al concorso indetto da Akane sul forum, “Stranamore” col promt: amore per i propri ideali.
Attualmente non so in che posizione mi classificherò, ma ho il permesso per postarla!

VERRÀ LA MORTE E AVRÀ I TUOI OCCHI

Era la mia integrità che mi importava. È così egoistico? È a buon mercato, però è tutto ciò che ci resta. È l'ultimo centimetro di noi che ci resta... ma in quel centimetro siamo liberi.
-V for Vendetta-


Il mondo va a fuoco, ecco cosa sta succedendo. Guardo fuori dalla cella dove mi hanno relegato, in attesa di interrogarmi, e non riesco a non pensare che le fiamme che divampano in cielo sono la cosa più fottutamente viva che sia sopravvissuta su questa terra. Nient’altro è rimasto, a parte un manipolo di persone che ancora combatte, ancora resistono, e di cui io faccio parte. Facevo parte. Non sono così ingenuo da pensare che, dopo l’interrogatorio che mi aspetta, sarò ancora vivo.
Il parlare o il non parlare, infine, non ha nessuna importanza: morirò comunque e ne sono consapevole.
So cosa vogliono, so come farglielo avere e so anche che non lo farò.
Rabbrividisco, distogliendo lo sguardo dalla piccola finestrella, e mi siedo per terra, rannicchiandomi. Sono forse gli ultimi istanti della mia vita, non so davvero a cosa dovrei pensare. Non so, cosa si dovrebbe fare in una situazione come questa? Si dovrebbe cominciare a salutare mentalmente tutti i propri cari, passandoli in rassegna in un grottesco girotondo, per poi concludere con un commovente: non vi dimenticherò mai? E’ una cazzata, non farò mai una cosa del genere. Non perché io non abbia nessuno da ricordare o perché non voglia farlo, ma perché farlo mi distruggerebbe. Lo so. Mi si spezzerebbe il cuore, ricordo dopo ricordo, e io ho bisogno del cuore integro e di tutta la mia forza, per superare l’interrogatorio che mi aspetta. Nascondo la testa fra le ginocchia e non mi vergogno a lasciar scappare le lacrime. Fra poco quella fottuta porta si aprirà e la mia vita finirà, credo di avere tutto il diritto del mondo di piangere. E poi John mi ha sempre detto che è questa una delle tante cose che ci distinguono dalle macchine.
Me lo disse che ero un ragazzino disperato che cercava di farsi vedere grande, di essere forte, di fronte al corpo del proprio fratello. Tiravo su col naso come un moccioso e stringevo i pugni, ma non piangevo. Allora John mi si avvicinò, e me lo disse:
Piangi. Sei un essere umano, è un tuo diritto, un dovere quasi. Non siamo macchine, e se ci comportiamo come loro, qual è il valore della vittoria?
E’ una cosa che mi è sempre rimasta impressa. Noi combattiamo contro i cyborg, contro Skynet, contro macchine e computer che vogliono cancellarci dalla faccia della terra, e la prima battaglia che dobbiamo sostenere è questa.
Mantenerci umani.
Io ho vinto per il semplice fatto che sono vivo, che respiro.
Ad ogni battito del mio cuore li sto sconfiggendo e loro non lo sanno.
Mi stringo ancora di più a me stesso quando sento la porta aprirsi.
Ci siamo. Arrivano e sono in due, uno di loro ha preso le sembianze di John perché lo sanno, lo sanno che è la persona a me più cara e che vedermi torturato da lui sarà devastante. Ma io stringo le labbra, mi alzo in piedi e li seguo senza dire una parola. Loro mi portano in una sala grande che io non guardo perché onestamente non ho tutto questo coraggio. Nemmeno mi legano. In effetti dove potrei mai scappare?
Il cyborg che ha preso le sembianze di John mi fissa e io distolgo lo sguardo, perché cazzo, è uguale a lui ma quello sguardo gelido, quell’espressione fredda, sono peggio di mille scariche elettriche.
Sul suo viso stonano e non riesco a sopportarlo.
-Sai che morirai qui, in ogni caso- mi dice, io sorrido, amaro, almeno non mi prendono per un idiota raggirandomi sulla possibilità che io possa uscire di qui vivo, se gli do quello che vogliono.
-L’unica differenza è come. Se mi dici dove si nasconde John Connor, quali sono le coordinate per la base della Resistenza, allora morirai subito, senza soffrire. Sarà quasi dolce. Lo farò io. Morirai per mano di John Connor. Quale morte migliore?- ha parlato con un tono beffardo che risulta raggelante, è privo di qualunque intonazione umana e io non so.
Davvero crede che gliela renderò così facile?
Continua: - Altrimenti… beh il corpo di tuo fratello l’hai ritrovato tu. Sai di cosa siamo capaci-
E io sgrano gli occhi, fissandolo, fissando John mentre mi dice una cosa del genere e bestemmio. Non è John cazzo, non è lui.
E ok. a terrorizzarmi ci sta riuscendo benissimo, perché io non sono un cazzo di eroe, non l’ho mai chiesto e non voglio diventarlo, per cui non ho pretese assurde di coraggio e stoicismo; non mi metterò a blaterare sulla vita umana e sugli ideali per cui mi appresto a morire, non li insulterò ridendo. La paura sta paralizzando tutti i miei nervi e sembra che lo stomaco si stia rivoltando annodandosi su se stesso, quindi non riuscirei comunque a parlare.
Voglio solo che finisca, e che finisca in fretta.
Voglio solo morire il più velocemente possibile.
Cosa che questi bastardi mi negheranno, perché vogliono sapere dove si nasconde John e io non voglio dirglielo, per cui mi aspetta un agonia terribile.
Al mio silenzio il finto John scuote la testa e da segno al suo compagno di iniziare.
E io chiudo gli occhi.

Sono ore? Non so, hanno iniziato da un po’ e sembra che il tempo non abbia più senso. Mi chiedo quanto ci metterò a morire di questo passo e mi rispondo da solo. Tanto. Tanto perché sanno come farlo, sanno come e dove colpire per non privarmi di coscienza troppo presto e non mandarmi al creatore. Mugolo e urlo e tremo, ma non li imploro.
Non sono un eroe ma ho un orgoglio.
Per ora si limitano a picchiarmi, pugni e calci ma non è ancora insopportabile e so che subito lo sarà, perché non si limiteranno a pestarmi.
Io voglio solo andare via.
Sto male, ho il corpo a pezzi e il sangue che esce e si incrosta con le lacrime e il muco e io non ne posso più.
Ho paura, ma ad ogni pugno che arriva, dritto sulla testa, la mia paura non basta a farmi dire basta.
Resisto ancora.

Solo male.
Dolore dappertutto, le scariche elettriche direttamente nella testa, sui muscoli, sui nervi.
Nel cervello.
No.
Non vi dico dove cazzo si nasconde John.
Esiste qualcosa di più grande di una morte indolore o della mia vita.
E non è John, non è esattamente lui, non è per lui che sto morendo e non vorrei che poi si capisse il contrario.
Non è per John ma è per quello che dice. E’ per quello che fa, per quello che rappresenta, per quello che farà d’ora in poi.
Perché credo davvero che riusciremo a vincere, che ritroveremo la libertà e il diritto ad essere esseri umani, perché il destino non è scritto e anche se lo fosse, lui sarebbe in grado di cancellarlo.
Perché voglio vivere con tutto me stesso e voglio che le persone che amo vivano, ma anche quelle che odio, anche quelle che non sopporto, tutti.
Voglio che tutti vivano e non voglio che si arrendano e se John muore lo faranno.
Per questo sto morendo.
Non sto morendo per John, sto morendo perché questo non resti un ideale, sto morendo perché la liberta non resti un utopia, perché tutto quello che rappresenta John non muoia con me, sto morendo per difendere la vita.

-Stupido essere umano- sento a malapena il cyborg che sembra John apostrofarmi.
Il viso ormai è una maschera di sangue, il corpo un’unica massa dolorante che urla, ogni nervo, ogni muscolo, ogni ossa, urla basta, perché non ne può più.
Non riesco a parlare, non vedo neanche, il sangue mi scorre davanti agli occhi.
E non muoio ancora.

-Danny! Danny Cristo Santo vuoi rispondermi?- una voce.
Sembra familiare.
Non so.
Provo ad aprire gli occhi ma non riesco.
Solo dolore.
Male.
Perché non mi ha lasciato morire?
Non ce la faccio a vivere così.
-Cazzocazzocazzo- la voce continua e mi sento sollevare.
Non peso molto, sono piuttosto magro, uno scricciolo quasi.
Mi sorprende essere ancora vivo.
E non in positivo.
Delle braccia forti mi stringono e io gemo perché fa male.
Fa male tutto, anche respirare.
Cazzo è l’unica cosa che riesco a pensare.
Male.
Ogni respiro è una fatica e vorrei davvero lasciarmi andare, vorrei perché il dolore si placherebbe. Ma quella voce mi trattiene, perché so chi è. Lo so anche se ora non riesco a riconoscerlo.
Sento il vento schiaffeggiarmi la faccia e allora capisco che siamo usciti.
Tento disperatamente di aprire gli occhi e quando a fatica ci riesco, li spalanco perché non è possibile.
-John!- esclamo, la voce un sussurro ma sufficientemente sorpreso.
-Cazzo ci fai qui? Non dovevi!Se ti avessero…- non mi fa finire di parlare, stringendomi a sé, un sorriso divertito sulle labbra, anche se non sembra solo divertito ma anche un po’ intenerito.
-Shhh- mi mette a tacere e con una mano mi accarezza delicatamente la testa.
-Non ti avrei mai lasciato lì dentro. Non ti avrei mai lasciato morire da solo, per me. Se io avessi permesso una cosa del genere loro avrebbero già vinto- e io mi sorprendo a piangere un po’, perché cazzo, io ero disposto a morire per difendere lui, per difendere quello in cui entrambi crediamo, i nostri ideali, la vita, tutto quanto.
E ora invece sono vivo ma ho avuto una paura fottuta e l’ho già detto che non sono un cazzo di eroe?
Quindi piango e lui mi stringe a sé, premendo la mia testa sul suo petto mentre continua a camminare, portandomi al sicuro. Sento altre persone che ci seguono, che si congratulano con me, ma non li ascolto, non mi importa.
Sono vivo e John mi sta proteggendo perché io possa piangere, come mi ha insegnato lui.
Sono vivo e non riesco a parlare e a farmi capire come vorrei, gli altri mi guardano come se avessi fatto una cosa assurda, un miracolo, ma forse non capiscono davvero.
Non capiscono che la vittoria più grande che possiamo avere sui cyborg non è ucciderli.
Sono io che non parlo nonostante le torture;
John che mi salva la vita a costo della sua, perché anche lui ha degli ideali che difende con tutto se stesso;
le mie lacrime;
la mano di John che mi accarezza piano i capelli;
il nostro respiro.
Ci sono cose per cui vale la pena morire, ed è per questo che tutti noi stiamo lottando.
Perché nessuno se ne dimentichi.


Morirò qui. Ogni centimetro di me perirà... tranne uno. Un centimetro. È piccolo ed è fragile ed è l'unica cosa al mondo che valga la pena avere. Non dobbiamo mai perderlo o venderlo o darlo via. Non dobbiamo permettere che ce lo tolgano.
-V for Vendetta-

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se ci comportiamo come loro, qual è il valore della vittoria?
Questa è una citazione del film, lo dice proprio John Connor.