Mi
manchi tu
La
pioggia ha sempre avuto, su di lui, un effetto particolare, che non ha
nulla a che fare con la malinconia, la tristezza o quant'altro.
E'
come se quelle gocce d'acqua , cadendo dal cielo, portino con loro i
ricordi legati a Kojiro.
Gli
manca, è inutile tergiversare.
Gli
manca tantissimo e questo non lo riteneva possibile.
Vivere
con lui richiede un impegno constante e continuo.
Toglie
tutte le sue energie mentali e, di conseguenza, diminuiscono anche
quelle fisiche ma ha sempre ritenuto impossibile affezionarsi così
tanto a qualcuno da
sentirne
la mancanza.
Specialmente
a uno come lui.
Sorride
tra se mentre la pioggia aumenta d'intensità.
Appena
arrivò a Torino la prima persona che incontrò fu Kojiro, chiaramente.
Il
mister Trapattoni lo volle vicino nella presentazione alla squadra come
interprete e, alla fine, gli chiese (ordinò...) di insegnargli un po'
d'italiano, almeno le
cose
basilari per capirsi un poco.
Così
gli offrirono di condividere il, comunque grande e comodissimo,
appartamento di Kojiro nel centro di Torino.
Qui
si parlava di una grande squadra, una squadra che poteva contare su ben
sei dei giocatori che avevano appena vinto, l'anno precedente, la coppa
del mondo in Spagna e che vantava anche, come capitano, un certo Michel
Platini già pallone d'oro, ma questo non lo aveva di certo intimidito.
Anzi...
lo spingeva a dare sempre il meglio di se, in qualsiasi momento. Anche
se si trattava di allenamento e di partite di apparante scarsa
importanza, come faceva Kojiro del resto.
Alza
una mano e la appoggia al vetro davanti a se.
Sente
la pelle incresparsi leggermente là dove l'epidermide sensibile del
palmo tocca la superficie liscia della finestra.
La
lascia li nonostante il freddo inizi a salirgli lungo il braccio e
osserva, assorto, il segno che lasciano le gocce d'acqua davanti a se.
Sembra
che si rincorrano, instancabili.
Perfino
una goccia d'acqua lotta per affermarsi, per vivere al di fuori della
nuvola, anche se per la breve durata di...una finestra.
E
questo gli ricorda Kojiro e la loro relazione.
Anche
lui ha lottato per vivere, per superare la natura stessa che gli aveva
dato un cuore imperfetto.
Dopo
l'operazione nessuno gli dava più credito, convinti che fosse ormai
finita, che la sua carriera fosse terminata dopo quasi due anni di stop.
Ed
invece adesso è qui, in una delle squadre più forti del mondo, la
Juventus.
Gioca
la fianco di campioni come Michel Platini e Paolo Rossi e hanno appena
vinto una importante partita di coppa campioni, il trofeo più
prestigioso d'Europa.
Non
vuole prendersi la rivincita con quelli che non avevano
creduto in lui, non ha nulla da dimostrare a nessuno se non a se stesso.
Come
quelle gocce d'acqua che vivono anche al di fuori della nuvola così
anche lui è vissuto al di fuori dell'ospedale.
Ha
lottato giorno dopo giorno senza un attimo di tregua, credendoci con
tutto se stesso, fino all'ultimo respiro.
E
ha una cicatrice sullo sterno per testimoniare tutto ciò.
Un
sospiro più profondo degli altri gli allarga il torace per un attimo, i
suoi occhi dal caldo colore autunnale seguono una goccia che, scendendo
lenta dall'alto,
devia
improvvisamente per andare incontro ad un'altra che sta salendo.
Si
uniscono non a metà strada ma un po' più sotto e, unendo i loro
cammini, diventano una sola.
Molto
più grande di prima.
Come
è accaduto a lui e a Kojiro.
Toglie
la mano dal vetro e guarda l'impronta che vi ha lasciato, ha camminato
con l'ombra della morte accanto a se per così tanto tempo che, quando è
riuscita a
sconfiggerla...non
si è reso conto di non averla mai abbandonata, in realtà.
Compagna
silenziosa diventata ormai insostituibile?
Kojiro
non riesce a capire che cosa c'è dietro il velo che copre la sua fronte.
Non
accetta che ci siano zone in ombra dove lui non riesce a penetrare e
questo è la causa principale degli scontri tra loro.
Che
poi chiamarli scontri è una parola grossa visto che l'unico che si
arrabbia e fa scenate è Kojiro, Jun si limita ad imporsi con il
silenzio gelido che non
ammette
repliche e che tanto lo fa imbestialire.
Il
suo errore è uno: misurarlo con il suo metro.
Lo
fa con tutti quanti in verità, pensa che siano tutti come lui e che
debbano avere tutti le stesse sue identiche reazioni ma non ha capito
una cosa essenziale: non c'è un metro che possa misurare Jun Misugi,
non esiste affatto.
E
se si ostina a cercarlo ancora non farà altro che allontanarlo
inesorabilmente.
Il
suo compagno di stanza, Zibi Boniek, si rigira nel letto fino a
fermarsi in una posizione assurdamente scomoda e, con l'aria più
naturale del mondo, continua
a
dormire, beato e tranquillo.
Li
hanno messi in camera insieme perchè Boniek parla perfettamente tre
lingue: Polacco, Italiano e Inglese e, visto che l'Inglese di Jun è
senza dubbio migliore del
suo
stentato Italiano, metterli insieme è stata la scelta più logica da
parte del mister.
E'
una persona in gamba, socievole e divertente senza essere invadente.
Se
al suo posto ci fosse Tacconi, ad esempio, la situazione sarebbe senza
dubbio molto più tragica visto che il portiere della Juve non sta zitto
nemmeno le lo paghi.
Ma
Boniek no.
Lui
rispetta i tuoi tempi pur socializzando con tutti ...
"Peccato
che questo non mi basti perché lui non è Kojiro".
Il
pensiero si alza tra loro e prende quasi forma, cristallizzando l'aria
per un attimo, fermando ogni pensiero, perfino il suo respiro.
Questo
cambia completamente i suoi piani, quelli che aveva fatto prima ancora
di partire per venire in Italia.
Quando
arrivò l'offerta della Juventus non dovette pensarci poi molto.
Conosceva
il campionato Europeo e sapeva benissimo che squadra era quella che
l'aveva contattato e che potenzialità aveva.
Per
di più non c'era nessuno che lo teneva legato a casa.
Ne
Yayoi aveva, su di lui, un potere così grande.
Sapeva
benissimo che i suoi si aspettavano che la sposasse per portarla con se
in Italia ma lei non era così importante per lui, non aveva permesso
che lo diventasse.
Quando
vivi come se ogni giorno fosse l'ultimo non vuoi legarti seriamente a
nessuno per un fattore puramente egoistico: Non vuoi soffrire tu quando
li lascerai ne far soffrire gli altri per non avere anche la loro
sofferenza su di te.
Egoismo
puro e semplice, come del resto è l'amore.
Quel
" Tu sei solo mio" non è altro che egoismo, l'amore non ne è scevro,
anzi.
Appena
realizzò che poteva vivere come tutti gli altri e fare progetti per la
sua vita futura (parola che non conosceva affatto) ormai quel modo di
vivere era l'unico che conosceva.
Troppo
tempo passato a proteggersi da tutto per cambiare completamente.
Kojiro
invece stava riuscendo ad entrare là dove nessuno aveva mai messo
piede, e lo faceva con una facilità sconcertante.
Non
seguiva strategie assurde ne faceva piani precisi, si limitava ad
essere se stesso e questo...questo lo stava disarmando.
-Ti
manca, vero?-
La
voce di Boniek riesce a farlo sobbalzare... ma se dormiva!!!
Torna
al presente bruscamente e lo guarda con attenzione, la posizione è
sempre assurda ma questa volta ha gli occhi aperti e il suo sguardo
assonnato può trarre benissimo in inganno ma non la sua voce ferma e
alta:
-Kojiro
intendo-
Ironico
stavolta...anche se di un pizzico soltanto.
Jun
si limita a fare un cenno affermativo con la testa mentre il
volto duro, deciso ed affascinante di Kojiro prende forma in lui:
-Perché
non lo chiami e glielo dici?-
Stavolta
gli risponde perché una domanda così precisa merita una risposta
altrettanto precisa.
Certo...potrebbe
dirgli che non sono affari suoi ma...bè, il semplice fatto che è li,
sul letto accanto a lui, pieno di sonno ma sveglio che gli parla di
amore verso
un
loro compagno di squadra come se fosse la cosa più naturale del mondo
dà degli ulteriori punti ad un ragazzo che già gli piaceva, sia come
giocatore che come uomo:
-Perché
non sono sicuro di volerglielo dire, implicherebbe troppe cose e non so
se lui è pronto...-
-Sei
tu quello che non lo è, non lui. Uno come lui non si fa tutte quelle
menate psicologiche che le persone come noi, invece, si fanno. Ma tu,
certamente, lo conosci meglio di me e sai benissimo com'è fatto così
come conosci perfettamente te stesso, altrimenti non mi avresti nemmeno
risposto...-
Detto
questo con l'espressione più tranquilla del mondo si volta verso il
muro e torna a dormire, come niente fosse.
Jun
guarda la sua schiena che si muove nel movimento ritmico e regolare del
respiro e un sorriso si affaccia sul suo volto.
Una
volta aveva letto una frase che lo aveva colpito moltissimo: il sorriso
è come una finestra illuminata, vuol dire che c'è qualcuno dentro.
Ed
è così che si sente adesso... c'è qualcuno dentro "casa sua",
finalmente c'è qualcuno che porta calore e confusione, voci e vita.
Qualcuno
che non lo teme e che non lo rispetta per quel che rappresenta ma
soltanto per quel che lui è realmente.
Qualcuno
che non si spaventa per l'oscurità che resiste ancora in un angolo di
se stesso, tenace, aggrappata con le unghie e con i denti.
Qualcuno.
La
telefonata arriva quando ormai il letto è ridotto ad una schifezza e
non si capisce bene se il groviglio che è riuscito ad attorcigliarsi
perfettamente alla forma
umana
stesa sul letto è quel che resta delle lenzuola o qualche forma aliena
tutt'ora sconosciuta.
Lo
scatto che Kojiro fa per afferrare il cellulare fa capire che aspettava
quella chiamata da tutta la sera e peggiora la situazione visto che,
quando si allunga
per
rispondere, la trappola attorno a lui lo blocca nel letto facendolo
sbilanciare e trascinare giù, in una posizione incomprensibile per
tutti.
Imprecando
furiosamente cerca di strapparsi di dosso le lenzuola ma riesce a
liberare soltanto una mano.
Finalmente
può afferrare il cellulare e, bloccato in quel modo, fisicamente
impossibilitato a muoversi, risponde con voce arrabbiata, notevolmente
arrabbiata
diciamo:
-JUN-
Spara
quel nome come se fosse tutta colpa sua e una parte di se ne è
fermamente convinto...chi mai poteva tenerlo sveglio tutte quelle ore
pensando a lui e a quanto gli mancava e sentendosi come un ragazzetto
cretino?
-Kojiro...-
Jun
invece il nome lo dice piano, quasi assaporandolo, come se non fosse
affatto agitato o altro...
-Bene..adesso
che abbiamo la certezza di conoscere i nostri nomi alla perfezione, mi
dici perché mi hai chiamato soltanto adesso? E' da ieri che aspetto la
tua
telefonata!!!-
Jun
sorride finalmente, libero di farlo, di essere se stesso.
Completamente
se stesso.
-Perché
non mi hai chiamato tu allora?-
La
risposta arriva di slancio, senza prima aver rallentato per pensarci un
attimo almeno, almeno un momento:
-Perché
io so già quello che voglio maledizione...non ho bisogno di alzare
barriere né di scavalcare muri io...-
Jun
lo ferma quando sente gli occhi che gli pizzicano un pochino...soltanto
un pochino però:
-Mi
manchi-
E
mentre lo dice si rende conto che è lui quello che ha bisogno di
sentirselo dire.
E'
lui che ha bisogno di sentire la sua stessa voce che dice, con tono
fermo e tranquillo, quelle due semplici parole che implicano una vita
condizionata dalla presenza di un'altra persona.
Una
persona che rischia di diventare il centro del suo mondo...e che forse
lo è già:
-Due
semplici parole cazzo Jun!!!
Due
semplicissime parole...tanto ci voleva a dirle? E adesso come ti senti?-
Si
dà del cretino da solo Kojiro a questa risposta ma non ha saputo
frenarsi, era troppo tempo che aspettava di sentirlo ammettere una cosa
così semplice per la
maggior
parte delle persone che si amano...come loro.
E
Jun riesce a stupirlo di nuovo...ancora una volta:
-Questo
lo potrai scoprire tu domani quando torno a casa, mica vorrai che
faccia tutto io, vero?-
Rimane
a bocca aperta, guardando il cellulare, mentre non sa se arrabbiarsi
ancora o ridere...soltanto lui riesce a farlo sentire così!
Però
sa che gli deve ancora qualcosa...una cosa soltanto e prima di
terminare quella telefonata incredibile gliela offre con irruenza, così
come è capace di fare.
E
con semplicità perché, in fondo, lui è così e non intende cambiare
qualcosa che non sa nemmeno di dover cambiare:
-Anche
tu...mi manchi anche tu-
Chiude
la comunicazione e lo lascia così, con il cellulare in mano e la bocca
aperta, mentre il cuore sembra diventare più grande nel petto per
contenere tutta la
felicità
che credeva di non poter provare più.
Torna
di nuovo davanti alla finestra lasciando il cellulare sul comodino e
vede che la pioggia ha aumentato d'intensità.
Le
gocce continuano a solcare il vetro lasciando le loro scie lucide, mute
testimoni del loro passaggio.
Così
come quelle che cadono sulle sue guance sono le testimoni del suo
coraggio.
Perché
non esiste coraggio più grande di quello: accettare che l'amore cambi
la tua vita, la trasformi e la renda più piena, più vera.
Più
ricca.
Più
tua.
-FINE-