Negli occhi del lupo
Guardando
il mare così verde, le onde che si infrangono sulla sabbia
piene di mucillagini e di tutto ciò che nel mare non
dovrebbe esserci, Lupo socchiude gli occhi, minaccioso.
E
impotente.
E'
difficile far finta di nulla davanti ad uno spettacolo del genere.
“Abbiamo
rovinato il mare”,
pensa
con ira,
“e
la cosa peggiore è che non ce ne importa niente”.
Si
accomuna anche lui con tutti gli altri, forse non ha contribuito
attivamente a tutto ciò ma, senza dubbio, non ha fatto nulla
per impedire che questo accada..
Si
è limitato a vivere, giorno dopo giorno, senza pensare a
niente altro che a se stesso.
Al
suo benessere, alla sua salute mentale.
Cercando
di non dipendere dagli altri e facendo bene attenzione a far si che
nessuno dipenda da lui.
Quando
questo è avvenuto ha cercato di correre ai ripari
immediatamente.
Quando
si è reso conto che aveva legato le ali alla sua farfalla
per impedirle di volare le ha slegate subito.
E
adesso, a conti fatti, si accorge che è stato un bastardo
insensibile a tutto ciò che non era se stesso.
Per
difendersi, forse.
Per
sopravvivere, certamente.
Ma
il risultato non cambia
Con
il senno del poi...che cosa può fare per migliorare questa
situazione?
Nulla.
Può
forse pulire il mare con la forza delle sue braccia?
Può
ripulire la spiaggia da tutta la sporcizia che l'uomo ci ha buttato?
E
se anche lo facesse, se si mettesse li e, con la forza delle sue mani e
del suo cuore, tirerebbe su la merda che vede attorno a lui ... quanto
tempo ci vorrebbe?
Basterebbe
una vita?
La
sua?
Quanto
sta una ferita a rimarginarsi?
Quanto
tempo ci vuole affinché il mare torni pulito e limpido?
Affonda
le mani nella sabbia e le stringe forte, sente le minuscole particelle
che si infilano tra le sue dita serrate, che accarezzano la sua pelle,
le alza e loro scivolano via lentamente.
Non
si può trattenere ciò che non vuole restare con
te.
Ed
è quello che ha fatto lui, alla fine.
Credeva
di sentirsi meglio.
Credeva
davvero che, lasciandolo andare via, ogni cosa sarebbe tornata al suo
posto.
Ma
purtroppo non è così.
L'unica
volta che ha provato qualcosa che assomigli all'amore.
Vagamente.
Chiude
gli occhi e alza il viso verso il cielo.
Come
ama un lupo solitario?
Alla
fine...era amore vero?
Come
riconoscerlo se non hai mai amato prima nella tua vita?
I
capelli neri ricadono, disordinati, sulle sue spalle, mentre il sole
accarezza il suo viso.
Quei
lineamenti selvatici, gli zigomi alti, il naso rotto più
volte durante i suoi scontri con le mani di chi voleva farsi i fatti
suoi.
La
bocca chiusa in una linea sottile, dura.
Un
fascino antico, pericoloso.
E
una tristezza infinita che lo avvolge, come una cappa pesante di
umidità.
Quando
si alza per tornare a casa il sole è ormai basso
all'orizzonte.
I
colori accesi che regala si riflettono sui suoi occhi scuri e disegnano
ombre sul suo viso.
Le
poche persone che sono in spiaggia, nonostante le mucillagini, si
guardano bene dal rivolgergli la parola, intimidite dal suo portamento,
dalla decisione con cui cammina.
Nessuno
riesce ad incontrare quello sguardo per due volte di seguito , nessuno
riesce a penetrare dentro quegli occhi senza sentirsi braccato.
Inseguito.
E
stanato.
Attraversa
il sottopassaggio che gli permette di arrivare al di là
della ferrovia e l'impotenza sale alla vista della fogna a cielo aperto
che è diventato.
Scaricano
li i pozzi neri e quant'altro possano scaricare.
Hanno
messo giù bancali di legno per riuscire almeno a mettere i
piedi
all'asciutto,
ma nessuno fa altro.
Il
loro impegno è tutto qui.
Siamo
in Sicilia, si sente dire ogni giorno.
Che
cosa pretendi?
Tu
qui non ci abiti, ripetono sempre.
Ci
vieni soltanto tre mesi all'anno, come puoi pretendere di capire?
E
lui incassa e sta zitto, ripetendosi che non sono cazzi suoi.
Fino
a che punto, però, un uomo può continuare a
tacere senza reagire?
Si
fa schifo da solo, questa è la verità.
E
non c'è niente e nessuno che può cancellare
quello che sente, quello che prova.
O
meglio...qualcuno ci sarebbe...ma lui l'ha appena fatto allontanare.
Per
sempre.
Il
cellulare suona appena mette piede in casa.
La
tentazione di ignorarlo è fortissima.
Non
sopporta di essere controllato.
Non
se lo porta mai in giro per questo motivo ed è
già tanto se ce l'ha, un cellulare.
L'unico
motivo è che c'è qualcuno con cui non vuole
perdere i contatti, nonostante il desiderio di solitudine che l'ha
sempre accompagnato.
Qualcuno
che ha sempre rispettato la sua natura e la sua volontà,
limitandoci ad esserci quando lui aveva bisogno di lei.
Già
il fatto che sia una “lei” ha dell'incredibile.
Non
gli piacciono le donne.
Sempre
isteriche, permalose e con la sindrome della madre troppo sviluppata.
Ma
lei è diversa da tutte.
Lei
è quella che l'ha salvato quando stava per affondare, quando
era arrivato ad odiare il mondo intero con la stessa
intensità con cui odiava se stesso.
Guarda
il display e qualcosa che assomiglia ad un sorriso apre un po' la sua
bocca, per la prima volta da giorni.
<<
Sei in ritardo di una settimana, che hai fatto tutto questo tempo senza
chiamarmi?>>
La
sente respirare profondamente e si siede nella sua poltrona preferita,
l'unica della casa, davanti al ventilatore spento, la immagina nel suo
salotto, accovacciata nella stessa poltrona, comperata inseme.
I
piedi sotto di lei, il condizionatore al massimo e un tè
alla menta ben freddo nell'altra mano:
<<
Guarda che anche tu potevi farlo, la comunicazione funziona da tutte e
due le parti...va bè, che lo dico a fare?
Il
giorno in cui tu chiamerai qualcuno al cell cadrà il
mondo...>>
Scuote
la testa per poi rendersi conto che non può vederlo,
<<
infatti, ma tu non sei come me, un misogino bastardo e senza cuore.
Quanto
manca ?>>
Sospira,
carica di tensione...è sempre così prima di un
concerto importante.
<<
36 ore.
Fra
36 ore canterò il concerto più importante della
mia vita.
E
sono così tesa che potrei spezzarmi in due...Ho una paura
folle lupo, mai avuto così tanta paura in tutta la mia
vita>>
vorrebbe
essere li con lei, poter fare di più e non dover usare
parole che fa fatica a trovare, per consolarla :
<<
L'hai detto anche l'ultima volta e la penultima... lo dici sempre prima
di ogni concerto.
Hai
provato tutto il giorno, vero? Ascolatmi, non ho mai incontrato nessuno
con una voce come la tua.
Sai
emozionarmi come nessuno ha MAI fatto.
Mai.
Li
farai piangere tutti quanti, dal primo all'ultimo, e io sarò
in prima fila per sostenerti.. .>>
Nel
momento in cui lo dice si rende conto che è vero.
Non
è da lui.
Dopo
che era rimasto solo avevo giurato di non mettere piede fuori da questa
isola ma...per lei puo farlo.
Soltanto
questa volta.
E
le lacrime che sente attraverso il cellulare gli fanno capire che, per
una volta, ha fatto la cosa giusta.
L'unica.
In
fondo...forse. ..forse per un giorno non penserò a lui.
Per
qualche ora non ricorderò che razza di bastardo sia stato.
Alla
fine lo fa per se stesso.
Come
sempre.
<<
Ti ho lasciato un biglietto alla cassa, prima fila, poltrona
23...>>
sorride
apertamente questa volta, i miracoli si moltiplicano questa sera, pensa
quasi divertito:
<<
non avevi il minimo dubbio, eh?>>
<<diciamo
che ci speravo...è tutta la settimana che prego
affinchè questo accada >>
Chiude
gli occhi scuotendo il capo, la preghiera!
Folle
folle amica, che prega nonostante lui.
Nonostante
il suo scetticismo e la sua totale mancanza di inibizioni.
Nonostante
lui creda soltanto in se stesso e nelle sue forze, nelle sue braccia.
Non
si fida nemmeno del suo cuore, l'ha tradito una volta soltanto.
Una
volta di troppo.
Appena
termina la telefonata chiama all'aereoporto di Palermo e prenota un
posto sul primo aereo per Roma.
Poi
noleggia anche una macchina per permettergli di essere indipendente e
di potersi muovere come vuole una volta arrivato nella capitale.
Andrà
a dormire da Dea, come ogni volta.
Prepara
una borsa da viaggio leggera e ci mette dentro il libro che ha promesso
di far leggere all'unica donna di cui si sia innamorato.
Anche
se platonicamente.
E'
l'attimo prima di addormentarsi che arriva un ricordo, improvviso.
Si
rende conto che era li, in agguato da quando ha sentito la voce di Dea
al telfono.
Quella
voce calda, profonda, così simile alla
“sua”.
Un
pianoforte.
La
luce soffusa del palco che lo illumina.
E
un ragazzo che sta suonando, rapito.
Gli
occhi chiusi, le mani bianche, diafane quasi, che sfiorano i tasti e ne
traggono note splendide.
Si
addormenta così, con quel viso immerso nella musica, con
quella melodia nell'anima e si dice, ancora una volta, che ha fatto la
cosa giusta.
Forse
l'ha fatta per egoismo ma anche da una cosa sbagliata si può
trarre un profitto.
Quel
che conta e che il profitto l'ha tratto la persona giusta.
Quel
che conta è che quella musica non si spenga mai.
Quindi
non sa spiegarsi il perchè l'indomani mattina, al suo
risveglio, trova il cuscino bagnato dalle lacrime e gli occhi rossi.
E
gonfi.
Come
piangono i lupi?
La
loro volontà di ferro impedisce di farlo durante il giorno.
Ma
la notte, quando l'istinto selvatico prende il sopravvento, quando la
razionalità si fa da parte...allora il dolore arriva con la
potenza di un uragano e abbattono le loro difese.
Allora
soltanto quando il Lupo torna lupo riesce a mostrare la sua ferita che
sanguina ancora?
Diventa
“umano”?
Gli
occhi grigi, prfondi, dall'inconfodibile taglio si riducino a due
fessure sottili mentre la volontà torna a prendere il
sopravvento sull'anima.
Ancora
una volta il Lupo prende il sopravvento.
Fino
a quando?