Vino,
Tequila. Champagne E Uzo
CAPITOLO
VI
-Angelo-
Il
primo sms mi arriva quando Mka realizza che un certo languorino si sta
diffondendo nel suo corpo.
Ha
fame.
Ma
che ore abbiamo fatto?
Appena
realizzo che in effetti sono le cinque del pomeriggio e che abbiamo
passato a letto gran parte del giorno schizzo in piedi immediatamente:
La festa a sorpresa!
Quella
cazzo di festa a sorpresa che Milos mi ha strappato!
E
questo vuol dire un’altra cosa: devo portare Mika
là per le sette almeno.
Due
ore per lavarci e andare in quel posto sperduto lassù.
Due
ore per lavarci… Mika nudo sotto l’acqua che gli
scivola addosso…
Al
diavolo la cena, possono anche aspettare!
Mentre
l’acqua scorre e sta diventando calda suona il mio cellulare,
un messaggio.
Scrollo
le spalle senza preoccuparmi di vedere chi è quando la voce
di Mika arriva chiara e precisa…e pericolosa:
<<
Angelo, il cellulare…vuoi che veda io chi è che
ti cerca?>>
Oh
cazzo… Milos!
Sta
a vedere che è lui per la festa!
Chi
vuoi che abbia il mio cellulare?
Solo
quell’idiota di un Greco e la sua dannatissima festa a
sorpresa!
Con
tre passi lo vado a prendere prima che lo faccia Mika e lo fermo
là dov’è: in cucina a sgranocchiare
qualche cosa per non “ svenire dalla fame”:
<<vado
io, tanto sono già qui>>
non
discute, non è curioso, non troppo almeno.
E
il messaggio è degno di Milos; “ abbiamo avuto
un’idea: una torta gigante con sorpresa…come te la
cavi come regalo che sguscia da una torta?”
Fuori
discussione!!!!
Nemmeno
morto!!!!
-Mika-
La
tentazione di andare a vedere chi è che gli manda un sms
è davvero forte in effetti… ma desisto subito.
Gli
unici ad avere il suo cell sono i nostri amici…forse
è Heater per lavoro.
Spesso
Angelo le dà una mano.
Non
mi dice nulla e io alzo le spalle, adesso dobbiamo fare la doccia e
Angelo nudo e bagnato è uno spettacolo che fermerebbe il
traffico di Palermo nelle ore di punta.
In
pieno centro per di più.
Inizio
a togliermi i vestiti in cucina e continuo nel corridoio.
Non
voglio perdere altro tempo.
Voglio
gustarmi il mio regalo fino in fondo.
Arrivo
in bagno e quello che vedo, in effetti, ferma per un attimo perfino il
mio respiro.
E’
sotto l’acqua e le gocce che scendono sul suo corpo lo
rendono lucido, splendido.
Ha
il viso rivolto verso l’alto e la bocca leggermente socchiusa
sembra avida di quel liquido fortunato che gli scivola direttamente in
gola.
Socchiude
gli occhi e mi guarda…e tra le fessure una lama
d’acciaio brilla pericolosa.
Vuole
essere lui a dire l’ultima.
E
va bene amore mio.
E
so che non c‘è bisogno che aggiunga nessuna
minaccia perché tu, come sempre, mi farai davvero morire
dal piacere.
Lo
raggiungo sotto l’acqua calda e lui mi fa spazio
nell’ampia cabina.
Alza
una mano, afferra la doccia e me la appoggia sulla testa.
Inizia
a massaggiarmi direttamente con l’acqua calda, lentamente,
senza nessuna premura.
Mentre
con un ginocchio si insinua tra le mie gambe.
Continua
il suo massaggio facendo scivolare il getto di acqua calda sul mio
collo, sulle spalle.
Con
una lentezza esasperante.
Ho
la testa appoggiata alle piastrelle, gli occhi chiusi mentre un piacere
nuovo si fa strada in me.
La
forza dell’acqua non è troppa per ora, ma so che
non si limiterà a lavarmi…e basta.
Arriva
sui miei capezzoli e, come immaginavo,la alza un po’, mi
scappa un lamento dalla bocca socchiusa.
Meraviglioso.
Lo
passa in maniera circolare, schiacciandolo un po’, lascia che
l’acqua siano le sue mani e lo fa con una maestria che mai
avrei immaginato in lui.
Non
so dove l’ha fatta questa esperienza e non lo voglio sapere.
La
sua risposta potrebbe anche non piacermi.
E
tutto questo avviene in perfetto silenzio, solo il rumore
dell’acqua riempie la piccola stanza… e quello dei
nostri respiri.
Il
mio è un tantino affannato vah!
Scende
ancora e la pelle, là dove passa, si in formicola
curiosamente.
E’
come avere cento mani su di me, indicibile.
Tralascia
volutamente l’inguine e fa l’interno delle cosce!
Bastardo.
Sa
che lo stavo aspettando proprio li, con ansia centuplicata
dall’eccitazione.
Il
retro delle ginocchia… mmm…no, non li.
Mi
si piegano per un attimo e lui mi blocca con il suo braccio libero
all’altezza dello stomaco.
Chiaramente
insiste proprio li e io penso, in questo momento, che per la prima
volta nella mia vita potrei anche venire senza essere toccato
direttamente dalle sue mani.
E’
pazzesco.
Da
morire.
Finalmente
vedo la sua testa mora salire leggermente, fermarsi davanti alla mia
perfetta erezione e iniziare il suo lento e devastante massaggio.
Muoio.
Una
morte non certo ignobile, bisogna dirlo.
Non
so come riesco a pensare ancora mentre tutto il mio corpo è
scosso da un orgasmo unico.
Vengo
con liberazione, gridando, mentre il mio sadico ragazzo non molla la
presa nemmeno per un istante, sorreggendomi letteralmente.
Finalmente
parla, sussurra nell’orecchio, con voce irriconoscibile, la
mia condanna a morte: << E adesso allarga le
gambe… non ho ancora finito…>>
E
termina la sua corsa proprio dove speravo, nello stesso momento in cui
io inizio a mordere a sangue la sua mano che era salita e si era posata
sul mio viso.
Mi
blocca con tutto il suo peso li, contro il vetro, mentre io allaccio le
gambe ai suoi fianchi e l’acqua questa volta cade
dall’alto e termina il suo viaggio sui nostri corpi esausti.
Posso
dire senza timore di sbagliarmi che questa è stata la
più bella scopata che mai abbia fatto in tutta la mia vita.
<<
Buon…compleanno.. Mika, cento di
…questi…giorni…>>
…ha
anche il fiato per provocarmi?
-Alexander-
Sono
le cinque del pomeriggio, i nostri cuochi hanno preparato tutto con
cura e attenzione e la magnifica torta alla frutta che io e mio
fratello abbiamo appena terminato è messa nel frigo proprio
da me stesso, per non correre nessun rischio.
Adesso
loro possono terminare tutto con calma e prima di apparecchiare la
tavola ho tutto il tempo per riposarmi un po’ insieme a
Nikolas.
Per
risposarmi.
Mi
volto verso di lui che è appena rientrato dal giardino, il
suo sorriso ironico non lascia molto spazio ai dubbi: lui e
Milos hanno combinato qualcosa…forse quella torta gigante?
Non
conosco ancora Angelo ma mi fa un po’ pena…avere a
che fare con questi due è da pazzi.
Mi
tolgo il grembiule e il suo sguardo accarezza i miei
movimenti…per poi distogliere subito quegli occhi dal mio
corpo.
E’
ancora rigido.
Ha
accettato quello che proviamo l’uno per l’altro,
del resto non avrebbe mai potuto farci nulla… è
più forte di noi.
Ma
lasciarsi andare ai suoi “bassi istinti carnali”,
come li chiama scherzando, è troppo per lui.
Crede
davvero di rovinarmi così.
Come
devo fargli capire che tra noi non c’è nulla di
basso, di istinto e di carnale?
E’
solo amore.
Amore
e passione.
E
glielo dimostrerò!
L’aiuto
me lo da lui facendomi la domanda che volevo:
<<
Dove vai adesso?
Non
c’è più bisogno di te in
cucina?>>
Vuole
sembrare severo ma so benissimo che è tutta una finta, non
riesce a sopportare la mia lontananza.
A
Novembre sono stato a una serie di convegni alberghieri in Francia.
Mi
ha accompagnato Michel visto che erano nella sua
città natale e i nostri rispettivi pazzi scatenati sono
rimasti a casa.
Milos
non aveva più ferie, con suo sommo dispiacere.
Nikolas
doveva restare qui perché i lavori in Albergo erano giunti
ad un punto cruciale e uno di noi doveva per forza controllare ogni
cosa.
Restai
in Francia per una settimana.
In
una settimana mi chiamò 35 volte.
Senza
contare i messaggi sul cellulare.
Quando
tornai mi ricordò un cagnolino che avevamo avuto da bambini:
ogni volta che tornavamo a casa da scuola, per sgridarci
visto che lo avevamo lasciato solo, ci faceva tutti i dispetti di
questa terra.
Compreso
la pipì nelle scarpe.
Niki,
chiaramente, non mi fece la pipì nella scarpe ma
mancò solo quello.
Il
resto c’era tutto.
Compreso
muso lungo almeno mezzo metro!
Al
pensiero di quei giorni non posso fare a meno di sorridere da solo.
Roba
da sbattere la testa sul muro.
Voleva
punirmi per averlo lasciato solo.
Con
una ventina di operai chiaramente.
<<
Vado a letto a riposare un po’, abbiamo due ore prima che
Angelo porti qui Mika e mi sembra che è tutto a posto.
Un’ora
posso concedermela.>>
Il
mio messaggio è chiaro.
Io
non riposo MAI al pomeriggio… io non riposo mai.
Punto.
Se
non la notte…sei ore esatte.
Il
resto è superfluo.
E
lui lo sa benissimo.
Mi
volto e vado all’ascensore: la nostra stanza è
all’ultimo piano, l’ultima dell’albergo.
Due
camere comunicanti con servizi e salottino in comune.
Prima
che si chiudano le porte dell’ascensore appoggio la mia mano
e lo aspetto.
E
lui arriva.
Le
spalle rigide, la camminata forse un po’
pesante…ma arriva.
Non
ne può fare a meno.
Con
un fruscio silenzioso le porte si chiudono, lasciando il resto del
mondo dietro di noi.
Per
un’ora soltanto, ma a me basterà.
Gli
afferro la mano per un attimo, guardando le sue dita, le unghie in
particolare:
<<
questo è colore sintetico…che avete combinato tu
e quel Greco pericoloso?>>
Per
un attimo un ghigno preoccupante si disegna sul suo volto, alterandone
i lineamenti, scuote le spalle come a dire: “vedrai
vedrai…” e ritira la mano mentre le porte si
aprono.
Era
gelida.
Ci
penserò io a scaldartela Niki, arriverò fino al
tuo cuore e tu non potrai più dirmi di no.
-Nikolas-
Finalmente
le porte si aprono e io ritiro la mano come se da questo dipendesse il
mio futuro!
Cazzo!
Sono
davvero uno stronzo.
Ma
di che accidenti ho paura?
…
non mi rispondo, non ce n’è bisogno.
Io
so benissimo di che cosa ho paura, e lo sa anche lui.
Perfettamente.
Entriamo
in camera e Alex va a prendere dal nostro frigo del vino bianco freddo.
Ne
mette un po’ in due bicchieri e me ne porge uno.
Beviamo
assorti in silenzio, mentre lui si slaccia la camicia per gettarla nel
letto e rimanere così in maglietta aderentissima, che gli
fascia alla perfezione quel corpo incredibile che ha.
Sospiro,
sconfortato.
Vuole
che io la finisca di farmi tutti questi scrupoli.
Accettare
di amarci al di là del legame fraterno e fare
l’amore sono due cose totalmente diverse per me.
Non
per lui evidentemente e prima, sulle rive del lago, è stato
abbastanza chiaro.
Il
nostro primo bacio.
Per
lui il primo in assoluto.
Come
lo so?
Lo
conosco bene, troppo forse.
E
mi tormento per questo.
…e
poi me l’ha confermato lui, quando sono tornato a casa tre
anni fa.
“Non
ho mai avuto nessuno… tu sei l’unico che mi ha
baciato sai?”
Rideva,
sereno, mentre io pensavo che le labbra sulla guancia non potevano
certo definirsi bacio.
Mi
aveva aspettato.
Questo
era il suo messaggio.
Mentre
io avevo tradito le sue aspettative, il suo orgoglio.
Il
suo amore.
Mette
giù il bicchiere sul tavolino e va verso il bagno per
rinfrescarsi, mentre io mi avvicino alla finestra, togliendomi
l’inutile camicia e rimanendo in maglietta.
Lo
spettacolo è davvero da togliere il fiato.
Completamente
differente da quello che si vedeva dalla finestra del riformatorio dove
ho passato due anni della mia vita.
Volevo
sfidarli.
Volevo
avere tutto quello che la vita non mi aveva dato e nello stesso tempo
prendermi quel posto che mi spettava in seno alla nostra famiglia, dove
ero messo in disparte per Alex.
Lui
avrebbe ereditato gli alberghi che erano con noi da generazioni.
Lui
avrebbe diretto ogni cosa… mentre io ero troppo inaffidabile
per affiancarlo.
Messo
in disparte così.
Rubai
dal mio stesso padre, da uno dei suoi alberghi.
Sospiro
stancamente.
Che
follia, che autentica follia mi aveva afferrato.
“In
noi c’è una parte oscura e una pura”
Lo
diceva spesso la nonna e adesso capisco che quelle parole erano dirette
a me, per mettermi in guardia.
Io
ero la parte oscura di noi due.
A
dirlo così adesso può sembrare patetico ma
è la pura verità.
Io
ero l’ombra e lui la luce.
Tutto
qui.
Io
avevo dato ascolto alla notte che era in me e visto che lui non mi
aveva aiutato mi ero sentito tradito.
Ed
ero scappato.
Scoprì
tutto lui e mi denunciò.
Lui,
l’altra mia metà.
Mi
consegnò a mio padre che senza la minima esitazione mi
mandò in riformatorio.
Stringo
le braccia attorno alle spalle…un inferno.
Due
anni in un inferno, con la certezza che mio fratello mi aveva tradito.
Fu
in questo stato d’animo che tentarono, una notte, di
violentarmi.
Pazzi,
completamente.
Era
quello che cercavo.
Ribaltai
la situazione e fui io a prendere con la forza quel ragazzino patetico
che pensava di essere il capo li dentro e si riteneva pericoloso.
Gli
altri lo lasciarono velocemente, come conigli terrorizzati dal mio
sguardo.
Soltanto
da quello.
E
io lo usai tutta la notte per sfogare la mia rabbia, la mia ira.
Il
mio dolore terribile.
Poteva
essere quella la goccia che mi avrebbe perso definitivamente.
Invece
non fu così.
Evidentemente
da lassù davvero qualcuno mi amava ancora, nonostante me.
Quando
mi svegliai la mattina e seppi che il ragazzino che aveva tentato di
violentarmi era finito in ospedale qualcosa si spezzò in me.
Che
cosa avevo fatto?
Come
accidenti mi ero ridotto?
Chi
ero io?
Un
inferno.
Io
ero un inferno sulla terra e quella consapevolezza mi stava annientando.
Fu
Alex che non lo permise.
Iniziò
a venire a trovarmi ogni settimana, senza l’approvazione di
mio padre chiaramente, che mi aveva cancellato.
E
io capii perché lo aveva fatto, perché non mi
aveva seguito nella mia follia autodistruttiva e mi aveva addirittura
denunciato: mi amava.
Non
come un fratello ama un altro fratello, seppur gemello.
No.
Come
un essere umano ama l’altra metà della sua anima.
Anche
se è nera.
E
da questo suo amore io ho iniziato a risalire dall’inferno.
Esce
dal bagno in accappatoio e con un asciugamano sulla testa.
Lo
amo.
Questa
è la sola realtà della mia vita.
Mi
ha dato un’altra possibilità e io non la
sprecherò.
Mi
avvicino a lui e l’aiuto ad asciugarsi i capelli, mettendo le
mie mani sopra le sue.
Lo
sento sospirare piano, dal piacere.
E
mentre si slaccia l’accappatoio la mia mente si annulla in
lui.
Torno
anche io ad essere quel ragazzino imbranato che non si faceva toccare
da nessuno se non da lui.
Torno
bianco come un foglio che nessuno ha ancora toccato.
E
lascio che sia lui a dipingermi, con i suoi colori vivi e appassionati.
Pieni
di luce.