4° capitolo
Forse non lo sai
\\Vorranno
la
foto col sorriso deficente,
diranno:
"Non
ti agitare, che non serve a niente",
e
invece tu grida forte,
la
vita contro la morte.
R.
Vecchioni\\
Il loro
incontro sucessivo non è che fu più semplice del primo.
Etienne
lavorava ogni mattina all'Arc en ciel, una comunità di disabili, il cui
Presidente,Jean
Pierre, era un caro amico di suo fratello.
Si occupava
della radio libera e teneva anche dei corsi sulla comunicabilità che
riscuotevano un
certo successo.
Adorava il suo
lavoro e cercava di trasmettere,a tutti quelli che lo
ascoltavano,
quell'amore per la musica che, per lui, era stato fondamentale
nella sua
rinascita.
Alla musica lui
doveva la vita.
Quella mattina,
chiaramente, Louis occupò gran parte delle ore.
Parlò del
concerto della sera prima, della magia che l'aveva avvinto in quelle
due ore
abbondanti dove Luois si era scatenato e aveva fatto battere il cuore a
tutti loro,
cantando con lui tutte le canzoni.
Parlò anche di
"sotto la maschera", delle luci che si accesero, di lui che era
salito dietro
al palco e da li aveva ascoltato, emozionatissimo, la sua canzone
preferita.
Ma non disse
nulla dell'incontro nella piscina.
Nè di quello
che accadde dopo.
Quelle erano
cose soltanto sue, sue e di nessun'altro.
Sue e di Louis,
si corresse mentalmente.
Vederlo in
costume accanto a sè, sentire il suo calore, vedere il suo sorriso da
vicino, quel
sorriso vero, unico, che entrava dentro di te e non si accontentava
della facciata
che offrivi a tutti...bè, quello non l'avrebbe detto a nessuno.
Così come
nessuno avrebbe saputo nulla di quello che gli aveva raccontato.
Di Anna.
E del dolore
immenso che aveva lasciato nel suo cuore.
Adesso, ogni
volta che ascoltava "sotto la maschera" non poteva fare a meno di
ricordare le
parole di Louis e quello che aveva letto nei suoi occhi mentre
raccontava.
Mentre metteva
a nudo un pezzo della sua anima con colui che, in fondo, era un
estraneo.
Una parte della
sua mente, quella che non riusciva a mettere a tacere nemmeno
con la forza,
continuava a chiedergli "perchè".
Perchè si era
confidato proprio con lui che era, alla fine, un estraneo?
Una storia così
personale, così profonda, che lasciava nell'animo cicatrici che
bruciavano più
del fuoco, come poteva essere confidata ad un ragazzo che avevi
appena
conosciuto?
Eppure anche
lui aveva sentito quel legame che si era instaurato tra loro appena
si erano
guardati.
Ok, doveva
ammettere che si lasciava una porta aperta per quel che riguardava le
alchimie
particolari che si innescano tra due persone, anche dello stesso sesso,
come loro.
Ma per lui era
più facile.
Sapeva di
essere gay e di essere attratto da Louis.
Attratto
completamente, da ogni punto di vista.
Ma si rifiutava
anche soltanto di pensare che anche per il cantante fosse la
stessa cosa.
Se soltanto lo
faceva andava in tilt e non capiva più nulla.
Eppure, quando
riusciva a mettersi in riga da solo con molto autocontrollo, ecco
che arrivava il
ricordo della fine di quella serata meravigliosa, che lo faceva
ripiombare
nella confusione più totale.
Quando, a notte
"quasi" fonda, Louis lo accompagnò a casa.
Non volle che
chiamasse suo fratello ma lo aiutò a sedersi in macchina, dopo che
lui gli spiegò
come fare.
Attese che
fosse lui a chiedeglielo e soltanto per questo gli permise di farlo.
Di prenderlo in
quella maniera intima che soltanto a suo fratello era consentita
e di farlo
sedere nella sua macchina.
Per tutta la
strada Etienne gli guardò il profilo perfetto, quei capelli biondi
che si
inanellavano attorno al viso, la bocca carnosa, con quell'accenno di
sorriso che gli
faceva battere il cuore molto più forte del normale.
Temeva quasi
che lui potesse sentirlo.
Temeva il
momento in cui sarebbero arrivati, perchè così quella serata
incredibile
sarebbe finita e, con l'indomani, sarebbe diventata il suo passato.
Ma, nello
stesso momento non vedeva l'ora di arrivare per essere preso di nuovo
da lui, per
sentire ancora le sue mani che lo abbracciavano.
In quei momenti
lasciava che i suoi capelli neri gli oscurassero il volto
affinchè Louis,
che ogni tanto si voltava a guardarlo, non potesse leggergli
quel desiderio
incredibile che scatenava in lui con la sua sola presenza.
Ma anche la
strada terminò e arrivarono a casa sua.
Louis lo aiutò
di nuovo e Etienne sentì lo stomaco contrarsi ancora,
dolorosamente
quasi.
Fu quando lo
lasciò sotto casa sua che accadde.
Etienne aprì la
porta e fece per entrare, dopo averlo ringraziato, quando Louis
si inginocchiò
davanti a lui.
Facendogli
spalancare gli occhi
Ma questo fu
nulla se paragonato a quello che provò quando gli prese le mani e
baciò la punta
delle dita.
"Tornerò".
Solo questo
disse.
"Tornerò".
Ma per Etienne
era come se avesse cantato un intero concerto solo per lui.
Per Louis
quella fu una giornata molto strana.
Alle nove di
mattina era già in macchina, diretto verso Orleans, dove avrebbe
dovuto fare il
concerto quella sera stessa.
10 tappe che
avrebbero toccato le principali città della Francia.
Dopo di che
avrebbe continuato la sua tournèè nel resto dell'Europa, con due
concerti per
ogni stato.
Una pausa di
sei mesi per seppellirsi in sala d'incisione e terminare il suo
ultimo disco e
poi la tuornèè sarebbe continuata in America, negli USA.
Questo era il
calendario del 2011 che aveva fatto lui stesso, con l'aiuto di sua
sorella e della
sua casa discografica.
SUA nel senso
che era proprio...sua, creata da lui.
Eppure Nantes
gli era rimasta nel cuore.
Nantes ed
Etienne.
Le lacrime che
aveva versato per lui e per Anna.
Per quella
storia che aveva raccontato, stupendo se stesso per primo.
Nessuno la
conosceva se si eccettuava Paul, che era con lui già ai tempi di
Anna.
Tutti gli altri
arrivarono dopo e lui non disse mai ad anima viva per chi era
stata scritta "
Sotto la maschera", tantomeno ai giornalisti, chiaramente.
Era andata a
seppellirsi in quella parte di se che era perennemente in ombra,
per non
soffrire troppo.
Per non odiare
ancora chi aveva già pagato con la vita.
Eppure quel
ragazzo piccolo e magro, su quella sedia a rotelle, era riuscito a
scardinare il
suo cuore come nessuno aveva mai fatto prima.
Durante la
strada la musica dei Pink Floid si alternava a quella dei Linkin Park
dagli
altoparlanti del suo stereo, in una fusione perfetta di due modi
diversi
di fare rock ,
gli unici che lui amava profondamente.
Quando era in
viaggio ascoltava soltanto loro, con qualche tocco dei Muse ,
degli AC DC e
dei Doors.
Raramente
metteva su qualcos'altro.
La musica
classica la riservava ai momenti in cui era a casa.
Quando doveva
rilassarsi e staccare tutto quanto per lasciar libero Louis
l'uomo.
Quell'uomo che
sentiva, a volte, prigioniero dentro se stesso, in silenzio, in
attesa di avere
di nuovo la parola.
E quando creava.
In quei momenti
soltanto Chopin riusciva a ridargli quella pace che aveva
provato quando
si era chinato davanti ad Etienne e lo aveva guardato negli
occhi.
Lì, su quelle
piastrelle, davanti a casa sua, si era sentito al posto giusto nel
momento giusto
e questo era molto difficile che accadesse con un'altro essere
umano che non
fosse la sua famiglia.
Il suo sguardo
si era insinuato dentro di lui, negli anfratti oscuri della sua
mente e li
aveva illuminati così, semplicemente.
Aveva preso il
posto della musica, anzi, di più.
Era diventato
musica lui stesso.
Per quel motivo
gli aveva baciato la punta delle dita dicendogli che tornerà.
Ed aveva
davvero intenzione di farlo.
In qualsiasi
parte della Francia lui avrebbe suonato sarebbe andato a prenderlo
per stare
ancora con lui, ancora una volta almeno.
Non sapeva che
cosa voleva da Etienne esattamente.
Bè...forse
un'idea ce l'aveva in effetti ma...non era per questo che voleva
vederlo, non
solo almeno.
Sapeva che
c'era la possibilità di essere attratto dai ragazzi.
Non era del
tutto sicuro di essere gay, aveva avuto delle storie con
... alcune
ragazze ma non erano mai diventate serie e, dentro di lui,
l'insoddisfazione
cresceva a dismisura.
Anna continuava
a rimanere là, in quel posto della sua mente dove l'aveva messo
per non
impazzire, per non farsi divorare dalla rabbia e dal dolore.
E copriva, con
la sua ombra, tutte coloro che si avvicinavano a lui in
maniera...intima,
diciamo così.
Fino a fargli
pensare di essere omosessuale.
L'unico
contatto serio fisico lo ebbe con Anna.
Una volta
soltanto, a casa sua.
Fu Anna che
fece quasi tutto e lui lo lasciò fare, consapevole che per Anna era
vitale, che
aveva un bisogno disperato di sentirsi parte di qualcuno, di sapere
che non era
solo in questo fottuto mondo, come diceva quando non c'era nessuno
con loro e
poteva diventare, finalmente, se stesso.
E le lacrime di
gioia che vide nei suoi occhi furono più profonde del piacere
che lui stesso
provò.
Bastava quello
a considerarlo gay?
Davvero bastava?
Anna era
diverso da qualsiasi altra persona, non aveva fatto l'amore con lui
perchè, in
quanto ermafrodita, era anche un ragazzo.
Oh no, affatto.
Aveva fatto
l'amore con lui perchè lo amava.
E dopo di lui
non aveva amato più nessuno in quel modo profondo e totale.
Eppure adesso
era lì, in macchina, ascoltando Hey you mentre stava pensando a
come fare per
vedere Etienne di nuovo.
Mentre si
rivedeva chino davanti a lui, con le mani nelle sue e le labbra sulla
punta delle sue
dita.
Voleva
rivederlo con tutto se stesso, questa era la verità.
E al diavolo i
come e i perchè.
Fermò la
macchina in una piccola area di sosta, abbassò la capote dopo aver
bevuto un caffe
nero e continuò il viaggio con il sole che lo inondava e il
vento che
affondava nei suoi capelli, come mille dita violente, dure.
Profonde.
Non si era mai
sentito così vivo da 15 anni a questa parte.
Quando Etienne
se lo vide capitare davanti casa sua gli venne un colpo,
chiaramente.
Erano passati
tre giorni e non credeva, onestamente, che lo avrebbe rivisto così
presto.
Non si erano
scambiati nulla, nè numeri di cellulare nè mail.
Louis sapeva
dove abitava e questo era tutto.
E poi c'era,
chiaramente, quella promessa che non riusciva a dimenticare.
Erano stati gli
occhi che l'avevano colpito più delle parole.
Penetranti,
decisi.
Lo sguardo
diretto e limpido.
Senza
tentennamenti ne indecisioni.
"Fidati "
Questo gli
stavano dicendo.
E lui, per
quanto assurdo potesse sembrare, si fidava.
Contro ogni
logica.
Incoerentemente.
Però si fidava.
Fu per questo
che non cadde svenuto, probabilmente.
"Sei pronto?"
Tutto qua.
Come se fosse
normale per lui essere li, a quell'ora.
Lo aiutò a
salire in macchina, così come aveva fatto la volta scorsa, ricordando
perfettamente
quello che gli aveva detto.
Sembrava che lo
avesse fatto infinite volte e lui si chiese se davvero, nella
sua vita, non
ci fosse qualcuno su una carrozzina.
Questo avrebbe
spiegato molte cose chiaramente ,ma non chiese nulla.
Parlò
pochissimo anche perchè preferiva fare tesoro di ogni attimo che
stavano
vivendo, senza
sprecare nulla e le parole, a volte, erano davvero superflue.
Qualunque posto
fosse sarebbe stato perfetto, ne era sicuro.
E poi...amava
le sorprese.
Il sole
illuminava i capelli biondi di Louis facendoli brillare come se fossero
oro fuso.
La capote era
alzata per far spazio alla carrozzina ma i finestrini aperti
permettevano al
vento di spettinare i loro capelli e accarezzare la loro pelle.
Non gli chiese
dove lo stesse portando, non aveva importanza, lasciava,
semplicemente,
che la macchina divorasse l'asfalto mentre la voce di Chester
accompagnava la
loro corsa.
Il volume non
era alto, doveva solo accompagnarli, non prendere il loro posto,
ma Etienne non
si stupì nemmeno di quella scelta.
Anche a lui
piacevano i Linkin Park.
E i Pink Floid,.
E tutti i
gruppi Rock del passato e gran parte del presente.
Ma Louis era un
gradino sopra tutti.
La sua musica
riusciva a penetrare in lui in profondità, arrivava là dove non
permetteva a
nessuno di arrivare e riusciva a dargli quella speranza che gli
permetteva di
non morire insieme alle sue gambe.
Era difficile
da spiegare, specialmente per lui.
Etienne e le
parole non andavano molto daccordo e quando ci provava, a
raccontarsi,
rimaneva inevitabilmente deluso da se stesso.
Anche per
questo Louis gli piaceva, per quel suo non fare domande di nessun
tipo.
Lasciava che
fosse lui a parlare, a raccontarsi, senza forzarlo in nessun modo e
forse fu
proprio per quello che, alla fine, gli raccontò di suo fratello.
Quando
arrivarono al mare l'aria che profumava di salsedine gli diede il
benvenuto.
Il primo
ostacolo si pose quando terminò il marciapiede e iniziò la sabbia.
Etienne vide
Louis che si guardava attorno, lo vide cercare una qualsiasi pedana
in cemento che
potesse permettergli di arrivare fino al mare e,non trovandola,
voltarsi verso
di lui, guardandolo negli occhi.
Un brivido gli
attraversò il corpo.
Non poteva
farlo, non li, a quell'ora, in pieno giorno.
" L'uomo riesce
ancora a stupirmi...e non sempre in bene "
Si accovacciò
davanti a lui e continuò a parlare guardandolo direttamente negli
occhi:
"Vorrei
portarti sulla sabbia, davanti al mare.
Amo
profondamente il mare e mi piacerebbe sedermi li, dove l'acqua bagna la
sabbia, con te.
Posso portati
con me? "
Non si mosse da
quella posizione, Etienne poteva vedere le profondità dei suoi
occhi screziati
di un blu intenso e si chiese, vagamente, che cosa doveva
rispondere.
Senza dubbio
Louis aspettava una risposta da lui ma...lui faceva fatica anche a
ricordarsi come
si respirava.
Fece un
impercettibile cenno con il capo e sperò che bastasse.
Ed in effetti
bastò.
Bastò così bene
che quasi non vide le braccia di Louis che lo presero e lo
sollevarono
come se fosse un fuscello portandolo sulla spiaggia.
Come si può
capire quando un momento è quello perfetto?
Davvero,
nell'attimo in cui lo vivi, riesci a rendertene conto?
Oppure soltanto
dopo, quando è passato e tu rivivi mentalmente tutta la scena,
ti accorgi che
hai vissuto quello che hai atteso per tutta la vita?
Senza quasi
rendertene conto?
Il posarsi
delle labbra sulle sue fu semplice e leggero, come se fosse
assolutamente
naturale.
Come se, per
loro, fosse una funzione normalissima, fatta milioni di volte.
Poi lo mise
giù, sulla sabbia umida, preoccupandosi che non fosse troppo
bagnata.
Etienne
respirava a fatica cercando di ricordarsi come si faceva e che cosa
fosse successo
esattamente.
Davvero lo
aveva baciato?
Bè...quello era
un semplice sfiorarsi delle labbra, non poteva considerarsi un
bacio, si
ripeteva per restare con i piedi ben ancorati al terreno, ma non è che
funzionasse poi
molto.
Louis
continuava a parlare lentamente, quasi con pigrizia, di tutto quello
che
gli passava per
la mente, di tutto quello che quel mare gli faceva provare.
E lui
continuava a pensare a quell'attimo in cui aveva chinato la testa e,
senza
chiudere gli
occhi, aveva posato le labbra sulle sue.
' A momenti mi
viene il diabete se continuo così' pensò seriamente preoccupato
mentre
ricordava come ,nelle iridi di Louis, ci fossero tutte le tonalità
dell'azzurro.
Ad un certo
punto lo vide voltarsi e fermarsi a guardarlo con attenzione,
intensamente.
Immediatamente
il suo stomaco si annodò dolorosamente, si impose di respirare
profondamente
per cercare di riprendere una parvenza di normalità e, stupendo
perfino se
stesso, ci riuscì.
Ci riuscì così
bene da non sussultare quando le dita di Louis gli sfiorarono,
lievi, i
capelli.
Gieli
spostarono con delicatezza scoprendo le cicatrici che attraversavano
quella parte
del volto così accuratamente nascosta.
Le accarezzo
piano, passando i polpastrelli sull'epidermide sensibile e a
Etienne sembrò
di essere attraversato da una scossa elettrica.
Non aveva
permesso mai a nessuno di fare una cosa del genere.
Mai.
Non era una
questione di paura , non era per questo che non si era fatto toccare
da nessuno in
quel modo.
Era qualcosa di
molto più complesso che lo colpiva in un punto scoperto, dove
lui non aveva
difese.
Louis stava
passando le dita, leggere, su ogni cicatrice e la pelle, dove lui la
toccava, si
tendeva come se stesse rispondendo al suo tocco.
Lo vide
avvicinarsi ulteriormente e sentì, di nuovo, la delicatezza delle sue
labbra là dove
i cristalli ,che erano esplosi ,avevano lacerato la pelle in
profondità.
Come poteva
fare una cosa del genere?
Lui stesso
aveva avuto bisogno di tempo prima di potersi guardare allo specchio.
Poi per quel
che riguarda farlo con serenità...quello era un'altro discorso,
troppo
difficile da affrontare perfino con se stesso.
E adesso ...
adesso arrivava Louis e faceva quel gesto così semplice, così
intimo...così
pulito e profondo.
Che frantumava
le sue già deboli difese e gli chiedeva di fidarsi di lui.
Soltanto questo
stava dicendo con quelle labbra sulle sue ferite:
Fidati di me.
Fidati.
Di me.
E lui, contro
ogni logica e ogni ragionamento sensato...voleva farlo.
Oh si...voleva
farlo con tutto se stesso.
Arrivò l'alba e
li trovò addormentati in macchina davanti al mare.
Volevano
vederla insieme e invece, insieme, avevano dormito.
Scomodissimi, a
dire il vero ma di questo se ne resero conto soltanto quando il
cellulare di
Etienne suonò, alle 5 ,30 di mattina.
Il cielo era
una profusione di rosa e rosso...ma di quel rosso tenue e delicato
che preannuncia
il nuovo giorno.
Etienne rispose
sapendo già chi era: suo fratello.
E fu solo per
questo che rispose, in effetti.
Jean doveva
essere preoccupato da morire per averlo chiamato al cell a
quell'ora.
" Cazzo
Etienne...ma dove sei andato a finire? E' da 12 ore che ti cerco..."
Rispose un po'
seccato, forse l'aveva cercato ma non al cell di sicuro o
l'avrebbe
sentito...
" Dove mi hai
cercato? Il mio cell era acceso e..."
"A casa tua ti
ho cercato, dovevo accompagnarti in piscina ieri pomeriggio per
la ginnastica,
non ti ricordi?
Ho pensato che
forse eri andato là con i tuoi mezzi e invece non c'eri nemmeno
in piscina e
allora..."
Etienne lo
fermò con un mezzo sorriso.
La "seccatura"
era passata, alla fine Jean era la sua famiglia, tutta la sua
indipendenza
era possibile perchè c'era lui che lo aiutava, di questo ne era
assolutamente
consapevole:
"Jean calmati,
bastava che mi telefonassi, ti avrei detto che ero via con Louis
e che mi ero
dimenticato..."
Silenzio per un
momento, ma invece di sentirlo cadere per terra dallo stupore
fu suo fratello
che lo stupì per primo:
" E' per quello
che non ti ho chiamato, ero sicuro che fossi con Louis
altrimenti mi
avresti avvertito prima.
Lui è l'unico
che riesce a farti dimenticare ogni cosa, è sempre stato così.
Ma
adesso...adesso ho avuto paura improvvisamente.
Sono uscito di
casa e sono venuto da te, non c 'era nessuno.
Tu lo conosci
ma io no...credo che, alla fine, dovrei scusarmi io con te per non
essermi
fidato..."
Forse Jean non
se ne era reso pienamente conto ma gli aveva appena detto le
parole più
belle che mai un fratello potesse dire.
Le sentiva nel
suo cuore e lo stavano riscaldando piano, come se l'ultimo
tassello fosse
andato a posto improvvisamente.
La voce calda
di Louis arrivò al suo orecchio mandando ulteriori emozioni al suo
povero cuore
messo così a dura prova da quella giornata incredibile:
" Digli che
adesso sei con me e non deve più preoccuparsi di te e..." Etienne
glielo passò
con un sorriso, tra le lacrime.
E chi sarebbe
riuscito a parlare in quel momento? Per chi lo prendevano?
" Sono Louis,
grazie per quello che hai fatto fino ad ora.
Adesso ci sarò
anche io accanto a Etienne , non sarai più solo..."
Non seppe mai
che cosa suo fratello gli disse, quei due non glielo rivelarono
nemmeno sotto
minaccia.
Ma, senza
dubbio, quella telefonata aveva cancellato il peso immenso che Jean si
portava dietro.
Il senso di
colpa è un animale strano e completamente diverso da tutti quelli
che si
conoscono.
Arriva
strisciando e si nascondce nel tuo sangue.
Come un
parassita si nutre di te lentamente fino a diventare ,così, parte
integrante
della tua vita.
Jean ne era
schiacciato, ritenendosi responsabile di tutto quello che era
successo.
Ogni mattina si
svegliava sperando di essere lui al posto di suo fratello.
Ogni mattina
apriva gli occhi sperando di essere su quella carrozina e, quando
si rendeva
conto che non era così, si alzava, stanco, sfinito emotivamente.
Non guarì
subito, certamente non basta così poco ma...il rumore netto che fece
la sua anima
quando si liberò di quel parassita fu chiaro e preciso e Jean
seppe, senza
ombra di dubbio, che suo fratello era completamente e follemente
felice.
Per la prima
volta in vita sua.
E che il merito
era tutto di Louis.
E questo, a
lui, bastava.
La macchina
correva sull'asfalto divorando i kilometri che li separavano dalla
loro prossima
tappa dove Louis avrebbe suonato quella sera stessa.
Accanto a lui
Etienne riposava mentre i Dors facevano da sfondo.
Era quasi
mezzogiorno di una splendida giornata di fine Maggio.
\Eplilogo\
"Baby
per piacere non piangere ,
tu
devi tenere la testa alta
Anche
quando la strada si fa dura,
non
ti arrendere mai .(2 Pac) "
La telefonata
arrivò quando il concerto era iniziato da una buona mezz'ora, al
cellulare di
Etienne.
Era, come
sempre in quegli ultimi due anni, dietro il palco e stava registrando
tutto cercando,
nello stesso momento, di conservare dentro di se quello che un
semplice
registratore non poteva catturare.
Perchè poi,
quando il concerto sarebbe finito, Louis gli avrebbe chiesto le sue
impressioni e
avrebbe voluto ascoltarle insieme al concerto registrato.
Nella piscina
dell'albergo,
Come due anni
fa.
Chiaramente non
c'era la suoneria, altrimenti Louis gli avrebbe sparato, ma
soltanto il
vibro che però era molto efficace, infatti lo sentì subito...era
come avere un
intero alveare nel taschino della leggera camicia che indossava
quella sera.
La voce della
seconda sorella di Louis superava di gran lunga quella della
musica e questo
la diceva lunga sulla sua agitazione (va bè che Samantha era
SEMPRE
agitata...):
" E nato...è
nato Stefan, lui e Ariel stanno benissimo.
Pesa tre kili e
mezzo ed è bellissimo, tutto sua zia!! Avverti tu il mio
piccolino per
favore..." mise giù senza dargli il tempo di infilarci nemmeno
mezza parola ed
Etienne sorrise sconcertato, come sempre quando parlava con lei.
Il 'piccolino'
in questione era Louis, chiaramente.
Stefan pensò
con commozione gli ha messo nome Stefan, come l'amico di Louis.
Sentì le
lacrime che, come sempre in quegli utltimi due anni, gli scendevano
senza che lui
potesse fare qualcosa per opporsi.
Era come se le
sue emozioni, che aveva sempre controllato, ormai si facessero
beffe di lui e
dei suoi tentativi di rinchiuderle nuovamente dentro di se.
E mai sconfitta
fu più bella, onestamente.
Andò a prendere
dal loro camerino un pezzo di carta grande che, ricordava
perfettamente,
aveva visto li dentro prima del concerto, inmezzo al caos che
solo Louis
sapeva fare così bene.
E con un
pennarello rosso, scrisse a caratteri cubitali:
Siamo zii, è
appena nato Stefan!!!
Tornò dietro il
palco e, appena Louis si voltò verso di lui, glielo fece vedere.
Per poco non
gli venne un colpo chiaramente ed Etienne, che lo aveva fatto
apposta, gioì
nel riuscire a stupirlo sempre.
Di sicuro non
si annoiava con lui.
Mai, nemmeno
per sbaglio!
Ma anche Louis
sapeva il fatto suo, infatti...
" Volevo
dedicare la prossima canzone a Stefan, mio nipote nato proprio adesso,
e a Stefan mio
grande amico, che mi ha insegnato il coraggio di vivere.
Auguro a mio
nipote lo stesso coraggio e la stessa forza che ha sempre avuto lui
nella sua vita."
Ecco...di nuovo
le lacrime...che gli venisse tutto il bene del mondo...ci riesce
ogni volta!!
Ma lo pensò
mentre rideva e come riuscisse a farlo contemporaneamente...soltanto
lui lo sapeva.
E Louis.
FINE