CAPITOLO IX:
PIANI E TENSIONI
“Questa
non è la fine,
questo
non è l'inizio
soltanto
una voce come una rivolta,
che
scuote ogni revisione”
/Waiting
for the end - Linkin Park/
Appoggiato al
lavandino, dietro Don che aspettava gli venisse lo stimolo di fare i
propri bisogni, Tony osservava corrucciato un angolo del bagno con un
principio di muffa senza nemmeno vederla davvero.
La mente
correva incessante tornando a Gibbs e al suo modo per infastidirlo con
Reid. Mica era un bambino… solo perché si era trovato inaspettatamente
bene con Don, non poteva fare il geloso a quel modo.
- Stai facendo
un gioco pericoloso… - Disse cupo l’altro agente che gli dava la
schiena.
Tony lo guardò
soffermandosi sulla fascia che gli teneva il braccio al collo con
l’intento di impedirgli di muovere anche minimamente la spalla ferita.
- Sono un
giocatore d’azzardo… - Anche se in realtà stava ampiamente alla larga
da quel tipo di vizio. La sua voce seria fece capire quanto seccato
fosse dal comportamento di Gibbs e quanto convinto fosse di essere
nella ragione.
- Devi essere
molto più bravo di come sei, per vincere contro uno come lui… sta
attento a non tirare troppo la corda. - Di poche parole ma incisive,
Don dimostrò di aver capito subito la situazione, del resto con la
tensione che si era acuita fra i due era stato difficile non arrivarsi.
Concludendo il goccio che aveva da fare, si sistemò alla meglio
girandosi per farsi aiutare da Tony nel chiudersi bene i jeans, come
accudisse un fratello l’altro gli allacciò il bottone e tirò su la zip
con ancora la testa da un’altra parte. Era come se non ci fosse proprio
ed in quel modo nemmeno volendo si poteva sentire dell’imbarazzo.
L’agente di Los
Angeles non lo forzò né a guardarlo negli occhi né a rispondergli
sapendo che era meglio ci riflettesse su con onestà piuttosto che
cercasse una giustificazione arrampicandosi sugli specchi.
Chiunque dei
due avesse la ragione, e forse nessuno l’aveva, quel gioco era
pericoloso per entrambi ma a rimetterci sarebbe stato quello meno
‘bravo’ in quel genere di azzardi.
Era chiaro che
fosse Tony.
Usciti dal
bagno raggiunsero presto gli altri in salotto che discutevano
animatamente su quella che doveva apparire l’unica soluzione ma anche
la più pessima!
Riposizionati
sul divano chiesero spiegazioni e quando se le sentirono dare, non
poterono unirsi al coro del ‘sei matto?!’ di tutti gli altri.
- E’ l’unica
soluzione. Gli consegniamo Don e gli diciamo semplicemente la verità,
cioè che è venuto a chiedere rifugio qua e che quando abbiamo scoperto
che era in arresto, glielo abbiamo portato. Se lo terranno in prigione
fino a che le indagini non si concluderanno, ma essendo che glielo
portiamo noi potremo partecipare e tirare fuori le giuste prove che lo
scagioneranno ed anzi incolperanno gli altri. Guardate che alla fine è
l’unica. Finché rimane nascosto nessuno può mettere in piedi la sua
difesa, senza parlare delle prove che ha solo lui! - Morgan tornò a
spiegare sempre più spazientito, per l’ennesima volta, tutta la sua
idea convinto che comunque avesse ragione ed in ogni caso, nonostante
tutti dicessero che era un rischio, che era pericoloso ed un azzardo
troppo grande, non potevano negare che era anche l’unica cosa da fare.
- C’è
l’eventualità che ci estromettano dal caso anche se siamo federali… è
un’indagine della loro città, anche se siamo colleghi e se abbiamo
preso noi Don possono sempre darci il benservito e legalmente possono
benissimo farlo! In quel modo addio scagionamento! - Reid di solito era
sempre d’accordo col suo ragazzo tranne quando se ne usciva con le sue
soluzioni rischiose e pericolose. Di solito metteva in pericolo sé
stesso ma questa volta nemmeno sforzandosi c’era un modo per
sostituirsi a Don, l’unico che effettivamente avrebbe potuto rimetterci
e questa volta alla grande.
- Se fanno così
possiamo dirgli addio perché non esiste modo che la verità venga a
galla con loro al comando! - Tony si mise in mezzo contrariato.
All’indiretta difesa per Don, Gibbs lo fulminò istintivamente e sebbene
fino a quel momento non si era espresso molto, ora finalmente lo fece e
probabilmente senza rifletterci molto:
- Invece ha
ragione, è l’unica cosa da fare. È un rischio che bisogna correre. -
Tony si alzò
dal divano e cominciando ad alterarsi perché vedeva quell’opposizione
come qualcosa contro di lui più che una decisione generica, sbottò
stizzito:
- Certo, è lui
che in caso finisce dentro! A noi che ce ne frega? Non rischiamo nulla!
- L’ironia marcata fu la cosa peggiore ed un lampo di furia attraversò
gli occhi altrettanto azzurri ma tempestosi di Gibbs, gli si avvicinò
deciso e provocante sbottò sempre più seccato:
- Pensi che non
me ne importi? Lo so anche io come può andare, ma non c’è altro da
fare! Tirane fuori un’altra, se non sei d’accordo! -
I due si
fronteggiarono l’uno davanti all’altro, nel silenzio più teso che mai,
tutti a fissarli strabiliati e mortificati come fosse colpa loro senza
avere il coraggio di intromettersi.
Tony frugò
svelto nella propria mente alla ricerca di qualcosa di utile da
ribattere. Effettivamente senza una contro idea non poteva scartare a
priori l’unica che era stata posta.
E anche se a
malincuore, doveva ammettere che era proprio tutto ciò che potevano
fare.
Si morse il
labbro giurando che comunque non glielo avrebbe mai detto e ostinando a
chiudersi in un testardo mutismo, non distolse lo sguardo infuriato da
quello altrettanto arrabbiato di Gibbs.
- Ecco,
appunto! Non lo sai nemmeno tu in che altro modo si può fare! -
Però non ci
poteva stare a quell’atteggiamento astioso dettato unicamente dalla
gelosia. Perché che fosse così, il più giovane della coppia, non ne
aveva dubbi e con un ulteriore moto di ribellione parlò di nuovo senza
attivare la testa, come soleva fare spesso messo sotto pressione:
- Non certo
buttando allo sbaraglio uno di noi! Se fossi io al suo posto non lo
faresti mai, piuttosto mi nasconderesti a vita o faresti fuori quei tre
di nascosto uno ad uno! Ma non rischieresti mai così! - Ed era ovvio
che fosse vero, però lo era perché Tony stava con lui, c’era un
rapporto diverso, un coinvolgimento troppo grande che avrebbe fatto
agire Gibbs nella maniera sbagliata. Non poteva certo biasimarlo se in
altri momenti cercava di mantenere la lucidità.
- Ne sei
sicuro? - Sibillandolo, il più grande si avvicinò ulteriormente fino a
sfiorare il suo viso, i respiri si mescolavano e potevano vedere ogni
più insignificante inclinazione dell’altro.
Garcia e Reid
li fissavano quasi spaventati, convinti che si sarebbero presi a pugni,
Morgan spiazzato per la prima volta non sapeva bene come fosse il caso
di agire a quel punto.
L’unico lucido
e freddo fu quello che poi intervenne con fermezza e senza la minima
esitazione o paura.
- Adesso basta.
- Don si alzò e si mise davanti a loro dividendoli col braccio sano,
poi aggiunse lapidario e talmente deciso che non ammetteva repliche: -
Lo farò. È davvero l’unica cosa da fare e se mettendomi su un piatto
d’argento porrò fine a tutto, allora che sia. - Li fissò severo uno ad
uno, i due ancora si fissavano divorandosi ma come realizzarono cosa
significavano le sue parole, si distrassero osservandolo come fosse
impazzito. - Ho fiducia in voi, ce la farete a risolvere tutto. -
In verità
mettersi in prima linea da solo, sotto il fuoco nemico che non
attendeva altro di averlo sotto mira, era una cosa tanto da Gibbs
quanto da lui. Questo gli fece capire in un angolino della mente
agitata di Tony che il suo compagno aveva sparato quelle cose non per
ripicca ma perché le pensava davvero.
Certo era stato
spinto dal suo difenderlo strenuamente, ma comunque avrebbe preso
ugualmente quella posizione.
- Per me è un
errore. - Concluse poi secco Tony mettendosi nel posto più lontano
della stanza, braccia conserte e sguardo truce da bambino offeso. In
realtà più che un bambino offeso era un uomo ferito… dal suo punto di
vista si sentiva così, che fosse vero o meno era sindacabile, ma per
lui le cose stavano in quel modo.
Gibbs scosse la
testa lasciandolo perdere, quindi tutti gli altri presero un respiro di
sollievo ringraziando fortemente quell’uomo impavido che non aveva
esitato a porre fine ad un qualcosa che sarebbe sicuramente degenerato
in fretta.
- In effetti,
ora che ci rifletto, c’è anche un altro fatto che a seconda dei punti
di vista può essere una cosa positiva o negativa. - Cominciò Reid
riattivando svelto la propria mente in un breve blackout dovuto alla
tensione gigantesca di poco prima. - Se Don compare loro non si
lasceranno sfuggire l’occasione di toglierlo una volta per tutte di
mezzo. Nel migliore dei casi, legalmente, possono finire sotto processo
se la versione difensiva che presenterà Don risulterà avvalorata da
delle buone prove. Se tutta la gente del caso farà bene il suo lavoro
quei tre possono finire male e lo sanno. Non lasceranno che questo
accada, tenteranno di toglierlo di mezzo prima. Se saremo più furbi di
loro potremo usare quel momento per neutralizzarli definitivamente. -
Fu il suo turno
di essere fissato con stupore per l’idea effettivamente elementare che
a nessun altro era venuta.
- E questa è la
seconda parte del piano. Voglio dire, se la prima non funziona c’è
comunque la seconda! - Concluse Morgan trionfante, contento che alla
fine si sarebbe fatto come aveva detto lui.
- La prima non
funzionerà di certo. - Puntualizzò Reid con la sua aria da saputello
che il compagno tanto odiava. Morgan lo fissò infastidito cercando di
capire se fosse serio. Lo conosceva, sapeva che lo era e non scherzava
mai.
Incrociò le
braccia possenti al petto e chiese sostenuto:
- E perché,
sentiamo? - Non gli interessava che lo smontasse, era perché lo stava
facendo lui. Il solito gioco fra i due…
- Ma è ovvio…
l’ho appena spiegato. Non aspetteranno che tiriamo fuori le prove che
li incastrino. Cioè, magari all’inizio troppo fiduciosi in loro stessi
ci lasceranno fare, convinti che non si sono lasciati niente indietro.
Però vedendo che invece le prove le abbiamo, vorranno eliminare Don il
prima possibile. Bè, per vendetta, per proteggersi, per un sacco di
motivi… sarebbe comunque il testimone chiave… - Per Don non fu
confortevole sentirsi dire che in un modo o nell’altro doveva rischiare
e che nel migliore dei casi si trattava ‘solo’ di stare tutta la vita
in carcere, ma capiva che erano le uniche soluzioni e rischiare la sua
vita era sempre stato il meno, per lui.
- Questo se vi
lasceranno partecipare alle indagini! - Puntualizzò Garcia riportandoli
alla realtà. Detestava fare quella parte che di solito faceva Reid, ma
sembrava che persino il genietto se ne fosse scordato. Al grugnito di
Tony si capì che la sua arrabbiatura si stava montando ancora e Gibbs
si sforzò di ignorarlo, ostinato a lasciarlo nel suo brodo, convinto
comunque di avere ragione.
All’origine di
tutto, cos’era stato a scatenare quella tensione fra loro?
Non c’era certo
tempo per analizzare le cose…
- Anche se non
ce lo permettono tenteranno di ucciderlo lo stesso, sanno che con lui
non possono rischiare. - Rispose Reid tornando al suo punto di partenza
con particolare saccenza.
- Per essere
più sicuri lo toglieranno di mezzo. - Rincarò Morgan essendo comunque
d’accordo col suo ragazzo, anche se gli avrebbe volentieri demolito
quel tono da saputello che lo faceva impazzire.
- E lì noi li
incastreremo. - Asserì deciso Gibbs ponendo fine al piano complessivo.
- Lo spero ben…
- Fece a quel punto Don deciso facendo girare verso di sé tutti gli
altri. - Altrimenti significa che io sono spacciato! - La sua, di
puntualizzazione, non fu né fastidiosa né superflua ma anzi addirittura
simpatica visto che allentò la tensione facendo sorgere un sorrisetto
su tutti.
- Sei in buone
mani, tesoro… vedrai che non lasceranno ti bucherellino di nuovo! - Lo
confortò Garcia allegramente ponendo una nota di leggerezza a quella
che era stata una discussione faticosa.
- Prima però
Colby deve occuparsi degli altri agenti che loro tre tengono in pugno,
o non riusciremo nemmeno a mettere piede a Los Angeles. - Si ricordò
Morgan ancora pratico.
- Sì, o
finiremo per essere noi, i bersagli! Altro ché Don! - Finalmente Tony
si decise ad inserirsi con un misto fra il seccato, il lugubre e
l’ironico. Non si capiva bene a che punto fosse il suo stato d’animo,
ma sentendolo finalmente dire la sua, tutti lo guardarono un po’
stupiti ed un po’ contenti che comunque fosse dei loro.
Gibbs lo ignorò
totalmente.
- Lo chiamo io…
gli dico di convincerli a collaborare con noi invece che coi boss… -
Disse Don tendendo la mano verso Tony che gli tirò il cellulare.
- Convincerli?
E come ci dovrebbe riuscire? È anche solo… - Chiese Tony incuriosito
rendendosi disponibile al dialogo più o meno normale con tutti tranne
che con il suo compagno che faceva altrettanto.
- Oh, non
preoccuparti… - Fece allora Don con evidente malizia componendo il
numero: - Colby sa essere molto convincente… conosce un paio di metodi
che all’FBI non insegnano! - E sapendo perfettamente a cosa si
riferisse ma incuriosendo gli altri per conoscere i dettagli, lo
fissarono come avesse detto il mezzo mistero del secolo.
Con il primo
sorrisino ironico che si concedeva da quando era lì, attese di
recuperare la linea col suo uomo a Los Angeles.
- Ok, ricevuto!
A questi ci penso io! -
Mettendo giù
la comunicazione, Colby uscì subito dall’auto e come se non aspettasse
altro entrò subito in azione.
Due ordini
perentori aveva ricevuto da Don: non coinvolgere gli altri della
squadra e non farsi male.
Era del tutto
intenzionato ad eseguirli entrambi, specie il secondo.
Fare la parte
del criminale, del resto, gli veniva decisamente bene!
Aveva un paio
di idee per prendere in pugno gli agenti ricattati, considerando che
probabilmente loro stessi non vedevano l’ora di liberarsi dei capi
sapeva che non sarebbe dovuto essere difficile.
Non una
passeggiata, invece, cercare di non ucciderli accidentalmente… a quello
avrebbe dovuto fare non poca attenzione.
Dopo aver
seguito quello che dei tre gli era parso il più facile, attese che
giungesse in un luogo più deserto, ideale per degli incontri
clandestini, quindi restando nascosto notò l’avvicinarsi di un auto
nera dai finestrini oscurati dalla quale scese proprio uno dei sommi
dirigenti della loro divisione dell’FBI. Non lo aveva mai incontrato di
persona ma era naturale sapere che faccia avesse, quando si era
infiltrato aveva studiato a dovere tutti quelli di rilievo.
Evidentemente non troppo bene, visto che gli era sfuggito tutto quel
giro di corruzione.
“Ma guarda che fortuna…”
Pensò rimanendo ben nascosto. Li vide parlare ed ebbe l’occasione di
fotografarli col cellulare senza la possibilità di sentire cosa si
dicessero. “Certo non è
un crimine parlare, ma almeno è la prova che i rapporti li avevano…” Fece
quindi in maniera pratica fra sé e sé.
Come da lui
previsto, il capo risalì subito sulla sua costosa e spaziale automobile
per sgommare via in gran fretta. L’agente rimase lì un attimo ad
esaminare un foglio che gli aveva consegnato, quindi abbassando la
guardia si presentò il momento perfetto.
Con fredda
consapevolezza si avvicinò di soppiatto a lui e arrivandogli veloce
come un perfetto ladro, senza scrupoli lo colpì deciso alla nuca col
calcio della pistola.
“Non
posso fidarmi e cercare di convincerlo normalmente. Chi lo sa in che
modo è coinvolto con quei bastardi? Meglio prima neutralizzarlo ed
essere sicuro di averlo in pugno, poi in caso parlargli e cercare di
convincerlo. Nel peggiore dei modi lo tengo legato in cantina!”
Caricandoselo
in spalla dimostrando una certa forza di cui non faceva mai mistero,
fece il personale punto della situazione esponendosi il proprio piano,
pensando immediatamente al prossimo obiettivo in qualità di bersaglio e
non di un essere umano con cui collaborare!
Sapeva che per
questo, se le cose non fossero andate come dovevano, alla fine avrebbe
potuto avere dei seri problemi, ma in quel caso non gliene sarebbe
importato visto che i seri problemi li avrebbe procurati lui a quelli
che avevano rovinato Don.
La sua mente
comunque non arrivava a pensare a lui ucciso in un ipotetico tremendo
finale, il massimo a cui arrivava era un Don arrestato contro dei
vittoriosi capi corrotti.
In quel caso la
loro vittoria non se la sarebbero comunque goduta, giusto per poter
fare compagnia al suo compagno a vita!
“Del
resto sono solo, come diavolo pensavano che facessi?”
Concluse con
stizza più per essere così lontano dal suo uomo che per il fatto in sé
di essere effettivamente senza un solo aiuto pratico.
Chiuse il
bagagliaio con dentro l’uomo legato e privo di sensi, quindi tirò fuori
dalla tasca il foglio che si era accartocciato in fretta poco prima,
doveva essere il prossimo ordine… scorse gli occhi sulle righe scritte
e sulla foto e corrugò la fronte con un immediato allarme mentre lo
stomaco gli si contorceva demolendolo all’istante.
“Oh
merda!”