Vino, Tequila, Champagne
e Uzo
CAPITOLO IV
-Angelo-
Si
alza dal letto con quell’eleganza innata che è
sempre in lui.
Anche
adesso che è nudo, con i capelli disfatti che gli coprono
una schiena fantastica.
E
con i segni rossi che gli ho lasciato addosso.
Specie
sulle spalle.
Si
muove felino e sparisce in cucina, certamente a prendersi qualcosa da
mangiare.
Come
farò stasera ad andare fino a Trasaghis?
Se
continua così mi rimarrà ben poco fiato e poche
energie per guidare.
Devo
distrarlo un po’, devo…la mia mente si perde in un
mormorio indistinto.
Cosa
devo fare?
…ah
si, prenderlo e scaraventarlo nel letto, scoparlo senza
pietà fino a fargli chiedere perdono.
Perdono
per essere così dannatamente bello e sensuale.
E
perfetto nel suo sadismo.
Perché
lui è sadico, anche se insiste nel dire che solo io lo sono.
E
come si chiama uno che entra in camera nudo, con un pentolino di
cioccolata calda e un dito colmo di quel liquido scuro ficcato in bocca
in profondità?
Espiro
rumorosamente…non mi ero nemmeno accorto di aver trattenuto
il fiato!
<<
Che…che cazzo hai intenzione di fare con
quello?>>
Certo
che lo so che cosa vuole farci ma è la prima cosa che le mie
corde vocali sono riuscite a dire, per un momento credevo che fossero
collassate.
Lui
scuote la testa un attimo, come a dirmi di nn fare domande inutili, si
avvicina a me e toglie il dito dalla sua bocca per immergerlo di nuovo
nel pentolino e metterlo …nella mia.
Accarezza
la mia lingua che lo succhia immediatamente.
E’
caldo, amaro…come piace a me.
Non
bollente ma… discretamente caldo.
Ha
usato la macchina della cioccolata che gli ha regalato Heather per
Natale.
Ho
sempre detto che quella donna sa vedere molto lontano.
Quando
lui cerca di togliere il dito dalla mia bocca io lo mordo con forza,
guardandolo diritto negli occhi, con un ghigno poco raccomandabile.
“
Va bene pazzo suicida. Conduci pure tu il gioco adesso.
Ma
sta attento a quello che fai, perché io restituisco sempre
tutto centuplicato.”
Questo
gli dico inchiodandolo con lo sguardo e lui risponde con una risata
bassa, di gola, che sa bene quanto mi faccia impazzire in determinati
momenti.
Appunto.
Allento
la presa e lui toglie il dito leggermente ferito, all’ultimo
istante gli passo la lingua sopra, come per lenire quei segni rossi
profondi e lui si china per baciarmi le labbra, appena appena.
Poi
appoggia la sua mano sul mio petto facendomi stendere supino e
mettendosi sopra di me, a cavalcioni sul bacino.
Il
suo sedere sopra il mio cazzo.
Che
è già pronto da un pezzo, da quando è
entrato conciato in quel modo.
Reprimo
un gemito, quello che sta per fare rimarrà nella storia del
suo compleanno come la scopata più folle che abbiamo mai
fatto, ne sono sicuro.
Lo
sento distintamente mentre infila la mano nel pentolino appoggiato sul
comodino accanto al letto e inizia a passarla sul mio petto,
soffermandosi sui capezzoli, ricoprendoli letteralmente.
E’
calda cazzo!
Dalla
mano sembrava meno…invece è calda, dannatamente
calda.
Specie
visto che la sua lingua che ha iniziato a leccarmi mi sembra
così fresca.
La
tentazione di afferrargli i capelli e di avvicinarlo al mio viso per
baciarlo è fortissima ma mi trattengo.
Ho
promesso che avrebbe condotto lui tutto quanto e così
farà.
Che
io sia dannato se non farà così.
-Mika-
Si
sta trattenendo.
Ha
la tentazione di baciarmi ma si sta trattenendo e lo fa per me.
E
anche per lui chiaramente.
Perché
sa che quando sono così lo porterò
sull’orlo della follia senza possibilità di
ritorno.
Mmmm,
buona la cioccolata mangiata direttamente sulla sua pelle.
Con
il suo sapore incredibilmente afrodisiaco che ti scivola giù
nella gola e ti fa andare a fuoco.
Sensazionale,
assolutamente.
Arrivo
sui capezzoli e inizio a succhiarli con ingordigia.
I
suoi mugolii hanno lo scopo di accelerare la mia fame, non tralascio
nemmeno un mm della sua pelle, lo spalmo e lo lecco con una
meticolosità che senza dubbio andrebbe premiata…e
lo sarà.
Ogni
tanto salgo sulla sua bocca per fargli assaggiare questo nettare divino
e la sua foga nel baciarmi è seconda soltanto alla mia.
Lo
voglio.
Come
mai forse nella mia vita ho voluto qualcuno.
Come
mai nella mia vita ho amato qualcuno.
Nella
mia discesa personale arrivo al mio primo obiettivo e lo spalmo
letteralmente.
La
cioccolata è ancora caldissima e lui questa volta lascia
sfuggire un’imprecazione… la voce roca che mi
riempie di brividi.
Il
mio sorriso potrebbe anche sembrare maligno e forse
lo è un po’ma io so quanto e come dosare questo
piccolo dolore che lo porterà ad annullarsi in me.
Così
come io mi sto annullando in lui.
Lo
ricompenso iniziando a togliere la cioccolata che ha un sapore ancora
più unico, devastante per la mia stabilità
mentale.
Assaggio
lentamente il mio pasto principale, fino all’ultima goccia,
con una lentezza incredibile, facendo del male anche a me stesso e al
mio folle desiderio che mi sta urlando di prenderlo subito.
Immediatamente.
Con
un grido roco Angelo viene, alzandosi quasi dal materasso, artigliando
le lenzuola per non mettermi le mani addosso.
E
i due sapori si mescolano nella mia bocca che non si lascia sfuggire
nemmeno una goccia.
E
non è ancora finita qui amore mio.
Non
ancora.
Mi
guarda con gli occhi socchiusi, il respiro affannoso, mentre la
certezza che c’è dell’altro lo accende
in maniera pericolosa.
Perfetto.
Adoro
il pericolo.
Tantissimo.
Mi
sistemo meglio in mezzo alle sue gambe e infilo di nuovo un dito nella
crema che sta terminando.
C’è
però quello che basta per il mio ultimo pasto.
Il
dessert.
Appena
ho davanti agli occhi il suo splendido sedere infilo il dito,
lentamente, al suo interno, spalmandolo in profondità,
facendogli serrare le gambe attorno al mio collo…per un
breve momento.
Lo
tolgo per tornare a riempirlo di cioccolata, due stavolta.
Che
spariscono di nuovo là dove lui ormai si aspettava andassi a
finire.
Ormai
mi conosce, sa tutto delle mie…perversioni?
Oh
no, preferisco chiamarle fantasie.
Fantasie
illimitate.
E
appena il suo respiro esce spezzato le tolgo e le sostituisco con me
stesso, finalmente tocca a me.
Sento
il suo corpo irrigidirsi per un istante… mentre la sua voce
esce a fatica, ma non meno minacciosa:
<<e
va bene dannato Svedese, fallo.
Ma
attento, se non mi farai impazzire ti uccido>>
Non
ce ne sarà bisogno amore mio, e questo te lo posso giurare.
-Michel-
Eccoli
qui, in perfetto ritardo.
Chiaramente
so che ci possono essere mille motivi, specie se devi andare a prendere
un amico che arriva con l’aereo, non sono mai puntuali, senza
dubbio.
Ma
chissà perché qualcosa mi dice che invece questa
volta la colpa non è dell’aereo, né di
code presunte o di caselli intasati.
Il
primo a scendere è Milo che va a prendere il bagaglio di
Javier, una semplice valigia, abbastanza piccola.
Javier
scende con la sua solita eleganza, tranquillo.
E’
esattamente come lo ricordavo e mi alzo dalla sdraia per andargli
incontro.
Nikolas
porta la macchina sul retro dell’albergo e io mi limito a
dare la mano al nostro amico Spagnolo.
La
mano basta, ci mancherebbe altro.
Non
mi piacciono abbracci e altro e ormai tutti lo sanno, lo hanno imparato
a loro spese nella vacanza che ci ha fatto conoscere.
E
che mi ha fatto innamorare di un Greco maniaco e bellissimo.
Mi
stupisco io stesso dei miei pensieri, che vuol dire?
Che
forse mi è mancato?
<<
Scusate il ritardo ma questi due sono totalmente inaffidabili, ormai lo
sapete.
Perché
avete fatto venire loro a prendermi?>>
Dietro
di me la voce morbida di Alexander mi fa voltare la testa leggermente,
giusto per guardarlo mentre risponde a Javier:
<<
Non è che lo abbiamo deciso noi, ormai li conosci.
Hanno
fatto tutto da soli, hai aspettato tanto?>>
Il
viso dello spagnolo si trasforma immediatamente in un sorriso aperto,
sincero.
Alex
fa sempre questo effetto a tutti, indistintamente.
<<
dodici minuti, ma il mio aereo era in ritardo di mezz’ora,
quindi di fatto sono arrivati tre quarti d’ora dopo.
Non
ho voluto sapere che cosa hanno combinato…come fai ad essere
suo fratello?>>
E’
esattamente quello che penso anche io!
A
parte che mi piacerebbe davvero sapere invece che COSA hanno fatto in
tre quarti d’ora questi due aspiranti suicidi.
Milos
arriva silenzioso e mette le mani sulle mie spalle.
Mi
irrigidisco immediatamente, ma visto che si limita a quello mi rilasso
leggermente, leggermente eh.
Con
lui non si abbassa mai la guardia.
Javier
invece abbraccia Alexander.
Un
contatto leggero, appena accennato accolto con un sorriso dal biondo
gemello.
Entriamo
nell’albergo e ci dirigiamo nel bar, mentre Alex porta il
nostro amico nella sua stanza.
Resto
volutamente un po’ indietro con Milos e appoggio una mano sul
suo braccio, affondando le unghie nella stoffa della leggera giacca che
indossa.
<<
Dopo parleremo di quei tre quarti d’ora…e
dell’odore che hai addosso…>>
spalanca
gli occhi innocentemente…che bastardo.
Sembra
quasi sincero.
Sembra.
Fino
a che la sua voce volutamente bassa e sensuale non ti fa cambiare idea:
<<
Quale odore? Ahhh, è quello della macchina di Niki, senza
dubbio…>> affondo le unghie abbastanza lunghe,
tenute curate e perfette, fino a che sento il suo braccio irrigidirsi.
Con
chi credi di avere a che fare?
So
che non sono finiti a letto insieme…ma quello che si
può fare in una macchina è comunque affascinante
per quel perverso del mio compagno.
Spero
per lui che io mi stia sbagliando.
-Milos-
Mi
ha ferito il braccio.
Va
bè che so benissimo la portata della sua gelosia ma lui
dovrebbe sapere che io gioco sempre con
tutti…fuorché con lui.
Dopo
tanto tempo ormai non dovrebbe avere più dubbi.
Lo
sguardo gelido che mi dà mi fa capire che forse ho esagerato
un tantino…vedrò di farmi perdonare.
Javier
scende velocemente con due bottiglie in mano: Tequila.Speravo lo
portasse.
E'
un liquore col verme, dal sapore forte, che si beve con il bordo del
bicchiere passato nel
sale.
Mi
mancava tantissimo.
Qui
della Tequila buona è praticamente impossibile da trovare.
La
consegna ad Alex che è andato al di là del
bancone e una la mettono via mentre l’altra viene aperta
subito dalle sue mani esperte.
Credo
che stasera il vino scorrerà a fiumi, come si dice in questi
casi.
E
sarà mia, nostra premura,( mia e di Niki) far si che questo
accada.
So
bene che quel rompiscatole di Angelo e il mio geloso Michel faranno si
che le cose non vadano oltre ma il vino allenterà anche i
loro riflessi, ne sono sicuro.
Il
resto lo faremo noi.
Nikolas
entra in questo momento e scambia uno sguardo con me, velocissimo.
E’
pazzo, come me.
Ma
a differenza mia non dà confidenza a nessuno che non siamo
noi.
Le
donne non gli interessano e la gente in generale lo infastidisce.
Per
lui c’è solo suo fratello.
Ma
la vena di follia che c’è in noi è
identica.
Si,
stasera ci divertiremo un mondo.
<<
Ragazzi, ci hanno preparato dei panini, che ne dite di
andarli a mangiare al lago?
Javier,
vedrai che meraviglia.>>
Ci
avviamo tutti al lago, non senza prima aver finito di bere la nostra
Tequila.
Il
suo sapore entra con calore dentro di noi e ci lascia paghi e
sazi…per il momento.
La
mia mano corre un attimo nella schiena di Michel e la accarezza
attraverso la stoffa leggera della camicia.
Non
si sottrae al mio tocco, si lascia andare per una frazione di secondo,
quello che basta per sperare che non voglia indagare oltre.
Forse
la graffiata che mi ha rifilato prima gli basta.
Lo
spero…se no il pomeriggio sarà alquanto
movimentato per me.
-Alexander-
Lentamente
i ragazzi si s ono dileguati, andando ad esplorare il lago.
Oggi
la giornata è davvero bellissima e con questo sole
l’acqua cristallina riflette tutti i colori dei boschi che la
circondano.
Michel
e Milos sono stati i primi.
Evidentemente
quest’ultimo aveva davvero qualcosa da farsi
perdonare…e visto che il viso del Francese non era
così ermeticamente chiuso come poteva sembrare ne ha
approfittato.
Javier
invece si è allontanato da solo.
Niki
si è offerto, debolmente a dire il vero, di accompagnarlo ma
il nostro amico ha declinato con un mezzo sorriso, facendo capire che
voleva restare da solo.
O
che voleva lasciarci soli.
Sospiro
lentamente mentre mi appoggio sul plaid, le mani dietro la testa e gli
occhi fissi nel cielo azzurro.
Nikolas
mi appoggia l’altra coperta sul corpo e si siede accanto a
me, le ginocchia contro il petto e le braccia che le stringono .
In
una posa che mi fa tornare indietro nel tempo, quando eravamo piccoli e
lui combinava uno dei suoi innumerevoli guai e la mamma lo metteva in
castigo.
Se
ne stava così in camera nostra, contro il muro, arrabbiato
con il mondo intero perché non era capito.
Solo
io riuscivo a calmarlo e a farlo ragionare in quei momenti.
Con
chi è arrabbiato adesso?
Soltanto
con se stesso.
<<
Non puoi andare avanti così, lo sai, vero?>>
La
mia voce è bassa, calma.
E’
talmente assurdo che si stia facendo del male per un problema che non
esiste assolutamente.
Scuote
leggermente la testa, senza muoversi di li.
Continuo
mettendomi seduto e appoggiando una mano sulla sua schiena calda.
<<
Non c’è ragione che tu combatta così
contro te stesso.
Io
ho accettato quello che c’è tra noi,
perché combatterlo equivarrebbe combattere me
stesso.>>
Lascio
che le parole entrino in lui senza fargli violenza.
E’
vero, in passato sono stato ligio al dovere, fino all’estremo
con lui.
Per
il suo bene volevo che crescesse responsabile, consapevole delle sue
possibilità e della sua lealtà.
Ma
adesso è sopraggiunta in me quella sapienza che deriva dalla
profonda conoscenza di me stesso.
Io
so che cosa sento,so che cosa provo.
E
soprattutto so che cosa voglio.
Lo
guardo senza dire più una sola parola, quello che ho
già detto basta.
Alza
gli occhi tormentati e volta il viso verso il mio, ci ha provato a
cancellarmi, lo so che ci ha provato.
E
gliene do atto, l’ha fatto perché voleva salvarmi.
Non
per se stesso, ma per me.
Per
il mio bene.
Ma
deve capire che il mio bene è mio, non
suo.
E
soltanto io lo decido.
E
io ho già fatto la mia scelta.
<<
Come puoi dire una cosa del genere?
Io
lo so che lo fai solo per me
perché…>>
Alzo
la mano e copro la sua bocca per farlo stare zitto, in un gesto che da
bambino facevo spesso.
E’
troppo che non lo ripeto.
Avvicino
il viso al suo e scandisco bene, davanti alla sua bocca:
<<
Ascoltami bene, tu non sai niente.
Tu
lo supponi ma non lo sai.
Io
ho combattuto la mia battaglia e ho vinto. Adesso mi prendo il mio
premio e continuerò la mia vita accanto alla sola persona
per cui vale la pena esistere e combattere.
Quella
che racchiude tutta la mia lealtà e la mia
sincerità.
L’altra
parte di me stesso.>>
Avvicino
il viso al suo e gli sfioro le labbra con le mie.
Poi
torno a stendermi, lasciando la mano appoggiata sul plaid, in un tacito
invito.
Invito
che Nikolas raccoglie con un sospiro.
-Nikolas-
E’
la prima volta che sono contento di perdere.
Non
sono sicuro contro chi combattevo esattamente.
In
effetti non sono sicuro di nulla se non di quella mano che mi invita a
stendermi accanto a lui.
E’
anche la prima volta che mi ha baciato sulle labbra.
Accetto
il suo invito con un sospiro profondo.
E’
finita.
Finalmente
la mia assurda guerra è finita.
L’uomo
che volevo proteggere affinché non soffrisse mi ha
dimostrato che la sofferenza è personale e legata soltanto
alla nostra anima.
E
la sua ha già deciso.