CAPITOLO VIII:
PICCOLE GELOSIE CRESCONO

“Guardo dentro di me e vedo il mio cuore nero
Vedo la mia porta rossa, devo averla pitturata di nero
Forse dopo sparisco cosi non devo guardare in faccia Il fatto
Non é facile stare a testa alta quando tutto il mondo é nero”

/  Paint it black - Rolling Stone  /
Per tutto il tragitto in macchina, ogni fragile tentativo timido di Reid di intavolare una qualche utile conversazione, fu demolito in un istante dal silenzio ostico di Gibbs che non voleva proprio saperne di tirare fuori mezza parola. Solo qualche grugnito indicava un qualcosa di impreciso che fermava subito il ragazzo in seria difficoltà.
Non è che Gibbs non gli piacesse, era solo un tipo che lo metteva estremamente in soggezione, non riusciva proprio a sciogliersi con lui, tutto lì!
All’ennesimo tentativo fallito, tentativo anch’egli non molto deciso in effetti, Spencer decise di smetterla e di guardare fuori dal finestrino.
Finalmente arrivarono a destinazione e quando scese, si rese conto di essere alla sede dell’NCIS. Si bloccò irrigidendosi chiedendosi cosa stesse andando a fare, non avendo infatti idea di che cosa avesse fatto prima poiché non aveva condiviso nulla.
- Ehi! - Lo chiamò spazientito Gibbs mentre si dirigeva spedito all’ingresso.
Reid si sentì un cane essendo una chiamata più adatta a quella categoria piuttosto che ad un essere umano, ma non gliela fece ripetere e corse per stargli dietro, rinunciando all’idea di sapere cosa stessero andando a fare lì se doveva rimanere tutto il più segreto possibile.
Considerando che prima a casa aveva dato i compiti a tutti ma che non aveva detto cosa avrebbe fatto lui, l’immaginazione era l’unica cosa utile, ma con uno così nemmeno quella serviva, per quanto lui stesso potesse essere intelligente e acuto.
Nemmeno in ascensore osò dire qualcosa, si limitò a fissarlo di sottecchi intimorito, era certo che alla prima frase che gli avesse rivolto, quello l’avrebbe mangiato seduta stante!
Era chiaro come il sole che c’era della gelosia in atto fra lui ed il suo fidanzato, però non riusciva proprio a capire da cosa fosse causata. Li aveva lasciati normali ed ora erano così tesi. A giudicare dall’atteggiamento di Tony nemmeno a lui era molto chiaro il motivo, o forse lo sapeva ma non riusciva a spiegarsi. C’erano varie opzioni, considerando i soggetti.
Quando l’analisi era appena a metà, nella sua mente, giunsero a destinazione e con l’ascensore che si apriva liberando una musica altissima su cui si poteva discutere seriamente circa il termine con cui la si poteva definire, capì dov’erano giunti e come in un flashback, mentre percorreva funereo il piccolo corridoio, rivisse esattamente ciò che era accaduto solo qualche mese prima quando aveva varcato quella soglia per la prima volta.
All’epoca a difenderlo c’era stato Tim, ora no. Ora era in balia di quella specie di diavolo pronto a darlo in pasto ai pescicani.
Se la sarebbe dovuto cavare da solo.
Sospirò rassegnato e quando la creatura oscura lo vide, si illuminò precipitandosi letteralmente fra le sue braccia, stringendolo fino a togliergli il fiato.
Cominciò a parlare a macchinetta, ma non riuscì proprio a registrare le sue parole, per cui non ci provò nemmeno, cercando debolmente di spingerla via senza risultare offensivo e maleducato. Alla fine decise di attendere la sua fine, magari gli avrebbero risparmiato qualche minuto in più di tortura doppia insieme a Gibbs incattivito!
Appena pensò a lui si sentì subito libero e ringraziò mentalmente chiunque l’avesse aiutato, solo in un secondo momento si rese conto che era stato proprio il suo incubo di quella giornata a tirarlo fuori dai guai e se ne stupì. Vide Gibbs sistemare poco paziente Abby davanti al monitor in cui stava lavorando e capì che non era stato un gesto d’aiuto per lui ma solo un rimetterla ai suoi compiti.
C’era differenza, per lui!
Strinse le labbra in un’espressione dispiaciuta, probabilmente per sé stesso, e fece un piccolo cenno a Abby che lo guardò con aria infantile di chi comprendeva al volo la situazione e gli porgeva tutta la sua comprensione!
Reid sperò per assurdo di essere lasciato lì in laboratorio a lavorare con lei, piuttosto che stare ancora a gomito con quell’uomo!
- Allora, cosa hai scoperto? - Grugnì andando subito sbrigativo al punto.
Abby vide la nuvoletta nera sopra la sua testa e decise che non era proprio il caso di giocare, quella volta, così cominciò a spiegare tutto quello che era riuscita a tirare fuori dalla pallottola che gli aveva dato.
Alcune cose utili ed altre decisamente no.
- Ci sono riscontri con altri casi irrisolti di Los Angeles, sono dovuta introdurmi di soppiatto nei loro database perché non mi hai fornito le autorizzazioni ufficiali, ma visto che sono brava ho scoperto qualcosa di interessante… le vittime di questi casi sono tutte persone invischiate in affari sporchi di cui però non si hanno mai ricevuto prove concrete per incastrarli e metterli dentro prima che venissero misteriosamente tolti da questo mondo. Mi sono permessa di approfondire un po’… - Da lì iniziò a spiegare tutto quello che era emerso dalle indagini a Los Angeles, prima che la polizia si arrendesse per insufficienza di prove. Non si erano trovate piste.
- Vedendo chi fossero le vittime si capisce chi è l’S.I. e in cosa è invischiato. - Fece allora Reid preso dagli sviluppi, dimentico dì provare soggezione per Gibbs e un altro tipo di disagio per Abby.
- S.I.? Stupido Idiota? - Chiese la ragazza prima di perdersi nei suoi di sproloqui.
- Soggetto Ignoto. - Rispose per lui Gibbs sorprendendo il giovane che lo guardò con istintivo stupore, bastò però uno sguardo del diretto interessato per rimetterlo alle sue teorie e riprese a parlare guardando i monitor con le foto delle vittime.
Normalmente a Gibbs non andava a genio il lato psicologico delle cose, o meglio lo riteneva una conferma del suo istinto, ma quando parlava quel ragazzino si rendeva conto che non era un semplice approfondimento di ciò che sentiva di suo, bensì un valido aiuto, per quanto snervante fosse sentirlo parlare in quel modo complicato.
Quindi lo ascoltò con molta attenzione cercando di non guardarlo male per non mandarlo in tilt.
Sapeva di mandarcelo.
- Grazie alle vittime si capisce che l’S.I. è un pezzo grosso, nel nostro caso sappiamo che sono tre e che è proprio così. Sono invischiati in affari che definire poco puliti è dire poco. Il fatto che siano sempre riusciti a rimanere così all’oscuro tutte quelle volte, indica quanto in alto ed importanti siano ed anche quanto in gamba, quanto furbi e quanto potere abbiano. Ma grazie a ciò che facevano queste persone si capisce quali sono i loro affari e ci potrà essere utile per incastrarli. - Cominciò allora a spiegare con alte probabilità che dette da lui erano praticamente delle certezze, di cosa si occupavano e in cosa consisteva a conti fatti la corruzione dei famosi tre pezzi grossi dell’FBI.
Al termine di tutto, si rese conto che Gibbs stringeva gli occhi cercando di capire probabilmente almeno la metà di ciò che aveva detto, quindi in suo soccorso giunse Abby a semplificargli il discorso riassumendo abilmente le sue parole.
Quando finalmente tutto fu chiaro, anche Gibbs ebbe come un guizzo di luce nei suoi occhi incupiti e Reid si sentì inspiegabilmente contento di esserci riuscito, in qualche modo.
Come se fosse importante rasserenare il più possibile quell’uomo così difficile da trattare…
O meglio, come se fosse una conquista, cosa che effettivamente era!
- In pratica ora che sappiamo per bene quello che fanno, possiamo indirizzarci nella giusta direzione e tirare fuori le prove che ci servono. - Concluse Gibbs riassumendo a sua volta il riassunto.
- Sì ma non è così facile come sembra… sono stati dannatamente bravi, quei Soggetti a noi Noti, o Stupidi Idioti, e collegarli a qualcuno dei crimini che sappiamo compiono, o anche solo alle vittime che hanno fatto, è una vera impresa. -
Fece allora Abby dispiaciuta di abbassare il morale, cosa che detestava davvero.
- Mica vero… noi abbiamo un proiettile che sappiamo è stato sparato da loro e questo proiettile corrisponde con quelli che hanno ucciso queste persone che, oltre ad essere dei criminali, sono comunque vittime di un omicidio. Questo è un ottimo collegamento ed è inconfutabile. - Questo fece sorridere radiosa Abby e aumentare impercettibilmente l’aria soddisfatta di Gibbs, che definirla tale era comunque ancora un eufemismo. Poi però Reid si ricordò da solo di un altro particolare e dalla modalità accesa passò a quella spenta in un batter d‘occhi: - Però non è una prova legale. Don è in arresto ed è scappato, inoltre noi non siamo ufficialmente autorizzati ad indagare. Se fosse rimasto là l’avrebbero sì arrestato ma grazie alla ferita che aveva, si sarebbe aperta automaticamente un ulteriore indagine che avrebbe probabilmente portato legalmente a questa pista. Ora noi così come siamo non possiamo servircene, a meno che non otteniamo in qualche modo l’autorizzazione ad occuparci del caso. - Ancora una volta il biondino dimostrò di parlare molto, veloce e di saper fare e disfare tutto da solo.
Seccato e altamente contrariato, Gibbs lo interruppe con uno sbuffo, il giovane tacque mortificato di aver tagliato le ali a tutti ed Abby lo fissò male constatando evidentemente che la sua genialità era decisamente adorabile quanto detestabile.
Però restava che quello che aveva detto era vero.
- Abbiamo ancora le mani legate. - Riportò ulteriormente tutti a terra Gibbs con un aria talmente tetra che sembrava quasi peggiore di prima.
- Si ma era così dall’inizio… ci siamo messi ad indagare per scoprire la verità ed aiutare Don, ma la verità è che le mani le abbiamo avute legate dall’inizio e lo sapevamo. Onestamente non so cosa possiamo fare a conti fatti per lui, a parte scoprire come stanno le cose. - Il suo discorso era ancora più chiaro di quello lapidario di Gibbs, che comunque concluse con un gesto di stizza che quasi spaventò il ragazzo:
- Tirarlo fuori dai guai! Ecco cosa possiamo fare! - Per quanto impossibile fosse, e tutti ormai lo sapevano, nessuno osò replicare e Reid stesso si tenne per sé una precisazione che normalmente avrebbe espresso.
Il volere era una cosa, ma spesso non bastava per poterlo anche realizzare.
Evitò con cura la citazione che gli venne in mente a proposito e ascoltando il suo tonante: - Continua a scavare! - alla ragazza straordinariamente ammutolita ma estremamente espressiva, lo seguì fuori dal laboratorio correndo per stargli dietro.
Avrebbe voluto essere come Morgan ed essere capace di alleggerire la situazione, di tirare su i morali a terra ma era vero che erano in una situazione più difficile di quello che non l’avessero fatta apparire all’inizio. Far finta di poter risolvere il problema non avrebbe portato all’effettiva risoluzione dello stesso, quindi dal suo punto di vista razionale era molto meglio prendere atto dei limiti ed evitare un lavoro inutile cercando magari di sistemare l’impedimento.
Si trovò a fare un ragionamento molto contorto ma rendendosi conto di essere incapace di semplificarlo, ci rinunciò di partenza e disse quel che sapeva avrebbe detto Morgan, pur non pensandolo affatto e non capendo come ciò potesse servire a qualcosa. Ma lo disse lo stesso visto che quando lui lo diceva, almeno un po’ gli animi si risollevavano come per magia.
- Vedrai che troveremo una soluzione. - Non lo pensava affatto e si sentì un ipocrita, ma vedeva tutto il bisogno di Gibbs di crederci e di sentirselo dire, di non essere il solo a pensarlo nonostante fosse evidente il contrario.
In quel momento, l’uomo tenebroso a fianco si girò e lo guardò quasi con stupore lasciandosi scappare un piccolo sorriso di gratitudine. Era evidente che l’aveva detto solo per tirarlo su, visto che era altrettanto evidente che non lo pensava affatto. Gli parve il minimo apprezzare il gesto e ringraziarlo in quel modo.
Reid spaesato lo fissò trovandosi a sorridere timidamente.
Dopotutto non erano male, se ne resero entrambi conto e poco dopo la concentrazione per pensare al caso, fu migliore.
Eppure la certezza da cui voleva attingere forza Gibbs, nonostante l’inaspettato tentativo di Reid l’avesse fatto sorridere brevemente, era quella di Tony.
Tornando con la mente a lui, si oscurò di nuovo.

Giunto con l’auto davanti a casa sua, prima di scendere rimase fermo davanti al volante con le mani su di esso, come se fosse indeciso sul da farsi. Lo sguardo fisso fuori dal vetro, davanti a sé.
L’aria seria, concentrata, di chi stava cercando qualcosa ma non la trovava.
Reid scrutò esitante il suo profilo, solo da quello capì che era in difficoltà.
Non sapeva se gli capitava spesso e cosa faceva in quei casi, ma capì che stava cercando la strada da percorrere.
La verità era che stavano trovando delle prove concrete con cui incastrare quelle persone, ma che non potevano usarle per liberare Don.
E non sapeva proprio come fare per cambiare le cose.
Il volerlo così fortemente, quella volta, non lo aiutava e lui era evidente che non sapeva che pesci prendere.
- Ti… ti chiamo Tony? - Lo disse senza quasi pensarci e si sentì strano ad averlo fatto… riflettendoci, chiamare Tony quando la tensione ce l’aveva anche con lui, non era proprio la cosa più sensata. Però sapeva anche che l’unico che poteva fare qualcosa per lui, era proprio il suo uomo, anche se non sapeva proprio come.
Gibbs non lo guardò ma si limitò a passarsi le mani sul viso e a strofinarselo come cercasse la propria convinzione, la forza di uscire e riprendere tutto in mano.
Quando il giovane dai capelli biondi fece per uscire con la chiara intenzione di chiamare Tony, Gibbs finalmente parlò:
- No, non chiamarlo. Non serve. Ora esco. - Anche se era come avesse detto ‘ora mi passa’. Una gran bugia.
Non ci sarebbe voluto uno psicologo, ma Reid era molto bravo nel suo lavoro e quasi con dolcezza sussurrò:
- Spesso la soluzione è lì dove non la vedi, anche se è sotto il tuo naso. - Naturalmente una citazione che sapeva non aveva senso gli dicesse da dove l’avesse presa. Lo vide alzare la testa e finalmente guardarlo, forse era la prima volta che lo faceva da quella giornata che era andata sempre più peggiorando: - Per questo sei teste sono meglio di due! Qualcun altro arriverà dove noi non arriviamo. -
Gibbs si sorprese non tanto della sua saggezza quanto del suo ottimismo. Non era un profiler ma non serviva esserlo, a lui no per lo meno. L’aveva guardato la prima volta ed aveva capito che aveva problemi ad essere positivo, però con lui, quella volta, si stava sforzando.
Lo capì e lo apprezzò di nuovo accantonando i mille dubbi che gli erano crollati addosso in un attimo. E poi il fatto che non fosse invadente andò ulteriormente a suo favore.
- E tutto questo ottimismo dove lo nascondi di solito? - Lo chiese con una debole ironia che però a Reid bastò per sorridere spontaneo, capendo che i suoi sforzi erano stati apprezzati. Vederlo cercare di scherzare lo ricompensò facendolo sentire stranamente meglio, quindi disteso disse:
- Di solito basta quello di Morgan, per questo il mio non lo tiro fuori! - La risposta fu piuttosto apprezzata visto il breve ghigno con cui uscì dalla macchina. Lo stesso che Tony, affacciato alla finestra, vide.

Una volta entrati, videro delle espressioni nella media che non erano molto felici ma nemmeno troppo scoraggiate. Al contrario, quella di Tony, parve proprio la più tetra.
Il modo in cui fissò il suo uomo non fu per niente mascherato e la tensione tornò prepotente.
Reid si lanciò nel resoconto dettagliato di tutto ciò che avevano scoperto, appiccicandosi a Morgan che per la breve separazione gli era mancato. Mentre lui spiegava, Tony non poté fare a meno di notare come non ci fosse più l’aria da funerale nel più giovane di tutti, che invece era quasi contento di essere andato via con Gibbs il quale, invece di essere cupo e sul furioso andante, ora sembrava quasi rilassato.
In realtà ‘rilassato’ era un eufemismo, ma agli occhi distorti di Tony gli parve tale.
E un profondo fastidio gli montò lento da dentro. Un fastidio che poi tanto lento non fu.
Era chiaro che nonostante le premesse quei due si erano trovati bene, alla fine, e che se Gibbs aveva una parvenza di buon umore non era per merito suo ma di quel ragazzino.
Non ce l’aveva certo con lui ma con il suo uomo che decideva di fare il geloso ed escluderlo in un momento così delicato per ingelosirlo con il primo venuto.
Perché per lui era chiaro che si trattasse di quello, stava solo cercando di farlo ingelosire!
Bè, si disse allora piccato, se voleva giocare in quel modo, l’avrebbe accontentato!
Ascoltando solo con metà cervello le problematiche esposte da Reid e il conseguente dibattito sulle possibili strade da prendere ora, sentì Don lamentarsi spazientito a bassa voce, un borbottio in effetti.
Come cogliendo la palla al balzo, senza registrare nemmeno mezza parola sul discorso in atto, se ne uscì candidamente con:
- Ah, devi andare in bagno… bè, bastava lo chiedessi… non sono una guardia carceraria! - Così dicendo andò disinvolto e sorridente da Don e lo prese per il braccio sano aiutandolo delicato ad alzarsi.
L’altro lo assecondò più perché era stato preso in contropiede che altro, quindi tutti gli altri si zittirono e lo fissarono come se fosse impazzito, dal momento che Don non si era mai lamentato perché aveva bisogni da fare ma bensì per il vicolo cieco in cui erano finiti.
- Continuate pure senza di noi, ci metteremo un po’, non può fare di corsa… - Così dicendo, col gelo che calava sempre più, lo accompagnò quasi di forza al bagno.
A partire dal fatto che nessuno capì di preciso in cosa consistesse l’aiuto preciso di Tony per Don, nessuno espresse la perplessità limitandosi a guardare Gibbs pronti ad assistere all’esplosione atomica.
“Stai giocando col fuoco…”
Pensò allora Morgan al quale era evidente tutto il meccanismo che si era innescato.
Poteva capire tutti e due ma nulla poteva giustificare ciò che causava tanta tenebrosità in Gibbs che rimase raggelato a fissare la porta della stanza chiudersi coi due dentro.
Prima poteva essere successo inavvertitamente, ma ora Tony lo stava facendo di proposito e ben consapevole di ciò che combinava.
Doveva stare attento, non doveva continuare su quella strada che altrimenti Gibbs non si sarebbe limitato a portarsi dietro un altro ragazzo al suo posto solo per dargli una piccola lezione.
Lo sguardo peggiore che gli avessero mai visto, si manifestò sul suo volto estremamente espressivo e tutti, Garcia inclusa, pregarono di sparire all’istante.
Sapevano che la bomba prima o poi sarebbe esplosa.
Lo sapevano perfettamente.
Cercando di alleggerire la situazione come faceva sempre riuscendoci alla perfezione, Morgan disse squillante e sicuro, focalizzando su di sé l’attenzione di proposito con quella di distrarre dallo scoppio comunque prossimo:
- Io ho una soluzione! -
Al ché tutti lo guardarono convinto che fosse matto… o sperandolo