CAPITOLO III:
LINEA DI COLLEGAMENTO

/Praise  - Sevendust /
Sembrava più un sogno che la realtà.
Talmente assurdo da essere impossibile, eppure tremendamente vero.
A tutto sarebbero stati pronti, tranne che a questo.
Quando in serata si era sparso l’allarme per la cattura di Don Eppes, la sua squadra aveva creduto si trattasse solo di uno scherzo di cattivo gusto.
In poche ore agenti federali del loro stesso dipartimento, avevano fatto irruzione quasi forzata in tutte le abitazioni del suo gruppo cercando il fuggiasco, poi li avevano prelevati e portati al dipartimento sotto inchiesta con l’accusa di complicità.
Avevano trovato Nikki in dolce compagnia, David in procinto di una cena solitaria e Colby sotto la doccia.
Erano naturalmente andati anche da Charlie ancora a cena con il padre Alan ed Amita.
Ritrovatisi con delle pistole puntate e degli atteggiamenti brutali, quando li avevano visti cercare come matti in ogni angolo della casa presentando un regolare mandato, i tre si erano quasi sentiti male.
Chiedendo cosa cercassero si erano sentiti rispondere ‘Don Eppes’ e al ‘perché’, la delucidazione non era stata molto delicata e gradevole.
‘C’è un mandato d’arresto per lui!’
Poche sconvolgenti parole.
‘E’ uno scherzo…’ Aveva detto Alan incredulo.
‘Ci deve essere un errore…’ Quello invece era stato Charlie, più convinto che le persone più che scherzare, sbagliassero!
‘Nessun errore! Don Eppes è in arresto con l’accusa di tradimento!’ Implacabile l’agente sconosciuto incaricato dell’operazione continuava.
‘Ma cosa dice! Don è un agente come voi, non può essere lui il traditore che cercate!’ Ci avrebbe messo la mano sul fuoco, il giovane che freddamente preferiva insistere sulle sue convinzioni, come era da lui.
‘Nessun errore, mi spiace. Eppes ha aggredito tre ai vertici dell’FBI ferendone due e nella fuga è andato contro anche ad altri due agenti resistendo all’arresto.’
Fin troppo preciso ed esauriente. Non era riuscito a sindacare su quello perché Charlie si era bloccato come se gli avessero staccato la spina, aveva cercato di immaginare suo fratello agire in quel modo, naturalmente senza successo.
Andato completamente nel panico più totale, conscio che prima di fare qualunque follia Don non l’aveva avvertito, cosa normale per lui, e che a quanto pareva era semplicemente sparito come fosse davvero colpevole, non si era più reso conto di nulla, specie di essere prelevato da casa sua e portato alla sede dell’FBI.
A Colby non era andata meglio… era stata una fortuna che si fosse trovato in casa propria e non in quella di Don come spesso accadeva. Quando aveva sentito bussare bruscamente, imprecando con tutto sé stesso era andato ad aprire capendo che doveva essere importante. Si era visto dei colleghi con cui non aveva lavorato molto entrare svelti in casa e cercare in ogni angolo.
Senza trovare il tempo di sconvolgersi, non si era fatto mettere troppo da parte e seguendoli come un caccia inferocito, aveva preteso risposte. Solo dopo aver setacciato nei dettagli il piccolo appartamento ordinato con l’essenziale, si erano degnati di rispondere. Anche con lui erano stati brutali e diretti, come se lui stesso già dovesse sapere tutto.
‘Abbiamo un mandato d’arresto per Don Eppes.’
Alla sua domanda infuriata su cosa diavolo avesse fatto ed alla conseguente frase, aveva registrato solo la parola ‘tradimento’, sentendosi come se gli avessero sparato.
Lì per lì si era dimenticato di essere bagnato solo con un asciugamano intorno alla vita. Si era dimenticato di ogni cosa per venir momentaneamente catapultato al proprio presunto tradimento di anni prima, quando se l’era cavata per un pelo e per merito di Don e della squadra.
Quando si era ripreso si era accorto di essersi vestito in fretta e di averli seguiti. Aveva semplicemente aggiunto che comunque era ovvio che si sbagliavano e che comunque non aveva idea di dove fosse.
Per un momento si era chiesto se sapessero della loro relazione, perché mai cercarlo a casa sua, altrimenti? Poi però in centrale aveva trovato anche tutti gli altri ed allora aveva capito che li avrebbero interrogati e spremuti come limoni pur di sapere dove poteva essere Don.
La frase astiosa ‘pur sapendolo non ve lo direi comunque’, Colby riuscì a trattenerla fra i denti per un pelo.
Gli altri erano risultati più shockati dalla notizia e dalla scenata, ma erano rimasti compatti nell’asserire che si sbagliavano e che Don non era certo un traditore.
Vedere però le immagini della sparatoria e della sua fuga li aveva fatto saltare ogni funzione vitale. Specie a Colby, Charlie ed Alan naturalmente.
Come poteva essere?
Quello che colpiva tre dei pezzi grossi dell’FBI e successivamente due agenti, non poteva essere il loro Don.
Per quanto precipitoso, avventato, impulsivo e imprevedibile fosse, non sarebbe mai arrivato a tanto per nessun motivo.
Ci avrebbero scommesso la vita.
Eppure quelle immagini parlavano chiaro.
L’aveva fatto, era innegabile.
Ma perché?
Non poterono non porsi tutti quella domanda. Una domanda destinata a rimanere senza risposta ed anzi a divorarli come un cancro a lungo.
Il loro capo corrotto?
Mai e poi mai, specie perché si era buttato in un’azione suicida proprio all’FBI. ‘Non l’avrebbe mai fatto così. ‘ Avevano infatti sbottato Colby e Charlie insieme riguardando ripetutamente i video, bloccando infine sul suo viso finale mentre scappava con un allarme chiaro e limpido nel volto cupo e tenebroso.
‘Il come ed il perché non ha importanza, conta solo che l’ha fatto. Ed ora dobbiamo assolutamente trovarlo prima che faccia qualcosa. Uno come lui a piede libero può essere il pericolo più serio di questi ultimi tempi!’
L’affermazione secca e convinta dell’agente a capo dell’indagine, li aveva come tagliati in mille pezzi.
Certo, se fosse stato davvero un criminale.
Don non lo era e se per chiunque altro anche della squadra stessa si sarebbe potuto nutrire qualche minimo dubbio riguardo la sua integrità, su Don no, mai.
E quando se ne andò con David per interrogarli uno ad uno separati, Colby e Charlie si guardarono complici col medesimo sguardo. Prima che fosse troppo tardi, in effetti, avrebbero dovuto fare davvero qualcosa.
Ma per aiutare Don, non per prenderlo.
‘Charlie fai qualunque cosa tu possa con la tua matematica, inventa teoremi se è necessario, ma ti prego… dobbiamo trovarlo prima che lo trovino loro! È ferito, dannazione!’
La consapevolezza che lo fosse e che invece non sapessero non solo dove cercarlo, ma anche come stesse, li aveva sbattuti ancora più in allarme e stralunati erano corsi in direzioni diverse ognuno per fare a modo proprio.
Eppure solo due giorni dopo, con tutti gli interrogatori esauriti nei dettagli, dopo essere stati giudicati esterni alla faccenda ma tenuti ugualmente d’occhio, erano riusciti a trovare una piccola speranza, un appiglio.
Ognuno coi propri mezzi, eppure la medesima conclusione.
Quando i due ragazzi, Charlie era l’unico a sapere della relazione fra lui e suo fratello, si trovarono in gran segreto lontano da orecchi indiscreti, cosa difficile ma fattibile, entrambi allucinati per le ore di sonno mancate passate a tormentarsi come matti su Don e su cosa gli fosse successo, come stesse e dove fosse, esclamarono nel medesimo istante:
- Credo di sapere dov’è! - Qualcosa che solo loro avrebbero potuto sapere perché solo loro avevano fatto le stesse conoscenze che aveva fatto lui.
Si guardarono e si capirono in un istante, poi Charlie partì alla velocità della luce con una parlantina più svelta e loquace del solito:
- Ho analizzato tutte le conoscenze di mio fratello tenendo conto quanto queste siano implicate con il suo lavoro, dove vivano, il grado di fiducia che lui ha riposto in loro, la loro efficienza e l‘utilità che potrebbero avere. Ho anche tenuto conto della sua stessa personalità e conoscendolo, in una situazione estrema come questa dove cercherebbe solo un modo per curarsi e riflettere mentre cerca una mossa da fare, è spiccata una persona. -
- Gibbs dell’NCIS di Washington! - Tagliò corto Colby impaziente capendo che si trattava della stessa persona. - Ci sono arrivato anche io senza matematica! - L’appunto non lo fece con cattiveria ma la sua solita ironia, Charlie sapeva che era allergico alla sua materia e si divertiva, di solito, a sciorinargli tutte le nozioni possibili, ma lì sebbene si sentì lontanamente sollevato da quella specie di battuta, la preoccupazione aveva ancora la prevalenza.
Era consapevole che si sentiva così solo quando suo fratello era nei guai e più quelli erano seri, più lui si sentiva male. Cercando di mantenere il sangue freddo, cosa che gli riusciva nella maggior parte dei casi ma mai quando si trattava di Don, faceva di tutto per non farsi sopraffare dai sentimenti tesi ed angoscianti che provava.
Come avrebbe potuto aiutarlo, quella volta?
Colby, dal canto suo, era più abituato dell’altro a certe situazioni d’alto rischio dove il suo uomo si trovava a sfiorare la morte o svariati pericoli. Essendo un agente e nello specifico uno che era stato sotto copertura per ben due anni, era preparato a certe cose ma per quanto riuscisse a controllarsi per agire ed essere utile al lato pratico, faceva molta fatica anche lui a non lasciarsi andare al panico e alla preoccupazione.
Don era sotto arresto accusato di tradimento, aveva sparato contro pezzi grossi dell’FBI… cosa poteva essergli preso?
Inoltre era ferito ed era sparito.
Come poteva averlo tagliato fuori in quel modo?
Sapeva che l’aveva fatto per proteggerlo, ma così stava peggio. Non sapere nulla di lui conscio che invece avrebbe dovuto, era tremendo.
Si teneva su solo con la tensione.
Sperando che c’era vicino e che aveva indovinato, fece quella telefonata col cuore in gola, la testa martellante e ogni parte del corpo resa gelatina.
Quando la voce familiare e sospettosamente troppo allegra del suo amico si udì dall’altra linea del telefono, la risposta arrivò ancora prima che potesse porgli la domanda.
Lo conosceva bene, ormai, lui e Tony si erano tenuti costantemente in contatto. Distingueva la sua normale allegria amichevole da quella forzata che voleva nascondere qualcosa che lo divorava e che era importante.
Associata a tutto il casino che era scoppiato lì ed alla sua intuizione, non gli servirono molti giri di parole.
Andò diretto come nel suo stile.
- E’ lì Don?! - Il silenzio dall’altra parte fu eloquente. - Tony, ti prego… ho bisogno di saperlo… sto impazzendo… dimmi che è lì e che sta bene! - La voce gli uscì più tormentata e supplichevole di quanto non avesse voluto. Era stato sicuro di potersi controllare meglio ed invece davanti alla possibilità più concreta di averlo davvero trovato, tutto aveva cominciato a sciogliersi in lui. E se l’avesse visto, di sicuro si sarebbe trovato anche a piangere, probabilmente. Proprio come un bambino!
Dopo l’esitazione iniziale dell’amico lo sentì sospirare e decidersi, seppure poco convinto, a fare la cosa giusta:
- Non penso che sia una buona idea dirtelo ma al tuo posto starei morendo, quindi sì. È una linea sicura? -
La domanda fu divorata completamente dal sollievo che provò nell’udire la prima frase.
Ci aveva sperato con tutto sé stesso arrivando a sospendersi completamente, ma ora che aveva avuto quella conferma non aveva più capito nulla e perfino lui che di norma era abituato a quelle cose, si trovò a ringraziare con sollievo il cielo nonostante non credesse in nessun Dio.
- Colby, se sanno che è qua è finita per lui. - Lo riportò brusco alla realtà Tony. Fu allora che si riprese e sbattendo gli occhi lucidi posati su quelli altrettanto sollevati di Charlie, tornò in sé:
- Si si… hai ragione. No, la linea è sicura ed anche il posto in cui siamo. Non sospettano di noi anche se ci tengono controllati. Però nessuno sa nulla, solo io e Charlie. Sta… sta bene? -
- Sì. È arrivato ieri sera con una spalla ferita e molto sangue perso. Però l’abbiamo curato e sistemato, ha dormito come un angioletto e ci ha spiegato tutto. -
- Bene, vorrei saperlo anche io che diavolo è successo! Qua è un inferno! Hanno un mandato d’arresto per lui con l’accusa di tradimento! Ha sparato contro ai capi e ad altri agenti! -
- E’ stato incastrato da quei tre pezzi grossi. Li ha scoperti per caso e si è trovato in mezzo alla sparatoria. Ha potuto solo scappare. Non voleva coinvolgervi e mettervi in difficoltà facendovi suoi complici. - Spiegandogli tutto con parole semplici ed essenziali, evitando i suoi soliti sproloqui umoristici, capendo lo stato d’animo dell’amico, cercò di farlo sentire relativamente meglio.
- Si bè, non sono mai stato peggio, comunque! - Sbottò spontaneo Colby. Sentì Tony sorridere a quest’uscita, quindi lo fece a sua volta riuscendo a ritrovare finalmente un po’ di sé stesso e della sua calma:
- Lo immagino. Ascolta, non venite qua. Noi lo aiuteremo, ci sono anche Morgan e Reid. Erano capitati qua per caso così li abbiamo coinvolti. Voi però tenetevi tutto per voi. Ci servirà una mano da lì, informazioni. Vedrai che risolviamo tutto. - Sentirlo da lui, non sapeva come, lo convinse.
Forse perché sapeva che stava bene o magari perché cominciava a vedere qualcosa di concreto all’orizzonte. Avere una pista su cui lavorare invece che brancolare completamente nel buio; era diverso, più confortevole poter fare finalmente qualcosa di concreto, nonostante avesse solo voluto andare là dal suo uomo.
- Sì, certo. Ci teniamo in contatto. - Disse allora Colby di nuovo in sé ma con una malinconia di base per non poterlo raggiungere.
Stargli così lontano non sarebbe stato facile.
- Andrà tutto bene. - Concluse Tony con una certezza disarmante.
Il suo sorriso fu sincero.
Aveva davvero trovato una persona in gamba, a Washington.