4° capitolo
Forse non lo sai

\\Vorranno
la foto col sorriso deficente,
diranno:
"Non ti agitare, che non serve a niente",
e invece tu grida forte,
la vita contro la morte.
R. Vecchioni\\

Il loro incontro sucessivo non è che fu più semplice del primo.
Etienne lavorava ogni mattina all'Arc en ciel, una comunità di disabili, il cui
Presidente,Jean Pierre, era un caro amico di suo fratello.
Si occupava della radio libera e teneva anche dei corsi sulla comunicabilità che
riscuotevano un certo successo.
Adorava il suo lavoro e cercava di trasmettere,a tutti quelli che lo
ascoltavano, quell'amore per la musica che, per lui, era stato fondamentale
nella sua rinascita.
Alla musica lui doveva la vita.
Quella mattina, chiaramente, Louis occupò gran parte delle ore.
Parlò del concerto della sera prima, della magia che l'aveva avvinto in quelle
due ore abbondanti dove Luois si era scatenato e aveva fatto battere il cuore a
tutti loro, cantando con lui tutte le canzoni.
Parlò anche di "sotto la maschera", delle luci che si accesero, di lui che era
salito dietro al palco e da li aveva ascoltato, emozionatissimo, la sua canzone
preferita.
Ma non disse nulla dell'incontro nella piscina.
Nè di quello che accadde dopo.
Quelle erano cose soltanto sue, sue e di nessun'altro.
Sue e di Louis, si corresse mentalmente.
Vederlo in costume accanto a sè, sentire il suo calore, vedere il suo sorriso da
vicino, quel sorriso vero, unico, che entrava dentro di te e non si accontentava
della facciata che offrivi a tutti...bè, quello non l'avrebbe detto a nessuno.
Così come nessuno avrebbe saputo nulla di quello che gli aveva raccontato.
Di Anna.
E del dolore immenso che aveva lasciato nel suo cuore.
Adesso, ogni volta che ascoltava "sotto la maschera" non poteva fare a meno di
ricordare le parole di Louis e quello che aveva letto nei suoi occhi mentre
raccontava.
Mentre metteva a nudo un pezzo della sua anima con colui che, in fondo, era un
estraneo.
Una parte della sua mente, quella che non riusciva a mettere a tacere nemmeno
con la forza, continuava a chiedergli "perchè".
Perchè si era confidato proprio con lui che era, alla fine, un estraneo?
Una storia così personale, così profonda, che lasciava nell'animo cicatrici che
bruciavano più del fuoco, come poteva essere confidata ad un ragazzo che avevi
appena conosciuto?
Eppure anche lui aveva sentito quel legame che si era instaurato tra loro appena
si erano guardati.
Ok, doveva ammettere che si lasciava una porta aperta per quel che riguardava le
alchimie particolari che si innescano tra due persone, anche dello stesso sesso,
come loro.
Ma per lui era più facile.
Sapeva di essere gay e di essere attratto da Louis.
Attratto completamente, da ogni punto di vista.
Ma si rifiutava anche soltanto di pensare che anche per il cantante fosse la
stessa cosa.
Se soltanto lo faceva andava in tilt e non capiva più nulla.
Eppure, quando riusciva a mettersi in riga da solo con molto autocontrollo, ecco
che arrivava il ricordo della fine di quella serata meravigliosa, che lo faceva
ripiombare nella confusione più totale.
Quando, a notte "quasi" fonda, Louis lo accompagnò a casa.
Non volle che chiamasse suo fratello ma lo aiutò a sedersi in macchina, dopo che
lui gli spiegò come fare.
Attese che fosse lui a chiedeglielo e soltanto per questo gli permise di farlo.
Di prenderlo in quella maniera intima che soltanto a suo fratello era consentita
e di farlo sedere nella sua macchina.
Per tutta la strada Etienne gli guardò il profilo perfetto, quei capelli biondi
che si inanellavano attorno al viso, la bocca carnosa, con quell'accenno di
sorriso che gli faceva battere il cuore molto più forte del normale.
Temeva quasi che lui potesse sentirlo.
Temeva il momento in cui sarebbero arrivati, perchè così quella serata
incredibile sarebbe finita e, con l'indomani, sarebbe diventata il suo passato.
Ma, nello stesso momento non vedeva l'ora di arrivare per essere preso di nuovo
da lui, per sentire ancora le sue mani che lo abbracciavano.
In quei momenti lasciava che i suoi capelli neri gli oscurassero il volto
affinchè Louis, che ogni tanto si voltava a guardarlo, non potesse leggergli
quel desiderio incredibile che scatenava in lui con la sua sola presenza.
Ma anche la strada terminò e arrivarono a casa sua.
Louis lo aiutò di nuovo e Etienne sentì lo stomaco contrarsi ancora,
dolorosamente quasi.
Fu quando lo lasciò sotto casa sua che accadde.
Etienne aprì la porta e fece per entrare, dopo averlo ringraziato, quando Louis
si inginocchiò davanti a lui.
Facendogli spalancare gli occhi
Ma questo fu nulla se paragonato a quello che provò quando gli prese le mani e
baciò la punta delle dita.
"Tornerò".
Solo questo disse.
"Tornerò".
Ma per Etienne era come se avesse cantato un intero concerto solo per lui.

Per Louis quella fu una giornata molto strana.
Alle nove di mattina era già in macchina, diretto verso Orleans, dove avrebbe
dovuto fare il concerto quella sera stessa.
10 tappe che avrebbero toccato le principali città della Francia.
Dopo di che avrebbe continuato la sua tournèè nel resto dell'Europa, con due
concerti per ogni stato.
Una pausa di sei mesi per seppellirsi in sala d'incisione e terminare il suo
ultimo disco e poi la tuornèè sarebbe continuata in America, negli USA.
Questo era il calendario del 2011 che aveva fatto lui stesso, con l'aiuto di sua
sorella e della sua casa discografica.
SUA nel senso che era proprio...sua, creata da lui.
Eppure Nantes gli era rimasta nel cuore.
Nantes ed Etienne.
Le lacrime che aveva versato per lui e per Anna.
Per quella storia che aveva raccontato, stupendo se stesso per primo.
Nessuno la conosceva se si eccettuava Paul, che era con lui già ai tempi di
Anna.
Tutti gli altri arrivarono dopo e lui non disse mai ad anima viva per chi era
stata scritta " Sotto la maschera", tantomeno ai giornalisti, chiaramente.
Era andata a seppellirsi in quella parte di se che era perennemente in ombra,
per non soffrire troppo.
Per non odiare ancora chi aveva già pagato con la vita.
Eppure quel ragazzo piccolo e magro, su quella sedia a rotelle, era riuscito a
scardinare il suo cuore come nessuno aveva mai fatto prima.
Durante la strada la musica dei Pink Floid si alternava a quella dei Linkin Park
dagli altoparlanti del suo stereo, in una fusione perfetta di due modi diversi
di fare rock , gli unici che lui amava profondamente.
Quando era in viaggio ascoltava soltanto loro, con qualche tocco dei Muse ,
degli AC DC e dei Doors.
Raramente metteva su qualcos'altro.
La musica classica la riservava ai momenti in cui era a casa.
Quando doveva rilassarsi e staccare tutto quanto per lasciar libero Louis
l'uomo.
Quell'uomo che sentiva, a volte, prigioniero dentro se stesso, in silenzio, in
attesa di avere di nuovo la parola.
E quando creava.
In quei momenti soltanto Chopin riusciva a ridargli quella pace che aveva
provato quando si era chinato davanti ad Etienne e lo aveva guardato negli
occhi.
Lì, su quelle piastrelle, davanti a casa sua, si era sentito al posto giusto nel
momento giusto e questo era molto difficile che accadesse con un'altro essere
umano che non fosse la sua famiglia.
Il suo sguardo si era insinuato dentro di lui, negli anfratti oscuri della sua
mente e li aveva illuminati così, semplicemente.
Aveva preso il posto della musica, anzi, di più.
Era diventato musica lui stesso.
Per quel motivo gli aveva baciato la punta delle dita dicendogli che tornerà.
Ed aveva davvero intenzione di farlo.
In qualsiasi parte della Francia lui avrebbe suonato sarebbe andato a prenderlo
per stare ancora con lui, ancora una volta almeno.
Non sapeva che cosa voleva da Etienne esattamente.
Bè...forse un'idea ce l'aveva in effetti ma...non era per questo che voleva
vederlo, non solo almeno.
Sapeva che c'era la possibilità di essere attratto dai ragazzi.
Non era del tutto sicuro di essere gay, aveva avuto delle storie con
... alcune ragazze ma non erano mai diventate serie e, dentro di lui,
l'insoddisfazione cresceva a dismisura.
Anna continuava a rimanere là, in quel posto della sua mente dove l'aveva messo
per non impazzire, per non farsi divorare dalla rabbia e dal dolore.
E copriva, con la sua ombra, tutte coloro che si avvicinavano a lui in
maniera...intima, diciamo così.
Fino a fargli pensare di essere omosessuale.
L'unico contatto serio fisico lo ebbe con Anna.
Una volta soltanto, a casa sua.
Fu Anna che fece quasi tutto e lui lo lasciò fare, consapevole che per Anna era
vitale, che aveva un bisogno disperato di sentirsi parte di qualcuno, di sapere
che non era solo in questo fottuto mondo, come diceva quando non c'era nessuno
con loro e poteva diventare, finalmente, se stesso.
E le lacrime di gioia che vide nei suoi occhi furono più profonde del piacere
che lui stesso provò.
Bastava quello a considerarlo gay?
Davvero bastava?
Anna era diverso da qualsiasi altra persona, non aveva fatto l'amore con lui
perchè, in quanto ermafrodita, era anche un ragazzo.
Oh no, affatto.
Aveva fatto l'amore con lui perchè lo amava.
E dopo di lui non aveva amato più nessuno in quel modo profondo e totale.
Eppure adesso era lì, in macchina, ascoltando Hey you mentre stava pensando a
come fare per vedere Etienne di nuovo.
Mentre si rivedeva chino davanti a lui, con le mani nelle sue e le labbra sulla
punta delle sue dita.
Voleva rivederlo con tutto se stesso, questa era la verità.
E al diavolo i come e i perchè.
Fermò la macchina in una piccola area di sosta, abbassò la capote dopo aver
bevuto un caffe nero e continuò il viaggio con il sole che lo inondava e il
vento che affondava nei suoi capelli, come mille dita violente, dure.
Profonde.
Non si era mai sentito così vivo da 15 anni a questa parte.

Quando Etienne se lo vide capitare davanti casa sua gli venne un colpo,
chiaramente.
Erano passati tre giorni e non credeva, onestamente, che lo avrebbe rivisto così
presto.
Non si erano scambiati nulla, nè numeri di cellulare nè mail.
Louis sapeva dove abitava e questo era tutto.
E poi c'era, chiaramente, quella promessa che non riusciva a dimenticare.
Erano stati gli occhi che l'avevano colpito più delle parole.
Penetranti, decisi.
Lo sguardo diretto e limpido.
Senza tentennamenti ne indecisioni.
"Fidati "
Questo gli stavano dicendo.
E lui, per quanto assurdo potesse sembrare, si fidava.
Contro ogni logica.
Incoerentemente.
Però si fidava.
Fu per questo che non cadde svenuto, probabilmente.
"Sei pronto?"
Tutto qua.
Come se fosse normale per lui essere li, a quell'ora.
Lo aiutò a salire in macchina, così come aveva fatto la volta scorsa, ricordando
perfettamente quello che gli aveva detto.
Sembrava che lo avesse fatto infinite volte e lui si chiese se davvero, nella
sua vita, non ci fosse qualcuno su una carrozzina.
Questo avrebbe spiegato molte cose chiaramente ,ma non chiese nulla.
Parlò pochissimo anche perchè preferiva fare tesoro di ogni attimo che stavano
vivendo, senza sprecare nulla e le parole, a volte, erano davvero superflue.
Qualunque posto fosse sarebbe stato perfetto, ne era sicuro.
E poi...amava le sorprese.
Il sole illuminava i capelli biondi di Louis facendoli brillare come se fossero
oro fuso.
La capote era alzata per far spazio alla carrozzina ma i finestrini aperti
permettevano al vento di spettinare i loro capelli e accarezzare la loro pelle.
Non gli chiese dove lo stesse portando, non aveva importanza, lasciava,
semplicemente, che la macchina divorasse l'asfalto mentre la voce di Chester
accompagnava la loro corsa.
Il volume non era alto, doveva solo accompagnarli, non prendere il loro posto,
ma Etienne non si stupì nemmeno di quella scelta.
Anche a lui piacevano i Linkin Park.
E i Pink Floid,.
E tutti i gruppi Rock del passato e gran parte del presente.
Ma Louis era un gradino sopra tutti.
La sua musica riusciva a penetrare in lui in profondità, arrivava là dove non
permetteva a nessuno di arrivare e riusciva a dargli quella speranza che gli
permetteva di non morire insieme alle sue gambe.
Era difficile da spiegare, specialmente per lui.
Etienne e le parole non andavano molto daccordo e quando ci provava, a
raccontarsi, rimaneva inevitabilmente deluso da se stesso.
Anche per questo Louis gli piaceva, per quel suo non fare domande di nessun
tipo.
Lasciava che fosse lui a parlare, a raccontarsi, senza forzarlo in nessun modo e
forse fu proprio per quello che, alla fine, gli raccontò di suo fratello.
Quando arrivarono al mare l'aria che profumava di salsedine gli diede il
benvenuto.
Il primo ostacolo si pose quando terminò il marciapiede e iniziò la sabbia.
Etienne vide Louis che si guardava attorno, lo vide cercare una qualsiasi pedana
in cemento che potesse permettergli di arrivare fino al mare e,non trovandola,
voltarsi verso di lui, guardandolo negli occhi.
Un brivido gli attraversò il corpo.
Non poteva farlo, non li, a quell'ora, in pieno giorno.
" L'uomo riesce ancora a stupirmi...e non sempre in bene "
Si accovacciò davanti a lui e continuò a parlare guardandolo direttamente negli
occhi:
"Vorrei portarti sulla sabbia, davanti al mare.
Amo profondamente il mare e mi piacerebbe sedermi li, dove l'acqua bagna la
sabbia, con te.
Posso portati con me? "
Non si mosse da quella posizione, Etienne poteva vedere le profondità dei suoi
occhi screziati di un blu intenso e si chiese, vagamente, che cosa doveva
rispondere.
Senza dubbio Louis aspettava una risposta da lui ma...lui faceva fatica anche a
ricordarsi come si respirava.
Fece un impercettibile cenno con il capo e sperò che bastasse.
Ed in effetti bastò.
Bastò così bene che quasi non vide le braccia di Louis che lo presero e lo
sollevarono come se fosse un fuscello portandolo sulla spiaggia.
Come si può capire quando un momento è quello perfetto?
Davvero, nell'attimo in cui lo vivi, riesci a rendertene conto?
Oppure soltanto dopo, quando è passato e tu rivivi mentalmente tutta la scena,
ti accorgi che hai vissuto quello che hai atteso per tutta la vita?
Senza quasi rendertene conto?
Il posarsi delle labbra sulle sue fu semplice e leggero, come se fosse
assolutamente naturale.
Come se, per loro, fosse una funzione normalissima, fatta milioni di volte.
Poi lo mise giù, sulla sabbia umida, preoccupandosi che non fosse troppo
bagnata.
Etienne respirava a fatica cercando di ricordarsi come si faceva e che cosa
fosse successo esattamente.
Davvero lo aveva baciato?
Bè...quello era un semplice sfiorarsi delle labbra, non poteva considerarsi un
bacio, si ripeteva per restare con i piedi ben ancorati al terreno, ma non è che
funzionasse poi molto.
Louis continuava a parlare lentamente, quasi con pigrizia, di tutto quello che
gli passava per la mente, di tutto quello che quel mare gli faceva provare.
E lui continuava a pensare a quell'attimo in cui aveva chinato la testa e, senza
chiudere gli occhi, aveva posato le labbra sulle sue.
' A momenti mi viene il diabete se continuo così' pensò seriamente preoccupato
mentre ricordava come ,nelle iridi di Louis, ci fossero tutte le tonalità
dell'azzurro.
Ad un certo punto lo vide voltarsi e fermarsi a guardarlo con attenzione,
intensamente.
Immediatamente il suo stomaco si annodò dolorosamente, si impose di respirare
profondamente per cercare di riprendere una parvenza di normalità e, stupendo
perfino se stesso, ci riuscì.
Ci riuscì così bene da non sussultare quando le dita di Louis gli sfiorarono,
lievi, i capelli.
Gieli spostarono con delicatezza scoprendo le cicatrici che attraversavano
quella parte del volto così accuratamente nascosta.
Le accarezzo piano, passando i polpastrelli sull'epidermide sensibile e a
Etienne sembrò di essere attraversato da una scossa elettrica.
Non aveva permesso mai a nessuno di fare una cosa del genere.
Mai.
Non era una questione di paura , non era per questo che non si era fatto toccare
da nessuno in quel modo.
Era qualcosa di molto più complesso che lo colpiva in un punto scoperto, dove
lui non aveva difese.
Louis stava passando le dita, leggere, su ogni cicatrice e la pelle, dove lui la
toccava, si tendeva come se stesse rispondendo al suo tocco.
Lo vide avvicinarsi ulteriormente e sentì, di nuovo, la delicatezza delle sue
labbra là dove i cristalli ,che erano esplosi ,avevano lacerato la pelle in
profondità.
Come poteva fare una cosa del genere?
Lui stesso aveva avuto bisogno di tempo prima di potersi guardare allo specchio.
Poi per quel che riguarda farlo con serenità...quello era un'altro discorso,
troppo difficile da affrontare perfino con se stesso.
E adesso ... adesso arrivava Louis e faceva quel gesto così semplice, così
intimo...così pulito e profondo.
Che frantumava le sue già deboli difese e gli chiedeva di fidarsi di lui.
Soltanto questo stava dicendo con quelle labbra sulle sue ferite:
Fidati di me.
Fidati.
Di me.
E lui, contro ogni logica e ogni ragionamento sensato...voleva farlo.
Oh si...voleva farlo con tutto se stesso.
Arrivò l'alba e li trovò addormentati in macchina davanti al mare.
Volevano vederla insieme e invece, insieme, avevano dormito.
Scomodissimi, a dire il vero ma di questo se ne resero conto soltanto quando il
cellulare di Etienne suonò, alle 5 ,30 di mattina.
Il cielo era una profusione di rosa e rosso...ma di quel rosso tenue e delicato
che preannuncia il nuovo giorno.
Etienne rispose sapendo già chi era: suo fratello.
E fu solo per questo che rispose, in effetti.
Jean doveva essere preoccupato da morire per averlo chiamato al cell a
quell'ora.
" Cazzo Etienne...ma dove sei andato a finire? E' da 12 ore che ti cerco..."
Rispose un po' seccato, forse l'aveva cercato ma non al cell di sicuro o
l'avrebbe sentito...
" Dove mi hai cercato? Il mio cell era acceso e..."
"A casa tua ti ho cercato, dovevo accompagnarti in piscina ieri pomeriggio per
la ginnastica, non ti ricordi?
Ho pensato che forse eri andato là con i tuoi mezzi e invece non c'eri nemmeno
in piscina e allora..."
Etienne lo fermò con un mezzo sorriso.
La "seccatura" era passata, alla fine Jean era la sua famiglia, tutta la sua
indipendenza era possibile perchè c'era lui che lo aiutava, di questo ne era
assolutamente consapevole:
"Jean calmati, bastava che mi telefonassi, ti avrei detto che ero via con Louis
e che mi ero dimenticato..."
Silenzio per un momento, ma invece di sentirlo cadere per terra dallo stupore
fu suo fratello che lo stupì per primo:
" E' per quello che non ti ho chiamato, ero sicuro che fossi con Louis
altrimenti mi avresti avvertito prima.
Lui è l'unico che riesce a farti dimenticare ogni cosa, è sempre stato così.
Ma adesso...adesso ho avuto paura improvvisamente.
Sono uscito di casa e sono venuto da te, non c 'era nessuno.
Tu lo conosci ma io no...credo che, alla fine, dovrei scusarmi io con te per non
essermi fidato..."
Forse Jean non se ne era reso pienamente conto ma gli aveva appena detto le
parole più belle che mai un fratello potesse dire.
Le sentiva nel suo cuore e lo stavano riscaldando piano, come se l'ultimo
tassello fosse andato a posto improvvisamente.
La voce calda di Louis arrivò al suo orecchio mandando ulteriori emozioni al suo
povero cuore messo così a dura prova da quella giornata incredibile:
" Digli che adesso sei con me e non deve più preoccuparsi di te e..." Etienne
glielo passò con un sorriso, tra le lacrime.
E chi sarebbe riuscito a parlare in quel momento? Per chi lo prendevano?
" Sono Louis, grazie per quello che hai fatto fino ad ora.
Adesso ci sarò anche io accanto a Etienne , non sarai più solo..."
Non seppe mai che cosa suo fratello gli disse, quei due non glielo rivelarono
nemmeno sotto minaccia.
Ma, senza dubbio, quella telefonata aveva cancellato il peso immenso che Jean si
portava dietro.
Il senso di colpa è un animale strano e completamente diverso da tutti quelli
che si conoscono.
Arriva strisciando e si nascondce nel tuo sangue.
Come un parassita si nutre di te lentamente fino a diventare ,così, parte
integrante della tua vita.
Jean ne era schiacciato, ritenendosi responsabile di tutto quello che era
successo.
Ogni mattina si svegliava sperando di essere lui al posto di suo fratello.
Ogni mattina apriva gli occhi sperando di essere su quella carrozina e, quando
si rendeva conto che non era così, si alzava, stanco, sfinito emotivamente.
Non guarì subito, certamente non basta così poco ma...il rumore netto che fece
la sua anima quando si liberò di quel parassita fu chiaro e preciso e Jean
seppe, senza ombra di dubbio, che suo fratello era completamente e follemente
felice.
Per la prima volta in vita sua.
E che il merito era tutto di Louis.
E questo, a lui, bastava.

La macchina correva sull'asfalto divorando i kilometri che li separavano dalla
loro prossima tappa dove Louis avrebbe suonato quella sera stessa.
Accanto a lui Etienne riposava mentre i Dors facevano da sfondo.
Era quasi mezzogiorno di una splendida giornata di fine Maggio.


\Eplilogo\

"Baby per piacere non piangere ,
tu devi tenere la testa alta
Anche quando la strada si fa dura,
non ti arrendere mai .(2 Pac) "

La telefonata arrivò quando il concerto era iniziato da una buona mezz'ora, al
cellulare di Etienne.
Era, come sempre in quegli ultimi due anni, dietro il palco e stava registrando
tutto cercando, nello stesso momento, di conservare dentro di se quello che un
semplice registratore non poteva catturare.
Perchè poi, quando il concerto sarebbe finito, Louis gli avrebbe chiesto le sue
impressioni e avrebbe voluto ascoltarle insieme al concerto registrato.
Nella piscina dell'albergo,
Come due anni fa.
Chiaramente non c'era la suoneria, altrimenti Louis gli avrebbe sparato, ma
soltanto il vibro che però era molto efficace, infatti lo sentì subito...era
come avere un intero alveare nel taschino della leggera camicia che indossava
quella sera.
La voce della seconda sorella di Louis superava di gran lunga quella della
musica e questo la diceva lunga sulla sua agitazione (va bè che Samantha era
SEMPRE agitata...):
" E nato...è nato Stefan, lui e Ariel stanno benissimo.
Pesa tre kili e mezzo ed è bellissimo, tutto sua zia!! Avverti tu il mio
piccolino per favore..." mise giù senza dargli il tempo di infilarci nemmeno
mezza parola ed Etienne sorrise sconcertato, come sempre quando parlava con lei.
Il 'piccolino' in questione era Louis, chiaramente.
Stefan pensò con commozione gli ha messo nome Stefan, come l'amico di Louis.
Sentì le lacrime che, come sempre in quegli utltimi due anni, gli scendevano
senza che lui potesse fare qualcosa per opporsi.
Era come se le sue emozioni, che aveva sempre controllato, ormai si facessero
beffe di lui e dei suoi tentativi di rinchiuderle nuovamente dentro di se.
E mai sconfitta fu più bella, onestamente.
Andò a prendere dal loro camerino un pezzo di carta grande che, ricordava
perfettamente, aveva visto li dentro prima del concerto, inmezzo al caos che
solo Louis sapeva fare così bene.
E con un pennarello rosso, scrisse a caratteri cubitali:
Siamo zii, è appena nato Stefan!!!
Tornò dietro il palco e, appena Louis si voltò verso di lui, glielo fece vedere.
Per poco non gli venne un colpo chiaramente ed Etienne, che lo aveva fatto
apposta, gioì nel riuscire a stupirlo sempre.
Di sicuro non si annoiava con lui.
Mai, nemmeno per sbaglio!
Ma anche Louis sapeva il fatto suo, infatti...
" Volevo dedicare la prossima canzone a Stefan, mio nipote nato proprio adesso,
e a Stefan mio grande amico, che mi ha insegnato il coraggio di vivere.
Auguro a mio nipote lo stesso coraggio e la stessa forza che ha sempre avuto lui
nella sua vita."
Ecco...di nuovo le lacrime...che gli venisse tutto il bene del mondo...ci riesce
ogni volta!!
Ma lo pensò mentre rideva e come riuscisse a farlo contemporaneamente...soltanto
lui lo sapeva.
E Louis.

FINE