Un gomitolo di strade

\ Lasciatemi così  come una  cosa  posata  in un  angolo  e dimenticata \
(Natale di Ungaretti)

La notte è fresca e il vento pungente cerca di entrare attraverso i vestiti facendo rabbrividire Luke che si chiede perchè mai, adesso, si trova li, a  correre nel quartiere peggiore della sua città, sfidando, oltre al vento, anche gli abitanti della notte che, nel borgo della stazione, sono particolarmente agguerriti.
Guarda l'ora per l'ennesima volta, le due e un quarto.
La telefonata che ha ricevuto mezz'ora fa lo aveva sconvolto, giusto per usare un eufemismo, e l'aveva fatto correre in strada così com'era, senza pensare a nulla che non fosse la voce di Marc che lo supplicava di andare da lui.
Tutto qui.
Soltanto la sua voce angosciata che gli diceva : “ sono in via Europa Unita, nel sottopassaggio, ti prego Luke fa presto...ti prego...”.
Ti prego...Marc che lo supplicava, Marc che supplicava lui.
Non era mai accaduto prima, Marc lo faceva impazzire, parlava ininterrottamente tutto il giorno, rompeva quasi tutto quello che toccava ma...non si abbassava a supplicarlo.
Era una questione d'orgoglio, troppo radicata in lui.
Sentirlo dire “ti prego” più volte in quel modo lo ha fatto allarmare più di qualsiasi altra cosa che potesse dirgli.
Accelera la corsa, ha parlato del sottopassaggio...quindi ci sono quasi, dovrebbe essere dopo la piccola edicola che a quest'ora, chiaramente, è chiusa.
Nonostante l'urgenza non ha potuto prendere la macchina, visto che l'ha piantato in asso quella sera stessa e avrebbe dovuto farla venire a prendere dal suo meccanico da li a poche ore.
Così ha fatto la strada di corsa per due km buoni e di questo deve ringraziare la sua passione per lo sport in generale e per il basket in particolare ma, sopratutto, l'adrenalina che gli ha invaso ogni più piccola fibra del suo essere.
Non si rende di quanto sia minaccioso agli occhi di chi incrocia, quelle stesse persone che lui ritiene 'agguerrite ' e che, in effetti, sono davvero pericolose ma che si  fanno da parte davanti a lui, al suo sguardo di ghiaccio, all'aura oscura che lo accompagna.
Soltanto Marc è riuscito a farlo sorridere, parlare, scaldarsi e lasciar correre.
Soltanto lui è riuscito ad entrare dentro la sua armatura e ad arrivare diritto al suo cuore.
Se gli è successo qualcosa tutto crollerà nuovamente.
Tornerà ad essere quello che era prima, tornerà a trincerarsi dietro la sua maschera perfetta e inaccessibile, ibernando di nuovo la sua voglia di vivere e la sua capacità di amare.
Non potrà sopravvivergli.
Non dopo averlo amato.
Lo sa questo con mostruosa certezza.
Arriva alla piccola edicola proprio davanti alla stazione e rallenta il passo fino a fermarsi davanti alle scale del sottopassaggio, luride come ogni cosa in quel vicolo.
C'è un piccolo gruppo di gente di svariati colori e generalità  che osserva, quasi annoiata, quello che sta accadendo sotto di loro e lui sente un vuoto all'altezza dello stomaco...stanno picchiando qualcuno.
“Marc”...mormora sottovoce per poi gridarlo, alterato, come mai lo era stato in tutta la sua vita:
“MARC “...la sua voce si alza nell'aria gelida della notte e fa voltare quasi tutti.
Appena lo vedono si spostano immediatamente.
Qualcuno lo ha riconosciuto, in fondo, fino a due anni fa, era lui quello che comandava di notte.
I nuovi, invece, vedono in lui l'agente che di giorno dà loro la caccia senza nessuna pietà, senza sapere che, al di là del 'muro', c'era lui fino a poco tempo fa.
Proprio sul punto più alto di quel muro.
Ma appena se ne vanno riesce a vedere che non è Marc quello che stanno picchiando ma un poveraccio, un vagabondo che cerca riparo la sotto.
Un sospiro di sollievo allarga il suo cuore per un breve attimo, attimo cancellato da una folta chioma dorata a lui molto nota:
“Marc...ma che cazzo...” non si è sbagliato...c'è il suo ragazzo li, dietro di loro, il viso alterato da una smorfia che è un miscuglio di ira, paura e determinazione.
E' terrorizzato ma non vuole cedere ed andarsene.
E lasciare nelle loro mani quel vagabondo preso di mira da chi, per passare il tempo, sfoga su persone indifese i loro peggiori istinti.
Addosso ha la divisa arancione di quel stramaledetto gruppo che si autodefinisce “angeli della notte” e che pattuglia le strade notturne per aiutare le vittime come questo qui.
Lo sapeva che prima o poi si sarebbe messo nei guai.
Del resto però, se non era per loro, non l'avrebbe nemmeno conosciuto.
In un attimo nota la divisa strappata, il viso con qualche livido e un braccio che pende, inerte.
E l'ira si ingigantisce dentro di lui.
Non ce l'hanno con Marc quegli stronzi, non è divertente picchiare a sangue  qualcuno che si difende, farlo con persone inermi è molto ma molto più eccitante ma visto che Marc deve aver tentato di difenderlo loro si sono divertiti anche con lui, pensando di averlo spaventato abbastanza.
Che idioti.
“ Luke... aiutami, ti prego...lo stanno ammazzando, non si fermano più, vogliono dargli fuoco...ti prego aiutami...” e queste parole, dette dalla sua bocca per la prima volta da quando lo conosce, gli accendono il sangue più di mille micce messe insieme.
Non tira fuori la pistola d'ordinanza anche se l'ha portata via, più per istinto che per altro.
Così non si scaricherebbe e lui deve far uscire tutta la rabbia che lo sta quasi soffocando.
Quando saranno al pronto soccorso dove, un recalcitrante Marc si starà facendo ingessare un braccio rotto ( più due costole incrinate e dieci punti di sutura sulla spalla slogata da un calcio dato con gli anfibi ), scoprirà di aver fatto quasi paura al suo ragazzo.
Perché era diventato irriconoscibile ai suoi occhi e il sollievo provato quando lo aveva visto era diventata quasi...pena per quegli incoscienti che avevano liberato quella parte di se che era riuscito a rinchiudere, con molta fatica, nelle sue profondità.
In quel preciso istante Luke sente la collera invaderlo e questi ultimi due anni, dove aveva imparato la disciplina e l'ordine, andare a farsi benedire.
Con buona pace del suo capo e di tutte le aspettative che aveva su di lui.
Le prende anche lui, certamente, e qualche colpo arriva a segno ma l'unica cosa che potrebbe fermarlo, adesso, è al sicuro, dietro le sue spalle forti.
Lui può reggere a qualsiasi colpo.
Ne ha ricevuti di peggio nella sua vita e da gente che aveva molto più pelo sullo stomaco di loro, che non pensano nemmeno a tenere in ostaggio Marc per fermarlo.
Non è che questo li avrebbe salvati ma, almeno, avrebbero dato prova di una intelligenza che, invece, non hanno affatto.
E', come sempre, Marc che lo ferma.
Che si aggrappa al suo braccio con tutto il suo peso gridandogli di smetterla, che va bene così.
Che non vuole che li ammazzi.
In quel momento arriva una inutile pattuglia della polizia, scendono due suoi colleghi che lo riconoscono subito.
Una breve spiegazione da parte di Marc, mentre Luke cerca di ritrovare il controllo chinandosi sul vagabondo che sta, senza dubbio, peggio di loro.
E davanti a quel corpo svenuto, quasi morto secondo lui, sente dentro, per la prima volta, qualcosa che lo scuote fin nel profondo.
E' per questo che ha scelto di fare il poliziotto.
Non soltanto per mantenere una promessa fatta a suo padre ma anche, sopratutto, per non far vincere più quella parte di  se che approvava, per lo meno, quelle cose.
L'oscurità che c'è in lui può essere combattuta soltanto in quel modo, non ne conosce altri.
Viene chiamata l'ambulanza e vengono portati anche loro due al pronto soccorso.
Mentre Luke si occupa di far si che anche il vagabondo abbia le cure necessarie Marc si fa medicare e ingessare.
Non è del tutto sicuro di aver fatto la cosa giusta.
Di quei piccoli incoscienti che l'hanno picchiato due riversano in gravissime condizioni mentre un terzo ha tre fratture alle gambe e una al braccio.
Gli altri sono riusciti a scappare e uno soltanto è stato preso dalla polizia.
Lui sa bene quello che Luke è capace di fare ma non l'ha mai visto come quella notte, senza freni, senza limiti.
Per colpa sua:
“Non pensarci nemmeno, non sognartelo, non è colpa tua quello che è successo. Ha confessato quello che hanno preso, ha detto che volevano davvero dargli fuoco. Tu lo hai salvato quel vagabondo.”
Non si stupisce che Luke abbia capito quello che stava pensando e, per una volta, lascia che i sensi di colpa spariscano velocemente, senza combattere.
E' stanco di farsi assurde menate psicologiche atte a ...non sa bene che cosa.
Così si limita a chiedergli, semplicemente, di farsi portare a casa.
A casa.
Quel luogo che dividono da pochi mesi, dove si sente, per la prima volta nella sua vita, al sicuro.

L'alba li saluta mentre stanno per entrare nel giardino della piccola casa di Luke.
Si fermano nel portico dove suo padre ha fatto mettere un'altalena poco prima di morire di infarto, a 58 anni.
E' stato per quello che ha deciso di fare il poliziotto?
Se lo chiede pigramente mentre abbraccia Marc, incurante del luogo all'aperto.
Del resto a quell'ora dormono ancora tutti ma, anche se fosse mezzogiorno, non è che le cose cambierebbero per loro:
“ E' splendida l'alba. C'è gente che paga milioni per avere un quadro in casa sua e non si rende conto che ha questo spettacolo, gratis, ogni mattina della loro vita...”
“ ...a parte quando piove” mormora Luke con un sorriso nella voce, stupendosi per primo di riuscire a sorridere dopo quella notte terribile.
Lo bacia con cautela, per non fargli male, sfiorandolo appena e, mentre sente la lingua che si intreccia alla sua, che lo accarezza a sua volta, capisce perché non deve più aver paura del suo lato oscuro.
Marc è la luce che sfalda l'oscurità .
L'unica vera luce che può permettersi di farlo.
E niente e nessuno potrà mai cambiare questo dato di fatto.
“ Sai, quando ho visto che cosa stavano facendo a quel pover'uomo ho provato una stretta al cuore.
Davvero Luke, è stato come se qualcuno me lo stringesse in una morsa, lo potevo sentire mentre sanguinava.
Era li, raggomitolato a terra, mentre lo prendeva a calci e sprangate, e mi sembrava una cosa posata in un angolo e dimenticata da tutti, mentre veniva ammazzato sotto gli occhi indifferenti degli altri.
Il mio collega è andato a telefonare alla polizia e non è più tornato ma io...
io non smetterò di andare nelle strade di notte, anche se fosse per salvarne soltanto uno.
Varrebbe sempre la pena.”
Gli accarezza il livido sullo zigomo e mentre lo bacia di nuovo pensa che la sua vita sarà molto, molto movimentata con lui al suo fianco.
Ma comunque ne varrà sempre la pena.
Sempre.
Pattuglieranno quelle strade simili ai gomitoli di lana che usa il suo gatto per giocare, ogni giorno della loro vita.
E ogni notte.
Ma quello che più conta è che lo faranno per loro stessi, per il sogno che stanno coltivando dentro.
Per potersi guardare ancora nello specchio la mattina senza doversi vergognare per quello che vedono.
Ma sempre insieme.

FINE...