CAPITOLO XI:
L’INIZIO DEI
GIOCHI
“Come
possiamo vincere quando gli stupidi possono essere re?
Nessuno
mi prenderà vivo
E’
arrivato il momento di sistemare le cose
Tu
ed io dobbiamo combattere per i nostri diritti
Tu
ed io dobbiamo combattere per sopravvivere”
/Knights
of Cydonia - Muse/
- Paty Pablo,
Nate Rule, Shade Sheist e Faith Evans! - Esclamò Garcia con la
parlantina più sciolta mai sentita. Silenzio dall’altra parte della
linea. Stava dando i numeri?
Ad illuminarli
arrivò Abby che con un orgoglio quasi palpabile, diede loro la
soluzione trionfante:
- I nomi dei
principali criminali con cui i tre capi dell’FBI hanno avuto a che
fare. -
- Ce ne sono un
paio di altri ma di poco conto, questi sono quelli più di spicco! -
Fece eco Penelope gareggiando con la mora per dirne di più.
- Vi mandiamo
gli indirizzi di dove potete trovarli e tutte le attività di cui si
occupano e cosa, ne deduciamo, hanno fatto per Qui Quo e Qua! -
Al che tutti
gli uomini che ascoltavano gli sproloqui con una certa serietà, non
poterono non alzare un sopracciglio con scetticismo.
- Qui Quo e
Qua? - Chiese Morgan, quello più preparato alle stramberie della sua
‘bambolina’ preferita!
- I capi di
Don! Non possiamo chiamarli sempre ‘i tre capi dell’FBI’ e nemmeno coi
loro nomi, sai, in caso ci sentissero. Allora come nome in codice
abbiamo scelto Qui Quo e Qua… fareste bene ad usarli anche voi! -
Morgan e Tony
ridacchiarono lieti di avere ancora qualcosa per cui farlo, mentre gli
altri scossero il capo consapevoli che comunque per il discorso dei
nomi in codice avevano ragione. Certo non avrebbero mai usato quelli
scelti dalle due scienziate pazze, però il ragionamento era da tenere
in considerazione.
- Preferisco
non chiamarli per niente, piuttosto! - Obiettò Gibbs bruscamente.
- Non ne
avevamo dubbi! - Rispose allegramente Abby.
- Mandateci
tutte le informazioni! - Tagliò corto Don il quale nemmeno discuteva se
chiamarli in quel modo assurdo o no.
- Agli ordini
generale! - Asserirono insieme: - Sono già in arrivo! Troverete dei
dati che di sicuro vi interesseranno! -
- Ottimo lavoro
ragazze! - Concluse poi di nuovo Morgan sapendo che si aspettavano
qualcosa del genere.
- Nostro dovere
e piacere! - Terminarono la conversazione con altrettanta allegria di
come avevano cominciato, quindi calò momentaneamente il silenzio fino a
che non suonarono i palmari di Gibbs e Morgan con le varie informazioni
richieste.
Non persero
tempo e le lessero ad alta voce per decidere insieme il da fare e
vedere in che modo sarebbero potute essere utili; una volta concluso,
mentre gli altri discutevano sui dati ricevuti, Gibbs parve pensarci un
secondo in più per poi esprimere la sua idea che non era tanto una
proposta quanto una decisione.
- Quando questo
aereo atterra, ci separeremo. Morgan e Reid, proseguono col piano e
consegnano Don. Io e Tony andiamo a fare quattro chiacchiere coi
signori del crimine! -
Lo guardarono
in silenzio per un attimo, cercando di capire il resto del discorso
omesso e siccome erano comunque tutti più o meno abituati a dei modi
simili (chi con Hotch, chi con Gibbs, chi perché era lui stesso di
norma a farlo), colmarono le lacune abbastanza in fretta:
- Io e Morgan
siamo dell’FBI quindi abbiamo il diritto di partecipare alle indagini
se lo richiediamo, in quanto abbiamo trovato noi Don. Per lo meno
ufficialmente risulterà così. - Fece Reid il cui cervello comunque si
muoveva più velocemente degli altri per propria caratteristica.
- Pensi di
riuscire a convincere almeno uno di quelli a collaborare con noi per
incastrare quei bastardi? - Ecco il nome in codice che Don preferiva
usare al posto di Qui Quo e Qua!
Gibbs si
strinse nelle spalle ma non rispose, era ovvio che non ce n’era una
sicura, comunque l’avrebbe fatto in ogni caso.
- Siamo in
pochi, ci servirebbe più di una mano per fare tutto quello che
dobbiamo! - Alla considerazione di Tony, fantasticamente seria, tutti
lo guardarono accigliati. Aveva comunque detto l’ovvio. - C’è anche
Colby di cui occuparsi e se Morgan e Reid seguono le indagini per
assicurarsi che prendano la giusta direzione, chi vuoi che lo cerchi se
non noi? E ne abbiamo quattro con cui parlare… senza contare che
convincerli a collaborare con noi non è una passeggiata. Cioè, gli
chiederemo di consegnarci le loro galline dalle uova d’oro! - Ecco il
grande pregio di Tony… fra una boiata e l’altra che sparava per
alleggerire gli animi, era anche in grado di fare il realista. Che non
si trattava sempre necessariamente di essere un pessimista ma
semplicemente quello che diceva le cose come stavano. Quelle famose
cose che Gibbs ometteva perché comunque troppo ovvie per essere
espresse.
Pareva quasi
che Tony si sentisse in dovere di completargli le frasi, talvolta!
I colleghi di
missione quella volta dovettero ammettere fra loro stessi e con delle
espressioni più o meno eloquenti, che non aveva torto.
Effettivamente
ogni tanto bisognava tornare coi piedi per terra e dare una completa
analisi della situazione.
Solitamente era
Reid a farlo ma il giovane finiva tendenzialmente ad essere più
catastrofista e a dilungarsi più del necessario, mentre Tony era
esauriente quanto bastava, solo che poi sapeva sempre in un modo o
nell’altro strappare un mezzo sorriso a chi lo ascoltava.
Infatti…
- Ma abbiamo
delle buone carte da giocare, quando Qui Quo e Qua vedranno Don
capiranno subito che ha qualcosa in mente e cominceranno a strapparsi
tutte le penne! Andranno a piangere da zio Paperone! -
Al che Gibbs
con aria indecifrabile ma incisiva, concluse laconico:
- Prega che non
ci sia, un zio Paperone, e che facciano tutto da soli! -
A quello
nessuno ribatté trovandosi confusi circa se potessero sollevarsi oppure
allarmarsi più di prima!
Una volta a
terra, Don e Gibbs si scambiarono uno sguardo penetrante mentre Tony
gli fece un sorriso d’incoraggiamento, l’unico che aveva ancora quella
funzione, evidentemente, vista la seriosità mortale di tutti gli altri.
Don stesso vi
si aggrappò mentre tradusse l’espressione cupa e sicura di Gibbs in una
specie di promessa.
Che in un modo
o nell’altro ne sarebbero venuti fuori.
Infine ognuno
andò per la propria strada.
Tony si chiese
più volte come dovesse sentirsi Gibbs a dover per forza collaborare con
lui, dopo la tensione innegabile che si era creata. Si chiese se
potendo scegliere si sarebbe preso Reid piuttosto che lui ma preferì
non esprimere quel dubbio, per evitare di seccare ulteriormente il suo
già evidentemente seccato uomo.
C’era anche la
possibilità che senza terzi ‘extra’ lui si rilassasse e tornasse a
considerarlo un essere umano invece che limitarsi a demolirlo con le
occhiate peggiori che possedeva.
Di certo quella
situazione di contorno non aiutava il loro rapporto, in fondo sapeva
che doveva solo avere pazienza e così avrebbe fatto, concentrandosi sul
lavoro per concluderlo il prima possibile.
Adorava quei
nuovi amici ma doveva ammettere che già avere un rapporto a due con
Gibbs non era facile, se poi ci si mettevano in mezzo anche gli altri
allora era proprio impossibile!
Sapeva che era
così intrattabile principalmente perché era iper geloso, lo era sempre
stato e di conseguenza lui lo stuzzicava perché non gli piaceva essere
trattato in certi modi. O perché gli piaceva troppo…
Pensandoci con
lucidità capiva bene che sbagliavano entrambi, ma fra il capirlo ed il
saper porre rimedio correva una galassia intera!
Come prima cosa
i due cercarono Colby negli unici luoghi dove avrebbero potuto
controllare, naturalmente trovarono solo un annunciato buco nell’acqua.
Anche la macchina era sparita, spostata da dove il GPS -ora
disattivato- l’aveva localizzata in precedenza.
Senza avere
nessuna sua traccia decisero di concentrarsi per schiacciare il prima
possibile i famosi Qui Quo e Qua, così andarono dal primo della lista,
quello che Gibbs aveva indicato ad istinto come quello più facile.
Tony non
sindacò sulla motivazione, sapeva come sceglieva le persone… li
guardava in faccia e li puntava senza ragionarci un minimo. Non
commentò il fatto che a giudicare degli affari di cui si occupava
quello invece che il più malleabile sembrava quello più pericoloso. Non
commentò nemmeno il fatto che non avevano un’armata ma che erano solo
in due e che nel momento in cui avrebbero esibito i distintivi
sarebbero morti.
Si limitò a
seguirlo ed assecondarlo come poi il più delle volte faceva, per lo
meno sul lavoro.
Già era di
pessimo umore, se poi lo tormentava si segnava la propria condanna!
Sapeva bene, il
ragazzo, quando poteva tirare la corda e quando no, quella era una di
quelle volte in cui non poteva.
Il covo
indicato dalle loro bravissime informatiche, era una zona di Los
Angeles che definire poco sicura era usare un eufemismo.
- Non tirare
fuori il distintivo. - Disse Gibbs a denti stretti camminando a passo
sicuro fra gli uomini di guardia lungo tutto il quartiere, segno che
erano nel posto giusto. - Facciamo i clienti. - E che quei due
apparissero più come due criminali che come agenti federali, non era
una sorpresa!
Non si misero
ulteriormente d’accordo sulle parti da recitare o su cosa fare, non
servì.
Nonostante
fossero più o meno in rotta, la loro sintonia non ne risentì, sintomo
che potevano litigare quanto volevano ma a fatti sarebbero sempre stati
dalla stessa parte, in realtà.
Quella capacità
di capirsi al volo senza doversi mettere d’accordo, quel sapere ciò che
l’altro voleva, quell’assecondarsi ed amalgamarsi a vicenda era una
loro tipica caratteristica, specie se lavoravano in coppia e da soli.
Gibbs non ebbe
bisogno di dire a Tony di fare quello che faceva sempre, sapeva che
l’avrebbe fatto e consapevole della parte recitata dal suo compagno,
lui ne avrebbe fatta un’altra di conseguenza. Una che gli veniva
altrettanto bene.
Il sipario si
aprì.
Shade Sheist
era un ispanico sui quarant‘anni, ben piazzato, armato fino ai denti
anche se non alla vista, circondato da appariscenti gorilla senza
cervello e soprattutto dall’espressione serafica.
Lo si vedeva e
si capiva subito che tipo fosse, entrambi ne avevano avuto a che fare
con gente simile a bizzeffe.
Era un pezzo
duro, abituato a quella vita e ad ogni genere di persone, tutti quelli
che tentavano di farlo fuori di certo finivano male per primi e senza
che lui apparentemente si sporcasse le mani.
Era uno che
sapeva capire al volo le persone e che era incorruttibile, nel senso
che seguiva sempre e solo i propri piani e principi.
Di certo
fargliela era impossibile se non si aveva delle carte non convincenti,
ma indistruttibili.
Tony era
cosciente che loro non ne avevano, ma soprattutto sapeva perfettamente
che quelli così riuscivano in un modo o nell’altro ad uscirne sempre
puliti, anche se poi erano la peggiore schifezza.
Aveva
esperienza nel settore, era evidente.
Dopo essere
stati disarmati come di consueto, poterono presentarsi davanti a tale
Shade.
Era un uomo che
amava tenersi bene ed in forma, curava il proprio aspetto, detestava la
trascuratezza in ogni sua forma, specie se nel lavoro.
Rimase seduto
mentre i famosi gorilloni, due armadi per qua, erano in piedi dietro di
lui con un arma a testa che non erano certo giocattoli per bambini.
Non li fece
accomodare ma li squadrò da capo a piedi come se con una sola occhiata
potesse già capire tutto quello che serviva.
Forse era così,
si dissero. Forse aveva già intuito che erano federali. O forse no.
Comunque non
diede a vedere che cosa aveva capito di loro e Gibbs e Tony
proseguirono il loro gioco.
Finchè nessuno
scopriva apertamente le carte l’esito non era deciso.
- Posso fare
qualcosa per voi? -
Saltarono la
fase di fornire i soliti falsi nomi, Gibbs notò che non glieli chiese
consapevole che non avrebbe ottenuto di certo quelli veri. Specie dal
momento che con sé parevano non avere documenti e di sicuro un motivo
c’era!
La voce era
pacata e a Tony venne in mente immediatamente il padre di Ziva, come
modi di fare erano tremendamente simili.
Ebbe così un
flash istantaneo.
Sapeva
perfettamente come si trattava con gente simile, allora. Aveva già
condotto tanti come lui, ed Eli David stesso, nella direzione voluta.
Una questione
di furbizia. Con gente così non si poteva usare la stessa carta, erano
troppo bravi nel loro gioco. Bisognava farne uno totalmente diverso.
Bisognava
mandarli in bestia per ottenere qualcosa.
E lui a far
saltare i nervi a qualcuno era imbattibile.
In quello Tony
capì cosa Gibbs si aspettava da lui e con un sorrisetto da damerino dei
suoi, cominciò con fare totalmente rilassato e sbruffone.
- Sono sicuro
di sì. Sei l’uomo dalle mille risorse, no? -
Fece Tony
guardandosi intorno aggirandosi e curiosando per la stanza. Una delle
due guardie del corpo fece un passo in sua direzione per fermarlo ma
Shade con un gesto lo placò. Evidentemente la sua sicurezza era tale da
permettere a gente sospetta di curiosare ovunque.
- Se questo è
ciò che si dice di me, è probabile che un fondo di verità ci sia. -
Rispose con calma. Non era una persona fredda, ma non era nemmeno
amichevole. Era più appropriato dire che era agghiacciante per come
guardava attraverso le persone considerandole solo dei futuri cadaveri
a prescindere dall’utilità che avrebbe trovato in esse.
Gibbs rimase
fermo ed in perfetto silenzio a fissarlo negli occhi, lui lo ricambiava
fisso e tranquillo ma non si perdeva un movimento di Tony.
- Io non mi
fido delle voci. Voglio sapere quanto vero è. Sei davvero l’uomo dalle
mille risorse? Mi sembra difficile. - Fece allora sempre più
strafottente. Ora, oltre a guardare, toccava vari oggetti esposti, cose
apparentemente di poco conto ma che di sicuro per essere lì avevano un
motivo.
Shade esibì un
sorriso vuoto e con il medesimo tono, per nulla scomposto, disse:
- Dipende da
chi lo vuole sapere. -
Fu allora che
intervenne Gibbs con i modi di chi con la sua estrema calma celava una
profonda pericolosità.
- Tu sai
perfettamente chi siamo, per questo non l’hai chiesto prima. Non
fingere che ora la nostra provenienza ti interessi, chi noi siamo non
ti ferma dal concludere un affare. - L’ispanico perse di vista Tony per
concentrarsi su Gibbs, lo guardò in silenzio e per un momento, uno
soltanto, mostrò un profondo compiacimento. Era come se avesse passato
il test. Rimaneva comunque da capire cosa volessero di preciso.
Tony allora
cominciò a giocare con un ninnolo apparentemente inutile eppure Gibbs
sapeva perfettamente che se lo teneva in mano un motivo preciso c’era.
Celò abilmente un sorrisetto compiaciuto e lo lasciò agire ancora
indisturbato.
Ebbe conferma
che doveva trattarsi di qualcosa di importante perché Shade ed i due
uomini nella stanza lo guardarono di nuovo, quelli dietro con un certo
allarme, il capo con apparente indifferenza.
Ma lo guardava.
- Sai che ti ha
appena dato della prostituta, in pratica? Insomma, accontenti tutti,
chiunque essi siano, purché tu abbia un tuo tornaconto. Non è che sia
un gran complimento. Non ti dà fastidio? - Disse con la sua solita
ironia puntando i riflettori su un insulto che Gibbs non aveva inteso
ma che comunque andava ugualmente bene.
Shade cominciò
a farsi freddo. Una freddezza solo apparente. Tanto si raggelava, tanto
gli dava fastidio qualcosa e nella fattispecie Tony.
- Ricevo
insulti peggiori, se dovessi offendermi per tutto quello che mi dicono
avrei già fatto una strage. - Tony alzò un sopracciglio scettico.
- Non ne hai
già fatte? - Shade divenne una sfinge, rigido come il marmo.
- Ripeto la mia
domanda iniziale. Per cosa posso esservi utile? -
- Ripeto la mia
risposta iniziale. Sei davvero l’uomo dalle mille risorse? -
Tony fece finta
di far cadere l’oggetto che teneva in mano e in quello Shade ebbe
finalmente uno scatto per prenderlo e si alzò. Ovviamente Tony non
glielo diede riprendendolo per primo. - Ehi amico, ti spaventi per
niente… - Rise in maniera fastidiosa. - Dopotutto non è niente di che,
solo un soprammobile… - Potendo, Gibbs avrebbe riso anche lui ma rimase
serio ed impassibile al posto di Shade che invece cominciò a faticare a
rimanere in sé.
Tony cominciava
a dargli fortemente sui nervi e come ci riusciva lui, non poteva
nessuno.
- Non amo chi
fa disordine a casa mia. - Telegrafico e ostentatamente gelido. Rimase
in piedi davanti a Tony che in risposta continuò a giocare con il
famoso ninnolo, di certo più di quel che non apparisse.
- Disordine?
L’ordine è sinonimo di apparenza, è per fare una buona impressione
esteriore. L’ordine in realtà cela il disordine. È questo che sei?
Tutta finzione? Piuttosto inaffidabile, direi! - E di nuovo a rincarare
la dose con la sua caratteristica arroganza e giocosità apparendo come
un idiota che gioca d‘azzardo. Esattamente ciò che voleva sembrare.
- Non giocare
col fuoco. - Sibillino.
Shade gli prese
fulmineo il polso e si riappropriò del soprammobile, quindi
stringendoglielo con una certa forza sfoderò tutta la furia ed il
fastidio che aveva faticato a trattenere. Non si scatenò, ma il suo
sguardo bastò a far capire a Gibbs che era il momento giusto di parlare
di affari perché aveva abbassato la guardia e non era più
mostruosamente lucido e padrone di sé.
Fu allora che
esordì elencando i nomi dei tre pezzi grossi corrotti dell’FBI.
- Karl
Scottish, Mark Harrison e Lucas Ford. - E l’aria nella stanza cambiò di
netto. - Mi sembra proprio che sei tu a giocare col fuoco. Quanto pensi
che ci impieghino quelli a farti fuori? - Non sprecò tempo a spiegargli
ulteriormente la situazione e dirgli che sapeva tutto. Ormai era fin
troppo scoperto grazie a Tony che l’aveva abilmente innervosito,
avrebbe cantato come un bambino.
La fase
‘sfinge’ era ormai ampiamente superata.
- Toglimi una
curiosità… - Esordì Gibbs uscendo dal loro covo: - Cos’era, quella
roba? - Anche se certamente la risposta la sapeva già.
- Conteneva
droga. Rispetto a quello che commercia non è nulla, ma essendo che ha
capito chi siamo, quello bastava a farlo finire dentro! - Tony era
molto soddisfatto di sé ed anche Gibbs a giudicare dal sorrisetto
sardonico che aveva.
- Non è
stupido. - Commentò l’altro con occhi leggermente ridenti.
- Già. - E
questo suonava come una vittoria, per Tony, che missione a parte
sentiva di aver appianato le divergenze con Gibbs senza nemmeno
parlarne.
Charlie mise
seccamente giù il telefono resistendo alla fortissima pulsione di
scagliarlo contro il muro.
Non riusciva a
rintracciare Colby e nemmeno Amita col computer gli era stata utile.
L’amico era sparito e a parte tutto era anche l’unico mezzo per
comunicare con suo fratello. Gli avevano tassativamente proibito di
contattare uno del gruppo che si occupava di lui e oltretutto era
davvero tenuto sotto stretta sorveglianza, convinti che prima o poi Don
si sarebbe fatto vivo.
Si passò
nervoso le mani fra i ricci ingarbugliati, questa volta non riusciva a
venirne a capo, aveva usato qualcuno dei suoi schemi matematici per
trovare Colby che era sparito in modo sospetto e per Don stesso non
sapeva che fare, preoccupato anche per il fatto che nessuno l’aveva
informato sul loro piano.
Aspettare in
quelle condizioni per lui era impensabile, un’autentica tortura.
Fu distratto
poi dalla chiamata ad uno degli agenti di guardia. Lo vide irrigidirsi
e stupito chiedere se fosse vero oppure uno scherzo, poi dopo un po’
mettere giù e ancora sconvolto fare per andarsene.
Charlie lo
rincorse gridando allarmato intuendo che qualcosa doveva essere
successo e non certo una sciocchezza:
- Ehi, cos’era?
-
L’uomo
accompagnato dal suo collega, entrambi piuttosto giovani, gli risposero
con sguardo significativo capendo che a parte tutto si trattava pur
sempre del fratello.
- Don Eppes è
stato preso. -
Stop.
Solo quello.
Ed un colpo
atterrò Charlie. Un colpo che lo mise fuori combattimento per dei
lunghissimi minuti durante i quali la sua mente cercava di elaborare i
mille modi per risolvere quell’enigma senza mai risultati felici.
- Don…? - Non
poteva certo crederci.
Quando Morgan e
Reid accompagnarono all’FBI Don ammanettato, tutto il piano si fermò
istantaneamente in un silenzio perfetto carico di stupore.
Fu come avere
le allucinazioni.
Nessuno avrebbe
mai creduto che potessero davvero catturare Don Eppes.
Convinti tutti
di averlo perso e di poter rinunciare all’idea di fare chiarezza sulla
questione, ci avevano messo una pietra sopra nell’esatto attimo in cui
avevano saputo che l’arresto era per lui.
Ora rivederlo
lì significava rivoluzione.
Una volta
condotto nella sala interrogatori e messo dietro al tavolo dalla parte
degli accusati, il panico si scatenò.
Fra tutte,
quella era la mossa o comunque la conclusione meno prevista.
Ciò che sarebbe
successo da ora sarebbe stato totalmente inaspettato e questo per un
semplice motivo.
Prove o no,
nessuno avrebbe mai realmente dubitato, non al cento per cento, di Don
Eppes.
Quando tali
Karl Scottish e Mark Harrison si fecero arrogantemente innanzi a Morgan
e Reid, quest’ultimo fu lieto di mettersi da parte per lasciare il
dialogo scottante al suo compagno. Non perché lui non sapesse recitare,
il punto era un altro, ovvero che quelli non erano dei Soggetti Ignoti
qualunque. Anzi. Non erano Ignoti per niente, in effetti, e proprio per
quello l’approccio con tali personaggi non era una passeggiata. Era
tutta una questione di furbizia ma anche di autorità, bisognava essere
risoluti per riuscire a partecipare alle indagini e dire le cose
giuste, altrimenti sarebbero stati mandati semplicemente a casa con un
benservito.
Ma se c’era
qualcuno al mondo in grado di farsi valere, quello era di certo Derek
Morgan, per quello Reid in quell’occasione lo amò una volta di più!
- Ci siamo
imbattuti in Eppes a Washington DC mentre cercava rifugio da un amico.
Era in pessime condizioni, così l’abbiamo curato. Una volta appresa la
situazione abbiamo deciso di seguire il protocollo. - Fin qua tutto
normale. Harrison e Scottish sorridevano compiaciuti cercando di
liquidarlo in fretta, fu allora che Morgan tirò la stoccata: -
Desideriamo partecipare alle indagini su vostra gentile concessione. -
Il tono del
ragazzo era molto risoluto e formale al tempo stesso, non abbassava lo
sguardo e non lo distoglieva da quello dei due uomini. Lo guardarono
come fosse un appestato che aveva appena bestemmiato.
- Come, prego?
- Chiesero sperando di intimorirlo con quel tono da gente importante.
- Le indagini
relative al caso di Don Eppes. Desideriamo partecipare. - Breve e
conciso, non si sarebbe mai fatto mettere da parte.
- Ma non c’è
nessun caso, è già stata provata la colpevolezza di Eppes tramite dei
filmati inconfutabili, senza considerare che noi stessi, ed il nostro
collega al momento in condizioni critiche per colpa sua, siamo i
diretti testimoni poiché da lui aggrediti. Con la sua cattura il caso è
già bello che chiuso, sicuramente non confesserà ma tenteremo di fargli
ammetter l’evidenza perché il regolamento lo richiede, ma non nutro
speranza in questo. - Spiegò freddamente Scottish spostando la sua
attenzione sul video che mostrava Don al di là del tavolo col braccio
al collo per la spalla ferita, in attesa dell’interrogatorio. Vederlo
ammanettato era motivo di evidente soddisfazione da parte dei due capi
dell’FBI lì presenti.
- Ma noi siamo
in possesso di ulteriori prove importanti che vanno analizzate e
desideriamo assistere in prima persona all’intero percorso. Far luce su
una questione tanto oscura è quanto di più importante, al momento, e
penso che una mano in più da parte di alcuni colleghi non faccia male.
-
- Questione
oscura? - Chiese disorientato uno dei due.
- Certo. Un
agente rinomato come Don Eppes improvvisamente accusato di corruzione è
quanto di più strano ed oscuro si possa immaginare. Bisogna fare luce
su ogni aspetto, prima di chiudere un’indagine simile. - Normalmente
quello abile con le parole era Reid, mentre quello diplomatico
Hotchner, ma Morgan in quel momento si rivelò una specie di incrocio
perfetto fra i due, come se non avesse fatto altro in vita sua che
trattare con gente simile. Era davvero importante per loro poter
seguire le indagini, altrimenti quei due pezzi grossi avrebbero
semplicemente archiviato tutto e basta.
- Quali prove?
- Fece l’altro. Cercarono di mantenersi controllati ma si vide nei loro
occhi un impercettibile allarme.
Morgan ebbe un
guizzo e affondò deciso e trionfante:
- Oh, allora
vedo che siamo dei vostri. Perfetto. - Poi si girò verso Reid e gli
fece un cenno al quale il dottore si fece avanti tirando fuori un
contenitore con la pallottola estratta dalla spalla di Don. La esibì ma
la ritirò appena Harrison fece per prenderla.
- Quali sono le
condizioni del signor Ford? - Chiese con finto interesse, riferendosi
al loro terzo collega, quello ferito da Don.
- Critiche. Al
momento è in coma farmacologico, lotta per la vita in terapia
intensiva. Non è sicuro che ce la faccia. - Morgan e Reid si
scambiarono uno sguardo eloquente che voleva dire ‘meglio non
ingaggiare una sparatoria con Don!’
- Questa è la
pallottola estratta dalla spalla di Eppes. Come procedura standard e
prima di apprendere del suo mandato d’arresto, abbiamo eseguito un
controllo ed abbiamo trovato dei riscontro interessanti con casi di Los
Angeles irrisolti, tutti soggetti discutibili. Penso sia meglio
approfondire e ripetere le analisi del proiettile. Saranno da
analizzare anche i video di sorveglianza della sparatoria. - Reid aveva
ripreso la propria parlantina da professore, sicuro del fatto che
finalmente le cose si stavano mettendo esattamente come avevano voluto.
I due uomini,
pur volendo mandarli a quel paese e allontanarli, si resero conto di
non poter fare nulla visto che, in un modo che a loro non era ben
chiaro, ormai erano ufficialmente dentro alla loro indagine.
Un indagine che
non sarebbe mai dovuta essere aperta!
Dalla loro
espressione si notò immediatamente l’allarme e mentre il ragazzo più
giovane dai capelli biondi si faceva indicare il laboratorio da un
agente di sorveglianza per analizzare il proiettile e condurre la
ricerca dei riscontri con lo stesso, i due si guardarono con la
tensione che camminava pericolosamente sul filo del rasoio.
A Morgan non
sfuggì.
Stavano già
architettando come risolvere la questione della pallottola.
“Se
possono cavarsela con questo sbolognando in qualche modo la
responsabilità su Ford che tanto è mezzo morto in ospedale e non può
difendersi, possiamo solo sperare su Gibbs e Tony. Con quello non
potranno niente. Intanto voglio proprio vedere come condurranno
l’interrogatorio con me che assisto al di qua delle telecamere. E
comunque bisogna trovare Colby al più presto. “
Su questo si
rivolse ai monitor che rimandavano le immagini di Don ora in compagnia
sia di Harrison che di Scottish.
I giochi erano
più aperti che mai.