3°
Capitolo
(*
Efestione ** Alessandro)
*Continuare
a ricordare, adesso che il passato non esiste più, sembra un'utopia.
Viviamo
in un perenne presente, in un tempo che non è più tale.
Un'eternità
senza fine.
Vicini
così come lo eravamo in vita.
Una
cosa sola.
Ma,
a differenza di quando avevamo un corpo e una mente, adesso sappiamo
che la cosa più importante non è portare avanti il nostro sogno ma
vivere in esso.
Diventare
un sogno noi stessi.
E
questo,io e Alessandro, non siamo riusciti a farlo.
Perchè
allora sto continuando a ricordare, affidando tutto quello che, per me,
era più importante della vita stessa a chi vive ancora e non sa, non
può nemmeno immaginare, che cosa sto provando?
Perchè
solo in questo modo il mio passato diventerà veramente storia.
Insegnamento
per qualcuno.
Affinchè
non si ripetano sempre, all'infinito, gli stessi errori.
Ma
sopratutto perchè il nostro era veramente un amore grande.
Così
grande da superare la storia, il tempo, la vita stessa, per continuare
a vivere anche qui.
In
Colui che custodisce la Vita e non la spreca, come facciamo noi, quando
abbiamo ancora un corpo che pensiamo indistruttibile.
C'è
un episodio legato al tempo in cui conquistammo la Persia, che mi fece
pensare, per la prima volta, a quanto noi siamo fragili e facilmente
corrutibili.
Crediamo
di conoscere ogni cosa di noi stessi, di essere in grado di
controllarci quasi alla perfezione, senza pensare che questo non è
affatto vero.
E
che l'unica cosa che sappiamo di noi è il giorno della nostra nascita.
Per
il resto, per tutto il resto, siamo più ignoranti di un bambino che non
è ancora andato a scuola e che ignora tutto del mondo, sia passato che
futuro.
Perchè
un bambino è come una lavagna vuota che anela di essere riempita dal
gesso bianco.
Noi
adulti invece...siamo così pieni di noi da non renderci conto che
quello che sappiamo sono solo nozioni errate, senza senso.
E
che non facciamo spazio a quelle esatte.
Quelle
che potrebbero salvarci la vita.
Mi
fece sposare la sorella minore della sua seconda moglie.
Non
ero geloso delle sue mogli, questo va chiarito.
Sapevo
che doveva sposarsi, altrimenti i suoi nemici avrebbero ballato sul suo
trono.
Sposando
la sua prima moglie dimostrò, però, che lui e soltanto lui era il re e
che nessuno, nemmeno loro, potevano pensare di imporgli qualcosa.
Una
moglie tantomeno.
Mentirei
se dicessi che ero contento di saperlo con qualcuno che non ero io ma i
miei bisogni cessavano quando iniziavano i suoi.
Gelosia
è una parola che va oltre il suo significato, una parola che non mi è
mai piaciuta.
Come
siamo meschini noi esseri umani quando, in nome di un sentimento che
crediamo di conoscere così bene come l'amore, scambiamo per tale anche
la gelosia e la giustifichiamo dicendo a noi stessi che l'amato è
nostro e come tale nessuno deve metterci gli occhi, o le mani, sopra.
Rifiutiamo
di farci chiamare “gelosi” ma, in realtà, ci siamo immersi fino al
collo.
Ma
io ne ero proprio immune?
E'
vero, non ero geloso delle sue mogli perchè sapevo bene che il posto
che occupavo io nel suo cuore nessuno poteva portarlo via.
E
a me questo bastava.
Eppure,
se qualcuno lo guardava con un interesse particolare, se qualcuno
accarezzava quel corpo con occhi che non erano quelli dovuti a un Re,
ero pronto ad uccidere con le mie mani quei poveri incoscienti.
Non
mi piacevo in quei momenti.
Non
era una questione di fiducia in lui o in me.
Non
si trattava nemmeno di senso del possesso troppo radicato.
Era
molto più complicato.
Guardandolo
in quella maniera loro si permettevano di andare oltre la sua regalità.
Di
cercare, in lui, qualcosa che io sapevo era solo mio.
E
questo mi trasformava.
No,
non mi piaceva quello che provavo ma non potevo farci nulla.
Assolutamente
nulla.
Perchè,
quando si trattava di Alessandro io non avevo più nessun controllo su
me stesso.
**
Perchè gli feci sposare la sorella di Statira, la mia seconda moglie?
I
motivi erano tanti ma, principalmente, si poteva ridurre in uno
soltanto:
Per
far si che, se io fossi morto prima di lui, cosa che mi auguravo ogni
volta che aprivamo gli occhi su un nuovo giorno insieme, nessuno
potesse muovere delle obiezioni al fatto, innegabile,che lui potesse,
dovesse, diventare Re al mio posto.
Nessuno
era in grado di continuare il mio sogno, di mantenere unito il regno
che, con immensa fatica e dolore, avevamo duramente
conquistato.
Avevamo.
Non
sono mai stato così stupido da pensare di non aver bisogno di nessuno.
Di
poter fare tutto da solo.
Però
ero pienamente consapevole che io e soltanto io potevo mantenerte unito
il mio regno.
Gli
altri, tutti gli altri generali “miei amici”, l'avrebbero distrutto in
poco tempo.
Un
sogno è più grande se viene condiviso insieme.
Questo
lo sapevo perfettamente, ma sapevo anche che gli altri non erano mossi
dai miei stessi ideali, non condividevano i miei sogni.
Non
bruciavano del mio stesso fuoco.
Soltanto
Efestione riusciva a starmi dietro.
Sentivo,
in lui, lo stesso fuoco che bruciava in me.
Lo
stesso desiderio che mi divorava.
Anche
se non così forte come avrei voluto.
Però
lui e lui soltanto avrebbe potuto prendere il mio posto.
Avevo
fatto i conti perfettamente, calcolando ogni cosa al millesimo.
Ogni
possibile obiezione, ogni esitazione negli sguardi di chi ci stava con
il fiato sul collo, non sarebbe stata tollerata.
L'avrei
stroncata sul nascere con la morte.
E
nessuno si azzardò a dire nulla davanti a me.
Nessuno.
L'unico
che lo fece fu proprio lui.
Efestione.
Non
posso dire che questo pensiero non avesse nemmeno sfiorato la mia mente.
Non
era il fatto di sposare una donna che non tollerava.
Non
gli importava affatto chi avesse vicino, sapeva perfettamente che
nessuno poteva prendere il mio posto nel suo cuore.
E
lo sapevo anche io.
Quello
che non riusciva a mandare giù era il pensiero che io lo facevo sposare
per fargli prendere il mio posto.
Il
mio posto.
Voleva
dire che io speravo di morire prima di lui.
Questo
pensiero gli era intollerabile.
Non
era uno sciocco, affatto.
Sapeva
bene che rischiavo la vita ogni volta che respiravo.
Ad
ogni battito di ciglia in terra nemica e, purtoppo, anche in terra
amica.
Era
la vita che volevamo, che ci eravamo scelti,anche se su questo, adesso,
potrei parlarne per ore.
Quello
che gli faceva male e che non accettava era il pensiero che io volessi
morire prima di lui.
“Per
il bene che mi vuoi...come puoi desiderare di morire prima di me? Come
puoi farmi provare lo strazio della tua morte?”
Questo
me lo fece diventare ancora più caro e la mia decisione di fargli
sposare la sorella di Statira crebbe notevolmente.
Lui
e solo lui poteva prendere il mio posto.
Nessuno
mi avrebbe amato così.
Nessuno
avrebbe mai pronunciato queste parole per me.
E
nessuno avrebbe potuto amare il mio regno con la stessa intensità con
cui l'avrebbe fatto lui.
**Come
fargli capire che non volevo che lui pensasse, anche solo lontanamente,
di pianificare il suo post-morte? Mi era intollerabile immaginare che
la sua mente potesse fare questi piani inconcepibili, per me.
Non
ero uno sciocco, sapevo che doveva pensare anche a che cosa sarebbe
stato del suo regno dopo la sua morte, morte che accarezzavamo ogni
giorno.
Ma
una parte di me voleva ignorare tutto questo.
Non
voleva nemmeno sentirne parlare.
Io
che continuavo il suo sogno?
Io
che vivevo, combattevo e amavo senza di lui?
Che
eresia.
Che
assurda eresia.
Ma,
chiaramente, il Re era lui e lui soltanto poteva decidere.
Così,
alla fine, sposai Dripetide, per pura obbedienza.
Non
vissi accanto a lei abbastanza per dire di averle voluto bene ma il
ricordo che ho di lei è di una donna mite, dolce e molto buona.
Compii
i miei doveri coniugali fino alla fine, anche se il mio cuore era
soltanto di Alessandro.
Ricordo
che una sera uscii dalla camera con la sola vestaglia addosso e andai
nella parte del palazzo che, sapevo, dimorava lui, il mio Re.
Speravo
di incontrarlo, quel giorno avevo addosso una strana inquietudine e
avevo litigato con quasi tutti quelli che avevano avuto a che fare con
me.
Non
era mio solito fare così.
Non
sono mai stato una testa calda.
Non
mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno ma il mio rispetto non lo
conquistavo con la forza.
Non
ne avevo bisogno.
Certo...c'erano
le eccezioni, c'era chi non riuscivo proprio a digerire ma...erano,
appunto, eccezioni.
Quindi
non mi trovavo a mio agio nei panni di quello che allontanava tutti con
un solo sguardo.
Avevo
ferito anche Dripetide e lei non lo meritava.
Con
questo stato d'animo, con questa inquietudine a cui non sapevo dare un
nome e che non mi abbandonva, lo incontrai.
Non
ci fu bisogno di dire una sola parola.
Ci
trovammo insieme, con lo stesso tormento negli occhi, la stessa voce
nell'anima.
Come
se un'ala nera si fosse aperta su di noi.
Più
tardi, l'uno tra le braccia dell'altro, cercammo di scacciare quella
sensazione oscura continuando con i nostri progetti.
Con
il nostro sogno.
Voleva
diventare lo zio dei miei figli.
Voleva
che diventassimo una sola grande famiglia, dove i nostri figli
avrebbero regnato sul nostro regno.
Eppure
non riuscivo a scacciare il gelo del mio cuore.
**
Le sue parole non dette trovarono eco dentro di me.
I
suoi silenzi si allargavano nella mia anima e nemmeno il nostro amarci
profondamente riusciva a scacciare tutto ciò.
Non
credete a quello che si dice o si vede su di me.
Non
mi ero piegato, non mi ero arreso mai a nessuno.
Efestione
non mi teneva in pugno, Efestione mi amava.
E
il suo amore era così forte da darmi quella sicurezza che nessuno, né
anima viva nè cosa immota, riuscva a darmi.
Mi
sentivo al sicuro nei nostri progetti.
Nel
mio sogno lui c'era, era vivo, reale, presente sempre.
Avrebbe
preso il mio posto.
Semplice.
Lineare.
Perchè
allora quell'oscurità che stringeva così il suo cuore e che riusciva a
trasmettermi così bene?
Così
come riusciva a trasmettermi ogni cosa?
Quella
notte passata tra le sue braccia non scacciò ciò che provvamo ma ci unì
ancora di più.
Una
determinazione ferrea si impadronì di me.
Non
lo avrei permesso.
Qualsiasi
cosa dovesse accadere io non lo avrei permesso.
Quanto
siamo piccoli e sciocchi noi esseri umani.
Com'è
possibile che sfidiamo così il cielo, pensando di essere molto più
grandi e più forti di lui?
Quella
fu l'ultima notte che passammo insieme nel mio palazzo.
E
per quanto io mi sentissi grande, per quanta forza credevo di avere
nelle mie vene, nel mio corpo e nel mio cuore, non riuscii a fermare il
tempo.
Non
riuscii a oppormi a un disegno che era più grande di noi.