Rosso
come il sangue
Il
rumore delle onde che si infrangono contro gli scogli è
l'unico suono che riesce a calmarmi.
Guardo
il sole, che si è tuffato nell'oceano ed ha colorato di
rosso ogni cosa.
Osservo
le rare nuvole che passano, pigre.
Medito
sulle acque ingannevoli che riflettono questo cielo come se fossero un
tutt'uno.
Perfino
io, agli occhi di qualche passante, rifletto questi colori sanguigni.
Forti.
Accesi
di una passione latente, forte come il sangue che scorre nelle vene.
Sospiro
stancamente e guardo ancora una volta le acque che, con il loro canto,
sembrano invitarmi a raggiungerle.
Sarebbe
così facile.
Sarebbe
fin troppo facile lasciarmi andare e cancellare tutto, far si che
quelle onde si richiudano su di me, che quel rosso mi avvolga e mi
cancelli completamente.
Smettere
di respirare, di pensare.
Fare
a meno di quella fatica immane che è vivere.
Eppure
so benissimo che non servirebbe a nulla.
A
nulla.
So
che qualsiasi cosa io possa fare, qualsiasi cosa io possa pensare o
dire il presente non cambierà.
Non
si modificherà nulla.
Qui
o...là...qualsiasi luogo sia là...non lo
incontrerò.
Non
lo incontrerò mai più e la colpa è
solo mia.
Completamente
mia.
Mi
metto a ridere forte...alla fine sto facendo quello che non ho mai
fatto quando era qui con me.
Sto
ammettendo a me stesso che ho sbagliato tutto.
Ogni
cosa.
Che
se sono rimasto solo, sera dopo sera, a guardare il tramonto
nell'oceano, cercando il coraggio di far terminare con un tuffo la mia
vita, è unicamente per colpa mia.
Soltanto
per colpa mia.
Mi
fa schifo questo pensiero.
Mi
fa ribrezzo il mio affondare lentamente, giorno dopo giorno,
nella melma del mio dolore.
Mi danno
nausea la mia debolezza, la mia vigliaccheria.
Eppure nemmeno
questo basta.
Guardo
le mie mani e le vedo ancora piene di sangue.
Vedo
il suo sguardo, sgomento prima e triste poi...e sento ancora il furore
che si impossessa di me.
Se
potessi tornare indietro rifarei lo stesso errore?
Se
potessi tornare indietro lo rifarei di nuovo?
SI', MALEDIZIONE!!!
Lo
rifarei ancora.
Ed
è per questo che sono condannato ad un'eterna solitudine.
Continuo
a guardarmi le mani e la mia mente torna indietro nel tempo e nel luogo.
Come
una scheggia l'antico dolore si conficca nella mia mente ed inizio a
sanguinare di nuovo.
Ancora
ed ancora.
Quella
notte è scolpita in me e non la dimenticherò mai
più.
Eppure...eppure
è stata soltanto l'ultima fase di un processo già
iniziato da tempo.
Un
processo che ha preso il via quando Robert è entrato nella
nostra vita, anzi...nella sua.
Scuoto
la testa con rabbia...lo sapeva che eravamo una coppia.
Lo
sapeva che stavamo insieme, lo avevo avvertito di stargli alla larga.
Ma
lui no...lo voleva a prescindere da me.
E
da Lucien.
Lo
voleva a tal punto da forzarlo.
Quando
Lucien si fu reso veramente conto delle sue reali
intenzioni, lo allontanò.
Non
mi sono fidato di lui?
E'
successo davvero questo?
Sono
incorreggibile.
Ancora
adesso, a distanza di tempo, non riesco a capire perfettamente se la
mia è stata davvero mancanza di fiducia o semplice e puro
istinto di conservazione.
La
cosa importante è che Lucien non me l'ha mai perdonato.
L'oscurità
sta prendendo il posto del tramonto.
E'
arrivata senza che io me ne rendessi veramente conto, come ogni sera
del resto.
E'
la mia maledzione?
Forse...forse
la mia condanna per ciò che ho fatto è proprio
questo ricordo che, incessante, arriva ogni sera e mi fa rivivere ,
attimo per attimo, la mia fine.
Come
al rallentatore rivedo il momento in cui lui aveva afferrato Lucien per
le spalle, lo aveva attirato a se, lo aveva addossato al muro e lo
aveva baciato con rabbia.
Rivedo
le sue mani che stringevano quelle spalle conficcandosi nella pelle.
E
sento ancora il furore che mi acceca.
Solo
perchè sono tornato indietro a prendere la giacca che avevo
lasciato a casa sua.
Vorrei
tanto poter affermare che è stato un sesto senso.
Che
ho sentito il pericolo...ma non è andata così.
Non
ho sentito nulla...se non il vento che si era improvvisamente alzato ed
il freddo che mi entrava nelle ossa.
Quello
mi permise di vedere tutto.
Ogni
cosa.
Lucien
era ancora lì a guardare il punto in cui ero
sparito...avevamo litigato anche quella notte per colpa mia e della mia
gelosia.
Dio...come
vorrei cancellare dalla mia mente quella scena.
Quella
scena non mi da tregua.
Quelle
mani che lo afferravano, quella bocca che lo baciava.
Egli che
tentava di respingerlo e che veniva colpito da un pugno.
Non
ci vidi più.
Mi
alzo in piedi e resto fermo lì, a guardare
l'oscurità che mi avvolge dove c'è l'oceano
celato dalla notte ormai avanzata.
Non
riuscì a fermarmi.
Nemmeno
Lucien riuscì a fermarmi.
Nemmeno
la sua voce che mi implorava ne le sue mani che cercavano di fermarmi.
Quando
tornai in me avevo le mie mani piene di sangue...del sangue di un'altro
essere umano.
E
non ne ero affatto pentito.
Fu
questo che ci divise.
Che
lo fece allontanare da me.
Torno
indietro lentamente, ripercorrendo quel sentiero che ormai potrei fare
ad occhi chiusi.
Il
suo ultimo abbraccio...io ancora sporco di sangue, lui che appoggiava
la sua testa sul mio petto.
Sconfitto.
Lo
sapevo, lo sapevo che lo avevo perso.
Lo
sapevo che nessuna delle cose che potevo dire gli avrebbe fatto
cambiare idea.
Avevo
ucciso per lui.
E
questo non l'ha mai perdonato.
Ne
a me ne a se stesso, incolpandosi di non essersi accorto in tempo delle
reali intenzioni di colui che giudicava un amico.
Di
non avermi ascoltato.
E
di non essere riuscito a fermarmi.
Evitai
la prigione.
Non
mi denunciò mai, consapevole che la peggior prigione che
potessi mai avere me la sarei costruita da solo.
Entro
in casa e vado in cucina a mettere su la cena, mentre il rumore
dell'oceano invade la stanza dalle finestre aperte.
Lo
sguardo mi cade sulla segreteria telefonica...sta lampeggiando.
La
ascolto sapendo già che cosa sentirò: il suo
respiro.
Come
ogni sera.
Sta
aspettando.
Sta
aspettando che io mi penta di quello che ho fatto.
Che
io capisca che la vita umana, qualsiasi essa sia, di chiunque,
è preziosa ed unica.
E
che nessuno può fermarla.
Per
nessun motivo.
Nemmeno
per salvare il proprio compagno.
Basterebbe
che io alzassi quella maledetta cornetta.
Egli
tornerebbe qui, con me.
Ma
io non sono ancora pentito e non so se mai lo sarò.
Ogni
volta che rivedo il corpo di quel maiale su di lui che lo bacia, che lo
morde, che lo colpisce con un pugno...impazzisco.
Ancora.
So
che è tutta colpa mia.
Lo
è stata quella volta e lo è tutt'ora.
Lo
sapevo che facendo così lo avrei perso.
Ma
l'ho fatto lo stesso.
Lo
so che continuando a tacere lo tengo lontano da me.
Ma
lo faccio lo stesso.
Ed
è proprio per questo che lo amo.
Per
questo suo essere così diverso da me.
Così
calmo, così sicuro nelle sue certezze.
Così
integerrimo nella sua onestà.
Non
c'è una via d'uscita.
Non
riesco a pentirmi di aver ucciso un uomo...e non riesco a toglermi la
vita.
Posso
solo vivere in questa prigione, dove io sono l'unico carceriere, dove
solo io ho le chiavi.
Nell'aria
si alza il canto malinconico di un animale notturno... mentre mi siedo
a mangiare davanti ad una TV perfettamente spenta.