CAPITOLO X:
VERSO LOS ANGELES

“Sono un tuono che rimbomba, una pioggia battente
Sto arrivando come un uragano
il mio fulmine sta attraversando tutto il cielo
Sei ancora giovane ma stai per morire
Non farò prigionieri, non risparmierò vite
Nessuno avrà modo di lottare
Ho la mia campana, ti porterò all’inferno
Io ti avrò, Satana di avrà”
/Hells bells - AC/DC/


Due foto.
Due nomi.
Due obiettivi.
Colby Granger ed Anthony DiNozzo.
Colby si raggelò non vedendo spiegazioni e cominciò a pensare alla velocità della luce, come un forsennato, a che diavolo potesse essere successo.
“Perché? Perché noi due? Pensa, Colby, pensa.
Io e Tony… devono aver controllato le chiamate, ma perché le mie e soprattutto perché pensano che Tony c’entri qualcosa? Ci siamo chiamati tanto oggi ma non è normale che decidano di prenderci di mira per trovare Don.
Perché perché perché…”
Poi battendosi la fronte si illuminò capendo ogni cosa.
“Ma certo! Devono aver controllato le chiamate di tutta la squadra nella speranza che si facesse vivo con uno di noi ed hanno visto che l’unica stranezza erano queste telefonate a Washington DC fra me e Tony, non ci chiamiamo quasi mai ed ora, proprio quando sparisce Don, ci sentiamo così spesso!
Siamo stati idioti a pensare che non avrebbero controllato… e probabilmente hanno fatto ricerche su di lui, su come sia connesso con Don ed hanno trovato l’indagine congiunta di qualche mese fa. Dannazione, non è solo Tony l’obiettivo ma tutti loro, anche se di certo staranno andando dritti da lui! Ma se la caveranno, se li avverto in tempo e si preparano… solo che…”
E lì un’altra intuizione gli oscurò la mente che galoppava velocissima.
“C’è qualcos’altro che non quadra però… questo qui di chi diavolo doveva occuparsi? Qua non è specificato chi deve fare cosa… come sanno come dividersi gli obiettivi? Dovranno deciderli loro… allora sono in contatto l’uno con l’altro. Dannazione, non ho tempo di prendere gli altri due prima che si parlino. Ora probabilmente vedendo che non riescono a contattare questo qui faranno da soli. Sono in due, escluso questo pollo che ho nel bagagliaio. Allora… allora uno si prenderà Tony e l’altro me…”
Con quest’elaborazione intuitiva e veloce, con l’adrenalina che an dava a mille, montò in auto e prese il telefono per chiamare Tony e avvertirlo, ma prima di poterlo fare un ulteriore pensiero gli attraversò la mente ancora, come se non ne avesse abbastanza…
“Come pensano di trovarmi se non con il GPS?”
Guardò il cellulare mentre il numero di Tony si componeva.
Priorità.
In un secondo ebbe bisogno di decidere le proprie.
Avvertire Tony e rischiare che lo localizzassero grazie al cellulare, oppure far perdere le proprie tracce immediatamente senza possibilità di avvertire subito l’amico.
Non fece in tempo a scegliere.
La linea si prese, la voce familiare dall’altro capo rispose ma lui non poté parlare.
“Dannatamente efficienti questi agenti corrotti del cazzo!”
Questo fu l’ultimo pensiero di Colby prima di perdere i sensi dopo un fragore di vetri rotti e qualcosa che lo colpiva alla tempia come un lampo.

- Pronto?! Colby? Colby! - Tony chiuse il telefono con un gesto secco mentre l’apprensione si faceva strada in lui: - Dannazione, qualcosa non va! - Sbottò infine con gli occhi di tutti puntati addosso. Poi si rivolse a Don che lo fissava attento come un mastino: - Mi ha chiamato lui ma non ha risposto, si sono sentiti rumori di sottofondo e poi la linea si è interrotta. Non mi piace, ho una brutta sensazione. - Riprovando a chiamarlo senza successo, richiuse seccato. - Ora è spento! -
Nel giro di un istante l’agitazione esplose mentre Penelope provava a rintracciare il GPS di Colby col computer senza successo e Don cominciava a dare decisamente in escandescenza camminando a gran passi per il salotto come fosse stato punto da un serpente velenoso.
- E’ stato beccato! È stato beccato, dannazione! Dobbiamo andare là subito! Chiamo Charlie che lo cerchi! - Fu il primo pensiero mentre ancora non tuonava ma ci andava vicino. Morgan si intromise cercando di farlo ragionare:
- Non chiamarlo, tengono lui ed il suo telefono sotto controllo! È come mettergli un bersaglio sulla schiena! - Don gli si fermò davanti guardandolo come fosse lui l’assassino, poi riprese a camminare veloce e allucinato.
- Allora chiamo David! - La voce sempre più concitata, muoveva entrambe le braccia ignorando le fitte alla spalla ferita che avrebbe dovuto stare ferma appesa al collo.
- Non puoi coinvolgerlo! È il tuo vice, tengono sotto controllo anche lui! - Morgan continuò imperterrito alzando lievemente la voce per farsi sentire meglio da quello che pareva non sentisse niente.
I battiti andavano sempre più veloci, la testa batteva i tamburi di guerra e non riusciva più a ragionare, il sangue gli ribolliva. Camminava agitato impossibilitato a fermarsi e pensare, si passava le mani sul viso ignorando le fitte.
- Vado là subito e a costo consegnarmi lo libereranno! -
Fu a quel punto che si intromise Gibbs. Gli si parò davanti nella sua marcia e ad una vicinanza inquietante lo fissò serio e severo come se fosse il suo capo.
Poi laconico e secco disse:
- Tu non farai proprio niente! - Calò il silenzio. Un silenzio tagliente e pericoloso che lasciò a disagio tutti i presenti. Tony stesso paralizzato si chiedeva cosa avrebbe dovuto -o potuto- fare se quei due si fossero presi a pugni. Eventualità non tanto remota in effetti!
Don lo guardò avvicinandosi ulteriormente come se dovesse baciarlo invece che minacciarlo. Rimasero immobili ma sembrava si stessero divorando.
Uno dallo sguardo infuocato e fuori di sé l’altro invece proverbialmente gelido e inamovibile.
Fu un momento di alta tensione, poi finalmente Gibbs si decise a parlare incisivo senza ammettere repliche.
- Faremo qualcosa insieme. Non tu da solo. E non ti consegnerai! -
Non c’erano ma.
Don sembrò placarsi e la testa cominciò a dargli tregua, con tutti gli altri che riprendevano a respirare e pensavano al possibile da farsi.
- Non trovo tracce di Colby! - Disse Garcia dopo aver trafficato col suo computer, l’aria dispiaciuta di chi sapeva che da lì in poi non poteva più fare niente.
Gibbs respirò profondamente mentre Don comunque tornava ad andare forsennatamente su e giù per la stanza borbottando cose incomprensibili, probabilmente minacce atroci a quei corrotti dell’FBI.
Doveva tirarne fuori una buona e veloce, di soluzione. Immediata.
Andare là allo sbaraglio e fare cosa?
Il gioco di quella gente.
- Come diavolo hanno fatto a beccarlo? Non era sotto controllo come Charlie, mio padre e David! - Poi decise di elucubrare su qualcosa di più sensato, sempre alterato e seccato.
- Magari è stato uno di quei tre agenti con cui doveva parlare… quelli sotto il controllo dei tuoi capi… - Azzardò Tony che cercava di trovare delle soluzioni anche lui.
- O forse sono stati proprio loro a fare controlli impazziti su tutta la tua squadra. Bastava guardare le chiamate di Colby per notare la stranezza con le chiamate a Tony… una piccola ricerca sugli spostamenti passati di Don ed era facile scoprire che lo conosciamo per quell’indagine congiunta. -
Reid, la cui mente era abituata a lavorare meglio sotto pressione e a dare il centodieci per cento, aveva naturalmente fatto centro senza saperlo e sebbene ci fossero mille altre spiegazioni tutti lo guardarono convinti che avesse ragione perché lui, in effetti, ce l’aveva sempre!
- Ok, ma allora anche noi siamo in prima linea, ora. - Fece notare Tony con aria grave.
Gibbs lo guardò con stupore chiedendosi come non avesse potuto pensarci lui prima. Colby fuori gioco significava che anche loro erano scoperti quasi di sicuro.
- Non possiamo rimanere qua. - Fece allora Morgan sbrigativo.
- Tu! - Sbottò Gibbs dopo aver elaborato il da farsi nel giro di pochi istanti alla notizia che erano bruciati. Si rivolse a Garcia che ebbe l’istinto di dirgli di chiamarla per nome e non ‘tu’ come fosse un cane, ma si guardò dal farlo ad un’occhiata al suo cipiglio pericoloso. - Vai da Abby, è ancora in laboratorio, sta facendo delle ricerche che le ho chiesto di fare. Aiutala, poi passatemi le informazioni che vi ho chiesto. -
- Agli ordini capo! - Rispose alzandosi in piedi di scatto e prendendo le sue cose.
Gibbs si girò verso gli altri che lo guardavano in attesa di sapere il resto.
- Noi non possiamo rimanere qua. Li precediamo a Los Angeles. Staranno venendo qua, abbiamo un vantaggio, usiamolo. Se ci cercano qua significa che potremo agire indisturbati là. -
Gli altri cominciarono a prepararsi e a raccogliere le proprie cose eseguendo gli ordini senza discutere, vedendo in Gibbs un capo più che mai, però la mente di Tony continuava a lavorare cresciuta alla scuola del suo compagno, uno che seguiva le proprie intuizioni senza pensarci un secondo.
- Colby non è uno che molla facilmente. - Sembrò un confortare Don e Gibbs se ne risentì con l’intenzione di mandarlo a quel paese, ma vedendo il loro amico aggrapparsi a queste parole senza sapere perché le dicesse in un momento simile, si limitò ad ascoltarlo mentre proseguiva con maggior forza: - Ne ha passate tante, non parlerà in ogni caso, resisterà il necessario. - Allora Gibbs e Don capirono che stava pensando a qualcosa di specifico ed entrambi gli andarono davanti come dei cacciatori:
- Il necessario per cosa?! - Chiesero in simbiosi col medesimo tono sbrigativo e deciso.
Tony così tirò la sua stoccata con sonora sicurezza, guardandolo fisso negli occhi senza intimidazione per ciò che stava per dire.
- Il piano non deve cambiare. - Ed improvvisamente si era ricreduto. Da che non era assolutamente d’accordo con il consegnare Don per finta ai federali, a che improvvisamente lo era a tutti i costi.
Ci fu una pausa durante la quale molti pensarono se non fosse impazzito, tutti tranne uno.
- No, non deve. - Fece eco Gibbs incatenando gli occhi ai suoi per un istante che parve più lungo di quanto non fu. Tony si sentì improvvisamente risollevato e con un’ondata di calore capì che erano di nuovo tornati sulla stessa lunghezza d’onda e se fosse stato in sé avrebbe anche scherzato dicendo che a loro il pericolo e le situazioni critiche giovavano perché finivano per unirsi più di prima.
- Cosa state dicendo? - Chiese Morgan impaziente comunque di andarsene dalla città prima di imbattersi in qualcuno di scomodo.
- Io ho capito. - Anche Reid ci era arrivato. - Abbiamo solo questa opportunità per risolvere tutto legalmente ed una volta per tutte, scagionare Don ed incriminare quelle persone. Non possiamo sbagliare. Non possiamo fare il loro gioco. Non possiamo perdere tempo. - Sebbene il termine ‘perdere tempo’ associato al salvare Colby, a Don non piacque per niente ed infatti fulminò il biondino che si sentì subito a disagio, l’opinione comune fu che comunque avevano ragione.
- Ehi… - Fece poi Tony mettendo una mano sulla spalla sana di Don, il tono più basso ed intimo. L’amico spostò gli occhi castani furenti in quelli improvvisamente calmi e premurosi dell’altro: - andrà tutto bene, ce la farà, resisterà per te e lo sai. - Parole cariche di una fede e di una forza che in quel momento furono tutto per Don che si aggrappò ad esse sperando comunque che avesse ragione. Anche se lui, di suo, avrebbe preferito andare dritto da quei bastardi e dirgli ‘prendetemi e fatemi ciò che volete ma lasciatelo libero’.
In perfetto stile Don.
Fortunatamente non era solo, come aveva fatto notare Gibbs per calmarlo, e non gli avrebbero mai permesso di agire con colpi di testa alla kamikaze.

Sfruttando la propria posizione ed il fatto eccezionale che una volta ogni tanto nel week end non avevano dei casi, Morgan decise di fare un piccolo strappo alla regola e di chiedere il loro jet privato per volare veloci fino a Los Angeles e guadagnare quanto più tempo potevano.
Messa come un caso d’accertazione e buttata giù omettendo un bel po’ di particolari, erano riusciti a partire e vedendo la maestria con cui il giovane dalla pelle scura si era giostrato tutti ne rimasero ammirati. Certamente con quell’aereo avrebbero guadagnato un gran bel po’ di tempo e con la speranza che la casa di Gibbs e Tony ci fosse ancora al loro ritorno, avevano spiccato il volo.
Un po’ d’attesa prima di arrivare e la disponibilità quindi di ripassare tutto il piano e di riflettere ulteriormente, ognuno per conto proprio, su le cose che non stavano andando per niente bene.
Reid era inquieto, cosa che di norma era sempre supportata da un’ottima motivazione fondata. Notandolo, Morgan si chiese quanto ci avrebbe messo a snocciolare tutti i buchi del loro piano demoralizzando ulteriormente gli altri, specie Don. Lo vide andare avanti ed indietro per il velivolo a loro familiare e all’ennesimo passaggio gli andò dietro bloccandogli il passaggio. Fermando il compagno esile nella strettoia che conduceva al bagno e poi alla cabina di pilotaggio, acquistò un minimo di privacy dagli altri comunque troppo intenti a elucubrare sui fatti propri per badare a qualcun altro.
I due si guardarono ed il biondino lo fissò interrogativo e smarrito non capendo cosa gli prendesse.
- Avanti! - Esordì perentorio Morgan con le mani sugli stipiti, squadrandolo più deciso che mai a farlo parlare.
- Cosa? - Chiese l’altro sforzandosi di non capire. In realtà era evidente che ci era arrivato.
- Spencer… - Fece allora ammorbidendosi e sospirando con una certa stanchezza prima ancora di iniziare la parte peggiore di quel caso segreto. - Cosa c’è che non ti convince? Normalmente l’avresti già sparata ai quattro venti senza il minimo tatto! - Era vero, si disse Reid, ma questa volta era diverso. Sì, e perché?
Il ragazzo si ritrovò spaesato al cercare di rispondere alla seconda parte della sua frase e mordicchiandosi il labbro si decise mostrando tutta la sua non convinzione ed il disappunto:
- Ci sono un sacco di cose che non vanno, Derek! Stiamo andando allo sbaraglio in una specie di missione suicida! Anche se abbiamo delle buone prove dalla nostra, quelli sono dei pezzi grossi dell’FBI e sono in tre! Anche se, supponiamo, abbiamo davvero messo fuori gioco i tre agenti che hanno corrotto, ed in ogni caso non è detto, rimangono comunque i capi che possono fare qualunque cosa vogliano! Hanno messo tutta la città di Los Angeles, tutte le forze dell’ordine disponibili, contro Don! Ti rendi conto che pur avendo delle buone carte in mano quelli possono farle sparire quando vogliono in qualunque modo? E Colby? Resisterà, certo, ma quanto? Nel migliore dei casi lo tortureranno e vedendo che non parla lo uccideranno perché non gli servirà a niente! Hanno già la locuzione di Don, Washington DC, casa di Gibbs! Credono già che Colby non gli serva! Non l’hanno preso per farlo parlare ma per evitare che aiuti il suo collega fuggiasco! Ecco perché non ha possibilità di farcela, questa volta! Non si tratta di resistere a delle torture! Andranno dritti al sodo, con lui! - Ed ecco che era venuto fuori tutto in una volta. Parlando veloce e concitato, anche se sotto voce per non farsi sentire dagli altri, l’aveva sparata senza essere capace di fermarsi, carico di un’agitazione che stava quasi sfociando nel panico.
Era vero, Reid aveva ragione su tutto e Morgan poteva leggere la paura nei suoi occhi ma non per sé stesso, bensì per tutti i suoi amici, quelli che ormai erano tali.
Si commosse a questo e capì perché comunque stava esprimendo tutte queste sentenze gravi solo a lui. Per proteggerli ulteriormente in tutti i modi possibili.
Morgan piegò le labbra in segno di dispiacere. Non gli piaceva che il suo compagno stesse così, ma gli piaceva ancora meno la situazione generale in cui erano.
Cosa dirgli? Lui aveva il dono naturale di saper sempre trovare le parole giuste, specie per Reid. Ora si chiese se le avesse ma non si fermò, si buttò lo stesso mostrando una sicurezza che non era poi tanto certo di avere realmente.
- Pensi che non li abbiano tutti questi dubbi, loro? Magari non se li dicono con tanto di dettagli precisi come fai tu, però sanno bene che ci sono mille buchi in ciò che stiamo per fare. - Non era insofferente ma aveva un cipiglio molto deciso, quasi secco.
Reid lo guardò smarrito senza capire.
- E perché allora lo stanno facendo? -
Morgan strinse il pugno, poi con notevole sforzo per rimanere calmo, disse con durezza:
- Perché l’alternativa è far niente o peggio arrendersi. Nessuno di loro lo farà. Che ne dica Don, nemmeno lui, anche se si tratterebbe di salvare il suo uomo. E forse quella gente vincerà comunque e qualcuno di noi finirà ugualmente male, ma almeno noi avremo fatto qualcosa, invece che sederci e aspettare la fine! Sono arrivati a quello proprio perché nessuno ha mai tentato, visto che non c’era speranza! Ed è ora che qualcuno tiri fuori le palle! - Lo disse a modo suo, dando forza e passione alle parole perché dicendole capiva quanto ci credesse, quanto fosse giusto.
A costo di fare il kamikaze, non esisteva che cedesse il passo. A nessuno. Per niente al mondo!
Reid l’ascoltò colpito e capì cosa intendesse, capì anche che sebbene non fosse il proprio stile, quello, era giusto che qualcuno agisse in quel modo ed anche se non era d’accordo per una miriade di validissime ragioni, c’era un punto che li sbaragliava tutti.
Lui poteva non credere in tutti i piani pessimi del mondo, in tutti i modi peggiori ed in ogni decisione discutibile, ma credeva comunque in quello che invece adottava quei mezzi. Credeva in Morgan.
Questo a lui bastava per seguirlo e fare qualcosa che riteneva la trovata peggiore del mondo.
Sebbene lui stesso avesse precedentemente detto che era anche l’unica, questo non significava che fosse comunque pessima.
Reid dopo un attimo di esitazione accennò ad un lieve sorriso, più una smorfia che altro, ma bastò per far capire a Morgan che sarebbe stato con lui come sempre e finalmente si rischiarò sorridendo radioso pieno di quella sicurezza luminosa che lo caratterizzava e che per Reid era essenziale.
- Per la serie: quello che sarà sarà, noi comunque andiamo e colpiamo duro? - Lo disse usando quelle che sapeva di solito erano le parole del suo compagno il quale all’udirle smise di torturare lo stipite del corridoio e gli circondò il collo attirandolo a sé con impeto baciandogli la fronte.
- Non avrei saputo dirlo meglio! -
Reid si lasciò abbracciare in quel modo anomalo posando a sua volta le mani sui fianchi del moro, quindi concluse questa volta in proprio pieno stile, lugubremente freddo e razionale:
- Sarà comunque una disfatta, ma almeno la facciamo insieme! -
Morgan rise stringendolo meglio rendendosi conto che probabilmente quella sarebbe stata l’unica volta prima di chissà quanto.
Se lo tenne stretto imprimendoselo a fuoco, caricandosi quanto più poté mentre cercava le sue labbra e se ne impossessava in un bacio che di discreto aveva ben poco, vista la voglia di prendersi il massimo che in quella situazione poteva.
Reid ricambiò dopo un primo momento di interdizione e disagio, capendo che era quello di cui momentaneamente Morgan aveva bisogno e rendendosi conto, mentre le loro lingue si intrecciavano, che effettivamente si stava finalmente dimenticando di tutti i mali che affliggevano il loro gruppo attualmente.

Mentre loro rasserenavano l’ambiente alleggerendolo, gli altri tre ci davano dentro per oscurarlo e non ci dovevano nemmeno mettere molto impegno.
Don chiuso in sé stesso a doppia mandata non faceva che pensare a tutti i brutti momenti che aveva passato Colby, sia a quelli di quando non era stato con lui, quindi prima di conoscerlo ma che sapeva ugualmente perché gliene aveva parlato o perché erano nel suo dossier, sia a quelli a cui aveva assistito.
L’ultimo risaliva a non troppo tempo prima, quando si era trovato a mille piedi da terra, imprigionato in un aereo con una bomba da disinnescare. Se l’era cavata egregiamente da solo in quell’occasione, era vero, però se l’era vista comunque brutta a lottare per non saltare in aria.
Quella peggiore che ricordava con maggior dolore era quando aveva dovuto fingersi una spia per conto della mafia cinese, cosa che invece non era. Fare la parte del traditore doveva essere stato tremendo eppure ci era riuscito, l’aveva fatta a tutti e doveva ammettere che questo diceva molto di lui. Diceva specialmente che in un modo o nell’altro riusciva sempre a cavarsela e che non era pane per i denti di nessuno. In effetti nemmeno da quei criminali che gli avevano iniettato una dose letale di veleno direttamente nel cuore -fortunatamente solo a metà- Colby era stato sopraffatto. Certo era stato grandemente aiutato sul finale, ma poi nel coma aveva lottato da solo per rimettersi dal veleno.
E prima ancora la guerra, Colby era un ex marine, era stato in Afganistan. Cosa diavolo succedeva?
Perché sempre lui?
Se contava il tempo che lo conosceva, che non era poco ormai, poteva dire che dopotutto non erano tante le volte in cui aveva davvero rischiato grosso, però anche solo una per Don era di troppo.
Non pensava minimamente a sé stesso, che a livello di inferni personali lui non era secondo a nessuno, anzi. Non contava che quello più in pericolo di tutti era sé stesso.
Non gliene importava, come sempre.
L’unico pensiero che effettivamente gli portava un po’ di sollievo era che, e questa era una pallida speranza più che altro, Charlie stesse bene e per una volta non l’avessero visto come il suo punto debole.
Certo che lo era, prenderlo di mira per colpire Don era scontato e banale ma da sempre il suo terrore. Però lui c’era sempre stato per proteggerlo e ci era ogni volta riuscito.
Ora era lontano, l’aveva lasciato solo e l’aveva coinvolto in qualcosa di molto brutto.
Pensandoci si era detto che in ogni caso doveva trovare il modo di avvertirlo di quanto stesse succedendo, di non muoversi di casa o dall’ufficio e di non seguire nessun agente per nessun motivo al mondo.
Cose che sapeva già ma se preoccupato per l’assenza di Colby si sarebbe messo a cercarlo e prima o poi sarebbe stato preso anche lui.
Doveva informarlo eppure al tempo stesso il modo migliore per proteggerlo, quella volta, era non coinvolgerlo per niente.
Con questi ed altri pensieri preoccupati per la testa, Don non si accorse degli sguardi tremendi che i due uomini con lui si scambiavano.
La situazione fra Tony e Gibbs era sempre peggio ed era evidente anche se c’era stato un breve momento in cui avevano collaborato, anzi, erano stati straordinariamente dalla stessa parte.
Forse troppo breve affinché fosse sufficientemente efficace.
Avrebbero dovuto parlare e chiarirsi, sciogliere quella tensione dovuta a della stupida gelosia infondata e a degli equivoci senza senso. Avrebbero dovuto fare in modo di scendere da quell’aereo più uniti che mai e lo sapevano, stavano per affrontare una gran brutta situazione dove probabilmente non sarebbero riusciti a salvare tutti, quella volta. Una situazione nella quale per aiutare degli amici si stavano per mettere in prima linea in una guerra davvero brutta. E Gibbs di guerre ne aveva abbastanza senza doversele cercare.
Lo faceva solo per quel legame instaurato con Don, perché si era sentito in sincronia con lui, stranamente, e lo capiva. Capiva tutte le sue reazioni ed i suoi stati d’animo.
Però aiutarlo lasciando andare sempre peggio il rapporto col suo uomo non era certo il massimo.
Frustrato distolse lo sguardo da Tony che lo ricambiava serio senza, per una proverbiale volta, sparare cavolate o citazioni. Dannazione, per una volta che ci sarebbe stato bisogno di sdrammatizzare… considerò infatti Gibbs.
Sapeva che non era una passeggiata nemmeno per lui, sapeva tutto, porca miseria, ma come poteva semplicemente dirgli di mettere tutto da parte e fare come sempre?
E al tempo stesso parlarne seriamente come si doveva era così fuori luogo, in un momento simile…
Per non parlare dell’orgoglio di entrambi, convinti della propria ragione.
In quello erano dannatamente uguali, anche se per lo più sembravano decisamente diversi.
No, si disse Gibbs.
Non era quello il momento per chiarire un bel niente.
C’era qualcosa di più importante.
Tony, al suo contrario, ci aveva profondamente sperato in quel chiarimento, invece.
Però iniziare una cosa del genere contro la volontà del suo compagno equivaleva ad innescare un litigio destinato a degenerare, prima di portare la pace, ed ora non ne aveva le forze, doveva risparmiarle per quello che stavano facendo.
Ad interrompere i rispettivi pensieri cupi e sofferenti, fu il telefono di Gibbs.
- Pronto? -
La voce familiare di Abby e con una certa allegria sospetta di fondo, per un momento ebbe il potere di accendergli una debole luce di speranza.
- Gibbs Gibbs Gibbs… grandi novità! -
Poi la voce altrettanto allegra di Penelope si sovrappose:
- Sì, davvero enormi, gigantesche in effetti! - Che almeno dicessero se erano buone, osservò seccato Gibbs senza la voglia di parlare, mettendo poi il vivavoce per farsi sentire dagli altri che si radunarono intorno.
- Cosa? - Fece allora secco.
- Le regine hanno fatto centro, dovresti farci un monumento! -
- Sì, siamo troppo brave insieme… -
- Già, ci facciamo paura da sole… -
- Che diavolo avete scoperto! - Fecero poi Gibbs e Don in contemporanea mentre lo sguardo infastidito di Tony correva da uno all’altro.
Finalmente a quello le due ragazze che insieme erano effettivamente pericolose più che efficaci, si decisero a parlare e come lo fecero gli altri rimasero tutti di stucco.
Quelle due erano davvero da paura!