* Questa
fic si è posizionata prima ad un contest sul Forum di EFP. La canzone
di sottofondo che ho scelto non riguarda effettivamente la fic ma
leggendo il titolo della canzone ho pensato che potesse... ricordarmi
in qualche modo il tema della storia... basta cliccare sul titolo. *
La notte di San Lorenzo
Quando Saga si rende conto di
essersi allontanato cosi tanto dal santuario le prime stelle stanno già
cominciando a cadere.
Quella sera è l'11 Agosto, la
notte di San Lorenzo.
Quando è uscito dalla terza
casa non era certo sua intenzione arrivare fin lì, onestamente cercava
soltanto di restare solo con i suoi pensieri e sapeva che con suo
fratello questo era molto ma molto difficile.
Riusciva ogni volta a trovarlo
e non lo lasciava nemmeno per sbaglio, convinto che avesse bisogno di
essere salvato da se stesso.
Quello che invece vuole Saga è,
semplicemente, un po' di solitudine.
E teme anche, se deve essere
sincero.
Sa che con la solitudine la sua
mente va a scavare ancora e ancora e riesce a tirare fuori l'incubo che
ha vissuto quando era prigioniero dentro se stesso.
Ogni volta che guarda Aiolos,
il loro Gran Sacerdote, pensa a quello che gli ha fatto...e il cuore
sanguina nel petto, come se fosse stato ferito a morte.
Ancora una volta.
Continua a dirsi che è stata la
sua parte oscura a farlo, che una parte di se stesso è morta insieme al
suo migliore amico.
Non è che serve a molto alla
fine, perchè il peggior nemico che ha è se stesso.
Nessuno sa essere spietato
quanto lui, lo sa bene.
Arriva su un'altura a
strapiombo sul mare e li si siede, alle spalle la valle dei templi e su
di lui la volta celeste.
\\ Saga\\
Il cielo è pieno di stelle e il
mio sguardo vigile le riconosce tutte, una ad una, mentre la mia mente
continua, incessantemente, a ricordare.
E’ come avere un tumore.
Nella mia mente c’è un cancro
che corrode, lentamente, tutto quello che ha attorno.
Lo ingloba facendolo morire e
prendendo il suo posto.
I miei ricordi sono come un
tumore che, con i suoi tentacoli, si allungano fino a diventare i
padroni incontrastati della mia vita.
Minando la capacità tipica
dell’uomo di vivere giorno per giorno, cogliendo l’insegnamento di ciò
che ha appena vissuto, con la mente proiettata verso il futuro.
Il mio maestro diceva sempre
che noi siamo un albero, con le radici ben piantate nel terreno, in
profondità e i rami alti verso il cielo, sfidando la forza di gravità.
Adesso questo albero è piegato
verso il passato, dove ha le radici.
I rami, che dovrebbero essere
alti sul domani, sono piegati verso il passato e non riescono a
risollevarsi.
Sto cercando la pace ed invece,
ogni volta che guardo Aiolos, penso a quello che ho fatto.
A quello che ho provato
prigioniero nella mia mente, incapace di prendere il sopravvento sulla
mia parte oscura.
Ho ordito contro il mio
migliore amico.
Ho fatto di lui un traditore
odiato da tutti.
Ho messo in pericolo la mia Dea
e tutta l’umanità.
Come posso guardarlo ancora
negli occhi?
Il mio passato mi sta dinnanzi
e mi schiaccia senza pietà.
Sono così stanco.
Certe volte vorrei non aprire
gli occhi sul giorno, vorrei non alzarmi e andargli incontro.
Vorrei poter cancellare, dal
tempo, tutto quello che ho vissuto fino ad oggi e ricominciare da capo,
guardare indietro e vedere soltanto pagine bianche, immacolate.
Mai toccate da nessuno,
soprattutto da me.
Vorrei non riuscire più a
sentire, a parlare, a sognare.
A volte vorrei non esistere
nemmeno.
Eppure ci sono, sono qui e
lotto ogni giorno per sopravvivere, per non farmi schiacciare dal mio
passato, dai miei incubi e ogni sera chiudo gli occhi consapevole che
il peggior nemico di me stesso sono solo io.
Ma nonostante tutto non
riuscirei a fare a meno di lui, di Aiolos.
Del suo sorriso fermo.
Sincero.
Dei suoi occhi
che non si limitano a guardarmi ma vanno oltre e mi fanno sentire
unico, importante, prezioso in quanto io.
Io, così come sono.
Con i miei fantasmi e i miei
errori.
Con il mio tradimento.
E questo dualismo, in me, mi
sta spegnendo.
Sono qui, rinato a nuova vita
dalla misericordia della mia Dea, per proteggere il mondo da una nuova
minaccia … ma come, come posso farlo se non riesco a proteggere nemmeno
me stesso?
E’ quando
questa consapevolezza si alza, chiara e precisa nell’aria, con tutta la
sua forza e la sua fragilità, che lo sento.
Nulla è cambiato attorno a me,
il cielo è solcato da scie luminose sempre più frequenti nella
perfezione del firmamento.
Eppure … eppure
io sento il consueto formicolio che mi accarezza la nuca, scende dal
collo fin sulle spalle, lungo la schiena fino ai piedi per poi risalire
di nuovo, come una mano leggera, nell’aria fresca della sera.
I miei sensi lo riconoscono
prima ancora di vederlo.
E il mio cosmo si espande,
quasi con sollievo, ansioso di rifugiarsi in lui.
Sapevo che lo avrei trovato qui.
Quando sono andato a cercarlo e
ho trovato vuota la sua casa ho capito immediatamente dove poteva
essere.
Non so se lui se ne rende conto
ma per me è come un libro aperto.
So tutto quello che pensa e
conosco il dolore che crede di nascondere così bene, quel dolore che
sta spegnendo la vita dentro di lui ed è ora di finirla.
Adesso basta, ma basta davvero.
Mi siedo li accanto stando bene
attento a sfiorarlo e lui si volta a guardarmi per un attimo, un attimo
soltanto.
Quello che a me basta per
capire una volta di più, come se ce ne fosse ancora bisogno, che è
arrivato il momento di fargli comprendere una cosa: la carità è la
virtù più grande dell’uomo e lui è quello che ne ha più bisogno.
Nessuno è capace di essere
inflessibile e duro come lui, specialmente verso se stesso.
-Sai perché sono qui, vero?-
La mia voce è ferma e salda e
lui chiude gli occhi per un secondo, un secondo lungo quanto il battito
delle ciglia.
Fissa lo sguardo di nuovo sulle
stelle che ci dominano da lassù e poi scuote leggermente la testa, ma
la sua postura si ammorbidisce e lui si rilassa impercettibilmente:
-Tu mi ricordi una storia che
avevo letto quando ancora avevo il tempo per farlo, come ben sai
ultimamente non è che ne abbia poi molto -
Il mio sguardo è fisso su di
lui e noto immediatamente il sorriso che distende i suoi lineamenti,
così continuo, rincuorato e deciso a non fermarmi:
-In questa
storia c’erano due uccellini che stavano su due rami di un grande
albero, in un bellissimo giardino.
Uno era sul ramo più basso e
uno su quello più alto.
Ad un certo punto quello che
stava sul ramo basso esclamò, in piena ispirazione poetica:
-Che meravigliosa sfumatura di
verde hanno queste foglie. E’ chiara e piena di venature leggermente
più scure, bellissime davvero … -
Ma venne interrotto all’altro
uccellino che sbottò, come se non credesse alle sue orecchie:
-Ma che dici? Che stai
guardando? Queste foglie sono verde scuro e le venature sono dello
stesso verde! Tu sei fuori come una campana … -
Il più piccolo si indignò,
offeso nel suo momento magico:
-Certo che sono fuori … siamo
su un albero che ha delle foglie bellissime verde chiaro con le
venature più scure.-
L’altro si alzò su tutta la sua
minuscola statura e continuò con voce sempre più alterata:
-ripeto che tu sei tutto fuori
nonostante le tue battute esilaranti … questo albero ha le foglie scure
e basta!!-
Come puoi ben immaginare
continuarono così per un bel po’ fino a che quello che stava sul ramo
basso ebbe un’idea grandiosa :
-Senti … scambiamoci i posti,
io vengo li e tu vieni qui così puoi vedere che è come dico io!!!-
Detto fatto si scambiarono di
ramo, per un momento si udì un silenzio assoluto regnare sul luogo,
anche gli altri uccellini volevano vedere come sarebbe andata a finire
la discussione chiaramente.
Poi, all’unisono, i due
uccellini esclamarono:
-Toh ma guarda che avevi
ragione tu !!-
Termino la storia sempre
guardandolo attentamente, lui si volta e i suoi occhi dicono quello
che, a parole, ancora non osa pronunciare, così io concludo con la
morale, questa piccola favola.
-Non c’è soltanto un modo per
osservare le cose, dipende da dove le stai guardando.
Tu le hai viste dal tuo punto
di osservazione che è solo tuo, nessuno può comprenderlo se non te.
Ma io le ho viste dall’alto … e
da dove ero io ho capito una cosa: hai pagato ampiamente per ogni
errore.
Per tutto.
Saga, non c’è nessuno che si
azzarda a dirti che non meriti di stare qui, anzi … nemmeno lo pensano.
Perché hanno visto che,
facendoti passare per un traditore in Hades, hai protetto tutta
l’umanità.
Hai messo te stesso e il tuo
onore al secondo posto e questo cancella ogni cosa.
Non è grande chi non cede mai
ma chi è capace di rialzarsi avendo il coraggio di andare avanti
sempre, a testa alta. –
E in questo momento un respiro
profondo allarga il suo petto, respiro che espelle immediatamente,
insieme a tutto il dolore che ancora aveva dentro.
Appoggia la testa sulla mia
spalla e io gli circondo la schiena con le braccia, stringendolo contro
di me.
Davvero credeva che sarei
rimasto tranquillo a guardare la sua autodistruzione?
Gli allontano il viso per
un attimo prendendolo con le mani per guardarlo diritto negli occhi,
quegli occhi che non sanno nascondermi nulla, e termino con voce
leggermente incrinata:
-E poi ricordati una cosa: Per
il tuo bene sono pronto a lasciarti andare ma non per il mio.
Io ti voglio con me-
Non aspetto che risponda,
appoggio la mia bocca sulla sua sfiorandolo leggermente, come per
suggellare quello che ho appena detto, e poi mi allontano un attimo,
lasciando a lui la parola … e lui non mi delude:
-Io ero l’uccellino sul ramo
alto, senza dubbio. Quello saccente che fa le battute esilaranti sei
sempre stato tu! –
E mi bacia con
decisone, con passione, con liberazione mentre le stelle, sopra di noi,
continuano a cadere nella magia della notte di San Lorenzo.
FINE