Datemi un sorriso


CAPITOLO I

Chissà se così va davvero bene…e se la maglietta è troppo aderente e quella si fa idee strane?

Meglio indagare…”
Un attimo dopo una voce semi-tonanate ( quella forte la riservava per occasioni più importanti…)squarciò lo strano silenzio di quella casa in perenne agitazione:
<< Eliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, Seleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee, venite qui >>
voce perentoria, tono duro.
Com’è che le due ragazze salirono lo stesso le scale obbedendo al maschio prepotente?
Forse perché sapevano che di li a mezz’ora aveva appuntamento con una ragazza e volevano che tenesse alto il loro prestigioso nome?
In effetti il motivo era proprio questo.
Soprassederono al tono, alle parole e a quant’altro le avesse infastidite e salirono le scale velocemente, entrando nella camera dei ragazzi.
I due maschi della famiglia erano li, pensierosi, in uno strano silenzio.
Luca, il fratello più piccolo, di dieci anni soltanto ( ma con un QI più alto di suo fratello…e della maggior parte dei maschi di quella città…) era steso sul suo letto e guardava Mikael il fratello maggiore, di ventidue anni mal messi ( malignità materne ) che faceva sfoggio, davanti all’unico specchio della casa, ( come mai fosse proprio nella camera dei maschi spiegava molte cose secondo me…) di un paio di jeans strappati sapientemente nei punti giusti e di una maglietta nera, aderente, con le maniche lunghe.
Di una morbida lana pettinata.
Le due ragazze si fermarono sulla porta osservando la scena.
I capelli di un caldo color miele intenso arrivavano fino alle scapole,dritti come spaghetti.
Cadevano disordinati ai lati del viso ma lui sembrava non curarsene.
Con un tono di voce totalmente diverso da prima sollecitò il parere delle due ragazze, parere che tardava a venire.
Stava così male vestito in quel modo?
<< Sei uno schianto Mika… la stenderai immediatamente…>>
Mika fece una smorfia significativa…lui non voleva stendere nessuno.
Ci mancava anche quella, voleva solo uscirci insieme.
Tutto qui!!
Voleva vedere se poteva essere quella che eventualmente…in un futuro lontano…avrebbe steso.
<< bisogna vedere che effetto vuoi fare>>
fece eco Elisa.
La sorella maggiore era senza dubbio la più saggia.
Posata, tranquilla dava una sensazione di calma interiore molto forte.
Di pace ed equilibrio.
Anche in mezzo alla tempesta non ti abbandonava mai.
<< Lo sai, che bisogno c’è di chiedermelo?non voglio mangiarmela accidenti… solo uscirci. Se esagero poi mi danno fastidio eventuali…ripercursioni>>
Luca si mise a ridere sentendo il tono esitante di suo fratello.
Sapeva che lo faceva per lui, temeva di metterlo in imbarazzo.
Figuriamoci, dopo dieci anni vissuti in camera insieme nulla poteva più imbarazzarlo.
<< Che ridi, microbo…>>
Luca rise più forte prendendolo così, molto coraggiosamente, in giro.
Mikael si buttò su di lui e finirono per fare una specie di lotta molto personalizzata, dove il maggiore faceva il solletico in maniera sadica al più piccolo, che si difendeva con morsi e graffi…visto la lunghezza di quelle unghie che non voleva saperne di tagliare ( fifa allo stato puro delle forbici e tagliaunghie ).
Come Dio volle ( con l’aiuto di Elisa e di Selene) riuscirono a separarli.
A dire il vero avrebbero partecipato molto volentieri anche loro alla lotta ma il tempo passava ed era inaccettabile che una ragazza dovesse aspettare il loro pestifero fratello.
Finì che si cambiò di maglia per metterne una più innocua.
Sempre nera (il suo guardaroba aveva colori molto monotoni…), una felpa con cappuccio su cui era disegnato un bimbetto vestito come Eminem nei suoi momenti peggiori!!!
L’insieme era meno temibile per gli ormoni femminili della ragazza in questione e gli dava un’aria abbastanza tranquilla.
Almeno fino a quando non lo guardavi negli occhi.
Non cenò chiaramente quella sera e la cosa gli dispiacque immensamente.
Lui e il cibo avevano un rapporto molto stretto,se non era sovrappeso era solo perché giocava a basket.
Aveva iniziato a otto anni e quando ne aveva diciassette aveva avuto la possibilità di giocare nella Benetton di Treviso.
Aveva avuto il colloquio con i suoi genitori e i dirigenti ma… alla fine decise di non accettare.
Troppe responsabilità, troppi allenamenti… così la sua vita privata andava a farsi benedire, e di conseguenza tutti i suoi impegni in parrocchia.
Non voleva diventare un campione di basket.
Non voleva lasciare la sua città nè i suoi amici.
E tantomeno la sua famiglia.
Voleva soltanto giocare a basket divertendosi…e allenare i piccoli che si avvicinavano per la prima volta a quello sport che lui amava tanto.
Tre allenamenti a settimana erano più che sufficienti per lui, più due pomeriggi con i piccoli in una palestra vicino casa sua.
A dire il vero la ragazza con cui sarebbe uscito quella sera era la sorella di un bimbo pestifero che gli dava parecchio filo da torcere.
Era l’opposto del fratello.
Dolce, tenera… molto tranquilla.
Carina anche, quella bellezza semplice che piaceva tanto a lui.
Però…però non era scattata quella molla che, secondo lui, doveva scattare quando davanti a te c’è la donna della tua vita.
Quella con cui passerai il resto della tua esistenza.
Secolo più secolo meno.
Fece una smorfia mentre cercava di parcheggiare la macchina di sua sorella in un angolino minuscolo sotto la palazzina di Sharon.
Sapeva di essere un caso unico.
Più che raro… ma le avventurette da due soldi per trovarsi a rotolare in un letto non facevano per lui.
Lui inseguiva l’amore.
Non voleva accontentarsi di nulla di meno.
Questo non vuol dire che non usciva con nessuna ragazza…ma si fermava quando la lei in questione oltrepassava certi limiti.
Tutto qui.
A modo suo anche Filippo, uno dei suoi migliori amici, la pensava come lui.
A modo suo chiaramente.
Se le ragazze…ci tenevano proprio, allora ci stava, si sacrificava insomma!!!
Aveva quattro anni più di lui ed erano amici da sei anni, da quando avevano iniziato a fare teatro insieme.
E già da allora Filippo scappava quando una storia diventava troppo impegnativa, per paura di innamorarsi.
Mikael aveva una teoria tutta sua: scappava perché c’era il rischio che fosse l’Amore.
Quello con la A maiuscola.
E Filippo aveva una paura incredibile di innamorarsi.
A voce dichiarava che non si impegnava seriamente perché cercava la storia della vita.
Ma lui sapeva benissimo che, se c’era solo una possibilità che questo potesse accadere, quella ragazza non la vedeva più.
Troppo diversi tra loro?
In fondo no…tutti e due non volevano impegnarsi seriamente, uno perché non voleva illudere le ragazze…l’altro perché non voleva illudere se stesso.
Sharon scese nel momento in cui lui uscì dalla macchina, e questo voleva dire che era stata alla finestra per vedere quando arrivava.
Sospirò piano.
Odiava dare delusioni alle ragazze, perché non potevano essere amici…e basta?
Non aveva amiche donne degne di questo nome.
Tolse dalla mente ogni cosa e la concentrò soltanto su Sharon.
Non si meritava una serata con un ragazzo presente soltanto a metà.

Quando rientrò a casa era circa la mezzanotte.
E chiaramente le sue sorelle lo stavano aspettando.
Facevano le indifferenti, tutte prese a …far nulla con molto impegno.
<< Già a casa? Speravo che restassi con lei un po’ di più…dove siete stati? Che avete fatto?>>
questa era Selene che non si faceva gli affari suoi nemmeno a pagarla!!
Mikael non la degnò di una risposta e le passò accanto, stanco.
Era stata una serata difficile e lui aveva fatto una fatica dell’accidente a tenere tutto sul livello puramente amichevole.
Non aveva voglia di parlarne con nessuno, nemmeno con sua sorella.
Ma lei era un cane da caccia perfettamente allenato, quando fiutava la preda non mollava nel modo più assoluto.
Ne andava del suo onore.
Così lo seguì nello stanzino delle scarpe, dove lui si infilò le ciabatte.
Poi andò con lui fino al bagno… per trovarsi sul naso la porta sbarrata!!
<< Ma sei stronzo? Potevi staccarmi il naso…>>
Mikael decise di non rispondergli frenando il suo naturale e sano impulso di mandarla a … e fece i suoi comodi con molta calma.
Quando uscì la trovò nel divano, imbronciata, mentre si teneva il naso.
<< Perché non mi rispondi?>>
Alzò gli occhi al cielo con una pazienza che non credeva fosse possibile avere:
<< perché non sono fatti tuoi quello che ho fatto stasera…>>
Elisa nascose un sorriso notando come avesse evitato di dire parolacce… da quando insegnava basket ai bambini cercava di trattenersi…ma se Selene non la finiva non sarebbe durata a lungo, così mise una mano davanti alla bocca della peste della famiglia e la precedette di un nanosecondo:
<< è andata così male?>>
Selene la fulminò con lo sguardo da “ è quello che volevo dire io stronza” ma accettò abbastanza bene che la sorella maggiore prendesse in mano la situazione…tanto poteva sempre inserirsi quando voleva!!!
<< Ma no, non è andata poi così male…>> sospirone
<< era carina, aveva addosso un paio di jeans e un maglioncino rosa …non male>>
smorfia delle sorelle, il rosa è un colore che lui non sopporta assolutamente
<< insomma, era quasi perfetta ma… ho fatto una fatica dell’accidente per tenere le sue mani lontane dal mio culo!!! Ma cavolo, siete tutte così maniache voi donne????>>
le risate che si alzarono misero fine a tutti i tentativi di essere seri.
Non c’era niente da fare, era incorreggibile.

Fu durante la notte che arrivò il messaggio.
E arrivò sotto forma di sogno, all’alba.
Alle sei si svegliò vispo e arzillo…e questo era un evento fuori dall’ordinario.
Quando al mattino ripenserà al sogno, si renderà conto che in tutta la sua pur breve vita non gli era mai successo di svegliarsi a quell’ora per lui assurda senza una potente sveglia messa direttamente nell’orecchio.
Ma sul momento registrò soltanto i suoi occhi aperti nella penombra della stanza e il respiro regolare di suo fratello.
Forse era stato lui a svegliarlo…forse stava male…ma Luca dormiva beato.
La piccola luce accanto al letto era accesa e illuminava il viso rilassato e beatamente addormentato del fratellino.
Senza riuscire a capire che accidenti fosse successo fece l’atto di alzarsi per andare in bagno.
L’ultima cosa coerente che ricorderà di aver fatto.
Poi il sogno.

\\Il deserto bruciava sotto i suoi piedi, la suola delle scarpe consumata faceva sentire tutta la sabbia che si insinuava a lacerare la pelle delicata.
Ma lui sembrava non rendersene conto.
Avanzava un passo dopo l’altro, concentrato unicamente su quello.
Destro, sinistro.
Destro, sinistro.
Sempre avanti, senza sosta.
Il cappello sulla testa lo proteggeva in parte, insieme al viso, ma le piaghe formatesi erano la testimonianza visibile che le ore passate in quell’inferno di fuoco erano troppe, e un cappello non poteva bastare a proteggerlo.
Destro, sinistro.
Destro, sinistro.
Doveva arrivare in tempo.
Non poteva permettersi di restare indietro.
L’aria bruciava nei polmoni, respirare era il tormento forse maggiore.
Quando sarebbe arrivato avrebbe smesso di farlo…così il tormento sarebbe cessato.
Arrivare,questo doveva fare.
Arrivare e basta.
Arrivare e dare quelle carte a chi lo stava aspettando e non sapeva.
Arrivare.
Dio, se ci sei, aiutami.”
Destro, sinistro.
Destro, sinistro.
All’improvviso fu come se un baratro si fosse aperto sotto i suoi piedi.
Il vuoto lo fece sbilanciare e cadere in avanti.
Ma non c’era nessun vuoto.
Semplicemente aveva esaurito tutte le sue risorse.
Tutte, nessuna esclusa.
La lettera…” pensò confusamente.
“ …ti prego… aiutami… “
La sua prima preghiera.
Mai lo aveva fatto nella sua vita.
Un’invocazione che veniva dalla parte più profonda di se.
Quella che credeva nonostante tutto.\\