CAPITOLO X:
VERSO LOS
ANGELES
“Sono
un tuono che rimbomba, una pioggia battente
Sto
arrivando come un uragano
il
mio fulmine sta attraversando tutto il cielo
Sei
ancora giovane ma stai per morire
Non
farò prigionieri, non risparmierò vite
Nessuno
avrà modo di lottare
Ho
la mia campana, ti porterò all’inferno
Io
ti avrò, Satana di avrà”
/Hells
bells - AC/DC/
Due foto.
Due nomi.
Due obiettivi.
Colby Granger
ed Anthony DiNozzo.
Colby si
raggelò non vedendo spiegazioni e cominciò a pensare alla velocità
della luce, come un forsennato, a che diavolo potesse essere successo.
“Perché?
Perché noi due? Pensa, Colby, pensa.
Io
e Tony… devono aver controllato le chiamate, ma perché le mie e
soprattutto perché pensano che Tony c’entri qualcosa? Ci siamo chiamati
tanto oggi ma non è normale che decidano di prenderci di mira per
trovare Don.
Perché
perché perché…”
Poi battendosi
la fronte si illuminò capendo ogni cosa.
“Ma
certo! Devono aver controllato le chiamate di tutta la squadra nella
speranza che si facesse vivo con uno di noi ed hanno visto che l’unica
stranezza erano queste telefonate a Washington DC fra me e Tony, non ci
chiamiamo quasi mai ed ora, proprio quando sparisce Don, ci sentiamo
così spesso!
Siamo
stati idioti a pensare che non avrebbero controllato… e probabilmente
hanno fatto ricerche su di lui, su come sia connesso con Don ed hanno
trovato l’indagine congiunta di qualche mese fa. Dannazione, non è solo
Tony l’obiettivo ma tutti loro, anche se di certo staranno andando
dritti da lui! Ma se la caveranno, se li avverto in tempo e si
preparano… solo che…”
E lì un’altra
intuizione gli oscurò la mente che galoppava velocissima.
“C’è
qualcos’altro che non quadra però… questo qui di chi diavolo doveva
occuparsi? Qua non è specificato chi deve fare cosa… come sanno come
dividersi gli obiettivi? Dovranno deciderli loro… allora sono in
contatto l’uno con l’altro. Dannazione, non ho tempo di prendere gli
altri due prima che si parlino. Ora probabilmente vedendo che non
riescono a contattare questo qui faranno da soli. Sono in due, escluso
questo pollo che ho nel bagagliaio. Allora… allora uno si prenderà Tony
e l’altro me…”
Con
quest’elaborazione intuitiva e veloce, con l’adrenalina che an dava a
mille, montò in auto e prese il telefono per chiamare Tony e
avvertirlo, ma prima di poterlo fare un ulteriore pensiero gli
attraversò la mente ancora, come se non ne avesse abbastanza…
“Come pensano di trovarmi se non
con il GPS?”
Guardò il
cellulare mentre il numero di Tony si componeva.
Priorità.
In un secondo
ebbe bisogno di decidere le proprie.
Avvertire Tony
e rischiare che lo localizzassero grazie al cellulare, oppure far
perdere le proprie tracce immediatamente senza possibilità di avvertire
subito l’amico.
Non fece in
tempo a scegliere.
La linea si
prese, la voce familiare dall’altro capo rispose ma lui non poté
parlare.
“Dannatamente
efficienti questi agenti corrotti del cazzo!”
Questo fu
l’ultimo pensiero di Colby prima di perdere i sensi dopo un fragore di
vetri rotti e qualcosa che lo colpiva alla tempia come un lampo.
- Pronto?!
Colby? Colby! - Tony chiuse il telefono con un gesto secco mentre
l’apprensione si faceva strada in lui: - Dannazione, qualcosa non va! -
Sbottò infine con gli occhi di tutti puntati addosso. Poi si rivolse a
Don che lo fissava attento come un mastino: - Mi ha chiamato lui ma non
ha risposto, si sono sentiti rumori di sottofondo e poi la linea si è
interrotta. Non mi piace, ho una brutta sensazione. - Riprovando a
chiamarlo senza successo, richiuse seccato. - Ora è spento! -
Nel giro di un
istante l’agitazione esplose mentre Penelope provava a rintracciare il
GPS di Colby col computer senza successo e Don cominciava a dare
decisamente in escandescenza camminando a gran passi per il salotto
come fosse stato punto da un serpente velenoso.
- E’ stato
beccato! È stato beccato, dannazione! Dobbiamo andare là subito! Chiamo
Charlie che lo cerchi! - Fu il primo pensiero mentre ancora non tuonava
ma ci andava vicino. Morgan si intromise cercando di farlo ragionare:
- Non
chiamarlo, tengono lui ed il suo telefono sotto controllo! È come
mettergli un bersaglio sulla schiena! - Don gli si fermò davanti
guardandolo come fosse lui l’assassino, poi riprese a camminare veloce
e allucinato.
- Allora chiamo
David! - La voce sempre più concitata, muoveva entrambe le braccia
ignorando le fitte alla spalla ferita che avrebbe dovuto stare ferma
appesa al collo.
- Non puoi
coinvolgerlo! È il tuo vice, tengono sotto controllo anche lui! -
Morgan continuò imperterrito alzando lievemente la voce per farsi
sentire meglio da quello che pareva non sentisse niente.
I battiti
andavano sempre più veloci, la testa batteva i tamburi di guerra e non
riusciva più a ragionare, il sangue gli ribolliva. Camminava agitato
impossibilitato a fermarsi e pensare, si passava le mani sul viso
ignorando le fitte.
- Vado là
subito e a costo consegnarmi lo libereranno! -
Fu a quel punto
che si intromise Gibbs. Gli si parò davanti nella sua marcia e ad una
vicinanza inquietante lo fissò serio e severo come se fosse il suo
capo.
Poi laconico e
secco disse:
- Tu non farai
proprio niente! - Calò il silenzio. Un silenzio tagliente e pericoloso
che lasciò a disagio tutti i presenti. Tony stesso paralizzato si
chiedeva cosa avrebbe dovuto -o potuto- fare se quei due si fossero
presi a pugni. Eventualità non tanto remota in effetti!
Don lo guardò
avvicinandosi ulteriormente come se dovesse baciarlo invece che
minacciarlo. Rimasero immobili ma sembrava si stessero divorando.
Uno dallo
sguardo infuocato e fuori di sé l’altro invece proverbialmente gelido e
inamovibile.
Fu un momento
di alta tensione, poi finalmente Gibbs si decise a parlare incisivo
senza ammettere repliche.
- Faremo
qualcosa insieme. Non tu da solo. E non ti consegnerai! -
Non c’erano ma.
Don sembrò
placarsi e la testa cominciò a dargli tregua, con tutti gli altri che
riprendevano a respirare e pensavano al possibile da farsi.
- Non trovo
tracce di Colby! - Disse Garcia dopo aver trafficato col suo computer,
l’aria dispiaciuta di chi sapeva che da lì in poi non poteva più fare
niente.
Gibbs respirò
profondamente mentre Don comunque tornava ad andare forsennatamente su
e giù per la stanza borbottando cose incomprensibili, probabilmente
minacce atroci a quei corrotti dell’FBI.
Doveva tirarne
fuori una buona e veloce, di soluzione. Immediata.
Andare là allo
sbaraglio e fare cosa?
Il gioco di
quella gente.
- Come diavolo
hanno fatto a beccarlo? Non era sotto controllo come Charlie, mio padre
e David! - Poi decise di elucubrare su qualcosa di più sensato, sempre
alterato e seccato.
- Magari è
stato uno di quei tre agenti con cui doveva parlare… quelli sotto il
controllo dei tuoi capi… - Azzardò Tony che cercava di trovare delle
soluzioni anche lui.
- O forse sono
stati proprio loro a fare controlli impazziti su tutta la tua squadra.
Bastava guardare le chiamate di Colby per notare la stranezza con le
chiamate a Tony… una piccola ricerca sugli spostamenti passati di Don
ed era facile scoprire che lo conosciamo per quell’indagine congiunta.
-
Reid, la cui
mente era abituata a lavorare meglio sotto pressione e a dare il
centodieci per cento, aveva naturalmente fatto centro senza saperlo e
sebbene ci fossero mille altre spiegazioni tutti lo guardarono convinti
che avesse ragione perché lui, in effetti, ce l’aveva sempre!
- Ok, ma allora
anche noi siamo in prima linea, ora. - Fece notare Tony con aria grave.
Gibbs lo guardò
con stupore chiedendosi come non avesse potuto pensarci lui prima.
Colby fuori gioco significava che anche loro erano scoperti quasi di
sicuro.
- Non possiamo
rimanere qua. - Fece allora Morgan sbrigativo.
- Tu! - Sbottò
Gibbs dopo aver elaborato il da farsi nel giro di pochi istanti alla
notizia che erano bruciati. Si rivolse a Garcia che ebbe l’istinto di
dirgli di chiamarla per nome e non ‘tu’ come fosse un cane, ma si
guardò dal farlo ad un’occhiata al suo cipiglio pericoloso. - Vai da
Abby, è ancora in laboratorio, sta facendo delle ricerche che le ho
chiesto di fare. Aiutala, poi passatemi le informazioni che vi ho
chiesto. -
- Agli ordini
capo! - Rispose alzandosi in piedi di scatto e prendendo le sue cose.
Gibbs si girò
verso gli altri che lo guardavano in attesa di sapere il resto.
- Noi non
possiamo rimanere qua. Li precediamo a Los Angeles. Staranno venendo
qua, abbiamo un vantaggio, usiamolo. Se ci cercano qua significa che
potremo agire indisturbati là. -
Gli altri
cominciarono a prepararsi e a raccogliere le proprie cose eseguendo gli
ordini senza discutere, vedendo in Gibbs un capo più che mai, però la
mente di Tony continuava a lavorare cresciuta alla scuola del suo
compagno, uno che seguiva le proprie intuizioni senza pensarci un
secondo.
- Colby non è
uno che molla facilmente. - Sembrò un confortare Don e Gibbs se ne
risentì con l’intenzione di mandarlo a quel paese, ma vedendo il loro
amico aggrapparsi a queste parole senza sapere perché le dicesse in un
momento simile, si limitò ad ascoltarlo mentre proseguiva con maggior
forza: - Ne ha passate tante, non parlerà in ogni caso, resisterà il
necessario. - Allora Gibbs e Don capirono che stava pensando a qualcosa
di specifico ed entrambi gli andarono davanti come dei cacciatori:
- Il necessario
per cosa?! - Chiesero in simbiosi col medesimo tono sbrigativo e
deciso.
Tony così tirò
la sua stoccata con sonora sicurezza, guardandolo fisso negli occhi
senza intimidazione per ciò che stava per dire.
- Il piano non
deve cambiare. - Ed improvvisamente si era ricreduto. Da che non era
assolutamente d’accordo con il consegnare Don per finta ai federali, a
che improvvisamente lo era a tutti i costi.
Ci fu una pausa
durante la quale molti pensarono se non fosse impazzito, tutti tranne
uno.
- No, non deve.
- Fece eco Gibbs incatenando gli occhi ai suoi per un istante che parve
più lungo di quanto non fu. Tony si sentì improvvisamente risollevato e
con un’ondata di calore capì che erano di nuovo tornati sulla stessa
lunghezza d’onda e se fosse stato in sé avrebbe anche scherzato dicendo
che a loro il pericolo e le situazioni critiche giovavano perché
finivano per unirsi più di prima.
- Cosa state
dicendo? - Chiese Morgan impaziente comunque di andarsene dalla città
prima di imbattersi in qualcuno di scomodo.
- Io ho capito.
- Anche Reid ci era arrivato. - Abbiamo solo questa opportunità per
risolvere tutto legalmente ed una volta per tutte, scagionare Don ed
incriminare quelle persone. Non possiamo sbagliare. Non possiamo fare
il loro gioco. Non possiamo perdere tempo. - Sebbene il termine
‘perdere tempo’ associato al salvare Colby, a Don non piacque per
niente ed infatti fulminò il biondino che si sentì subito a disagio,
l’opinione comune fu che comunque avevano ragione.
- Ehi… - Fece
poi Tony mettendo una mano sulla spalla sana di Don, il tono più basso
ed intimo. L’amico spostò gli occhi castani furenti in quelli
improvvisamente calmi e premurosi dell’altro: - andrà tutto bene, ce la
farà, resisterà per te e lo sai. - Parole cariche di una fede e di una
forza che in quel momento furono tutto per Don che si aggrappò ad esse
sperando comunque che avesse ragione. Anche se lui, di suo, avrebbe
preferito andare dritto da quei bastardi e dirgli ‘prendetemi e fatemi
ciò che volete ma lasciatelo libero’.
In perfetto
stile Don.
Fortunatamente
non era solo, come aveva fatto notare Gibbs per calmarlo, e non gli
avrebbero mai permesso di agire con colpi di testa alla kamikaze.
Sfruttando la
propria posizione ed il fatto eccezionale che una volta ogni tanto nel
week end non avevano dei casi, Morgan decise di fare un piccolo strappo
alla regola e di chiedere il loro jet privato per volare veloci fino a
Los Angeles e guadagnare quanto più tempo potevano.
Messa come un
caso d’accertazione e buttata giù omettendo un bel po’ di particolari,
erano riusciti a partire e vedendo la maestria con cui il giovane dalla
pelle scura si era giostrato tutti ne rimasero ammirati. Certamente con
quell’aereo avrebbero guadagnato un gran bel po’ di tempo e con la
speranza che la casa di Gibbs e Tony ci fosse ancora al loro ritorno,
avevano spiccato il volo.
Un po’ d’attesa
prima di arrivare e la disponibilità quindi di ripassare tutto il piano
e di riflettere ulteriormente, ognuno per conto proprio, su le cose che
non stavano andando per niente bene.
Reid era
inquieto, cosa che di norma era sempre supportata da un’ottima
motivazione fondata. Notandolo, Morgan si chiese quanto ci avrebbe
messo a snocciolare tutti i buchi del loro piano demoralizzando
ulteriormente gli altri, specie Don. Lo vide andare avanti ed indietro
per il velivolo a loro familiare e all’ennesimo passaggio gli andò
dietro bloccandogli il passaggio. Fermando il compagno esile nella
strettoia che conduceva al bagno e poi alla cabina di pilotaggio,
acquistò un minimo di privacy dagli altri comunque troppo intenti a
elucubrare sui fatti propri per badare a qualcun altro.
I due si
guardarono ed il biondino lo fissò interrogativo e smarrito non capendo
cosa gli prendesse.
- Avanti! -
Esordì perentorio Morgan con le mani sugli stipiti, squadrandolo più
deciso che mai a farlo parlare.
- Cosa? -
Chiese l’altro sforzandosi di non capire. In realtà era evidente che ci
era arrivato.
- Spencer… -
Fece allora ammorbidendosi e sospirando con una certa stanchezza prima
ancora di iniziare la parte peggiore di quel caso segreto. - Cosa c’è
che non ti convince? Normalmente l’avresti già sparata ai quattro venti
senza il minimo tatto! - Era vero, si disse Reid, ma questa volta era
diverso. Sì, e perché?
Il ragazzo si
ritrovò spaesato al cercare di rispondere alla seconda parte della sua
frase e mordicchiandosi il labbro si decise mostrando tutta la sua non
convinzione ed il disappunto:
- Ci sono un
sacco di cose che non vanno, Derek! Stiamo andando allo sbaraglio in
una specie di missione suicida! Anche se abbiamo delle buone prove
dalla nostra, quelli sono dei pezzi grossi dell’FBI e sono in tre!
Anche se, supponiamo, abbiamo davvero messo fuori gioco i tre agenti
che hanno corrotto, ed in ogni caso non è detto, rimangono comunque i
capi che possono fare qualunque cosa vogliano! Hanno messo tutta la
città di Los Angeles, tutte le forze dell’ordine disponibili, contro
Don! Ti rendi conto che pur avendo delle buone carte in mano quelli
possono farle sparire quando vogliono in qualunque modo? E Colby?
Resisterà, certo, ma quanto? Nel migliore dei casi lo tortureranno e
vedendo che non parla lo uccideranno perché non gli servirà a niente!
Hanno già la locuzione di Don, Washington DC, casa di Gibbs! Credono
già che Colby non gli serva! Non l’hanno preso per farlo parlare ma per
evitare che aiuti il suo collega fuggiasco! Ecco perché non ha
possibilità di farcela, questa volta! Non si tratta di resistere a
delle torture! Andranno dritti al sodo, con lui! - Ed ecco che era
venuto fuori tutto in una volta. Parlando veloce e concitato, anche se
sotto voce per non farsi sentire dagli altri, l’aveva sparata senza
essere capace di fermarsi, carico di un’agitazione che stava quasi
sfociando nel panico.
Era vero, Reid
aveva ragione su tutto e Morgan poteva leggere la paura nei suoi occhi
ma non per sé stesso, bensì per tutti i suoi amici, quelli che ormai
erano tali.
Si commosse a
questo e capì perché comunque stava esprimendo tutte queste sentenze
gravi solo a lui. Per proteggerli ulteriormente in tutti i modi
possibili.
Morgan piegò le
labbra in segno di dispiacere. Non gli piaceva che il suo compagno
stesse così, ma gli piaceva ancora meno la situazione generale in cui
erano.
Cosa dirgli?
Lui aveva il dono naturale di saper sempre trovare le parole giuste,
specie per Reid. Ora si chiese se le avesse ma non si fermò, si buttò
lo stesso mostrando una sicurezza che non era poi tanto certo di avere
realmente.
- Pensi che non
li abbiano tutti questi dubbi, loro? Magari non se li dicono con tanto
di dettagli precisi come fai tu, però sanno bene che ci sono mille
buchi in ciò che stiamo per fare. - Non era insofferente ma aveva un
cipiglio molto deciso, quasi secco.
Reid lo guardò
smarrito senza capire.
- E perché
allora lo stanno facendo? -
Morgan strinse
il pugno, poi con notevole sforzo per rimanere calmo, disse con
durezza:
- Perché
l’alternativa è far niente o peggio arrendersi. Nessuno di loro lo
farà. Che ne dica Don, nemmeno lui, anche se si tratterebbe di salvare
il suo uomo. E forse quella gente vincerà comunque e qualcuno di noi
finirà ugualmente male, ma almeno noi avremo fatto qualcosa, invece che
sederci e aspettare la fine! Sono arrivati a quello proprio perché
nessuno ha mai tentato, visto che non c’era speranza! Ed è ora che
qualcuno tiri fuori le palle! - Lo disse a modo suo, dando forza e
passione alle parole perché dicendole capiva quanto ci credesse, quanto
fosse giusto.
A costo di fare
il kamikaze, non esisteva che cedesse il passo. A nessuno. Per niente
al mondo!
Reid l’ascoltò
colpito e capì cosa intendesse, capì anche che sebbene non fosse il
proprio stile, quello, era giusto che qualcuno agisse in quel modo ed
anche se non era d’accordo per una miriade di validissime ragioni,
c’era un punto che li sbaragliava tutti.
Lui poteva non
credere in tutti i piani pessimi del mondo, in tutti i modi peggiori ed
in ogni decisione discutibile, ma credeva comunque in quello che invece
adottava quei mezzi. Credeva in Morgan.
Questo a lui
bastava per seguirlo e fare qualcosa che riteneva la trovata peggiore
del mondo.
Sebbene lui
stesso avesse precedentemente detto che era anche l’unica, questo non
significava che fosse comunque pessima.
Reid dopo un
attimo di esitazione accennò ad un lieve sorriso, più una smorfia che
altro, ma bastò per far capire a Morgan che sarebbe stato con lui come
sempre e finalmente si rischiarò sorridendo radioso pieno di quella
sicurezza luminosa che lo caratterizzava e che per Reid era essenziale.
- Per la serie:
quello che sarà sarà, noi comunque andiamo e colpiamo duro? - Lo disse
usando quelle che sapeva di solito erano le parole del suo compagno il
quale all’udirle smise di torturare lo stipite del corridoio e gli
circondò il collo attirandolo a sé con impeto baciandogli la fronte.
- Non avrei
saputo dirlo meglio! -
Reid si lasciò
abbracciare in quel modo anomalo posando a sua volta le mani sui
fianchi del moro, quindi concluse questa volta in proprio pieno stile,
lugubremente freddo e razionale:
- Sarà comunque
una disfatta, ma almeno la facciamo insieme! -
Morgan rise
stringendolo meglio rendendosi conto che probabilmente quella sarebbe
stata l’unica volta prima di chissà quanto.
Se lo tenne
stretto imprimendoselo a fuoco, caricandosi quanto più poté mentre
cercava le sue labbra e se ne impossessava in un bacio che di discreto
aveva ben poco, vista la voglia di prendersi il massimo che in quella
situazione poteva.
Reid ricambiò
dopo un primo momento di interdizione e disagio, capendo che era quello
di cui momentaneamente Morgan aveva bisogno e rendendosi conto, mentre
le loro lingue si intrecciavano, che effettivamente si stava finalmente
dimenticando di tutti i mali che affliggevano il loro gruppo
attualmente.
Mentre loro
rasserenavano l’ambiente alleggerendolo, gli altri tre ci davano dentro
per oscurarlo e non ci dovevano nemmeno mettere molto impegno.
Don chiuso in
sé stesso a doppia mandata non faceva che pensare a tutti i brutti
momenti che aveva passato Colby, sia a quelli di quando non era stato
con lui, quindi prima di conoscerlo ma che sapeva ugualmente perché
gliene aveva parlato o perché erano nel suo dossier, sia a quelli a cui
aveva assistito.
L’ultimo
risaliva a non troppo tempo prima, quando si era trovato a mille piedi
da terra, imprigionato in un aereo con una bomba da disinnescare. Se
l’era cavata egregiamente da solo in quell’occasione, era vero, però se
l’era vista comunque brutta a lottare per non saltare in aria.
Quella peggiore
che ricordava con maggior dolore era quando aveva dovuto fingersi una
spia per conto della mafia cinese, cosa che invece non era. Fare la
parte del traditore doveva essere stato tremendo eppure ci era
riuscito, l’aveva fatta a tutti e doveva ammettere che questo diceva
molto di lui. Diceva specialmente che in un modo o nell’altro riusciva
sempre a cavarsela e che non era pane per i denti di nessuno. In
effetti nemmeno da quei criminali che gli avevano iniettato una dose
letale di veleno direttamente nel cuore -fortunatamente solo a metà-
Colby era stato sopraffatto. Certo era stato grandemente aiutato sul
finale, ma poi nel coma aveva lottato da solo per rimettersi dal
veleno.
E prima ancora
la guerra, Colby era un ex marine, era stato in Afganistan. Cosa
diavolo succedeva?
Perché sempre
lui?
Se contava il
tempo che lo conosceva, che non era poco ormai, poteva dire che
dopotutto non erano tante le volte in cui aveva davvero rischiato
grosso, però anche solo una per Don era di troppo.
Non pensava
minimamente a sé stesso, che a livello di inferni personali lui non era
secondo a nessuno, anzi. Non contava che quello più in pericolo di
tutti era sé stesso.
Non gliene
importava, come sempre.
L’unico
pensiero che effettivamente gli portava un po’ di sollievo era che, e
questa era una pallida speranza più che altro, Charlie stesse bene e
per una volta non l’avessero visto come il suo punto debole.
Certo che lo
era, prenderlo di mira per colpire Don era scontato e banale ma da
sempre il suo terrore. Però lui c’era sempre stato per proteggerlo e ci
era ogni volta riuscito.
Ora era
lontano, l’aveva lasciato solo e l’aveva coinvolto in qualcosa di molto
brutto.
Pensandoci si
era detto che in ogni caso doveva trovare il modo di avvertirlo di
quanto stesse succedendo, di non muoversi di casa o dall’ufficio e di
non seguire nessun agente per nessun motivo al mondo.
Cose che sapeva
già ma se preoccupato per l’assenza di Colby si sarebbe messo a
cercarlo e prima o poi sarebbe stato preso anche lui.
Doveva
informarlo eppure al tempo stesso il modo migliore per proteggerlo,
quella volta, era non coinvolgerlo per niente.
Con questi ed
altri pensieri preoccupati per la testa, Don non si accorse degli
sguardi tremendi che i due uomini con lui si scambiavano.
La situazione
fra Tony e Gibbs era sempre peggio ed era evidente anche se c’era stato
un breve momento in cui avevano collaborato, anzi, erano stati
straordinariamente dalla stessa parte.
Forse troppo
breve affinché fosse sufficientemente efficace.
Avrebbero
dovuto parlare e chiarirsi, sciogliere quella tensione dovuta a della
stupida gelosia infondata e a degli equivoci senza senso. Avrebbero
dovuto fare in modo di scendere da quell’aereo più uniti che mai e lo
sapevano, stavano per affrontare una gran brutta situazione dove
probabilmente non sarebbero riusciti a salvare tutti, quella volta. Una
situazione nella quale per aiutare degli amici si stavano per mettere
in prima linea in una guerra davvero brutta. E Gibbs di guerre ne aveva
abbastanza senza doversele cercare.
Lo faceva solo
per quel legame instaurato con Don, perché si era sentito in sincronia
con lui, stranamente, e lo capiva. Capiva tutte le sue reazioni ed i
suoi stati d’animo.
Però aiutarlo
lasciando andare sempre peggio il rapporto col suo uomo non era certo
il massimo.
Frustrato
distolse lo sguardo da Tony che lo ricambiava serio senza, per una
proverbiale volta, sparare cavolate o citazioni. Dannazione, per una
volta che ci sarebbe stato bisogno di sdrammatizzare… considerò infatti
Gibbs.
Sapeva che non
era una passeggiata nemmeno per lui, sapeva tutto, porca miseria, ma
come poteva semplicemente dirgli di mettere tutto da parte e fare come
sempre?
E al tempo
stesso parlarne seriamente come si doveva era così fuori luogo, in un
momento simile…
Per non parlare
dell’orgoglio di entrambi, convinti della propria ragione.
In quello erano
dannatamente uguali, anche se per lo più sembravano decisamente
diversi.
No, si disse
Gibbs.
Non era quello
il momento per chiarire un bel niente.
C’era qualcosa
di più importante.
Tony, al suo
contrario, ci aveva profondamente sperato in quel chiarimento, invece.
Però iniziare
una cosa del genere contro la volontà del suo compagno equivaleva ad
innescare un litigio destinato a degenerare, prima di portare la pace,
ed ora non ne aveva le forze, doveva risparmiarle per quello che
stavano facendo.
Ad interrompere
i rispettivi pensieri cupi e sofferenti, fu il telefono di Gibbs.
- Pronto? -
La voce
familiare di Abby e con una certa allegria sospetta di fondo, per un
momento ebbe il potere di accendergli una debole luce di speranza.
- Gibbs Gibbs
Gibbs… grandi novità! -
Poi la voce
altrettanto allegra di Penelope si sovrappose:
- Sì, davvero
enormi, gigantesche in effetti! - Che almeno dicessero se erano buone,
osservò seccato Gibbs senza la voglia di parlare, mettendo poi il
vivavoce per farsi sentire dagli altri che si radunarono intorno.
- Cosa? - Fece
allora secco.
- Le regine
hanno fatto centro, dovresti farci un monumento! -
- Sì, siamo
troppo brave insieme… -
- Già, ci
facciamo paura da sole… -
- Che diavolo
avete scoperto! - Fecero poi Gibbs e Don in contemporanea mentre lo
sguardo infastidito di Tony correva da uno all’altro.
Finalmente a
quello le due ragazze che insieme erano effettivamente pericolose più
che efficaci, si decisero a parlare e come lo fecero gli altri rimasero
tutti di stucco.
Quelle due
erano davvero da paura!